Punti di (s)vista. L’erosa e sanguinante “cuginanza” contesa

Quando ci sono conflitti armati tra nazioni la geopolitica non va letta solo come il predominio territoriale tra i confini di quei paesi, ma interpretata anche sul piano dei motivi che lo ha scatenato dopo anni di azioni precedenti, che hanno eroso i popoli contrastanti e che nelle loro intenzioni cercano di mantenere il potere. Ciò non giustifica un conflitto armato, neanche l’invasore e l’invaso che risponde, seppur a difesa, con gli stessi strumenti assassini, perché le guerre hanno sempre portato morte, povertà per tanti e ricchezza per pochi, e lunghe oppressioni e soprusi.

In Ucraina si sperava in un’azione lampo di Putin. Invece i tempi si stanno dilatando, "obbligando" gli stati Alleati a entrare in uno scontro che ben che vada riproporrà un Europa cimitero di guerre altrui. Biden si ringalluzzisce con la vita degli altri, tanto da lui le bombe non arriveranno mai. Si mostrasse a Bering, in quello stretto che lo divide dalla Russia, e se la faccia lì la sua guerra contro Putin, tralasciando il popolo russo, “colpevole” senza colpe di essere tale.

L’Europa nuovamente al centro di contese geopolitiche finanziarie e commerciali "giustificate" da una guerra che non ci appartiene, anche territorialmente.

Solidarietà e vicinanza alle popolazioni assediate e sotto attacco, ma non si può sottacere agli anni che hanno preceduto questo conflitto. Le avvisaglie c'erano e nessuno ne ha parlato. Del resto siamo tutti filo-americani e i loro media sono i maggiori mezzi che hanno confutato una realtà che permane dal 2015.

I paesi membri della Nato (Otan = omen nomen…), alla luce delle nuove evoluzioni in Ucraina,  applicano gli articoli del trattato, ponendo in evidenza il 3, 4 e 5. L'Italia chiude gli spazi aerei alle compagnie russe, setaccia il Mar Mediterraneo da sempre affollato da sottomarini delle maggiori potenze belliche mondiali, prevede l'invio di truppe speciali, impiegando lagunari, alpini, incursori del Comsubin, oltre che un ingente quantitativo di armi. Sigonella è pronta e le altre basi, anche quelle vicine, sono in preallarme. Un'azione di guerra, altro che di pace, la stessa che anni addietro fu propagandata nel Medio Oriente e che col senno di poi, anzi grazie a qualche stampa controcorrente, ha svelato i veri motivi, gli obiettivi e i numeri energetici e vendita di armi, non solo di profitto, ma di vittime civili e militari.

Tutto pare che ora graviti attorno alla volontà dello Stato Maggiore militare ucraino, di quei generali che obtorto collo ai confini bielorussi potrebbero accordarsi con Putin, sacrificando Zelensky. Un sacrificio che potrebbe avere due risvolti, carcere o morte, sperando in un terzo con l’esilio in un paese Nato.

Tutto accade mentre da entrambe le parti i sili nucleari stanno mostrando le teste dei loro missili, non solo quelli russi acclarati da Putin, perché a una minaccia si risponde con un’altra, mostrando la propria forza, un dito su un bottone rosso che equivale alla distruzione globale. Sarebbe l’Armageddon.

Storicamente questa guerra pone le sue radici nel 2014. In quell’anno l’Ucraina, sostenuta dagli USA, ha disarcionato l’allora presidente filo-russo, accolto da Putin, sostituendolo con uno filo-statunitense che impose le sue regole. Non tutti gli ucraini furono felici. Difatti l’Ucraina è un paese dove vi sono varie etnie, a maggioranza slava orientale, e pertanto diversi pensieri politici. Donbass ancora in guerra con oltre 14mila morti, dati poco riportati dai media, e la Crimea ripresa dalla Russia con un referendum, sono la plastica realtà di divisioni sanguinose.

In quell’anno nessuno ricorda, o si vuol far dimenticare e moltissimi media ne sono complici, che una città ucraina, importante porto che Putin vuole, fu al centro di una tragedia di matrice ucraina. A Odessa perirono donne e bambini, persone anziane che stavano semplicemente attendendo servizi sindacali. Un incendio doloso li uccise.

Quello di Mariupol, sul mar D’Azov, a pochi chilometri dal Donbass, invece ha sempre goduto di libera circolazione. È ucraino. Differenze che dovrebbero far riflettere anche su azioni di Zelenzky che nessuno osa porre in evidenza.

Eppure Kissinger lo preannunciò, mettendo in allerta il suo paese e quelli della Nato, che l’Ucraina sarebbe stato sempre quel paese europeo, considerato “cuscinetto” tra le due super potenze, che se non fosse intervenuta una politica granitica sulla sua funzione, sarebbe diventata l’area di contesa che oggi è.  Al vertice di tutto mise le politiche energetiche, miliardi e miliardi di dollari per infrastrutture vitali per il vecchio continente investiti dagli americani, dai russi, con interessi delle banche che con le loro lobby non si sarebbero impietosite davanti al sangue umano. Poi pose la questione nucleare, con centrali sparse lungo i confini con la Russia, aree di facile conversione in lancia missili. Infine aprì il dibattito sulle popolazioni, da sempre di etnie diverse, slave, russofone, mediorientali, dove la cultura e la loro religione sarebbe stata un ostacolo per un’unione e perciò per uno stato stabile tra l’egemonia russa e quella democratica occidentale.

Dal 2014, e con il cambio di rotta governativo statunitense, dell’Ucraina nessuno si interessò, in particolare delle sue battaglie interne e dei suoi morti. Gli States elessero Donald Trump che non volle saperne. Del resto erano affari loro, non suoi. A Minsk finalmente si trovò un accordo e molti scontri cessarono, non quelli nel Donbass,dimenticando la Crimea sempre pronta a schierarsi con l’ex KGB.

E siamo giunti a oggi, anno 2022, con BIden presidente USA, un Bush junior versione 2.0, con l’unico intento di annientare Putin, come fece Bush junior con Saddam. E qui Biden ha una grossa responsabilità su questo conflitto. Appoggiando Zelensky non ha fatto altro che dargli forza nel rinvigorire la guerra in Donbass, così da innescare più violente azioni russe. Una forza che però fu solo morale giacché di militare Zelensky non ha visto nulla, rimanendo solo con le sue truppe. Una presa in giro che si è rivelata una trappola per la stessa Ucraina nelle trattative che la Russia da lì a poco avrebbe voluto per renderla terra neutrale tra essa e i paesi Nato, terra di commercio e infrastrutture russe per l’Europa con ottimi proventi per la stessa Ucraina. Terra non militare, pur supervisionata dalla Bielorussia, dalla Crimea: Putin sa quello che fa e quello che vuole. Ma Biden rincara la dose, offrendo all’Ucraina pieno appoggio per diventare paese membro Nato. E ancora Zelensky ci ricasca, non accentando l’offerta russa, con un Putin che sbuffa fuoco dalla narici giacché il giovane attore ucraino, inesperto di politica e geopolitica, inizia una campagna politica tutta rivolta all’ingresso Nato. E qui Nato - Otan = omen nomen è la sintesi di ciò che oggi Zelensky sta subendo.

In altre parole la storia si ripete, con l’erosa sanguinante “cuginanza” tra due capi di nazioni confinanti. Pare ritrovarsi dinanzi alla tragedia libica, con un Gheddafi liquidato pur essendo stabilizzante per la geopolitica tra Europa e nord Africa e paesi limitrofi.

La realtà è detta, con fatti accaduti, non interpretati, e finora nessun organo d’informazione lo ha detto e scritto curando particolari scomodi agli USA. Com’è scomoda la posizione di Biden che attraverso il figlio ha affari energetici in Ucraina. Una terra che per la sua posizione, per la sua popolazione prevalentemente slava orientale, per le scissioni religiose dall’ortodossia russa, per gli sbocchi commerciali su acque da sempre contese anche da paesi mediorientali, l’Ucraina dovrebbe rimanere tale, come lo è la Svizzera, da tramite, di transito, demilitarizzata. Punto quest’ultimo molto attenzionato da Russia, USA, e Cina tanto per comprendere che dai confini ucraini le distanze sono irrisorie per un attacco missilistico da entrambe le parti, States esclusi giacché son lontani. E questo a Biden interessa perché non verrebbe bombardato il suo popolo, ma quello alleato. Non è un dato da sottovalutare per chi fa i conti con le vite altrui, specie se la chimica delle bombe nucleari son prodotte proprio lì, in terra ucraina, ai confini con la Russia, non a caso.

In queste ore le donne ucraine fabbricano molotov, ultima speranza per respingere il nemico, con Kiev che è sotto assedio. Un atto di forza di Putin che ha fatto schierare colonne chilometriche di carrarmati russi intorno alla città. Non la occupa ma palesa la sua volontà a farlo se non si scende a patti, se non ottiene ciò che vuole. Controcanto Zelenzky invita i popoli europei ad allearsi militarmente al suo esercito. Un invito di un’azione che in Italia è vietata penalmente e chi lo ha fatto in precedenti conflitti ha agito sotto copertura, da mercenario. Eppure questo invito stona con ciò che la democrazia vorrebbe, poiché essa è per la diplomazia e la legalità.

Ogni guerra ha generato morte e giustificarla “necessaria” è la blasfema scusa di chi non ragiona e alimenta l’industria bellica. Sopra e sotto i tavoli di propaganda mediatica dei due leader ci sono le pistole e pare che l’ultima spiaggia del negoziato possa generare altre concause a questa guerra.

Ad Maiora!

#puntidisvista  ♨️ #freethinker  #warucraina

Un FOCUS sulla vicenda è qui:

- Punti di (s)vista. Belligerante ma non troppo

- Punti di (s)vista. Putin per l’Ucraina, un ex KGB, non tanto ex

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