Omicidio Traiano. [VIDEO] Alcuni sapevano e non parlavano. L’omertà a Foggia. La conferenza dell’operazione Destino e i fatti

Destino” il nome dell’operazione che alle prime luci dell’alba del 25 febbraio 2021 ha assicurato alle Patrie Galere i cinque presunti assassini di Francesco Traiano, 38anni assassinato il 17 settembre 2020 nel suo bar-tabacchi in via Guido Dorso a Foggia. Francesco, poi, è deceduto lo scorso 9 ottobre dopo una lunga agonia di tre settimane nel Policlinico Riuniti di Foggia.

Destino perché, come ha sottolineato il Procuratore di Foggia, dott. Ludovico Vaccaro, fu colui che nel febbraio dell’anno 2003 si occupò come GUP  dell'omicidio di Giovanna Traiano, sorella di Francesco, da un parente di uno degli arrestati. «Questo episodio mi ha scosso per due elementi: in primis l'efferatezza della rapina, poi l'assurdo destino che ha colpito la famiglia Traiano: Giovanna, sorella della vittima venne assassinata a febbraio del 2003 con un colpo di pistola alle tempie dall'ex marito».

Erano circa le ore 04:30 quando un elicottero della Polizia di Stato per 20 minuti ha sorvolato l’area nord degli abitati zona stadio Zaccheria, dove si è svolta l’operazione.

Cinque i presunti assassini tra i 20 e 24 anni, cui un minorenne di 17 anni –quello che avrebbe inferto la coltellata mortale a Francesco- arrestati gravemente indiziati dell’efferato gesto e plurime accuse penali. Si tratta dei 21enni Antonio Pio Tufo e Christian Consalvo, Antonio Bernardo di 24enne e del minore 17enne cui sono riservate le generalità. Mentre ai domiciliari è finito Simone Pio Amorico, 22enne. L’ Ordinanze di custodia cautelare è stata emessa dai GIP del tribunale di Foggia Armando Dello Iacovo, e del tribunale per i minorenni di Bari, Patrizia Famà. I cinque sono accusati di omicidio volontario, il minorenne colui che ha colpito a morte il Traiano, mentre il Consalvo, Tufo e Bernardo in concorso anomalo in omicidio, furto, rapina e incendio dell’auto, mentre l’Amorico solo di favoreggiamento.

Una rapina efferata, di sangue cosparso in terra, di una ferocia che anche gli inquirenti non credevano alle scene viste dai filmati dei video degli impianti di videosorveglianza, fondamentali per ricostruire la dinamica e concludere l’operazione condotta con certosino ingegno investigativo.

Durante la conferenza stampa, tenutasi nella Questura di Foggia, gli inquirenti hanno illustrato i particolari dell’operazione, che ha impegnato agenti, investigatori e dirigenti della Polizia di Stato, della Squadra Mobile, della Scientifica e magistrati della Procura di Foggia e di quella di Bari presso il Tribunale per i Minorenni.

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Intercettazioni ambientali e telefoniche, appostamenti e pedinamenti alla base dell’operazione, ma soprattutto le visione dei filmati degli impianti di videosorveglianza dai quali hanno potuto ricostruire dinamiche, fughe e tentati occultamento di prove. Il dato che emerge, purtroppo negativo, è l’assoluta non collaborazione di chi sapeva e non ha parlato. Un’omertà che fa sprofondare Foggia nella vergogna civile, che continua a essere fulcro di azioni criminali e mafiosi.

Nel corso delle intercettazioni gli inquirenti hanno evidenziato che gli indagati ridevano ed erano preoccupati di come spendere i soldi della rapina: c’era chi stava pensando di farsi una vacanza e uno un tatuaggio, chi invece pensava a divertirsi alla giornata. Tutti fattori che hanno delineato il profilo dei cinque catturati, che parevano non curarsi delle conseguenze. Un dato che ha fatto meditare inquirenti e il Procuratore dott. Vaccaro, che ai giovani ha rivolto un messaggio: «Non  lasciatevi in nessun modo tentare da queste strade che rovinano le vite...perché un'accusa di omicidio a quell'età significa una vita scontata. Non gettate le vostre vite lasciandovi andare a quelle che sono delle azioni criminose che possono sembrare delle bravate, "andiamo a far la rapina", e che poi sfociano in omicidi con accuse pesantissime e che comporteranno... condanne pesanti».

 «Le immagini delle telecamere di sicurezza –ha evidenziato il Questore dott. Paolo Sirna- mettono in evidenza che il 17enne impugnasse l’arma mentre faceva irruzione nel bar ed era pronto ad utilizzarla». Pertanto, parrebbe che il minorenne non era lì con l’arma in pugno per intimorire, particolare che potrebbe essere un’aggravante, ma saranno i giudici a giudicare.

Durante la conferenza non son mancate “frecciatine” e pesanti lamentele del Procuratore dott. Vaccaro, che ha denunciato la scarsa attenzione e volontà a installare più telecamere per le vie cittadine. «Importanti sono le videosorveglianze. Su questo voglio mandare un messaggio ai cittadini. Sono tre anni che non vengo ascoltato. Sappiamo che è uno strumento investigativo assolutamente fondamentale. E che i nostri appelli a che questo sistema di videosorveglianza, che è per la sicurezza dei cittadini, prima ancora per la repressione, non viene incrementato. Addirittura, perché lo posso dire perché si tratta di attività ormai note, che nel corso di alcune intercettazioni che abbiamo svolto nei mesi scorsi, è venuto fuori il contrario, che c'è una tendenza, c'è qualcuno che anche all'interno delle Amministrazioni (riferendosi a quella comunale) rema contro, cioè che non le vuole, perché queste videosorveglianze ovviamente... E questo dev'essere chiaro che il sistema di videosorveglianza è fondamentale, ma come si evince a livello nazionale, perché innanzitutto i cittadini siano più sicuri, si sentano più sicuri, e la Polizia Giudiziaria e la Magistratura abbiano degli strumenti per reprimere...». Riferimento preciso a qualcuno che in seno a un’istituzione ha il dovere di garantire sicurezza ai concittadini, si fa “convincere” da terzi a tergiversare sull’annosa richiesta, cede a volontà non consone alla legalità. Una denuncia ben circoscritta a fronte di prove ottenute da intercettazioni di indagini in atto, alcune delle quali non possono essere ancora rese note, e che hanno già svelato retroscena preoccupanti su commistioni e che sicuramente ne riveleranno altre.

I fatti

Nel merito della ricostruzione degli inquirenti, ben descritta dalla dott. ssa Rosa Pensa, PM della Procura di Foggia, quel tragico pomeriggio del 17 settembre 2020, il minorenne, il Tufo e il Bernardo fecero irruzione nel locale, mentre il Consalvo rimase fuori alla guida dell’auto. I tre che irruppero nel bar-tabacchi avevano il volto coperto con passamontagna e solo il 17enne impugnava un coltello. Subito i giovani si avventarono contro Francesco Traiano che cercò di resistere, poi colpito al volto, sotto il lobo oculare sinistro, dalla coltellata sferrata dal minorenne, risultata mortale. Mentre stavano arraffando il misero bottino uno di loro, precisamente il Tufo scagliò contro un dipendente un pesante posacenere. Poi i tre fuggirono a bordo della Fiat Punto rubata e poi incendiata in serata.

Il colpo mortale

«Il minore –ha affermato la dott.ssa Pensa- spalleggiato da Bernardo si è avventato sulla vittima colpendola ripetutamente al volto e continuando a sferrare calci anche quando Francesco Traiano si è accasciato al suolo».

La fuga

Due dei rapinatori, precisamente il Bernardo e il Tufo, scesero immediatamente dal veicolo, mentre gli altri due, il minorenne e il Consalvo continuarono la corsa con l’auto dirigendosi in una zona di campagna fuori la città per poi dar fuoco al veicolo, per poi essere prelevati dall’Amorico a bordo di un’altra auto.

I cinque pur avendo agito con il volto travisato, con guanti e stando attenti a non lasciare tracce, hanno commesso alcuni errori, lasciando segni visibili all’occhio attento degli investigatori e continuando a comunicare con i telefoni cellulari. Particolari che son serviti sia a ricostruire la dinamica, sia a confermare presumibilmente che sono loro i colpevoli della rapina e morte di Francesco Traiano.

La Squadra Stato HA VINTO!

Ora sta alla Magistratura inquirente a confermare i forti indizi raccolti dagli investigatori per chiudere un cerchio che darebbe giustizia a una morte evitabile e soprattutto un segnale che qualcosa a Foggia deve cambiare, l’omertà in primis, senza mai tralasciare le responsabilità che in ambiti familiari, nel caso, hanno prodotto illegalità. Un tema da approfondire, un male da curare, un comportamento da educare.

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