Decimabis. Don Ciotti: «Il 10 gennaio a Foggia il NO alla violenza. Oggi segnale di forte speranza». Daniela Marcone: «il sipario si è alzato. È tempo di uscire tutti dal silenzio»

Con un messaggio pubblicato sul sito di Libera e ripreso dalla pagina facebook di Libera Foggia, don Luigi Ciotti, Presidente di Libera, ha manifestato tutta la sua energica lode all’operazione antimafia “Decimabis”. Circa un anno fa, il 10 gennaio 2020, a Foggia si svolse una manifestazione contro le mafie e in quell’occasione, come tutte le altre, don Ciotti “gridò” No alla violenza. Con lui, Daniela Marcone, foggiana e vicepresidente di Libera, ha voluto commentare la vittoria della “Squadra Stato”, lanciando per l’ennesima volta l’appello di non essere omertosi. (ndr.)

Luigi Ciotti:" La grande operazione antimafia che, tra arresti e notifiche cautelari ha colpito oltre quaranta persone è un forte segno di speranza, non solo per l'esito, ma per il metodo."

«La grande operazione antimafia svoltasi questa mattina a Foggia, operazione che, tra arresti e notifiche cautelari per chi già si trovava in carcere, ha colpito oltre quaranta persone tra cui due boss di una mafia tra le più pervasive ed efferate d’Italia, è un forte segno di speranza. Non solo per l’esito, ma per il metodo. L’operazione scaturisce infatti dalla collaborazione di un “pool” composto da Polizia, Carabinieri, Direzione Nazionale Antimafia, Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e Procura di Foggia. Esempio inedito di quel concorso di forze e competenze a cui Libera da sempre richiama e si richiama, nel segno della condivisione e della corresponsabilità.

Il “Noi” che proprio a Foggia, il 10 gennaio scorso, ha voluto gridare il suo “no!” alla violenza mafiosa e alle complicità che la alimentano con una marcia di oltre ventimila persone unite per disinnescare la miccia della paura e della rassegnazione. Bisogna augurarsi che il metodo dell’operazione di questa mattina faccia scuola non solo nel contrasto al crimine organizzato ma in ogni ambito della vita sociale, tanto più in un momento che ci fa capire – nel distanziamento preventivo – quanto siano importanti le relazioni e i beni comuni. Solo insieme ci possiamo salvare: non solo dalle pandemie ma anche dalle mafie, dalle ingiustizie e da tutte le divisioni che tolgono dignità, speranza e futuro».

La riflessione di Daniela Marcone, Vicepresidente di Libera.

«Ritengo che l'operazione Decimabis, letta alla luce di quanto era già emerso con le precedenti operazioni, evidenzi alcuni dettagli importanti e necessiti di una riflessione attenta e non improvvisata. Oggi, nei vari interventi anche di istituzioni nazionali la parola "batteria" che indica il clan familiare, nucleo tipico della Società foggiana, è stata più volte utilizzata, entrando nella narrazione più esterna al nostro territorio. Così come i nomi delle famiglie appaiate tra loro e contendenti con le altre, sono apparsi in numerosissime pagine di quotidiani e post su facebook. Questo racconto nazionale era già in atto ma, finalmente, il sipario si è alzato davvero. Ringrazio i magistrati e gli appartenenti alle forze dell'ordine impegnati nel quotidiano contrasto. Li ringrazio anche per aver descritto il fenomeno al meglio. Il contrasto alle mafie del foggiano è ancor di più una priorità assoluta e di livello nazionale. Ecco perché chi vive a Foggia è chiamato ancora una volta in causa. Le notizie su questa mafia fanno tremare, essa appare, come è giusto che sia, tremenda, pericolosissima, invasiva. Lo era anche prima ma noi eravamo "soli" a parlarne, a cercare di far emergere il marcio, il pericolo, il danno. Ora è tempo di uscire tutti dal silenzio, è la rete che amplifica le voci, voci nostre, che ci fanno uscire definitivamente dall'ombra. Perché le operazioni investigative colpiscono i mafiosi ma a noi tutti, insieme, spetta il compito di ricucire il tessuto sociale messo alla prova, strappato e irrigidito dalle paure. Un tessuto che può diventare la rete che sostiene chi sceglie di denunciare, chi rompe il silenzio delle "regole" imposte dalla mafia. Quella lista di chi subisce l'estorsione del pizzo è troppo lunga, in tanti accettano di pagare una "tassa" criminale. Le motivazioni per cui questo avviene sono tante e non spetta a me puntare il dito. Penso però che per molti anni la cappa che asfissiava la città non ha incoraggiato la denuncia e il cambiamento culturale necessario a sostenerla. Ora, però, è diverso e tanto altro accadrà per chiarire le trame mafiose. Chi resta indifferente, oggi, non ha più scuse, si rende complice».

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