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Il potere delle identità

Il razionalismo occidentale ha creato le basi per lo sviluppo sia del capitalismo che del liberalismo, tanto da dare origine, da una parte all’industrializzazione della società moderna, specie nell’ambito della civiltà occidentale e dall’altra allo sviluppo del mercato, da cui è nata la globalizzazione. Tale sviluppo ha coinvolto, in maniera irreversibile, anche i paesi non occidentali, fra cui quelli asiatici, la Cina, l’India, la Corea del Sud, ecc. Da questo è scaturita una nuova visione del mercato e, quindi, dell’economia globalizzata, non più fondata, come nei paesi occidentali, su valori individualistici, con un’etica prettamente di stampo neo-capitalistico e neo-liberalistico, ma su valori collettivistici e su un’etica a base religiosa e comunitaria. Quest’ultima forma di economia collettivistica è tipica dei paesi asiatici, fra cui Corea del Sud, Singapore, Taiwan e Cina. Due forme di mercato e, quindi, di economia che ci richiamano anche a due modi di pensare e di agire. Il primo a livello globale e il secondo a livello locale, ma, oggi, queste due forme tendono ad unirsi in un’unica forma che   è quella della glocalizzazione. In questo processo di conflitto di valori e di forme economiche si inserisce il problema dell’identità, su cui si opera e si agisce a livello storico-culturale, come nel caso del conflitto fra l’Ucraina e la Russia. Due entità politico-geografiche che hanno una stessa matrice identitaria, anche se l’Ucraina, in questi ultimi anni,  ha intrapreso un percorso autonomo dalla Russia, con un avvicinamento ai paesi occidentali e alla cultura europea. Purtroppo, il problema delle identità culturali è molto antico, in quanto ha interessato l’intera storia dell’uomo e delle civiltà, tanto da fondare la propria cultura proprio sul concetto di identità. Infatti, se parliamo di civiltà greca e di civiltà romana è perché ci riferiamo a determinati valori identitari che hanno caratterizzato tali civiltà. Per finire poi alla civiltà islamica e alla civiltà orientale, che hanno avuto come riferimenti sia il Corano che la cultura islamico-ortodossa.

Oggi, purtroppo, con la globalizzazione, tutto tende verso l’omologazione delle culture e delle civiltà, in nome non solo del libero mercato, ma soprattutto in nome del progresso e di una società libera da condizionamenti culturali ed economici. Tale omologazione sta producendo, specie all’interno dei grandi sistemi politici, come nel caso fra Russia e Ucraina, quanto religiosi, vere e proprie forme di conflittualità, che si manifestano specie nella radicalizzazione della propria identità, tanto da dare origine a forme estreme di fondamentalismo, quanto, come stiamo assistendo, a vere e proprie guerre armate. Su questo fenomeno si sono formate varie teorie, fra cui quella del “pensiero unico”  di F. Fukuyama, dell’“occidentalizzazione del mondo” di Serge Latouche, del “conflitto di civiltà” di Samuel Huntington, e così via. Del resto sappiamo che il concetto di identità ha attraversato tutta la modernità, dall’Ottocento fino al Novecento, tanto da caratterizzare, in maniera organica e valoriale, le origini e la formazione delle nazioni e quindi degli Stati europei, in un mondo senza confini e, quindi, senza Stati, anche se l’identità, che un tempo era considerata chiusa in sè stessa e quindi monolitica nei suoi valori e nelle sue connotazioni culturali, oggi non ha più senso, in quanto ci troviamo in un mondo dove primeggiano più le differenze che le unicità e questo con riferimento specifico al fenomeno delle migrazioni, che sta sconvolgendo diversi Stati, fra cui Siria, Iraq, Afghanistan, Libano, Libia, Tunisia, Egitto, tanto da far dire a Z. Bauman, che viviamo in un mondo “liquido”, cioè in una società “liquida”, dove le identità diventano senza confini e senza barriere. In altri termini  anche le culture e le identità, ormai, non hanno più confini, né territorializzazione, ma tutto diventa fluido e invasivo verso altre culture e altre civiltà, tanto da creare le premesse, come afferma G. Marramao, per un universalismo delle differenze, più che dell’unicità. In altri termini si passa ormai dall’universalismo illuministico dell’identità, all’universalismo globale delle differenze,  cioè all’identità multipla dei popoli e degli Stati. Tutto ciò produce, purtroppo, come nel caso fra Russia e Ucraina, un mondo in perenne conflittualità, che si basa proprio sulla perduta originarietà della propria identità, come, secondo Putin, sta avvenendo alla Russia, un tempo URSS.

Una delle risoluzioni al problema dell’identità è quella di trasformare la sua valenza culturale non più in un sistema chiuso e, quindi, monolitico, quanto assumere oggi l’idea che ci troviamo di fronte a identità multiple, come “unica possibile chiave di accesso comparativa alla vicenda delle civiltà”. E tutto questo può riguardare anche il conflitto in atto fra Russia e Ucraina, dove ognuno accetti in maniera dialogante e pacifica le proprie differenziazioni e le proprie unicità, senza essere condizionati da concetti e vedute ormai  prive di senso e di nostalgie del passato.

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