Lettera Aperta a cura di Matteo Notarangelo.
«Porre domande a chi governa è un diritto naturale, oltre che politico e giuridico.
In questa città siamo a un livello di evoluzione pre-politico: manca l'idea di ciò che è la politica.
Quanto accade, non è questione di orientamento politico-ideologico (magari lo fosse!), bensì di diatribe da bar.
In una comunità semplice, ci sono individui che riconoscono il bene di vivere insieme e diventano comunità per raggiungere questo fine: il bene di tutti.
La giusta e salutare divisione si vive al momento della scelta, a causa delle diverse visioni della vita e dei mondi possibili.
Non la faccio lunga.
Con questi presupposti, l'individuo si rimette a un principio politico inclusivo: "democrazia occidentale", ossia un sistema in cui prevalgono i deliberati di una maggioranza.
Quanto accade nella comunità è utile e necessario per formare l'idea e far conoscere le diverse visioni del mondo.
A questo punto, i tanti Catoni dovrebbero riconoscere la loro "inciviltà" politica, causa dell'"assassinio" della democrazia civica.
Costoro non hanno alcun diritto umano di azzittire chicchessia, al di là dei trascorsi politici, e misurare l'idea e il valore della persona in base al consenso elettorale, tra l’altro, spesso estorto con promesse e fonte di illegalità.
Gli illusi e accecati dai ruoli del "potere" dovrebbero riconoscere il valore civico di chi, in modo democratico e civile, ha posto delle domande pubbliche e legittime di interesse collettivo.
Le stesse persone-istituzioni hanno l'obbligo, politico e di governo, di dare le dovute risposte e ringraziare l'attento membro della comunità per aver aperto un democratico e civile confronto.
Come vedete, siamo lontano dal giusnaturalismo giuridico e molto intriso in pratiche di governo rozze.
Questo è il momento di rendere plurale il governo della città e di iniziare a dire che non si può lasciare il futuro di una comunità a una setta di tre individui chiusa in un disadorno palazzo».