Uguaglianza e globalizzazione: un mondo sempre più instabile e conflittuale

Viviamo purtroppo in un periodo storico in cui sta aumentando il dislivello fra uguaglianza e disuguaglianza, in cui intere comunità, per non dire interi popoli, stanno provando la mancanza di sussistenza non solo di materie prime, quanto di benessere generalizzato, tanto da creare le premesse per una generale povertà della gente, costretta a subire la crisi dell’eco sistema ambientale, ma anche una progressiva instabilità proveniente da guerre e dissidi fra etnie e culture.

Tutto ciò, poi, cade sulla crisi sociale ed economica, con un aumento graduale del costo della vita. Su questo problema, fra uguaglianza e disuguaglianza,  ultimamente si è soffermato lo scrittore Thomas Piketty, di cui conosciamo molto bene i suoi studi sull’evoluzione del capitalismo e del neoliberismo, che hanno portato, poi, dagli anni ’80, al fenomeno della globalizzazione.

Studi come  Il capitale nel XXI secolo,  Bompiani, Milano 2014, Capitale e disuguaglianza, Bompiani, Milano 2017,  Capitale e Ideologia, La nave di Teseo, Milano 2020,  mentre ultimamente ha dato alle stampe il volume Una breve storia dell’uguaglianza, La nave di Teseo, Milano 2022.

A tale riguardo sappiamo che il tema dell’uguaglianza ha interessato principalmente l’uomo e la sua azione politica specialmente dal secolo XVIII, con interventi progressivi di limitare le disuguaglianze provocate nel passato dai grandi possedimenti  feudali e baronali, che si erano affermati nei secoli XVI-XVII, dove ancora esisteva, da una parte la schiavitù, specie nell’emisfero africano e americano e dall’altra il colonialismo, che ha interessato direttamente i paesi europei, fra cui la Gran Bretagna, la Francia, la Spagna, il Portogallo e l’Italia. Thomas Piketty ritorna sul problema dell’uguaglianza e precisamente sulla nascita del capitalismo, proponendo una storia comparativa delle disuguaglianze tra classi sociali nelle società umane, soffermandosi principalmente nel periodo che va dal 1920 fino al 1980, allorquando si afferma maggiormente il processo egualitario specialmente nel mondo occidentale. E questo grazie a diversi fattori avvenuti proprio fra il 1920 e il 1980, fra cui lo sviluppo e l’estensione dello Stato sociale, specialmente dopo il 1950 e infine l’attuazione dell’imposta progressiva, per limitare le grandi proprietà e, quindi, il capitalismo selvaggio, anche se, afferma l’Autore, i risultati di una uguaglianza generalizzata ancora non sono soddisfacenti, in quanto stiamo assistendo, dopo il 1980, con lo sviluppo del neoliberismo e del fenomeno della globalizzazione,  ad un ritorno della povertà  e, quindi, delle disuguaglianze sociali. Ciò è dovuto al ritorno di una circolazione incontrollata dei capitali, senza un obiettivo sociale e ambientale tale da creare le condizioni di una società egualitaria e solidale.

“Si tratta, afferma Piketty, di un modello di sviluppo politicamente ed ecologicamente insostenibile, e il suo superamento passa sia attraverso la trasformazione dello Stato social-nazionale in uno Stato social-federale, aperto al Sud del mondo, sia attraverso una revisione profonda delle regole e dei trattati che reggono oggi la globalizzazione” (Piketty, 2022, p. 320).  Piketty è convinto che “le disuguaglianze mondiali restano estremamente forti e che recano la traccia profonda dell’eredità coloniale e del divario tra l’Occidente e il resto del mondo apertosi tra il 1820 e il 1960.

Negli ultimi decenni anche se si è assistito ad un processo di recupero (in parte guidato dalla Cina, ma assecondato anche dall’Asia del Sud e dall’Africa subsahariana), ma tale processo è ben lontano dall’aver raggiunto il suo termine. Le vecchie, come le nuove potenze, tendono a porre i paesi meno avanzati sotto la loro costante sfera d’influenza, senza concedere loro i mezzi per svilupparsi in mondo autonomo, per cui, senza una mobilitazione adeguata e un movimento politico di contrasto sufficientemente forte, è possibile che perduri l’attuale struttura gerarchica” (Piketty, 2022, p. 324).  A questa situazione ha contribuito la politica di deregolamentazione e di liberismo commerciale a marce forzate, indebolendo, così, il processo di costruzione degli Stati del Sud. Anzi si è visto che dal 1970 al 2000 il PIL di questi paesi è diminuito, tanto da creare una maggiore povertà del pianeta. I danni sono certamente di portata notevole un po’ ovunque, anche al Nord, dove la circolazione incontrollata dei capitali ha fortemente contribuito a mettere nuovamente in discussione la progressività dell’imposta e anche la limitazione dello Stato sociale. Afferma T. Piketty: “Per uscire da queste impasse, bisogna partire dal principio che tutti i paesi dovrebbero disporre di un pari diritto allo sviluppo, e più in generale  dal principio che la ripartizione delle ricchezze prodotte a livello mondiale è una questione eminentemente politica, la quale dipende per intero dalle regole e dalle istituzioni che ci si dà” (Piketty, 2022, pp. 338-339). 

I paesi ricchi, secondo Piketty,  potrebbero naturalmente continuare a finanziare le loro agenzie di sviluppo e le loro organizzazioni umanitarie sotto forma di aiuto pubblico e privato. Inoltre  bisogna fare in modo che i patrimoni eccessivi vengano tassati attraverso una imposta progressiva tale da creare le premesse per una maggiore diffusione della ricchezza a beneficio anche di quelli poveri. In altre parole bisogna passare da uno Stato social-nazionale allo Stato social-federale, dove per federale si intende “la costruzione di nuove forme di socialfederalismo, vale a dire di federalismo democratico sollecitato da obiettivi sociali espliciti e verificabili, con un piano valido per l’intero pianeta”. (Piketty 2022, p. 349). Da ciò, conclude Piketty,  ne deriva che oggi “le questioni economiche sono troppo importanti per essere lasciate a una piccola classe di specialisti e dirigenti.

La riappropriazione di questo sapere da parte dei cittadini costituisce una tappa fondamentale nella lotta per l’uguaglianza”.

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