Piana di Macchia-Monte Sant’Angelo. 26 settembre 1976 – 2021. Dopo 45 anni un nuovo pericolo incombe sulla nostra salute

a cura di Donato Troiano.

Sono trascorsi 45 anni dallo scoppio della colonna di Prilling verificatosi presso l’ex Stabilimento Enichem di Macchia il 26 settembre 1976.

Una quantità enorme di arsenico, misto a vapore acqueo, si sparse nell’atmosfera precipitando al suolo nel giro di poche ore.

Un disastro ambientale di straordinarie proporzioni, che costituì un duro colpo per la salute delle popolazioni di Macchia e di Manfredonia e per un grande numero di lavoratori, mettendo a dura prova anche l’economia dell’intero Comprensorio.

Ero stato eletto Sindaco di Monte S. Angelo da appena due mesi. Avevo 28 anni. Quell’evento drammatico fu per me un vero e proprio battesimo di fuoco, da cui uscii rafforzato nel mio ruolo di Primo Cittadino grazie a tre fattori: la strettissima e proficua collaborazione tra me e il Sindaco di Manfredonia, il compianto senatore Michele Magno; il sostegno immediato della Direzione Nazionale del mio partito, il Partito Comunista Italiano che, tra l’altro, mi segnalò il prof. Sequi, docente di Chimica Industriale presso l’Università degli Studi di Pisa, quale componente del Comitato Scientifico; il supporto tecnico-giuridico del Segretario Generale del Comune di Monte S. Angelo, dott. Antonio Nasuti.

Furono giorni di intensa attività amministrativa connotata da numerosi provvedimenti di somma urgenza, prevalentemente di carattere sanitario, assunti a tutela della salute delle popolazioni e dei lavoratori e per il fissaggio dell’arsenico nel terreno su cui era abbondantemente caduto.

Quello scoppio colse tutti di sorpresa – lavoratori, popolazioni e amministratori pubblici – poiché si verificò solo dopo sette anni di attività produttiva degli impianti dell’ANIC (poi denominata Enichem), la cui collocazione in territorio di Monte S. Angelo ma a ridosso della Città di Manfredonia era stata il frutto di una scelta del Governo Nazionale dell’epoca.

Una decisione prima subita e poi accettata in cambio di migliaia di posti di lavoro e con la prospettiva di uno sviluppo industriale che negli anni a venire avrebbe investito tutto il territorio e che, purtroppo, non si verificò e si concluse con la chiusura dello Stabilimento e una crisi economica che investì tutte e tre le Comunità: Manfredonia, Monte S. Angelo e Mattinata.

Fu quella “un’accettazione” determinata dal bisogno di lavoro e di occupazione delle popolazioni locali, che comportò la contestuale (forse inconsapevole) rinuncia di una prospettiva alternativa di sviluppo, fondata sulla “risorsa mare”.

Oggi, a distanza di poco meno di 60 anni da quella scelta del Governo Nazionale, un nuovo pericolo incombe sulla salute delle popolazioni di Macchia e di Manfredonia, frutto ancora una volta di scelte che si stanno compiendo dall’alto, in luoghi istituzionali diversi da quelli locali.

Ancora una volta una scelta rischiosa, che non tiene conto della vocazione del territorio, poiché mira a trasformare la zona industriale di Macchia e di Manfredonia in una Piattaforma regionale/nazionale per il trattamento dei rifiuti.

In questa direzione sono in campo, purtroppo, già tre iniziative: l’impianto per il trattamento della plastica, l’impianto per la trasformazione degli pneumatici in disuso e le due proposte imprenditoriali della Seasif Holding per la lavorazione della bentonite e per la selezione dei materiali di scarto delle miniere e degli scavi marini.

Su queste iniziative, inspiegabilmente, non sono fornite alle popolazioni locali le dovute informazioni, come se si trattasse di progetti coperti da brevetti, che invece non esistono.

A differenza degli anni ’60 questa volta si vuole “scambiare” questa tipologia di investimenti per poche decine di posti di lavoro in una situazione economica e sociale molto diversa e, certamente, migliore rispetto a quella in cui fu decisa l’ubicazione dell’ANIC.

Oggi le popolazioni del nostro Comprensorio e le Istituzioni locali possono pretendere e lottare per una diversa prospettiva di sviluppo, che assicuri occupazione e benessere nel pieno rispetto dell’ambiente e della salute di chi vive e opera in questo bellissimo territorio. E le condizioni ci sono tutte!

Questa diversa prospettiva di futuro, però, non può “scendere dal cielo”. C’è bisogno di una vasta e pacifica mobilitazione delle popolazioni, delle associazioni dei lavoratori e degli imprenditori, del mondo della cultura e della scuola, che abbia questi obiettivi:

*la revoca della Deliberazione dell’Assemblea Generale del Consorzio ASI di Foggia del 2018 di modifica del Regolamento per l’insediamento di impianti ambientali negli agglomerati di pertinenza del Consorzio e il ripristino del testo del Regolamento approvato nel 2010 su iniziativa dell’ex Presidente ASI Franco Mastroluca;

*l’annullamento delle Deliberazioni della Giunta Comunale di Monte S. Angelo n. 30, n. 31 e n. 32 del 3 marzo 2018, mediante ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale;

*l’organizzazione di appositi “tavoli di confronto” tra le Istituzioni locali, le forze politiche, sociali e culturali dell’intero territorio al fine di definire una innovativa proposta di sviluppo compatibile con la tutela dell’ambiente e con la difesa della salute delle popolazioni locali.

Nessuno può tirarsi fuori da questa battaglia di civiltà e di progresso, a meno che non si voglia mettere in atto ancora una volta “il gioco dello scaricabarile”, attribuendo soltanto a Monte S. Angelo la responsabilità di ciò che sta per accadere nella zona industriale di Macchia.

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