Punti di (s)vista. “Cultura della Legalità”: Foggia non attendere

Foggia sempre in primo piano nelle cronache nere del Paese, mai in quelle rosa o, meglio ancora, del buon fare e del volontariato, che da queste parti è tanto e fatto bene.

L’indomani dell’ennesimo omicidio per mafia, avvenuto ieri sera 20 maggio 2023 in viale Kennedy a Foggia, di un noto capo clan della "società" foggiana, Salvatore Prencipe della batteria mafiosa Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese, e dopo le altrettante ennesime manifestazioni culturali della società civile e istituzionale locale per contrastare il fenomeno criminale, efferato e sempre, purtroppo, omertoso, in una nota pubblicata su facebook interviene l’ing. Pippo Cavaliere, già amministratore del capoluogo dauno ma soprattutto fondatore ed ex presidente della Fondazione Antiusura Buon Samaritano ed ora componente del Comitato nazionale di solidarietà delle vittime di usura ed estorsione.

Con la nota “L’insegnamento di Paolo Borsellino”, Cavaliere sprona i giovani locali, in particolare quelli universitari, a pensare seguendo l’esperienza da lui affrontata. Non vuol essere la solita “lectio magistralis” di chi negli anni ha combattuto il fenomeno mafioso, bensì l’ennesimo invito a cambiar rotta, quella della legalità, nei fatti, nelle azioni, nel pensiero.

«Nei 28 anni di trincea a contrastare il fenomeno criminale, contrassegnati da intimidazioni fisiche e minacce di morte ricevute sull’uscio di casa, la mia stella cometa è sempre stata un'esortazione di Paolo Borsellino» ha scritto Pippo Cavaliere, ricordando una frase di Borsellino ”La lotta alla mafia dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui soprattutto i giovani a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. «Nel solco dell'insegnamento di Paolo Borsellino -prosegue Cavaliere- metto a disposizione degli studenti universitari, e dei giovani tutti, la mia esperienza maturata in questi 28 anni, prima alla guida della Fondazione Antiusura Buon Samaritano ed ora come componente del Comitato nazionale di solidarietà delle vittime di usura ed estorsione, per spiegare perché in questo territorio la mafia esiste, perché ha avuto la possibilità di radicarsi, perché è causa di tanto impoverimento, perché ha rubato sogni e speranze a tanti giovani, perché sarebbe un gravissimo errore sottovalutarne la presenza (o peggio ancora negarla)».

Un esempio di civiltà nel porsi in gioco, anche oggi che non ricoprendo cariche elettive, che è da esempio su some comportarsi, anche rischiando di persona. E si perché qui a Foggia chi parla contro la mafia, la “società” foggiana e i vari clan di quelle della provincia, Gargano in prima fila, mette a rischio la propria vita e dei suoi familiari.

Non ultime le “visite” avvistate venerdì 19 maggio scorso, durante l’evento di Giuseppe Mainiero a Piazza Mercato, nel cuore storico di Foggia, quello “chiacchierato” e controllato, che ha parlato di contrasto alla mafia e dove si son viste alcune figure poco raccomandabili ad ascoltare, come se stessero controllando chi era presente, cosa si dicesse. Un modus operandi che fa ben capire che da parte loro il controllo del territorio è attivo. Quel controllo contrastato dalla Forze dell’ordine, sempre più presenti e diversificate, finanche con agenti della locale sezione della DIA. Ma la storia, purtroppo, ci rimanda a vecchie realtà, contemporanee ai ciò che accade nella provincia di Foggia, dove il malaffare mafioso predomina, spesso insito laddove si “urla” legalità, in letargo quando tutti pagano e sveglio quando si avvicinano elezioni, annidato finanche dove il semplice cittadino ignaro si confida.

Il procuratore capo di Foggia Ludovico Vaccaro fa bene a “gridare” pubblicamente «Negare la mafia è uno schiaffo a tutti i cittadini, un insulto alle vittime dei clan e ai loro familiari». Lo ha detto presentando un libro sulla mafia foggiana di un collega giornalista, dov’era presente una delle tante vittime per mafia, Daniela Marcone, figlia di Franco Marcone, direttore dell'Ufficio del Registro di Foggia, assassinato sull’uscio di casa il 31 marzo del 1995. Una data da ricordare, come quelle di tanti altri morti ammazzati per mano della “società” foggiana, un assassinio che non ha ancora un nome e un volto. La dice lunga questa non conoscenza del killer, adombrata da omissioni, omertà e affari sporchi, ancora in essere. Chi nega che a Foggia non c’è la mafia collabora con essa, ostacola la giustizia, ridicolizza il lavoro di chi la combatte, favorisce la permanenza di quel cono d’ombra che fa permeare l’illecito. E francamente le lotte intestine tra chi controlla la nostra economia, le nostre finanze, lo sviluppo del territorio e il lavoro, la comunicazione territoriale, sono il rigurgito di chi nega, mentendo, la sua esistenza, deviando il cittadino a pensarla diversamente. Una certa informazione e comunicazione dicano la verità, è la loro missione e non quella di chi le foraggia.

Cultura della Legalità” dev’essere il claim che deve accompagnare i foggiani a pretendere una città migliore, per una società libera e democraticamente rappresentata. Una cultura che deve partire dal basso, dalle scuole e da quelle elementari. Una cultura ossessionante fatta di gesti, azioni, esempi e non solo parole. Ovviamente il pensiero va alle prossime elezioni comunali, che dovrebbero avere in seno persone nuove e con nuove mentalità, e non personaggi, i soliti, che cambiano casacca e si ripresentano sotto mentite spoglie, spesso civiche e partitiche, a volte figuranti e prestanomi di chi non può più essere eletto e, peggio ancora, di chi mafiosamente controlla enti. È anche vero che con la legge-riforma Bassanini nei Palazzi di Città il politico indirizza, il dirigente attua e l’impiegato procede sul campo. Un particolare che andrebbe preso sempre in considerazione quando si decide di commissariare un comune, come previsto dall’art. 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 del Tuel, quel Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali che farebbe bene modificare questo articolo. Se ne sta discutendo, anche in Parlamento, ma tutto è ancora circoscritto da quel limbo politico di chi approfitta della norma vigente.

E se diciotto mesi di commissariamento del Comune per infiltrazioni mafiose non son bastati, tra l’altro con processi ancora da celebrare e rinviati per cavilli riconosciuti dalle procedure penali e civili me che farebbero ridere gli asini in volo, cosa dovremmo aver di più?

La Politica ci deve rappresentare, ma quella buona, efficiente, onesta, legale, e spetta a noi cittadini sceglierla, per la maggioranza e per la minoranza. Contrariamente continueremo a scrivere, a fare forum, convegni, sit-in, flash-mob, proclami che diverranno il paravento della mafia e cespugli per chi è stato eletto.

E chi continua a chiedere eserciti antimafia involontariamente fa il gioco di chi controlla malevolmente la nostra terra, poiché è nella nostra mente l’antimafia: basta applicarle nel quotidiano, anche contribuendo a quella “Intelligence Sociale” che col passa parola e confidenze, anche anonime, alla Procura, alla Questura, ai Comandi provinciali dell’Arma e Finanza, ad associazioni preposte e non dimenticate a quei soggetti sottocopertura, contribuirebbe a divulgare e radicare la “Cultura della Legalità”.

Ad Maiora!

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