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Rossocinabro, per la 18^ giornata del Contemporaneo Amaci, dall’1 all’8 ottobre 2022, in collaborazione con la Galleria Il Leone presenta per l’evento due iniziative: “AQUA” a Roma, galleria Rossocinabro in via Raffaele Cadorna 28 e “ECOLOGIA COME SENTIMENTO”, sempre a Roma presso la Galleria Il Leone, in via Aleardo Aleardi 12.

AQUA

Come anticipato parteciperemo a questo festival d'arte di una giornata con un progetto dedicato all'acqua.

AQUA vuole sottolineare la responsabilità individuale e collettiva per il ruolo e l'uso di questo elemento per il nostro pianeta e la sua importanza per l'uomo, la fauna e la flora. Per la nostra società, la gestione dell'acqua è una delle maggiori sfide e uno degli obiettivi prioritari del 21° secolo.

La mostra è stata presentata in anteprima a luglio a Dubai.

Le opere di artisti contemporanei provenienti da diversi paesi saranno, questa volta, esposte a Roma per attirare l'attenzione del pubblico sulla nozione di interdipendenza, perché dove l'acqua è minacciata, lo sono anche tutte le forme di vita sulla Terra.

In quanto elemento vitale, è essenziale per la tutela della biodiversità e degli ecosistemi. Risorsa naturale per eccellenza, l'acqua è al centro delle riflessioni sulle conseguenze dei cambiamenti climatici.

In mostra: Krisztina Arláth, Axel Becker, André Colinet, Decheng Cui, Aleksandra de Pan, Lord Nicolaus Dinter, Eivor Ewalds, Lo Fehrling, Heide Fennert, g.f., Katarzyna Gołębiowska, Martha Madrigal, Sharlene Mclearon, Christina Mitterhuber, Moniqqques, Saether Morten, Anne Felicie Nickels, Nhora Ortiz, Kseniya Oudenot, Miya Ozaki, Lilly Russo, Katia Seri

ECOLOGIA COME SENTIMENTO

Mentre infuria lo scambio climatico, rivolgiamo la nostra attenzione alla natura e alle varie forme di vita e iniziamo a pensare profondamente ai sentimenti che si innescano negli esseri umani quando entrano in contatto con gli elementi, gli animali e le piante, ecc.

Le emozioni e le visioni dell'artista possono essere travolgenti. Quindi l'arte può aiutarci ad affrontare le questioni attuali da una nuova prospettiva in questo delicato equilibrio attraverso sentimenti, come l'amore o l'ottimismo, ma anche la rabbia quando qualcosa che ami è danneggiato e valori come l'etica.

In mostra: Tone Aaness, Sergio Alessandrini, Antonella Argiroffo, Nicola Barth, Blair Martin Cahill, Jo Do Joong, Pilar Rivero Donoso, Brenda Estrada, Giusy Foresta, Tamara Jare, Corina Karstenberg, Begoña Lafuente, Amadio Lancia, Simona Momoni, Vera Nowottny, Kerstin Nystrom, Kseniya Oudenot, Natalia Schaefer, Silvia Sette

A proposito di AMACI

AMACI è l'Associazione dei 24 Musei di Arte Contemporanea Italiani.

Sabato 8 ottobre 2022 si terrà la Giornata del Contemporaneo, il grande evento organizzato annualmente da AMACI per portare l'arte al grande pubblico.

Giunta alla sua diciottesima edizione, la Giornata del Contemporaneo aprirà ancora una volta le porte di 24 musei AMACI, insieme a circa mille istituzioni in tutta Italia e all'estero per presentare artisti e nuove idee attraverso mostre, workshop, eventi e convegni. Si tratta di un programma multiforme che, anno dopo anno, ha offerto al grande pubblico l'opportunità di vivere da vicino il complesso e vivace mondo dell'arte contemporanea, facendo dell'evento organizzato da AMACI l'appuntamento annuale che apre ufficialmente la stagione artistica in Italia.

La diciottesima edizione si svolgerà sul territorio nazionale sabato 8 ottobre 2022 grazie alla rete diplomatico-consolare del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, composta da Ambasciate, Consolati e Istituti Italiani di Cultura, Senato della Repubblica, Unione Province d’Italia e Associazione Nazionale dei Comuni.

Ha come filo conduttore il tema dell’ecologia, connesso a quello della sostenibilità.

A Siena, Santa Maria della Scala dal 15 settembre 2022 all'8 gennaio 2023.

Raccontare la storia dell’arte senese dal tardo Medioevo al Novecento, presentando al pubblico una serie di capolavori conservati nelle collezioni della Banca Monte dei Paschi di Siena: questo l’obiettivo della mostra che si terrà dal 15 settembre 2022 all’8 gennaio 2023 presso il Complesso Museale Santa Maria della Scala a Siena. Opere di maestri del calibro di Pietro Lorenzetti, Tino di Camaino, Stefano di Giovanni detto il Sassetta, Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, Domenico Beccafumi, Bernardino Mei, Cesare Maccari e Fulvio Corsini permetteranno di ripercorrere il secolare amore di Siena per le arti figurative, attraverso alcune grandi personalità artistiche capaci di affermarsi in patria e non solo, dando conto dello straordinario valore delle collezioni della Banca Monte dei Paschi di Siena, indissolubilmente legate alla città, alla sua memoria e ai suoi valori.

Le collezioni sono costituite da un numero impressionante di dipinti, sculture e arredi, per lo più di scuola senese dal XIV al XIX secolo, non senza interessanti incursioni sul Novecento italiano. Esse sono il frutto di una prolungata sedimentazione storica, avviata con vere e proprie committenze da parte di una pubblica istituzione fondata nel 1472, e proseguita in tempi più vicini a noi con importanti acquisizioni e con l’allestimento, negli anni Ottanta del secolo scorso, di veri e propri spazi museali nell’antica chiesa di San Donato, all’interno della sede storica di Piazza Salimbeni. La raccolta è stata peraltro incrementata grazie a nuclei di opere provenienti dalle banche incorporate nel corso degli anni e, particolarmente, con l’acquisizione di una parte della celebre Collezione Chigi Saracini di Siena: una delle più importanti collezioni private italiane che ancora oggi si conserva nel palazzo di Via di Città. Di tutto ciò la mostra offrirà una ponderata selezione, focalizzata sulle maggiori testimonianze di quella scuola senese che, per merito soprattutto dei grandi maestri del Trecento, è celebre in tutto il mondo.

Prodotta dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, dal Comune di Siena e dalla Fondazione “Antico Ospedale Santa Maria della Scala” con il progetto scientifico e l’organizzazione a cura di Vernice Progetti Culturali-Impresa Sociale, la mostra è stata realizzata da Opera Laboratori e presenta un allestimento sostenibile orientato su materiali e tecniche che limitano al massimo l’impatto sull’ambiente.

Presso gli spazi della Contemporanea Galleria d’Arte di Bari, in via N. Piccinni, 226, dal 20 settembre al 30 ottobre 2022, si aprirà una sorprendente mostra dedicata a Giovanni Frangi, "Urpflanze Works on paper", uno dei pittori più interessanti del nostro Paese, alla cui presenza avrà luogo l’inaugurazione nella giornata del 18 settembre.

Interverranno Ines Pierucci, Assessore alla cultura del comune di Bari , Micaela Paparella, Consigliere del comune di Bari, Gianfranco Terzo, Assessore ai beni e alle attività culturali del comune di Sannicandro di Bari, Pietro di Terlizzi, Direttore dell'Accademia di Belle arti di Foggia.

La personale, curata Sara Maffei, Pio Savelli e Giuseppe Benvenuto comprende un corpus di circa quattordici opere appartenenti alla serie Urpflanze Works on paper, un ciclo di lavori su carta, recenti e non, tutti della medesima dimensione (un metro per un metro e quaranta) e parte di una sorta di ciclo unitario intorno ad alcuni temi legati alla natura che l’artista milanese ha indagato negli ultimi anni, quali ninfee, boschi selvaggi, Heliconia Paradise e sassi nell’acqua.

Presentazione a cura di Sara Maffei.

Quella di Frangi è una “pittura delle cose del mondo”, strettamente legata alla natura della quale offre, attraverso una peculiare stratificazione materica e l’uso vivo del colore, una rappresentazione lontana da sterili repliche, bensì totalmente nuova e inattesa. Le immagini rappresentate derivano da fotografie scattate dall’artista stesso nel corso del tempo, l’uso della fotografia è infatti per Frangi pratica quotidiana e contatto diretto con una realtà vista e poi trasformata a modo suo, come si evince in Ansedonia (2020) ed Heliconia Paradise (2021), opere presenti in mostra in cui pigmenti, primal e pastelli a olio proiettano su carta Hanhemühle un elemento naturale carico di una notevole e vibrante energia.
Nel suo recente libro intitolato L’Intervista, edito da Magonza e a cura di G. Agosti, Giovanni Frangi compie una specie di viaggio a ritroso nella sua vicenda di artista, dagli anni della formazione fino alla descrizione del suo metodo di lavoro. È in queste pagine che l’artista ribadisce come il suo rapporto con l’opera su carta sia sempre stato determinante e in qualche modo anticipatore della sua evoluzione, trovando con quel medium una felicità espressiva e una spontaneità del segno che lo ha sempre contraddistinto. Le opere sono realizzate con materiali differenti, talvolta mescolati tra loro, dal primal Ac 33 ai pigmenti, dai pastelli grassi e all’anilina mischiata con l’alcol, su una carta di fabbricazione tedesca chiamata Hahnemühle che Frangi comincia a usare alla fine degli anni Novanta, senza mai abbandonarla.
Dopo essersi diplomato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, Giovanni Frangi realizza nel 1983 la prima personale presso la Galleria La Bussola di Torino. Nel 1986, presentato da Achille Bonito Oliva, espone alla Galleria Bergamini di Milano. Nel 1997 vince il premio della XII Quadriennale di Roma e successivamente nel 2011 partecipa al Padiglione Italia della LIV Biennale di Venezia. Non si contano le numerose esposizioni che l’artista milanese realizza nel suo lungo percorso artistico: da Villa Panza a Varese al Museo Archelogico di Napoli, da quelle alla Galleria dello Scudo di Verona al Mart di Rovereto; ma citando solo quelle dedicate alle opere su carta ci piace ricordare l’antologica del 1997 a Casa dei Carraresi di Treviso a cura di M. Godin con un catalogo edito da Marsilio, quella presso la Galleria Lawrence Rubin di Milano del 2000 accompagnata da un testo di G. Agosti, Pasadena alla Gamud di Udine con G. Verzotti nel 2008 e poi a Francoforte e Il Rosso e il Nero presso il Parlamento europeo di Strasburgo nel 2012.
Il titolo della mostra trae origine dallo scrittore tedesco J.W. Goethe che usa il termine “Urpflanze” per la prima volta nel suo Viaggio in Italia per descrivere la natura come valore primordiale e come totalità dell’essere: "La natura appartiene a se stessa, l'essenza all'assenza; l'uomo le appartiene, essa appartiene all'uomo". Goethe, nei suoi studi botanici, rintraccia un elemento unitario nell’infinita varietà della natura, facendo derivare tutte le forme delle piante da un’unica pianta originaria, composta da pochi elementi infinitamente mutabili e duplicabili. La pianta primordiale permette dunque di creare una sintesi tra il singolo e l’universo, tra il sensibile e l’ideale, lasciando cogliere la legge interna alla manifestazione dei fenomeni. Così alla stregua della natura, che si conserva pur rinnovandosi, anche l’arte, dunque la creatività, rivela l’origine di uno Spirito Universale entro il quale, in perenne trasformazione il vivente lascia che accada la sua metamorfosi continua, restando tuttavia nel divenire sempre se stesso.

Orari e info

Martedì – domenica ore 16:00 – 20:00

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Presso la Casa Museo Stephanus di Termoli, storica Dimora ed ex sede del Palazzo Vescovile, dal 1° al 30 settembre 2022 sarà possibile ammirare una corposa ed inedita mostra dedicata a Giosetta Fioroni.

La personale, curata da Giuseppe Benvenuto e Sara Maffei, comprende un corpus di circa trenta opere della celebre artista romana che, attraverso un’arte giocosa e leggiadra, ha saputo raccontare le donne, l’eleganza, la sensualità, gli sguardi, la moda e tutto un mondo interiore particolareggiato fatto di memorie, rimandi infantili, spunti fiabeschi ed elementi privati.

Presentazione a cura di Sara Maffei

Nata a Roma negli anni Trenta del Novecento e figlia di artisti, Giosetta Fioroni guarda costantemente alla stagione dell’infanzia nel suo percorso artistico: “In tutto il mio lavoro c’è una specie di matrice comune che è l’infanzia, un’infanzia particolare, vissuta tra elementi molto legati alla visionarietà. […] Tutto questo ha avuto un ruolo importante nella scelta di certe cose, di certe inquadrature, […] di certi modi di immaginare lo spazio. Uno spazio sempre così lontano, come accade su un palcoscenico”.

La sua carriera prende avvio presso l’Accademia di Belle Arti di Roma dove è allieva di Toti Scialoja, un pittore e poeta italiano che influenza notevolmente la sua formazione, le cui lezioni sono per lei “una vera e propria iniziazione “erotica” all’espressività. Inizialmente comincia a dipingere nello stile di Scialoja che “preparava il pigmento del colore a parte, eppoi col Vinavil […] lo gettava su grandi tele grezze, coinvolgendo tutto il corpo nella pittura”. Dopo pochi quadri in detto stile, sente che questo lavoro non è davvero suo: “L’elemento puramente materico, senza figurazione, che era alla base della pittura di Scialoja, non corrispondeva più alle esigenze della mia generazione”.

Alla fine degli anni Cinquanta si trasferisce a Parigi dove frequenta le cinémathèque e si appassiona al cinema d’avanguardia francese e americano. È proprio il bianco e nero cinematografico all’origine dell’uso costante dell’argento, firma principale dell’artista: “L’uso dell’argento viene proprio da una specie di stretto colloquio con la fotografia, col cinema. Già quando facevo i quadri informali mi ero fissata sull’argento, sull’oro, sul rame, sui materiali che avevano la doppiezza un po’ dello specchio, che avevano questo naturale senso di astrazione, allusività, molteplicità di valenze visive, a seconda di come li si guardava, di come prendevano la luce”. Sin dagli esordi, i quadri d’argento risentono dell'influsso di Yves Klein, osservato durante gli anni parigini: “Ho visto da Iris Clert l’evento del Monochrome [Yves Klein] che è stato assolutamente per me stupefacente e brillante. […] Aveva intorno dei secchi di colore blu […] e con delle pennellesse grandi dipingeva i corpi nudi di ragazze veramente belle […]”.

Rientrata a Roma nel 1963, diviene la voce femminile dell’esperienza artistica della Scuola di Piazza del Popolo, accanto a Mario Schifano, Renato Mambor, Tano Festa, Pino Pascali e Franco Angeli: “Cominciavo a frequentare P.za del Popolo e i pittori che avevo conosciuto attraverso Scialoja: Afro, Burri, Perilli, Novelli, Dorazio e poi la galleria LA TARTARUGA di Plinio de Martiis”. A quest’ultimo Goffredo Parise, in Corriere d’informazione, rivolge una lode “per la passione con cui ha imposto al pubblico romano quella giovane arte figurativa […] che è nata sotto il nome di “pop art”. Secondo Giosetta Fioroni è possibile parlare di Scuola di Piazza del Popolo nei limiti che ogni etichetta impone: “È rapido e sintetico ricordare così un gruppo di pittori che con fare ancora romantico si riunivano in un luogo (Piazza del Popolo), si incontravano in un bar (Rosati), discutevano in una galleria (la Tartaruga). Più interessante […] ricordare qualcosa di meno identificabile, qualcosa che appariva nei loro quadri […] collegata con la luce, l’atmosfera, la geometria della Piazza. Qualcosa di fortemente malinconico, in fondo, che riguardava Roma e i sentimenti di queste persone”. Testimonianza della scuola di Piazza del Popolo sono gli Argenti, tele che hanno come soggetti preferiti le donne, evocate con smalti argento e oro, recanti scritte e simboli sovrapposti. A tal proposito, una costante delle opere della Fioroni è l’elemento della scrittura, ravvisabile dalle prime opere fino a quelle più recenti: “Il mio primo incontro è stato con la calligrafia. […] Quello che Restany chiama la “scrittura di Giosetta Fioroni” è appunto un misto di calligrafia, segni e disegni ideogrammati che vanno a comporre una particolare scrittura […] emotiva. […] Mi piace congiungere la parola […] al disegno”.

Spesso la partenza per un quadro diviene una foto o un ritaglio di giornale proiettato su tela: “Il criterio in base al quale sceglievo la foto era legato alla possibilità di fissare […] alcune particolarità, la femminilità, l’eleganza, lo stupore, l’attesa”. Si tratta di pose congelate attraverso le quali l’artista mira a creare “una sensazione di […] fissazione intesa come immobilizzazione del movimento”. Ciò che vuole raccontare è “il fascino, nell’onda dei capelli che si moltiplicava” così da “fermare il passaggio di un’emozione, di un’idea, di un sentimento”. È forse per questo, sostiene l’artista, che si è parlato dell’influenza di Andy Warhol sui suoi lavori ma, come lei stessa afferma, le sue immagini all’alluminio “sono dipinte col pennello […] a differenza del distacco industriale di Warhol! […] L’argento è memoria, recupero e sospensione di tempi differenti”. I soggetti di Giosetta Fioroni sono comunque molto diversi da quelli del padre della pop art americana: questi ultimi descrivono i grandi simboli del mondo del consumo, quelli dell’artista romana hanno un taglio narrativo più soggettivo: “Tra le esperienze della Pop art e ciò che faccio io non mi sembra che ci sia niente in comune, anche perché quello è un fatto legato ad un tipo di società americana. Personalmente mi ha influenzato di più un certo tipo di letteratura, un certo tipo proprio di sequenza e di apparizioni”.

A partire dagli anni Sessanta fino alle ultime opere realizzate, pallide apparizioni velate, cieli, monti, vallate, case, sentieri, labbra, cuori, telefoni e stelle diventano i segni più riconoscibili dei lavori di Giosetta Fioroni, elementi che delimitano “l’interno familiare”, insieme a lampadine, sbarre, rapidi movimenti e oggetti vari. Usando le parole di Giuliano Briganti, “Giosetta Fioroni sa dipingere lievemente, con i mezzi più poveri, sfiorando appena le cose con la punta delle dita come per ravvivare l’impronta evanescente di memorie lontane” come testimoniano “Paesaggio sentimentale” (2008) e “Volto” (2021), tele realizzate con quella cifra tipica dell’artista “di malinconia infantile”.  L’oro e l’argento sono colori che si ritrovano anche nelle più recenti opere presenti in mostra come Cuore oro (2022) ma anche  “Fata Volante” (2022), una tela in cui la sagoma femminile, catturata sul punto di librarsi in volo, è circondata da stelle, casette, scale e macchie di colore brillante qua e là, laddove “l’attesa è perenne, l’atmosfera immanente […] in un tempo estraneo al presente, fatto di risonanze”.

Nel 1964 la Fioroni è tra i protagonisti della Biennale di Venezia, dove conosce Cy Twombly che “[…] arrivò a Roma […] portando […] quella sua grafia dell’assurdo, nevrastenica, a metà infantile, metà surreale […]”.

A metà anni Sessanta si dedica ad un gruppo di quadri ispirati ad immagini note della pittura italiana, tra cui Botticelli, Giorgione, Piero di Cosimo, Simone Martini, Carpaccio e via dicendo, determinando una differenza di tempo tra i ritratti di oggi e quelli del passato: “Botticelli ricercava nella sua modella la sua vita passata, presente e futura, oggi si ricerca un flash efficace e momentaneo”. Ciò che del vecchio quadro le piace sottolineare è “un Particolare, che diventa Protagonista” nel nuovo quadro: dunque dalla “Nascita di Venere” di Botticelli, il quadro che ne trae “è centrato sullo svolazzo dei capelli di Venere mossi dal vento, in un tremore ottico di linee e segmenti, fino a dissolversi completamente come in una sequenza cinematografica”.  Il tema della Venere botticelliana è ripreso anche in opere più recenti come la “Venere” (2014) presente in mostra assieme ad altre della medesima serie, una tecnica mista su carta in cui l’eterea sagoma rinascimentale, messa in risalto dal fluorescente connubio dell’arancione e del viola, è circondata da cuori pop.

Dalla fine degli anni Sessanta Giosetta Fioroni si avvicina al mondo della fiaba, dando vita ai suoi caratteristici “teatrini”, cassettine-teatro di legno dipinto al cui interno assembla ambienti immaginari pregnanti di memoria infantile, legati al mondo della madre marionettista. Il tema è raffigurato in “Teatrino” (2014), una tecnica mista su carta in cui sagome bianche e nere si stagliano su una base rosso vermiglio, circondati di stelle cadenti. Come afferma lo scrittore veneto Goffredo Parise (1975), compagno di vita dell’artista dagli anni Sessanta, “Giosetta Fioroni è una persona […] che vuole riprendere il tempo perduto per leggerezza. […] il tempo dell’ispirazione e del suo sentimento, così indispensabile, oggi, in arte figurativa. […] può improvvisamente fermarsi davanti a una vetrina di giocattoli e perdere molto tempo guardando i giocattoli: […] cose minime, certe volte quasi inesistenti […]. Giosetta Fioroni […] raccoglie per terra un oggettino, oppure qualche foglia da una siepe. […] sa benissimo che la vita non è soltanto rosa, ma siccome è un’artista e la sua ideologia non può essere altro che stilistica, il suo stile di artista è “rosa”.

Nel 1993 partecipa nuovamente alla Biennale di Venezia con una mostra personale e nello stesso periodo realizza importanti cicli scultorei in ceramica.

Nelle ultime opere Giosetta Fioroni tende a ricreare nel quadro “uno spessore di sentimento che suoni come un segnale di appartenenza”, come afferma Pier Giovanni Castagnoli. La Fioroni è infatti un’artista più lunare che solare: appartiene al mondo dell’infanzia attraverso il quale entra “in rapporto con le cose che ci circondano […] per avviarci a trovare il significato più profondo dell’esistenza, per aiutarci a trovare un senso alla vita”. Così, sulla superficie densa e spessa di colore ritornano, come suggerisce Ermanno Krumm, come lettere di un alfabeto, le figure care all’artista: “Case, scale, cuori, stelle, alberi, parole scarabocchiate […] elementi di un sogno ripetuto variato come geroglifici” e “ne risulta un linguaggio complesso nelle articolazioni, ma semplice nel racconto: una fiaba felice e ispirata”.

Info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  Tel. 3467334054

Tapropane Art è lieta di presentare la sua prima mostra a Roma dal titolo Untold stories. Viviamo immersi nelle storie, dovunque c’è un essere umano c’è una storia. Cambiano le modalità e i mezzi per raccontarle, ma all’origine di ogni narrazione c’è sempre il bisogno innato di nutrirsi del racconto. Siamo una specie che racconta, che si racconta, lo abbiamo sempre fatto, in varie forme e con vari linguaggi. Abbiamo creato immaginari multiformi, che costituiscono la ricchezza, la rappresentazione e la storia del genere umano.

La mostra si svolgerà dal 5 al 30 settembre, con ricevimento di inaugurazione esteso dalle 12 alle 17 con ingresso libero, curata da Tapropane Art e Rossocinabro.

Nasce così questa serie di mostre, volute da Rossocinabro e realizzate da Tapropane la nuova piattaforma online dedicata all’arte e a tutto ciò che la circonda. In Untold stories, gli artisti si raccontano o divulgano una storia attraverso le loro opere.

La mostra permetterà agli artisti di riconsiderare il proprio lavoro in un contesto non privato. Raccontare qualcosa attraverso un'opera d'arte apre le opere a diverse interpretazioni e prospettive.

Gli artisti parleranno di sé stessi attraverso i propri scritti, le proprie immagini, le proprie opere, i propri taccuini. Questa è magia!

In mostra: Sergio Alessandrini, Nicola Barth, Jonathan Berkh,  Emma Chandrima Dutta, Wenjun Fu, Palina Kasino, Ivan Klymenko, Larz, Loberg, Massina Canceller, Roberta Matera,  Piero Romagnoli, Natalia Schaefer, Monika Schtein, Romano Tommasini, Maria Tsormpatzoglou, Elisabeth Turci, Maria, Yeliz Çagla

Le opere in esposizione provengono da tutto il mondo, hanno stili e tecniche diverse, ma si uniscono per sfidare gli spettatori ad indagare sulle storie che trovano al di là della superficie. 

Le opere in mostra provengono da: Europe, UK, USA, Japan, Indonesia, South Korea, Australia, China, Center and South America, Canada.

Galleria Il Leone
Via Aleardo Aleardi, 12
Roma Italia
da lunedì a sabato 10:30 - 13:00 / 15:00 – 18:00

 

Ritorna per il suo sesto anno con un doppio opening, il 3 e il 4 settembre, Trullo 227, la mostra di arte contemporanea a cura di Graziella Melania Geraci. La tematica di quest’anno fissa l’attenzione sull’attualità e coglie la voglia di registrare, attraverso l’arte, il fluire dei tempi e dei propri drammi proponendo le Emergenze quale filo conduttore delle opere ospitate.

Le riflessioni sul momento storico di Aurora Avvantaggiato, Giovanni Battimiello, Pietro De Scisciolo, Enzo Guaricci, Alessia Lastella, Cristiano Pallara, Pippo Patruno, Massimo Ruiu, Lino Sivilli, Raffaele Vitto ridefiniscono la visione della realtà e delle sue criticità ribadendone la percezione non assoluta ma di carattere personale.

Con Trullo 227_Emergenze l’arte contemporanea invade gli spazi interni del Trullo Nicolò a Martina Franca dal 3 al 7 settembre, mentre le installazioni rimarranno nella campagna circostante fino al 3 ottobre.

Novità è il prolungamento invernale ospitato da 1m2, spazio sperimentale di Martino Pezzolla, Giordano Santoro e Michele D’Amico, con sede a Martina Franca e a Locorotondo, con esposizioni sempre a cura di Graziella Melania Geraci di alcuni degli artisti invitati a Trullo 227_Emergenze.

L’edizione di quest’anno è dedicata a Grazia Terribile, pugliese precorritrice del concetto di AgriArt, che realizzò nell’agro di Gravina nel 1983 l’Intervento Omocromico e che verrà ricordata la sera del 3 settembre attraverso un video e la testimonianza della figlia Alba Nardone.

Domenica 4 settembre alle ore 18.30, nello scenario creato dalle foto di Enzo Ferrari, ci sarà il reading delle poesie di Antonio Bux e di Marina Pizzi lette da Barbara Gortan, curatrice della collana di poesia Calliròe, Edita.

L’evento ospita anche l’intenso racconto del viaggio del reporter di Alias de Il Manifesto, Vincenzo Mattei che, recatosi con un’associazione al confine con l’Ucraina per trarre in salvo donne e bambine, restituisce con un diario personale e visivo le testimonianze di angosce e paure dell’emergenza bellica.

Dalla scultura al video, dalla pittura alla fotografia, le opere in mostra suggeriscono riflessioni sul tema proposto con linguaggi privi di asprezza, le urgenze prendono delicate forme estetiche, si immergono nell’ambiente divenendone parte e si insinuano nei pensieri, pungolo costante all’azione.

Così l’opera di Giovanni Battimiello registra la velocità di liquefazione del ghiaccio, un tempo breve che, rivelando il motto di una lotta ambientalista, lancia l’allarme del cambiamento climatico. Le due enormi pile in marmo di Pietro De Scisciolo, inserite nel terreno, ricordano l’urgenza di una natura che va deteriorandosi e che necessita di essere rigenerata per ritrovare nuovo vigore. Mentre Lino Sivilli conserva le impronte degli ulivi secolari contrassegnate dalle coordinate del posto in cui si trova l’albero, elementi destinati ad una ipotetica banca dati per la conservazione di ciò che potrebbe essere cancellato, Alessia Lastella invita a porre un seme nelle sue delicate creazioni fitomorfe, custodi di una nuova nascita che avverrà in natura attraverso una migrazione in diversi tempi e in diversi luoghi. Raffaele Vitto impreziosisce lo strumento di misurazione dell’acqua piovana trasformando in oro quella sete che disegna nella terra le cesure di un dolore sempre più pressante. Per Aurora Avvantaggiato la materia viva delle costruzioni locali diventa superficie su cui incidere l’abbandono dell’artificio umano, reperti contemporanei di una urbanizzazione violenta. Ed è anche la violenza o meglio la denuncia di come sia entrata nella quotidianità l’emergenza che Enzo Guaricci porta a tavola imbandendo con un’arma un pasto pietrificato nel tempo. Massimo Ruiu interseca la natura simbolica di un tappeto da preghiera con un albero che si pone al suo centro quale punto focale della ricerca spirituale della pace. Attraverso piccole scene di vita, frammenti di visioni che pongono domande interiori, Cristiano Pallara dipinge la necessità  di liberarsi dai costrutti mentali e culturali imposti dalla famiglia e dalle regole di una società sempre meno attenta all’individualità. I collage di Pippo Patruno, che sembrano apparire improvvisi qua e là nel trullo, rimandano a racconti mai scritti, come copertine di libri dai titoli ipotetici che sfuggono alle classificazioni ma che sorgono dal materiale della memoria, dal bagaglio di un vissuto e di una cultura che urge preservare affinchè continui ad essere un paesaggio quotidiano.

L’apertura dell’evento si terrà il 3 settembre dalle ore 18.00 presso il Trullo Nicolò in via Ostuni 227 M, Martina Franca (TA).

Media partners: Taranto Buonasera - Edit@ Casa Editrice & Libraria

INFO +393475999666 -

L’Arcidiocesi di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino, l’Opera della Metropolitana di Siena e Opera Laboratori organizzano la prima edizione del festival Pace, bellezza e pienezza. Il titolo riprende una citazione tratta dal capitolo VI, 53 dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, capace di racchiudere le riflessioni di tutti i relatori che interverranno.

Il Festival tra arte e fede, in programma dal 7 all’11 settembre, avrà come luogo d’incontro principale piazza Duomo a Siena, da tutti riconosciuta come l’Acropoli della città e spazio ideale per decifrare il sacro attraverso la Divina Bellezza.

TUTTI GLI APPUNTAMENTI SONO A INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI

Il programma ruota attorno a quattro appuntamenti - evento serali, che si svolgeranno in piazza Duomo, introdotti e con il saluto di S.E. Rev.ma il Cardinale Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino, e del Professor Giovanni Minnucci, Rettore dell’Opera della Metropolitana di Siena.

Mercoledì 7 settembre alle ore 21 l’Abate di San Miniato al Monte, Padre Bernardo Gianni, terrà la conferenza dal titolo “Aprire gli occhi sulla realtà, vedere la luce, ascoltare il vero silenzio” (Simone Weil). Contro la dismisura il primato della bellezza. Giovedì 8 settembre sarà la volta dell’incontro Donatello a Siena – Donatello e Siena, affidato a Francesco Caglioti, Professore ordinario di Storia dell’Arte Medievale presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e curatore della recente mostra fiorentina dedicata al celebre maestro rinascimentale.

Il programma proseguirà venerdì 9 settembre con la conferenza Percorsi di fraternità davanti alle sfide di un mondo che cambia, di Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio, e sabato 10 settembre con l’incontro Tornare ad abitare la vita: condividere, dialogare, generare, tenuto dallo scrittore, pedagogista e imprenditore sociale Johnny Dotti.

Ad arricchire il calendario di eventi contribuiranno, poi, ulteriori incontri che permetteranno di vivere e apprezzare alcuni tra i luoghi più significativi del patrimonio spirituale e artistico del territorio dell’Arcidiocesi. Mercoledì 7 settembre, alle ore 16, si svolgerà una visita per bambini al Complesso del Duomo, seguita da un picnic al Chigiana Art Cafè, mentre alle 18 Don Enrico Grassini illustrerà il Museo Diocesano e l’Oratorio di San Bernardino.

Giovedì 8 settembre, alle ore 18, Marilena Caciorgna condurrà in un percorso alla scoperta dei capolavori di Donatello conservati tra Duomo, Museo dell’Opera e Battistero; venerdì 9 settembre l’Accademia Chigiana ospiterà una rassegna dedicata a una selezione di volumi storico-artistici editi nel 2022. Entrambi gli appuntamenti saranno seguiti da un’apericena al Chigiana Art Cafè.

Sabato 10 settembre alle ore 11, presso il Santuario Casa di Santa Caterina, Paola Lambardi leggerà Raimondo da Capua nell’Oratorio della Cucina, mentre alle 17 è in programma l’evento Perché in tutto sia glorificato Dio, visita al Complesso Abbaziale di Sant’Antimo tra arte, storia e Regola di San Benedetto.

Nella giornata di domenica 11 settembre, alle ore 11, sarà possibile approfondire la conoscenza del Pavimento del Duomo di Siena nella visita a cura di Marilena Caciorgna, mentre alle 15 Don Enrico Grassini mostrerà i cicli raffiguranti il Vecchio e il Nuovo Testamento della Collegiata di San Gimignano.

Il festival si concluderà domenica, in concomitanza con la chiusura della Settimana delle Famiglie della Diocesi, con la Santa Messa presieduta dal Cardinale Augusto Paolo Lojudice nella Chiesa di Sant’Antonio al Bosco alle ore 17.

Per info e prenotazioni 0577 286300; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Una mostra da record estivi.

La mostra “Andy Warhol e tracce sul Novecento”, in programma fino al 30 settembre presso il Museo Archeologico di Vieste, sta già riscuotendo un grande successo di pubblico. Nella sua prima settimana di apertura, l’esposizione è stata visitata da oltre mille persone che hanno apprezzato le oltre 30 opere di maestri dell’arte antica quali Picasso, Warhol, Fontana, Castellani, De Chirico, Fioroni, Festa, Guttuso, Morandi, Chia, Bonalumi, De Maria, Kounellis, Haring, De Pisis, Dorazio e altri,  La qualità del progetto scientifico è inoltre avvalorata dalla positiva risposta della stampa. Notizie e recensioni della rassegna stampa sono già apparsi sui principali quotidiani nazionali e almeno cinquanta siti di redazioni giornalistiche on-line.

Un magnifico lavoro dell’Assessore alla cultura della Città di Vieste,  Graziamaria Starace e del Direttore Giuseppe Benvenuto affiancato dalla storica dell’arte Sara Maffei.

 

Domani il 50esimo anniversario del ritrovamento dei Bronzi di Riace in Calabria.

Rosanna Trovato, Presidente Archeoclub D’Italia Area Integrata dello Stretto: “ Era il 16 di Agosto del 1972: fu l’inizio di una nuova epoca!”.

 “Era il 16 agosto del 1972 quando il fotografo romano Stefano Mariottini, a circa 200 metri dalla costa di Riace, in Calabria, trovò il Bronzo A e il Bronzo B, il giovane e il vecchio: inseparabili eppure diversi, due uomini completamente nudi che dovevano essere armati di scudo, lancia ed elmo.

Esemplari unici al mondo in bronzo, gli “eroi venuti dal mare” sono considerati tra le testimonianze più significative dell’arte greca classica e la loro grandezza sta soprattutto nella perfezione con cui i corpi sono stati riprodotti .

I Bronzi di Riace ormai sono il simbolo della città di Reggio Calabria. Dal 2013 sono esposti nel MArRC Museo Archeologico di Reggio Calabria e senza dubbio hanno dato nuova vita alla struttura museale”.  Lo ha affermato Rosanna Trovato, Presidente Archeoclub D’Italia “Area Integrata dello Stretto”.  

“La consapevolezza del grande valore storico e artistico è sicuramente molto grande. I Bronzi, statue dalla disarmante bellezza, sono mistero e fascino, e da sempre richiamo di visitatori provenienti da tutto il Mondo – ha continuato la Trovato -  che restano stupiti davanti a tanta meraviglia.

Quest’anno ricorrono i cinquant'anni dal ritrovamento dei Bronzi e tante sono le iniziative programmate in Calabria per festeggiare la ricorrenza.

Anche Archeoclub D’Italia Area Integrata dello Stretto ha calendarizzato per l’occasione diverse iniziative non solo culturali, ma di valorizzazione turistica del territorio.

In giugno presso l’Università Dante Alighieri di Reggio Calabria abbiamo tenuto un importante convegno che ha visto l’intervento di esperti qualificati soffermarsi sull’eccezionalità dei Bronzi di Riace dal punto di vista storico-artistico (Dott. Claudio Sabbione archeologo) e sull’importanza che hanno avuto anche per la crescita del MARC (Dott. Giacomo Oliva docente). Grande interesse ha suscitato la documentazione fotografica (Dott. Fulvio Rizzo) “I Bronzi escono dal mare di Riace”, ma anche tanta meraviglia per eccezionalità dei reperti portati alla luce.

Le statue sono state datate dagli studiosi al V sec. a.C., di stile tipico dorico del Peloponneso, prodotte ad Argo e che si trovassero su una nave che viaggiava dalla Grecia verso la penisola italica. Negli anni gli studi sui Bronzi di Riace sono stati davvero tanti, ma tanti sono anche i misteri attorno a queste grandi statue. Dove, quando e da chi furono veramente realizzate; cosa rappresentassero e quanti fossero; come e perché finirono nelle acque di Riace”.

Ma anche uno spettacolo!

“A riscrivere la storia sui Bronzi di Riace è il Prof. Daniele Castrizio,  dell’Università di Messina, che con le sue ricerche svela altre curiosità e le porta in giro in maniera singolare con il suo “MAGNAGRECANTICO”,  un racconto inedito sulla storia dei Bronzi di Riace, un canto misto, di storia, di note, di immagini e di parole.

E Archeoclub ha portato questo spettacolo oltre lo Stretto, a Messina, inserendolo nel cartellone della “Notte del Liceo Classico” F.Maurolico al Teatro Vittorio Emanuele.

L’attività di Archeoclub non si è limitata a celebrare i 50anni del ritrovamento dei Bronzi solo sotto l’aspetto culturale – ha concluso Rosanna Trovato -  ma ha cercato di valorizzare e promuovere la conoscenza  del territorio reggino, dei tanti luoghi che  sono stati palcoscenico non solo del ritrovamento dei Bronzi ma della importante presenza storica di cui i siti archeologici ne sono testimonianza. In tal senso si sono attivati i nostri Soci operatori turistici (MIDIMAR-viaggi e turismo) che hanno ideato un Itinerario Turistico “Reggio Calabria e dintorni : tra Greci, Romani, Bizantini, Ebrei e i discendenti Grecanici”, diffuso alle sedi Archeoclub presenti su tutto il territorio nazionale.

Ed ancora abbiamo stimolato tutti gli amici che in qualche maniera potevano aiutarci  in loco con agevolazioni su servizi che fossero veicolo di presenza turistica e di conoscenza culturale. E così Marina dello Stretto- porto turistico di Villa San Giovanni- in occasione del 50°dei Bronzi di Riace concede uno sconto alle imbarcazioni in transito che dimostrino di aver visitato il Museo Nazionale di Reggio Calabria.

Il nostro territorio è ricco di storia, di bellezze naturali e paesaggistiche e i Bronzi sono un valore aggiunto molto importante che continueremo a far conoscere, insieme all’immenso patrimonio dell’area dello Stretto a cui la nostra sede si è votata”.

 

Dal 20 al 28 agosto 2022, in via XXIV maggio, accanto al Comune di Peschici, sarà possibile visitare “I miei orizzonti garganici”, la mostra personale dell’artista Raffaella Nardelli.

L’esposizione, ad accesso libero, sarà visitabile dalle ore 16.00 alle ore 20.00.

Il fil rouge della rassegna riguarda i paesaggi garganici, rappresentati sotto la lente caleidoscopica dell’artista.

La pittura è da sempre stata una mia dolce evasione. Mi ha permesso di rifugiarmi in un mondo ovattato, al sicuro dalle ingiustizie, dalla violenza e dall’arroganza della realtà. Mi ha consentito di esprimere al meglio le mie gioie e le mie frustrazioni. Con questa raccolta di dipinti, vorrei trasmettere la mia personale visione dei paesaggi garganici: I MIEI ORIZZONTI, gli stessi che mi hanno vista crescere, andare via e poi ritornare nuovamente. Fare una mostra con i miei lavori è sempre stato un mio sogno, sin da bambina. Non vedo l’ora di mostrare le mie visioni favolistiche della realtà, sperando che anche qualcun altro possa trovarvi un rifugio. La pittura rappresenta una forma di libertà per me. Facendo l’architetto e occupandomi prevalentemente di disegno tecnico, avverto molto spesso il bisogno impellente di staccare dalle rigide regole della rappresentazione architettonica. E’ indispensabile poter spiegare le vele al vento e navigare liberamente nel mare della creatività. L’arte è il mio punto di riferimento, la mia compagna fidata. So con certezza di poter contare su di lei nei momenti bui. E’ una valvola di sfogo. E’ la mia cura, il mio analgesico per l’anima”.

Raffaella Nardelli è insegnante e architetto di Vico del Gargano. Dopo gli studi compiuti a Firenze, inizia il suo peregrinare alla ricerca di un impiego lavorativo, così come la maggior parte dei giovani d’oggi, tra Budapest, Londra, Torino, Firenze, per poi tornare alle origini: il suo paesino natale in Puglia, che la raccoglie un po’ come un “figliol prodigo”. Pur non avendo una formazione artistica, ha da sempre mostrato un vivo interesse per l’arte, in ogni sua sfaccettatura.

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