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Monte Sant’Angelo. La Lettera Aperta a chi con il “…mandato all’aria equilibri che si reggevano da tempo…” ha stizzito molti Montanari

Il tema è delicatissimo. Si parla di legalità in un paese che alle cronache nazionali è stato etichettato “mafioso”. Certo è, e non si può negarlo, che a Monte Sant’Angelo, come del resto in tutta la provincia di Foggia, capoluogo in primis, la mafia c’è. Ciò, però, non deve assolutamente “targare” Monte come mafiosa. Un tempo fu attanagliata da guerre di clan. Oggi quel fenomeno è scemato. Potrebbe ritornare se l’attenzione delle Forze dell’ordine e le continue denunce della politica che ha subito sulla propria pelle la cruenta azione mafiosa non fosse alta, e se non vi sia l’omertà che purtroppo esiste, un dramma comune laddove l’impronta mafiosa ha cementato il suo operato. Ma i Montanari, perché qui stiamo parlando di Monte Sant’Angelo e il tema potrebbe interessare tutti i comuni della Capitanata e del resto dell’Italia, stanno aprendo gli occhi e prendendo coscienza che il futuro si costruisce sulle proprie gambe, con le loro forze, con la loro volontà di conferire ai propri figli un territorio libero dal cancro mafioso. Quello che, tuttavia, ha scosso alcuni Montanari, oltre allo scioglimento dell’ex Consiglio comunale, son state alcune affermazioni dell’attuale sindaco, Pierpaolo d’Arienzo. Il 17 settembre del 2020, su Radio Play RSI - Rai Uno, ha trasmesso un’interessante intervista al sindaco d’Arienzo.

ASCOLTA MAFIE FOGGIANE, DI STEFANO VERGINE, SU RADIO PLAY RSI, RAI UNO, DEL 17.09.2020

Mafie foggiane” il titolo della trasmissione, a cura di Stefano Vergine. La presentazione, ovviamente frutto delle dichiarazioni rilasciate da d’Arienzo, afferma che “… i provvedimenti del nuovo sindaco hanno mandato all'aria equilibri che si reggevano da tempo. Facendo arrabbiare persone importanti in città. D'Arienzo è finito sotto il tiro della mafia più violenta d'Italia”. Il “…mandato all’aria…” a Monte, tra il consueto incontrarsi in piazza, ha innescato commenti duri verso il primo cittadino, non trovando continuità (anche veridicità secondo molti suoi concittadini) in quello fino a ora fatto. Certo è che con l’adesione del sindaco e la sua amministrazione comunale all’Associazione Avviso Pubblico, come dichiarato nell’intervista predetta, ha prodotto l'ordinanza contro il gioco d'azzardo e quella all’adozione della Stazione Unica Appaltante per i lavori pubblici. Due meritevoli azioni, che tra l’altro sono comuni a molte amministrazioni, in linea con le normative vigenti. Ma da “mandar all’aria equilibri che si reggevano da tempo”, alludendo a quelli innescati dalle presunte infiltrazioni mafiose, a normare gioco d’azzardo e applicazione della S.U.A., come indicato dall’A.N.A.C., ce ne passa di acqua sotto i ponti se parliamo di mafia e suoi equilibri mandati all’aria. Un ultimo appunto, anzi due: prima di passare alla Lettera Aperta, “Equilibri psicopatici”, che un cittadino di Monte, fattosi portavoce di tanti altri, ha voluto recapitare presso la nostra redazione per rispondere all’intervista di d’Arienzo, Monte Sant’Angelo è stato sciolto per “presunte infiltrazioni mafiose” e non come nell’intervista ha dichiarato il suddetto sindaco “Siamo stati sciolti per mafia”, c’è differenza e la sentenza lo scrive in calce. Inoltre il giornalista intervistatore prima di comunicare dovrebbe verificare quanto detto, forse riferito. L’auto incendiata al sindaco da parte degli inquirenti non ha mai trovato riscontro con la matrice mafiosa, fu un pregiudicato 26enne che avrebbe chiesto insistentemente al sindaco nuovamente l’iscrizione all’Anagrafe; mentre la testa ritrovata in una busta a Macchia, come detto, era un teschio di una persona, presumibilmente trafugato in qualche cimitero. Precisazioni importanti al fine di stabilire verità e soprattutto particolari che potrebbero indicare altre vie da quelle presupposte, considerando che quest'ultimo nefasto evento è un chiaro messaggio di morte. Ciononostante, i due atti delinquenziali a danno del sindaco sono fermamente da condannare, ma la verità impone fatti e non interpretazioni personalizzate. Infine, il particolare evidente a tutti è che se un sindaco fosse minacciato dalla mafia e di morte, e le Autorità Giudiziarie confermerebbero tale ipotesi, avrebbe al suo seguito una scorta: a Monte non c’è. Ovviamente siamo a disposizioni per repliche da pubblicare.

La Redazione

La Lettera Aperta.

Equilibri psicopatici

«Sono stufo, sono proprio stufo nel vedere e sentire giornalisti e politici piccoli piccoli che sfruttano il fenomeno mafioso per lucrare benefici e carriere. E’ uno schifo. Ed è quello che avviene, a cadenza regolare, quando si parla di Monte Sant’Angelo e dello scioglimento del suo consiglio comunale. È  arrivato il tempo di fare chiarezza e di chiamare le cose con il loro nome.

Per la verità, sono proprio convinto che la maggior parte di coloro che parlano di mafia e di provvedimenti tesi a combatterla non abbiano la più pallida idea di come venga concepito e attuato lo scioglimento di un consiglio comunale. Ne parlano per sentito dire, al più si accontentano di leggere qualche articolo di giornale dove sono riportate, in modo del tutto superficiale, le motivazioni che il Prefetto ha rivolto a quel Consiglio. E siccome trattasi di Prefetto (mamma mia!), quasi tutti, e il quasi è una gentile concessione, si mettono sull’attenti e non osano mettere in dubbio neppure una virgola. Nel caso dei giornalisti, rinunciano a fare il proprio mestiere, nel caso dei politici, sfruttano l’occasione per interessi di bottega. Questo accade, niente di più.

A tutti loro, dunque, sono dedicate queste brevi note.

L’Italia, ne sono certo, è l’unico Paese al mondo in cui è possibile sciogliere un consiglio comunale, e dunque annullare la volontà popolare che lo ha eletto, sulla scorta di una disposizione di legge come quella rappresentata dall’art. 143 del Tuel. È l’unico paese, cioè, dove è possibile cancellare un organo elettivo sulla scorta delle convinzioni di un Prefetto riportate in una relazione scritta all’insaputa dei rappresentanti di quell’organo. Un fare tipico dei regimi autoritari.

Di fronte ad un atto unilaterale, il dubbio che il Prefetto possa aver sbagliato o che possa aver abusato, perché no, del proprio potere non viene mai in mente ai nostri bravi commentatori. E già, perché non conviene, sarebbe un’occasione perduta per farsi belli, per mettersi in mostra come paladini della lotta alla mafia. Molto più comodo, invece, è infierire su chi è stato colpito dalla misura dello scioglimento. Ma a fare questo son buoni tutti, e, infatti, tutti lo fanno.

Tuttavia, voglio provare a raccontare dello scioglimento del Consiglio comunale di Monte Sant’Angelo. Servirà a capire un po' di cose. Potrei sbrigarmela facile dicendo quello che penso, e cioè che la relazione prefettizia che ha determinato quella misura fosse sostanzialmente falsa. Ma si tratterebbe solo della mia opinione contro quella del Prefetto e anche di alcuni giudici (il discorso sui giudici, però, merita un capitolo a parte) e non riuscirei a convincere nessuno. Voglio, invece, invitarvi ad alzare gli occhi dalle carte e guardare la realtà, lasciare le parole e analizzare i fatti.

Cominciamo dalle Leggi. Il Testo Unico per gli Enti Locali (T.U.E.L.) prevede, all’art. 141, che si possa sciogliere un consiglio comunale quando non può essere assicurato il normale funzionamento dell’organo o, attenzione, quando lo stesso organo compia atti contrari alla Costituzione, gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico. Motivazioni serie, come si vede.  Per gli stessi motivi, l’art. 142 dispone la rimozione anche di singoli amministratori.

Poi c’è l’art. 143 che riprende il tema dello scioglimento dell’organo consiliare nel caso in cui gli amministratori abbiano dei collegamenti con la criminalità organizzata o che operino condizionati da questa.  

Ora, non abbiamo certo bisogno di grandi esperti per capire che l’art. 143 si differenzia dall’art. 141 per la presenza esplicita della criminalità organizzata. E non già perché gli “atti contrari alla Costituzione, gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico”, contenuti nell’art. 141, non contemplino anche tale presenza, ma, evidentemente, perché è possibile sciogliere un organo elettivo anche in assenza di quei reati e senza che i componenti del consiglio comunale facciano nulla di male. È sufficiente che il Prefetto abbia solo l’impressione di intravedere la mafia dalle parti del palazzo comunale. Trattasi di una valutazione, di un giudizio che lo stesso Prefetto matura nel chiuso del suo ufficio e che può giustificare, in virtù di un’ampia discrezionalità che gli viene riconosciuta, raccontando ciò che gli pare, anche il falso, tanto non è tenuto a confrontarsi con nessuno. È chiaro, cari sprovveduti commentatori, come funziona in Italia?

Ma torniamo alla realtà e ai fatti, come dicevo. Dopo il decreto di scioglimento, a sostituire i rimossi amministratori viene inviata una commissione straordinaria formata da funzionari della pubblica amministrazione (nel nostro caso, erano presenti ben due vice prefetti). Tale commissione ha il compito, così come indicato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 103/93, di “…intervenire sul terreno del ripristino della legalità, e della creazione di condizioni nuove che permettano la ripresa della vita amministrativa al riparo dai collegamenti e dai condizionamenti cui si era voluto ovviare con lo scioglimento”. Dunque, si presuppone che la legalità sia stata violata o con delle azioni inopportune da parte degli amministratori (turbativa, corruzione, concussione ecc…) o con l’adozione di alcuni atti non rispettosi della legge, e che la vita amministrativa dell’ente, priva di idonei ripari, sia stata contagiata da presenze indesiderate.

Cosa succede, invece, quando arriva la commissione straordinaria a Monte Sant’Angelo? Un bel nulla: non c’è stato nessun “ripristino” di legalità perché era già tutto legale e non abbiamo assistito a nessuna “ripresa” della vita amministrativa perché questa ha continuato il suo corso senza soluzione di continuità con il passato. Infatti, nessun amministratore è stato accusato di nulla, nessun atto della precedente amministrazione è stato annullato o modificato perché illegale o irregolare e nessuna delle vicende amministrative raccontate dalla Prefettura nella sua relazione è stata scalfita dai commissari perché inquinate dalla criminalità organizzata. Tant’è vero che tutte le persone e tutte le ditte citate dal Prefetto, e indicate come contigue o vicine al mondo criminale, hanno continuato tranquillamente a lavorare per il Comune, sia proseguendo i lavori in corso e sia aggiudicandosi nuovi appalti. E dico tutte, senza eccezione alcuna.

I fatti, dunque, si sono incaricati di dimostrare come la Prefettura abbia rivolto agli amministratori di Monte Sant’Angelo accuse false e come lo scioglimento sia stato solo il frutto di eccesso di potere. Possiamo dirlo fuori dai denti: è stata confezionata una sonora fregatura nei confronti di tutta la città di Monte Sant’Angelo.

Ancora oggi, a distanza di cinque anni, non sono venute fuori notizie riguardanti assunzioni clientelari, abusivismo edilizio in favori di boss o gregari di boss, interferenze in tema di pianificazione urbanistica, la gestione della raccolta dei rifiuti urbani, illecite esenzioni fiscali, attività commerciali o imprenditoriali gestite senza le dovute autorizzazioni comunali, e dunque abusive, senza che venissero magari controllate e contrastate dalla polizia urbana. Insomma, qualcosa che dimostrasse l’infiltrazione criminale nelle faccende comunali e che giustificasse lo scioglimento di un consiglio comunale. E invece niente, la Prefettura ha raccontato solo “farfanterie”.

Certo, gli scettici potrebbero chiedere: se le cose stanno così, perché mai i giudici hanno confermato lo scioglimento? Ricordando che il discorso sui giudici meriterebbe un capitolo a parte, cerco qui di essere brevissimo. La risposta è semplice: perché i giudici confermano praticamente sempre gli scioglimenti, non c’è partita. Non si celebra un processo, non c’è un confronto tra le parti, non c’è un giudice che fa domande, non ci sono avvocati che parlano ed espongono le loro tesi. C’è solo una relazione della Prefettura e del Ministero dell’interno che dice che lo scioglimento è giusto, e una relazione degli ex amministratori che dice che non è giusto. Indovinate voi a chi danno ragione i giudici.

Questo accade perché, come dicevo prima, prevalgono le parole ai fatti, il tutto è fondato solo sulle frasi ad effetto scritte dalla Prefettura e dall’avvocatura dello Stato che l’assiste. I fatti e la realtà non contano niente. Provare per credere.

Leggete la sentenza del Tar Lazio che ha confermato lo scioglimento di Monte e verificate se parla anche di una sola vicenda amministrativa, di un appalto, di una ditta per dimostrare, o almeno indicare, che sia stata inquinata dalla criminalità; verificate se indica anche un solo amministratore per raccontare i suoi eventuali collegamenti col mondo criminale. Vi renderete conto che non parla di niente e di nessuno, vi troverete davanti solo una collezione di parole unite in periodi standard buoni per ogni stagione e per ogni latitudine. Cioè, una sentenza che, pari pari, può essere usata per qualunque altro comune d’Italia proprio perché non parla di nulla. Solo parole.

E dunque, se i bravi giornalisti conoscessero queste cose, forse parlerebbero di Monte Sant’Angelo in modo diverso. Ma dovrebbero fare i giornalisti. Esistono ancora?

Di recente poi, a chiedere la tessera del club dei professionisti dell’antimafia ci prova anche l’attuale sindaco di Monte Sant’Angelo. Dice, pavoneggiandosi, di aver spezzato degli equilibri (alludendo a dinamiche che, prima di lui, sarebbero esistite tra criminalità e amministrazione pubblica) e che adesso, per opera sua, splende il sol dell’avvenire. Pur non risultando alcun suo provvedimento che abbia inciso nel senso da lui indicato, proviamo, ma solo per gioco, a dar credito alle sue parole. Valga, però, una considerazione semplicissima: il mandato dell’attuale sindaco è iniziato nel giugno 2017, dopo 2 anni di gestione straordinaria seguita allo scioglimento del Consiglio comunale. Due anni due che rappresentano, senza ombra di dubbio, un distacco definitivo con il passato e se qualcuno è in vena di raccontare fesserie, non può certo riferirle al passato remoto ma, al più, al passato prossimo. Due anni di tempo, infatti, sono largamente sufficienti per rivoltare come un calzino un’intera nazione, figurarsi un piccolo comune come Monte Sant’Angelo. E se anche, per ipotesi, fossero esistite strane manovre in ambito amministrativo (ma state tranquilli, non ce n’erano), il compito principale dei commissari prefettizi era proprio quello di spezzarle e seppellirle. Allora il sindaco deve a tutti noi un piccolo chiarimento: con quelle sue parole ha voluto intendere che la commissione straordinaria, con l’ausilio di tecnici sovraordinati e generali in pensione, abbia passato tutto quel tempo a grattarsi la pancia, a trastullarsi pettinando bambole e a tenere in piedi situazioni che favorivano la criminalità organizzata, o, addirittura, ha voluto far capire che ha rotto degli equilibri inopportuni venutosi a creare proprio al tempo dei commissari, con il silenzioso appoggio della stessa prefettura?

E restando in tema, approfitti, il sindaco, per spiegare anche quali equilibri si sono creati all’interno della sua amministrazione in merito agli affidamenti di incarichi professionali a parenti, affini, amici di studio e tutto il cucuzzaro. Sarebbe davvero interessante, anche perché sarebbe una buona occasione per parlare di fatti e non di fantasia».  

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