Per la storia meridionale che non hanno avuto il coraggio di raccontare

a cura di Matteo Notarangelo, Sociologo e counselor professionale.

Il 13 febbraio è il giorno della memoria per le vittime meridionali. “La consapevolezza del passato ci aprirà gli occhi e ci permetterà di guardare al futuro”, cosi scriveva il meridionalista Nicola Zitara. Per l’occasione, il cantautore Antonio Silvestri e la soprano lirica Mariella Ciuffreda  hanno proposto alcune suonate e canti sanfedisti. Una giornata di cultura e di musica per riconsiderare un pezzo della  storia meridionale,   oscurata dalla storiografia ufficiale. Non solo. Durante la serata, gli ospiti della comunità psichiatrica “Gheel”  e del Centro Diurno di Monte Sant’Angelo (Fg) hanno suggerito di declamare, da remoto, dialoghi di briganti insorgenti del 1799 e del 1861. Con l’incontro virtuale, si vuole rispolverare la verità storica della rivoluzione anti-napoletana, anti-cattolica ed anti-borbonica del 1799, nonché gli eccidi e la depredazione dei Piemontesi, provocati con “Il saccheggio del Sud” del 1861.                                                                                                  

La storia

Quelli accadimenti storici non possono essere dimenticati o, peggio, falsificati. Quel buco storico nella memoria delle generazioni meridionali oltraggia il valore e la dignità di un popolo, insultato, massacrato ed incarcerato nella propria terra. Quel popolo, che ha subito e poi combattuto sanguinose guerre di spoliazione e di soprusi, invoca la verità storica per  inorgoglire i figli del grande Sud, prima briganti ed oggi ancora emigranti.  Ma che accadde in quei convulsi anni di stermini? Il Settecento è  l’epoca della filiazione della Massoneria speculativa alla Massoneria operativa. Nelle Logge corporative entrano luminari della nobiltà, chiamati “Massoni Accettati”, assumendosi il compito di riformare i costumi in tutto il mondo occidentale. L’Ordine si affermò in Francia. Nel 1773, le attività massoniche confluirono nella costituzione della Gran Loggia, mentre i  filosofi di quel tempo costruivano i principi del liberalismo moderno. Erano quegli gli anni in cui le Obbedienze massoniche, normavano  le carte costituzionali, i “Billis of rights” americane del 1776 e la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino dell’Assemblea costituente Francese del 1789. Fra i massoni francesi di allora, c'erano Montesquieu, Rousseau, Voltaire, Lalande, Petìon, Mirabeau, Danton, Lafayette e Napoleone. Nel frattempo, la Massoneria Universale si radicava in Europa e nel 1750 venne fondata anche a Napoli una Gran Loggia, che designò Gran Maestro Raimondo di Sangro, principe di San Severo. Per affermare gli ideali massonici,  non c’era che un modo: distruggere alcune monarchie degli stati della penisola, poi italiana, e lo Stato della Chiesa.

Il 1798

La monarchia borbonica, instaurata nel 1734,  ne diede l’occasione per la sua centralità. A raccontarcelo, è Vincenzo Gulì, già presidente del “parlamento delle Due Sicilie”. Nel 1798, le truppe francesi occupano Roma e proclamano la repubblica romana. Ferdinando IV con le truppe napoletane libera la città del papa, Roma. Passano pochi giorni, i francesi, a Civita Castellana, sconfiggono le truppe borboniche, riprendono il controllo militare dello Stato Pontificio ed invadono il Regno di Napoli.  Trascorrono tre giorni di assedio e  cade  anche la città di Napoli. Il 21 gennaio i giacobini napoletani proclamano da Castel Sant’Elmo la Repubblica di Napoli. Con un decreto del generale Championnet, venne costituito e insediato il Governo Provvisorio [Omissione grave: in quei 4 giorni i francesi, con la collaborazione dei giacobini locali, massacrarono, come riferisce il generale Thiebault nelle sue memorie, “non meno di ottomila napoletani”. Senza l’aiuto dei giacobini collaborazionisti che cannoneggiarono da Sant’Elmo il popolo che resisteva, come riconobbe lo stesso Championnet, il potentissimo esercio francese non avrebbe mai sconfitto quegli “eroici lazzaroni”]

L’albero della libertà

Furono momenti di grande commozione. Nelle piazze,vennero piantati gli alberi della libertà, la parola “cittadino” sostituì i titoli nobiliari, furono promulgate leggi sulle libertà individuali e i privilegi feudali vennero abrogati [Furono emanate anche oltre 1500 condanne a morte contro coloro che si opponevano a quella conquista e all’offesa quotidiana dei valori tradizionali popolari e cristiani di cui quegli alberi- abbattuti decine di volte- rappresentavano il simbolo più odiato; intanto il commissario repubblicano francese Faypoult timbrava le nostre opere d’arte e le spediva a Parigi…] 
Fu quella la primavera napoletana, una stagione breve, giacché gli eventi presero quasi subito un indirizzo sfavorevole [Altra omissione grave: sempre il generale francese Thiebault ci fa sapere che in tutta la “campagna napoletana furono passati a fil di spada –e in meno di cinque mesi- oltre sessantamila napoletani”… bella primavera]. In quei terribili giorni, il Cardinale Ruffo, a capo di bande sanfediste, marciò su Napoli ed annientò, con la conquista di Castel Sant’Elmo, l’ultima sacca di resistenza repubblicana. Era il 13 Giugno.  Quel giorno, l’albero della libertà fu sradicato e al suo posto crebbero, ovunque, le forche [100, complessivamente, le condanne a morte eseguite dopo il ritorno dei Borbone: per i massacri e i saccheggi compiuti dai franco-giacobini, in nessun posto del mondo in quel momento storico, purtroppo, si poteva reagire in modo differente]…

La reazione

Pochi giorni più tardi,  fu impiccato ai pennoni de “La Minerva”, l’ammiraglio, Francesco Caracciolo, membro della loggia “Perfetta Unione”. In estate, la stessa sorte toccò a Domenico Cirillo, Michele Natale, vescovo di Vico Equense, e Gennaro Serra, duca di Cassano, tutti patrioti appartenenti all’Officina “Vittoria” di Napoli [massoni, allora, in gran parte, gli artefici della repubblica; l’ammiraglio Caracciolo tradì il suo giuramento di fedeltà alla sua patria napoletana e al suo re e qualsiasi altro codice militare penale non solo di quel tempo lo avrebbe condannato a morte]
Il sogno della breve primavera napoletana terminò, così, in un bagno di sangue e quella strage di intellettuali, artisti, pensatori, giuristi, riformatori incise non poco sulla storia della Penisola e in particolare del Meridione [luogo comune tra i più diffusi e per niente credibile: su una popolazione di circa 10 milioni di abitanti è mai possibile che la morte di circa 100 persone abbia avuto una conseguenza di qualsiasi natura da allora addirittura fino ad oggi? E tutti i primati in tutti i settori che riuscimmo a conquistare dal 1799 al 1860?]
D’altra parte, la Rivoluzione Napoletana e la sua Repubblica rappresentarono l’incipit della tragedia  nazionale. L’albero della Libertà era stato divelto con bestiale furore, ma, di lì a poco, il suo seme si diffuse in ogni angolo del Paese” [ovvio collegamento giacobino-massonico-liberale a dimostrazione della complessità degli ostacoli messi di fronte ai Borbone e alle Popolazioni Duosiciliane da allora oggi...]

M24A ET MSA

Nelle cancellerie e nelle logge europee, intanto, si preparava l'occupazione piemontese, a danno di un popolo pacifico, che ancora oggi chiede giustizia e equità. 

D'allora, nelle province del Sud Italia si ebbero anni di terrore, stragi e incendi di paesi, di boschi e di  foreste, che gli aggressori e i massoni illuminati,  ancora oggi faticano a raccontare, mentre molti ne chiedono l'oblio.

 

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