Un cadetto “foggiano” ribelle, Vincenzo Bruno, nella Repubblica Partenope dal 1799

Nei pressi della Cattedrale di Foggia, proprio dall’antica Piazza del Lago, che ricorda il luogo del ritrovamento del Sacro Tavolo della Madonna dell’Iconavetere in un piccolo pantano, si snoda una vecchia strada che raggiunge l’attuale Via San Domenico.

Fanno da cortina a questa vecchia via una serie di vetusti edifici, tra cui emerge una decorosa palazzina settecentesca già appartenuta alla famiglia del barone di Sant’Angelo d’Esca, poi anche marchese, don Luca Bruno, appartenente ad una famiglia di ricchi mercanti proprietari nella nostra città di numerosi altri immobili e terreni agricoli.

Ma, nonostante queste proprietà, il palazzo, per una serie di debiti rimasti insoluti, nell’Ottocento fu espropriato in parte da una serie di creditori in danno della vedova del barone, donna Rachele Gasparrini.

La strada che oggi chiamato via Bruno era un tempo indicata anche come la “Via dei Cospiratori”, infatti, in questa stessa via risiedevano nel XIX secolo vari liberali affiliati alla carboneria foggiana e, come risulta dalla documentazione conservata presso l’Archivio di Stato di Foggia, si trattava di soggetti schedati dalla gendarmeria borbonica, come, tra gli altro: Gaetano Postiglione e Giuseppe de Plato.

Proprio nel palazzo Bruno, durante la sfortunata e breve Repubblica Partenopea, si riunì nel 1799 un comitato formato da alcuni notabili cittadini per eleggere i signori Giovanni Ricciardi, Francesco Paolo Villani, Bartolomeo Grana e Domenico Mazza, quali rappresentanti della città di Foggia per recarsi in Napoli a prendere contatti con le nuove autorità repubblicane ed i militari francesi che le sostenevano.

Terzogenito del barone Luca Bruno, era Vincenzo, che aveva intrapreso la carriera militare, diventando cadetto a Napoli del Reggimento dei Dragoni della Regina; in seguito, ribellatosi ai Borboni, aveva preso parte alla Repubblica Partenopea con altri giovani cadetti che saranno presenti alla proclamazione del nuovo governo il 24 gennaio del 1799.

Vincenzo Bruno farà anche parte del Comitato Legislativo della novella repubblica e sarà anche eletto a rappresentare la municipalità di Napoli.

Dall’incarico di componente del Comitato Legislativo, in seguito, il Bruno presenterà le sue dimissioni, perché in disaccordo con altri membri del governo repubblicano attestati su posizioni troppo radicali.

Travolta dalla reazione borbonica la Repubblica Partenopea, la maggior parte dei suoi membri fu giustiziata; un lungo elenco di patrioti è riportato dal Cuoco nel suo saggio sulla rivoluzione di Napoli, tra essi no appare però il nome dell’ex cadetto Vincenzo Bruno, perché in rotta con il governo rivoluzionario, aveva già lasciato Napoli.

L’avanzata delle truppe reazionarie del cardinale Ruffo lo coglie sul Gargano, ove aveva trovato momentaneo rifugio in attesa di un imbarco per le coste della Dalmazia.

Scopeto, prima di essere arrestato, si suicidò ingerendo una fialetta di veleno che recava sempre con se; secondo un’altra versione, l’ex cadetto si suicidò sparandosi un colpo di pistola riuscendo in ogni caso a sottrarsi da vivo alla sbirraglia reazionaria!

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