L’Editoriale. Tra l’incudine e il martello

Game Over! È calato il sipario. La pacchia è finita. Ma la barzelletta, amara, continua ancora per la città di Foggia. Pensare che tutto sia iniziato dalla famigerata affermazione “nn n’è na’ barzllett”, “non è una barzelletta”, è ridicolo. Ha prodotto l’indignazione pubblica senza, però, chiedersi se tutto era circoscritto o era un anello di una lunga catena che la Procura sta srotolando, e che sicuramente incatenerà altri soggetti, politici, imprenditoriali, criminali.

Sappiamo tutti che l’indagine ebbe inizio due anni fa, l’indomani dell’insediamento dell’attuale commissariato Consiglio comunale e che con la frase pronunciata dal balcone a Capodanno si è dato il “là” a un’indagine che, con dovizia e soprattutto silente azione, gli inquirenti stanno portando alla luce uno scenario che mai avremmo voluto conoscere e oggi vivere.

Tutta la classe politica di Palazzo di Città presumibilmente sapeva e nessuno ha parlato, tutti presumibilmente vedevano e nessuno ha parlato, tutti presumibilmente ascoltavano e nessuno ha parlato. Hanno preferito attendere che il vaso di Pandora si scoperchiasse per farsi avanti? Se così, non lo hanno fatto nelle sedi giudiziarie, ma sui media, con comunicati stampa, con il solito grido ridondante “dimissioni”, come se i processi abbiano cambiato sede. Opportunismo politico? Può essere. È nei tribunali che si processano le persone. Sui media si raccontano i fatti, con informazioni comprovate e non lasciate alla curiosità popolare. Del resto il consenso per chi vive di politica è prioritario a tutto. Voti garantiti a fronte di uno scandalo che investe tutti i foggiani e la sua economia e la sua credibilità già indebolita dalla vicende criminali di una “società” che disfa e fa.

Tuttavia dopo il passato Capodanno non si poteva più sottacere perché le verità stavano venendo a galla. Quelle che con delazioni potevano essere utili alla stessa politica per far luce su un’ombra che oggi investe tutta la politica foggiana, cosicché da disegnare un confine tra chi ha violato leggi e chi no. Invece siamo in pieno borderline, in un limbo che rimane e con esso il dubbio per future scelte, perché i foggiani, ora, non si fidano più, anche quelli che attendono fatue promesse.

Legalità, la parola più partorita di questi tempi da chi poteva dir ciò che presumibilmente sapeva senza farne un proclama per le prossime elezioni (speriamo tra oltre due anni).

Decenza, invece, è il termine che dev’essere usato, dove etica e moralità son state sacrificate sull’altare del consenso, dall’una e l’altra parte. La decenza è l'acciaio che tiene in piedi le mura della nostra società per un’esistenza legale, come fondamenta della politica.

I foggiani oggi sono tra l’incudine e il martello abbracciato da chi dovrebbe rigar dritto.

Ieri si è insediato il Commissario Prefettizio, la dott. Marilisa Magno. Due anni fa vi fu l’elezione dell’attuale commissariato Consiglio comunale. 25 maggio 2021 – 25 maggio 2019, una coincidenza? Sicuramente! Anche un segno vivido del destino, che con l’arrivo del Commissario si spera si faccia pulizia e maggiormente faccia riflettere i foggiani su chi prossimamente dovrà rappresentarli.

La Prefettura avrà ancora un ex Questore, il dott. Carmine Esposito: ci sarà un perché?

Un connubio istituzionale tra le due figure, già sperimentato a Bari, e che ha sortito buone pratiche di legalità e giustizia, con le amministrazioni locali sotto la lente d'ingrandimento.

Non tutto è legato allo scandalo politico. Seppur le indagini siano su binari differenti, potrebbero convergere su un unico. La Commissione antimafia per l’accesso agli atti al Comune di Foggia sta lavorando alacremente, su più fronti e nomi. Un dato di fatto che potrebbe davvero cambiare il volto sfigurato di una città allo sbando politico e distratto da costumanze radicate nel popolar vivere e prassi contemporanee in salsa agrodolce di “batterie” sempre più imprenditoriali.

Purtroppo siamo dinanzi a diversi camaleontici soggetti politici, transfughi, saltatori di quaglie, saltimbanchi, che si rigenerano e con le promesse fatue infinocchiano disperati e imperterriti creduloni della facile Res Publica. Chi la pensa diversamente è connivente con quel sistema che da anni, molti anni, ha relegato Foggia negli abissi della società civile abbracciata da una "società" stanziale nei palazzi. Il 2019 è solo l’inizio di uno spaccato di un vaso di Pandora colmo da anni. Peccato che le indagini non siano iniziate prima. Il mea culpa oggi non serve. Come sono inutili manifestazioni di facciata giacché in testa vi sono sempre le stesse persone che parlano ma non denunciano nelle Procure, preferendo i media per dar vita a processi mediatici e non quelli giuridici. Manifestare fa bene e palesa il dissenso, ma se non c'è seguito o si chiede sempre all'altro di agire è la forma pilatesca più aberrante di chi pronuncia la parola legalità. La conoscenza dei fatti se non denunciata è correa come averli commessi. La delazione è lo strumento per quella pulce nell’orecchio di chi deve indagare.

E ora tutti a casa. Ne riparliamo non in autunno. Si spera tra due anni o più, perché qui certa politica, certa imprenditoria e mafia, convive.

C'è una Foggia assuefatta, che nel grigiore non distingue i colori, che riconosce nei nomi la soluzione piuttosto di cercarla nelle azioni.

Foggiani tra l'incudine e il martello, come ferro caldo da battere all'occorrenza.

Una pulizia con un commissariamento straordinario antimafia potrebbe raffreddarci e lavare almeno di uno strato ciò che è incrostato da molti anni. Non ridarà candore ma almeno si spera faccia riflettere chi col voto continua a dar fiducia (sempre tradita e non lo ammettono) chi attende una casa, un lavoro, una pratica, chi continua a credere a fatue promesse spesso illegali.

Le scelte dovranno esser fatte con dovizia e soprattutto con gente nuova, dell'una e l'altra parte politica perché l’onta è stata politica. Lo dice un giornalista che da anni investiga sul malaffare, sulle mafie, che denuncia non solo giornalisticamente, che è rimasto schifato da questo aberrante scandalo, da questo perverso sistema, dai molteplici comunicati che riceveva, note stampa volti solo a screditare la controparte e arricchire il bottino elettorale. Schifato da chi ostentava opulenza ottenuta con soldi pubblici, da chi con segni comunicava la consegna andata a buon fine, da chi distribuiva nelle loro tasche i nostri soldi, da chi si pavoneggiava con un “tutt’a post” e sorriso beffardo, senza pensare minimamente a chi si guadagna da vivere e sopravvivere con il proprio lavoro, con uno stipendio, per chi lo ha, che arriva a malapena a metà mese. Un’opulenza sfacciata, denigratoria, diffamante, mostrata in tutte le sue sfaccettature anche con futili oggetti, che può essere anche semplice orologio che scandisce il tempo di ciò che si sta facendo e non di quello che si deve fare per il bene comune e pubblico.

E ora c’è anche chi attraverso la stampa si arrampica sugli specchi, aggrappandosi verosimilmente ai suoi angoli e alle crepe di una viscida più che scivolosa lastra che riflette la nuda e cruda verità.

Meritiamo tutto questo? Da 1 a 100, 80 SI, il rimanente 20 si organizzi per ridare credibilità a una Foggia tentacolata ormai gommosa, collusa, connivente, accondiscendente, muta, sorda, zitta e zittita, una città "società".

Si spera solo che tra due anni, perché si auspica tanto che l'antimafia si pronunci positiva, i foggiani pesino i candidati e scelgano i meno peggio. Con ciò non si mette tutto sullo stesso piano, ma non si può non pensare che altri presumibilmente sapevano, da destra a sinistra al centro e stellati, e nessuno si è recato in Procura, almeno con una delazione, preferendo a vaso scoperchiato i media e i processi mediatici come consensi. I partiti alle prossime elezioni presentino nuove persone perché le attuali, tutte, non meritano nulla.

Chi ha sbagliato paghi; chi no, si metta da parte per decenza.

Vergogna, anche se questo termine è sconosciuto per loro.

Ad Maiora!

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