Un vertice durato ben oltre 5 ore quello che si è svolto ieri, 03 settembre 2018, a Foggia presso la Prefettura. A capo tavola c’era lui, il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri Luigi Di Maio, in veste ufficiale di Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Un summit dove hanno preso parte oltre 60 persone istituzionali di ben 14 regioni d’Italia. Giunto a Foggia intorno alle ore 14 e accolto in Prefettura dal Prefetto dott. Massimo Mariani, Di Maio ha subito iniziato i lavori. La sala del vertice era gremita. Oltre alle istituzioni che hanno illustrato problemi e soluzioni che attanagliano la Capitanata per il fenomeno del caporalato, c’erano molti rappresentanti locali del mondo del lavoro, del sindacato, della politica, degli enti pubblici.

La parola d’ordine di Luigi di Maio è stata «Guerra al caporalato e al lavoro nero. La legge sul caporalato c'è e va fatta funzionare. Cominciamo ad applicarla bene prima di fare altre norme», come aveva già affermato il suo collega Matteo Salvini, durante il summit del 07 agosto 2018 «La lotta alla mafia, allo schiavismo e allo sfruttamento del lavoro in nero e dell’immigrazione clandestina –ha affermato un mese fa Salvini-, è una priorità mia e di questo Governo. Useremo tutte le armi legalmente permesse per mettere in condizioni di non nuocere, di non far lavorare questi delinquenti».

Stessa lunghezza d’onda tra i due Vice Premier, che sono fermamente decisi a portare avanti e vincere questa guerra, combattendo anche laddove si annidano fenomeni criminali che alimentano il caporalato, quei ghetti che vanno eliminati con una legge ad hoc. «Porteremo avanti anche un piano di sgomberi. Dovrà essere fatto senza creare disordini, accetterò i consigli delle istituzioni –ha detto Di Maio-».

I presupposti ci sono tutti, la volontà pure, mezzi e personale sono già operativi, ora si attendono risposte e soprattutto risultati, come dopo il vertice ha chiosato il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano «Dalle parole si passi ai fatti».

La conferenza stampa è stata aperta dal Prefetto Mariani: «Questa è stata una riunione lunga in cui i problemi che attanagliano non solo questo territorio ma anche altre regioni d'Italia sono stati esaminati in ogni aspetto –ha esordito il Prefetto di Foggia, il dott. Massimo Mariani, tra l’altro scusandosi anche a nome del Ministro Di Maio dell'attesa-. Credo di poter dire - ha proseguito Mariani- che da questa riunione riusciamo ad uscire con la volontà, confermata, di affrontare il tema del caporalato e tutti i temi che sono connessi, con grande determinazione. Come Prefetto di questa provincia sono particolarmente interessato al problema. Sapete bene che poche settimane fa ci sono stati due gravissimi incidenti dove sono morte sedici persone. Capiamo bene che questa tragedia richiama la nostra attenzione e la nostra coscienza professionale sull'esigenza di lavorare al massimo delle nostre possibilità. Come Forze di polizia le attività erano, sono e continueranno a essere molto incisive. Ho illustrato al sig. Ministro i risultati conseguiti non solo in queste settimane immediatamente successive alla tragedia pocanzi ricordata, ma anche quelli dei mesi precedenti perché per noi è un tema di grande importanza. Da ciò è emersa un'idea molto precisa, che non si può pensare che un fenomeno come questo sia esclusivamente un fenomeno di polizia. Certamente c'è un profilo di sicurezza che noi abbiamo il dovere di affrontare e che continueremo a farlo con  grande determinazione. Ma ci sono anche altri temi che devono essere affrontati per tagliare alle basi le motivazioni di un fenomeno di questa portata. Questo è un inizio e non un punto di arrivo, che vedrà impegnati tutti gli uffici dello Stato e nel contempo le parti sociali, sindacati, datori di lavoro, il terzo settore, gli enti locali. Si tratta –ha terminato il Prefetto, passando la parola a Di Maio- di un impegno corale che io auspico possa portare i risultati desiderati con pazienza e determinazioni e grande volontà dei soggetti a vario titolo interessati».

Il Ministro Di Maio, a inizio conferenza, ha subito illustrato le dinamiche che in tempi molto brevi saranno operative. Un piano triennale a step che contrasterà il gravoso e annoso fenomeno criminale del caporalato, dove alcuni saranno affrontati a Foggia, con nuovi vertici.

Il primo step che a giorni sarà operativo, ha confermato a sorpresa Di Maio, sarà la nomina del nuovo Direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. «Nei prossimi giorni conoscerete il suo nome –ha affermato Luigi Di Maio-. Sarà una nomina che farà parlare». Un annuncio che ha destato curiosità tra i giornalisti già a caccia del nome. Una decisione, quella del Ministro del MISE, che «…darà rispetto alla nuova mission dell’INL. Emanerò subito una direttiva all’INL affinché i Carabinieri del Nucleo Tutela del Lavoro siano utilizzati esclusivamente per questioni rilevanti nel contrasto al lavoro nero e al caporalato. È finita l’era dei numeri, delle tabelle da compilare –ha continuato Di Maio-, magari abbiamo tutte le carte a posto ma evidentemente c’è qualcosa che non va se i cittadini percepiscono un’illegalità diffusa e un’assenza di meritocrazia. Questo è un problema comune per tutte le regioni e sarebbe sbagliato localizzare il fenomeno».

Una manovra coraggiosa che in seno la mission pocanzi detta, avrà come protagoniste la repressione dal caporalato, e chi lo alimenta e lo pratica, e la prevenzione di tutto ciò che cagiona il fenomeno. E per farlo sarà primario iniziare dove si cerca il lavoro, presso quei Centri per l’Impiego, oggi malfunzionanti, e la rete che veicola i braccianti, quei trasporti, anche improvvisati, che in Capitanata hanno ucciso 16 persone in tre giorni. «Il caporale altro non è che un atroce e illegale Centro per l’Impiego che incrocia domanda ed offerta –ha affermato il Ministro Di Maio-. Se in Italia funzionano i Centri per l’Impiego il caporalato si attenua. Aggredire l’illegalità è fondamentale, tutelando così gli imprenditori che rispettano le leggi. Lavoreremo sul meccanismo trasporti con una serie di convenzioni tali da garantire servizi funzionali per raggiungere il posto di lavoro».

Di Maio, enunciando tali disposizioni, sta attuando il “programma del cambiamento”, garantendo, nel caso specifico, rifinanziamenti previsti nella Legge di Bilancio con risorse aggiuntive accompagnate da un piano di ristrutturazione, senza dimenticare chi legalmente conferisce lavoro. Il riferimento è al mondo imprenditoriale, quello sano, che ha bisogno di un respiro economico, di garanzie e tutela. “Dobbiamo riuscire nell’operazione e far sopravvivere il paziente. L’obiettivo è tutelare le imprese che si comportano correttamente e premiare quelle virtuose. Tutto ciò che arriva come fondi alle aziende deve cominciare ad ispirarsi alla meritocrazia. Purtroppo c’è un problema di chi s’iscrive nelle liste (di lavoro, ndr.). Dobbiamo entrare nell’ottica che chi lo fa, si smarca da un sistema criminale. Abbiamo il compito di far sentire le aziende protette e non esposte e indifese» –ha proseguito Di Maio con un chiaro riferimento al CETA (in inglese Comprehensive Economic and Trade Agreement), quell’accordo economico e commerciale globale di libero scambio tra UE e paesi da cui importiamo prodotti un tempo forniti dai nostri agricoltori, approvato dall’Europarlamento nell’anno 2017, in attesa di ratifica da parte degli Stati membri. «Se si fanno trattati come quello del CETA o come quelli tra UE e Marocco, tra UE e Tunisia, si continua a perseverare in un obiettivo che è quello di massacrare i nostri agricoltori. Poi si dirà che il saldo è positivo, ma solo per il secondario e terziario, mai per il settore primario. Ormai vale più la bottiglia che il contenuto all’interno. Con i prezzi attuali è impossibile stare sul mercato. Se i prezzi sono così bassi, è perché si sono consentiti trattati scellerati, come il CETA. Siamo convinti che il CETA o sia rivisto o sarà bocciato». Affermazioni dure di Di Maio ma molto chiare, già più volte dette “minacciando” gli stessi funzionari che difendono la partnership. Un “aut aut” che nei giorni scorsi ha fatto insorgere opposizione e imprese, pronte sul “piede di guerra” poiché preoccupate da un veto che rischierebbe di affossare una regola di scambio giudicata favorevole per l’Italia.

Ora si attendono gli effetti del vertice, azioni immediate per ridare fiato e poi ossigeno a una sana economia che cerca salubrità nel lavoro legale, sicuro, meritocratico e soprattutto incoraggiante nelle aree di pertinenza.

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