Matteo Impagnatiello: «Legambiente approva l’impianto a Macchia»

Matteo Impagnatiello ritorna sulla questione della costruzione di un impianto per il trattamento della plastica nella piana di Macchia di Monte Sant’Angelo. Lo fa ponendo altri interrogativi, scuotendo coscienze di chi dell’ambiente ne ha fatta una battaglia, che oggi con l’assenso all’impianto suddetto pare non essere più a prescindere. Tuttavia, per onor di cronaca e diritto di replica, Franco Salcuni contattato da questa redazione ha detto che «Il mio non è un si incondizionato. Dico semplicemente che l'impiantistica per la chiusura del ciclo dei rifiuti differenziati va fatta e non va demonizzata. È economia circolare che parte dalla raccolta differenziata per giungere alla materia prima seconda e alla remissione delle materie nel ciclo produttivo. Uno dei pilastro del Green New Deal, assieme alla produzione di energia pulita».

Ciononostante le perplessità sussistono, a maggior ragione che ad oggi non vi sono carte che possano certificare ulteriori impianti –vedi quello dei rifiuti- ma soprattutto vige un silenzio istituzionale, interrotto per difesa solo nel mese di gennaio 2021 in un’intervista rilasciata a un solo organo di stampa, piuttosto che a tutti quelli che stanno parlando della vicenda in oggetto, e tra l'altro ripreso ogni qual volta si tenta di argomentare invitando il comune a mostrar le carte.

Di seguito l’intervento di Matteo Impagnatiello.

«Legambiente, con le dichiarazioni di Salcuni membro del direttivo nazionale dell’associazione ambientalista, è a favore dell’insediamento del mega impianto per il trattamento della plastica nella piana di Macchia di Monte Sant’Angelo.

L’Attacco dell’ 8 giugno scorso, a pagina 23, dedicava l’intera pagina all’argomento riportando l’intervista. Un progetto su cui vige il silenzio istituzionale.

 “Dobbiamo farci un esame di coscienza e capire se vogliamo chiudere il ciclo dei rifiuti in Puglia-premette a l’Attacco-. Se lo vogliamo, va fatta l’impiantistica. Va fatta in sicurezza, però va fatta, altrimenti il problema dei rifiuti rimane un problema aperto”.

La dichiarazione evidenzia che i cittadini dovrebbero farsi un esame di coscienza, mentre in realtà il problema dovrebbe scuotere la coscienza non dei cittadini, bensì quella politica ed istituzionale. Sono proprio le comunità locali che abitano quei posti paesaggisticamente meravigliosi a non essere informate. A conferma della bellezza del territorio sono numerose le recensioni dei media nazionali e internazionali. Il paradosso è che proprio questi territori ospitano impianti altamente inquinanti. Il disastro non è solo annunciato, ma è stato già causato.

Spesso, sia prima ma anche dopo gli incidenti, il pericolo è stato tenuto nascosto, sottovalutato e/o negato. Dei danni provocati ai territori e alle popolazioni pochi ne parlano. Tra coloro che si sono rivolti all’autorità giudiziaria, pochissimi ricevono risarcimenti, dopo lunghissimi ed estenuanti processi nelle aule dei tribunali. Alcuni giungono dopo il loro decesso.

E le bonifiche? “In quell’area- dice Salcuni, membro di Legambiente, riferendosi alla zona ex Enichem- c’è di tutto. Una bonifica completata solo al 18%”.

Le mancate bonifiche del territorio generano, oltre che danni e patimenti, sfiducia nelle istituzioni deputate a garantire la salute e la sicurezza pubblica.

I dubbi, le paure e le inquietudini dei cittadini sono state fatte proprie dalla nascente lista civica Rinascita possibile di Monte Sant’Angelo, che ha invitato a riflettere sul lungo silenzio dell’intero consiglio comunale e le giustificazioni di Legambiente.

Il timore di una “bomba ecologica” angoscia le popolazioni di Monte Sant’Angelo e Manfredonia, che distano poche centinaia di metri dal sito destinato ad ospitarla. Aprire il dibattito è fondamentale, nonostante la disillusione dei cittadini, troppo spesso sedotti da promesse di prosperità e benessere, risultate poi tradite.

Il cofinanziamento della Regione Puglia, che ammonta a 10 milioni di euro, insieme alla richiesta della Seasif di concessione per ben 4 lustri di secolo di 3 delle 5 banchine del Porto Alti Fondali di Manfredonia (costruito con i soldi della Cassa del Mezzogiorno), rappresentano ulteriori ragioni per far partecipare le comunità locali.

E’ lontano il Medioevo, quando le crociate erano giustificate con la formula divina “Dio lo vuole”. Nel territorio garganico, nonostante la presenza dell’Arcangelo, non pare ci siano potenze divine che impongano di impiantare tutto ciò che è altamente pericoloso e inquinante.

Eppure, siamo all’interno del Parco Nazionale del Gargano, che non fa sentire la sua voce. Non è la chimica e/o similare il settore merceologico esclusivo ed adatto per il Gargano e la Daunia. Le eccellenze ed i prodotti del territorio non hanno nulla a che spartire con gli insediamenti industriali calati dall’alto, di proprietà di holdings venute da lontano.

Per questo, si resta perplessi riguardo alla posizione assunta da Legambiente. Non è difficile immaginare uno sviluppo eco-compatibile, anche dopo il disastro creato dal petrolchimico degli anni ’60. E poi, è così complicato valorizzare la plurimillenaria storia di Monte Sant’Angelo e Manfredonia?»

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