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La Contemporanea Galleria d’arte di Giuseppe Benvenuto, direttore della mostra, offre ancora al territorio foggiano un momento espressivo importante nel mondo dell’arte moderna e contemporanea.

Dal giorno 20 gennaio e fino al 28 febbraio 2023 sarà possibile visitare lo spazio espositivo trovando opere di Accardi, Adami, Angeli, Amadio, Bonalumi, Burri,  Campigli, Castellani, Ceccobelli, Ceroli, Cucchi, Dadamaino, De Chirico, De Maria, Del Pezzo,  Depero, Dessì, Di Terlizzi, Dorazio, Dufy, Fantini, Festa, Fioroni, Fiume, Fontana, Frangi, Fratteggiani Bianchi, Galliani, Galimberti, Gilardi, Guaitamacchi,  Guttuso, Kounellis, Kostabi,  Licata, Lodola, Maccari, Maria Lai, Mangini, Man Ray, Marcheggiani, Mariani, Masi,  Nativi, Nespolo, Oppenheim,  Paolini, Perilli, Pignatelli, Pinelli, Pizzi  Canella, Pirandello, Pomodoro, Procopio,  Pusule,  Rotella, Schifano, Soldani, Uncini, Vocale e altri.

Interpretare il sentimento culturale del secolo trascorso fino al più innovativo contemporaneo è un viaggio che attraversa cifre e stili pittorici e scultorei, di artisti a tutto tondo capaci di esprimere quel valore che fa dell’arte non una mera esecuzione tecnica, ma una posizione sull’oggi. Un’impronta culturale importante quella della Contemporanea Galleria per la città di Foggia per cui rappresenta un luogo, uno spazio della metacognizione, della riflessione che vuole dare significato al fermento artistico nazionale e internazionale aprendo una porta al dibattito effervescente che investe il mondo della cultura oggi. Fare arte significa interpretare porzioni di mondo dal punto di vista sociale, ideale, introspettivo, essere, insomma, termometro del o dei cambiamenti in atto con la cifra della composizione artistica, con quella sensibilità propria della pittura o del tocco scultoreo.
 
La mostra sarà visitabile dal lunedì al sabato a Foggia, in viale Michelangelo, 65.

INFO
ORARI: 10,00 – 19,30
CONTEMPORANEA GALLERIA D'ARTE
VIALE MICHELANGELO, 65 - FOGGIA
TEL. 346 7334054

 

Martedì 10 Gennaio 2023 al Liceo Lanza Perugini si torna a parlare di Archeologia e di Territorio, aggiungendo un tassello importante per la formazione degli studenti, cittadini di oggi e di domani, che si va a porre accanto ad una offerta formativa multiforme e accurata, quest’anno arricchita dai potenziamenti biomedico, giuridico-economico, e dai diversi progetti di carattere internazionale in corso di attuazione.

All’interno di Dialoghi, una finestra su incontri con autori, libri, ricerche, elementi legati al nostro tempo, i professori Roberto Goffredo, Maria Turchiano dell’Università di Foggia e Giuliano Volpe dell’Università di Bari, illustreranno gli esiti delle recenti campagne di scavo svoltesi nell’ambito di un progetto pluriennale, “Sipontum: archeologia globale di una città portuale”, condotto congiuntamente dalle due Università, in stretta collaborazione con il Parco archeologico di Siponto, della Direzione regionale musei della Puglia e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio di Foggia (Ministero della Cultura).

Martedì 10 Gennaio 2023, alle ore 10, Roberto Goffredo, Maria Turchiano, Giuliano Volpe presenteranno ArcheoSipontum nell’Aula Magna L. Scillitani del Liceo Classico “V. Lanza”.

Il programma

Presentazione degli esiti delle campagne di scavo 2020/2021 e 2021/2022: Professori R. Goffredo, M. Turchiano, G. Volpe

Interventi liberi di studenti e docenti che vorranno dialogare con gli Archeologi.

Modera la prof.ssa Laura Maggio.

Oltre 5mila visitatori in tre giorni: la cultura è la carta vincente di questo lungo fine settimana di Capodanno.

Le aperture dei luoghi della cultura venerdì 30 dicembre, sabato 31 dicembre 2022 e domenica 1 gennaio 2023 hanno regalato grandi soddisfazioni.

Complici le temperature primaverili e l’ingresso gratuito del 1 gennaio nell’ambito dell’iniziativa #domenicalmuseo, la “fame di cultura” è stata registrata in tutti i monumenti della Direzione Regionale Musei, a conferma che le aperture nei giorni festivi ancora una volta sono state premiate.

Vincente anche la scelta di posticipare, in alcuni casi, la consueta giornata di chiusura.

Medaglia d’oro per il Castello di Bari che il primo dell’anno ha fatto incetta di oltre 1000 visitatori, grazie anche alla nuova grande mostra “Antichi Popoli di Puglia. L’archeologia racconta” curata dal prof. Massimo Osanna e dal dott. Luca Mercuri; inoltre, sempre il maniero barese ha superato i 500 ingressi tra le giornate di venerdì e sabato.

Ottima prestazione per Castel del Monte: 549 i fruitori che hanno scelto di visitare il sito Unesco nella giornata di domenica; oltre 1000 coloro che si sono recati nel monumento federiciano tra le giornate di venerdì e sabato.

Sul podio anche il Museo Archeologico Nazionale e Castello di Manfredonia con 344 ingressi nel giorno di Capodanno e a seguire, con una manciata di differenza, il Parco Archeologico di Siponto che ha registrato 339 visitatori.

Ottima performance per il Castello di Trani: nelle sole giornate di venerdì e sabato ha intercettato complessivamente 500 visitatori.

«Anche in questo caso le aperture hanno rappresentato un’occasione colta al volo da residenti e turisti - ha commentato il Direttore Regionale Musei Puglia, dott. Luca Mercuri - Ancora una volta il gioco di squadra ha funzionato e grazie alla collaborazione di tutto il personale che ringrazio sentitamente, abbiamo raggiunto questi importanti numeri».

Il 5 gennaio prossimo Lucera, in provincia di Foggia, darà spazio ed estro agli “alternativi” dell’arte. Da un progetto ideato e creato dall’associazione culturale Utò-Lo spazio della Luce nasce la mostra collettiva dal titolo Outsiders, L’«incontinenza» creativa, che si terrà giovedì 5 gennaio dalle 19 alle 21 nel portone di via Pignatelli 14, nel centro storico di Lucera. Durante l’evento artistico - ad ingresso libero e gratuito - vi sarà l’esibizione del cantante folk Salvatore Luca Tota, con il suo show di canta storie tra il local e il global.

La mostra sarà fruibile anche il 6 gennaio, dalle ore 19 alle 21.

Outsiders, L’«incontinenza» creativa «è un progetto pensato per dare dignità ad artisti che non sono ufficialmente artisti. Una maestra, un medico, una professoressa, un’ingegneria, una fisica, una studentessa, un grafico, un tappezziere, un giardiniere. Ma non solo. Tutto ciò accade per dare spazio all’espressione dell’animo, indipendentemente dal fine» sottolinea la creatrice della mostra e vicepresidente dell’associazione Utò Cleonice Di Muro, la quale evidenzia come il mondo artistico dei cosiddetti Outsiders «contiene moltissime personalità e l’obiettivo», infatti, «è chiamare a raccolta quante più persone fanno arte. Questo perché l'arte è di tutti e non serve definirsi artisti per esserlo. Lucera, riconosciuta Città d’Arte ha questa consapevolezza da acquisire, la consapevolezza che chi è in questo territorio magico ha, indipendentemente dal lavoro che ha scelto, una propensione o una predilezione verso l’arte. Che sia musica, pittura, illustrazione o teatro. È questa la bellezza che va riscoperta e accolta».

Perché la mostra porta il titolo di Outsiders? «Ci siamo ispirati al termine utilizzato per la prima volta  1972 da Roger Cardinal di Outsider Art - spiega Cleonice Di Muro -  come ampliamento o sinonimo dell’Art Brut, ovvero quell’arte prodotta al di fuori del mondo artistico consolidato e al di fuori dei confini convenzionali della cultura. L'obiettivo è sottolineare la libertà d'espressione. Non c’è un tema, e nemmeno uno stile ad accomunare gli artisti, ma solo le mille sfaccettature della pittura e del disegno, ognuno col suo stile, ognuno con la propria “incontinenza” creativa».

La creatività dell’arte è anche fatta di musica. Per tale ragione, contestualmente alla mostra Outsiders, l’associazione culturale Utò-Lo Spazio della Luce ha incastonato il concerto di Salvatore Luca Tota. Nato a San Severo, artista multiforme, Tota ha nella corde la scrittura descrittiva del mondo sin da ragazzo. Il suo inchiostro genera racconti, spinti dalla passione per la filosofia e la letteratura, giungendo fino al teatro, alla messa in scena di un repertorio minuzioso e accattivante sui caratteri umani. Dal microcosmo territoriale al macrocosmo globale, Salvatore Luca Tota racconta e svela storie, mediante la sua voce che dà corpo a testi spesso accompagnati dalla chitarra e da altri strumenti.

A Lucera, in occasione della mostra sugli «outsiders», Tota, anch’egli in esposizione con un’opera pittorica, metterà in scena il suo spettacolo folk, con un reading che promette di scaldare i cuori e illuminare le menti sulla ricchezza nascosta nella «terra umana».

Con i suoi oltre 100 murales Stornara è diventata la Capitale della Street Art in Puglia ma non solo. Grazie al nuovo progetto “Stramurales di gusto”, previsto per martedì 3 e mercoledì 4 gennaio 2023, la cittadina del Tavoliere delle Puglie unirà la street art ai prodotti enogastronomici locali.

Il progetto, realizzato dalla start up innovativa Trawellit srl e organizzato in collaborazione con Regione Puglia e Pugliapromozione, sarà una full immersion attraverso il racconto di luoghi rinati grazie ad un’azione di innovazione sociale che ha visto rilanciare l’offerta turistica di Stornara, borgo di circa 6.000 abitanti, con la realizzazione di oltre 100 murales a cielo aperto.

VISITE GUIDATE E DEGUSTAZIONI GRATUITE CON PRENOTAZIONE

All’arte si legherà la tradizione delle produzioni locali di eccellenza e dei racconti che rendono autentico il piccolo comune. Con questo evento, Stornara si propone di offrire esperienze ed emozioni a 360° dei luoghi, dei racconti e delle eccellenze enogastronomiche e storico-culturali del territorio dei 5 Reali Siti. 

Durante l’evento, oltre a visitare il Parco Urbano dei Murales e degustare le eccellenze enogastronomiche locali, i visitatori potranno scoprire di più riguardo i temi del consumo sostenibile e riceveranno gadget a tema

L'evento è organizzato in collaborazione con Regione Puglia e Pugliapromozione, realizzato dalla start up innovativa Trawellit srl in partenariato con: Comune di Stornara, Stornara Life APS, Arci Travel e Associazione Giovani per l’Europa O.D.V. 

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il programma:

Martedì 3 gennaio 2023

  • percorso guidato murales con inizio alle ore 10:00
  • laboratorio sensoriale di valorizzazione dell’OLIO EVO delle aziende locali ed orientamento al consumo sostenibile con APERITIVO RURALE con lo chef presso il Nuovo Centro Polifunzionale Co. Co. Project in via Soldato Francesco Di Corato;
  • azioni di guerrilla marketing.

Mercoledì 4 gennaio 2023

  • percorso guidato murales con inizio alle ore 10:00
  • laboratorio sensoriale di degustazione del VINO NERO DI TROIA delle aziende locali ed orientamento al consumo sostenibile con APERITIVO RURALE con lo chef presso la sede dell'APS Stornara Life in via Zara;
  • azioni di guerrilla marketing.

Per info e prenotazioni: https://www.eventbrite.it/e/biglietti-stramurales-di-gusto-500148637037?aff=ebdsoporgprofile 

Sabato 14 gennaio 2023, alle ore 18:00, alla presenza dell’artista, l’inaugurazione della personale.

Il 14 gennaio, presso gli spazi della Contemporanea Galleria d’Arte di Bari, in via N. Piccinni, 226, del gallerista Giuseppe Benvenuto, avrà luogo l’inaugurazione di una mostra dedicata a Jonathan Guaitamacchi, artista italo-britannico di fama internazionale, che si protrarrà fino al 27 febbraio 2023.  La personale è a cura di Giuseppe Benvenuto e Sara Maffei

Interverranno:

  • INES PIERUCCI - Assessore alla cultura del Comune di Bari
  • MICAELA PAPARELLA - Consigliere delegato alle "Politiche di valorizzazione del patrimonio storico-artistico e architettonico e dei contenitori culturali" del Comune di Bari
  • GIANFRANCO TERZO - Assessore alla cultura del Comune di Sannicandro di Bari
  • PIERO DI TERLIZZI - Direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Foggia

A cura di Sara Maffei

MOVING FORWARD BEYOND” è il titolo della personale, curata da Giuseppe Benvenuto e Sara Maffei, composta da un corpus di circa venti opere, incentrate sul tema del paesaggio urbano, la cui potenza pittorica si esprime mediante una pennellata su tela forte e graffiante, accordandosi sull’incisivo e netto contrasto fra il bianco e il nero.

Nato a Londra nel 1961, Guaitamacchi vive tra Milano, Torino, Londra e Città del Capo e si diploma presso l’Accademia di Belle arti di Brera. Dopo le prime collaborazioni come disegnatore per alcuni quotidiani fra cui "Il Giornale" e "La Repubblica" e come consulente artistico per diversi studi di architettura e design milanesi, negli anni Novanta realizza grandi progetti in cui racconta le città globali, rivolgendo il suo sguardo a una periferia urbana, immortalata tramite suggestive vedute a volo d'uccello.

Alla fine degli anni Novanta, l’AEM (Azienda Energetica Municipale del Gas) gli offre una residenza artistica negli impianti dismessi di Milano Bovisa, nell’area gasometri. In seguito, all’interno delle Officine della Pressione, presenta la sua prima personale, intitolata “Le macchine della luce”, con cui si fa conoscere nel mondo dell'arte contemporanea. Nel 1997 vince il Premio Suzzara ex-aequo con Kyung Kim Hwal, Wolfango, Martinelli e Petrus. Realizza mostre personali in Italia e all’estero, da Pechino a New York, fino in Sud Africa, dove espone per la prima volta il suo lavoro alla Christiaan Barnard Gallery di Città del Capo, prende parte alla Johannesburg Art Fair e tiene una mostra personale, “Locations”, alla Smac Gallery Cape Town. Espone in numerose Gallerie d’arte italiane tra cui Cà di Frà (Milano, 2003), Bagnai (Firenze, 2003), Rubin (Milano, 2000-2002), Jannone (Milano, 1998 – 1999) e 2000&NOVECENTO (Reggio Emilia, 2004). Le sue opere sono presenti in diverse collezioni pubbliche e private presso Farnesina di Roma, la Fondazione Stelline di Milano, la Fondazione A2A di Milano, la Collezione d’Arte CGIL di Roma e di Milano e il CAMeC di La Spezia. Nel 2002 è tra i finalisti del Premio Cairo, nel 2004 è presente alla XIV Quadriennale di Roma e i suoi lavori sono selezionati per la Biennale di Pechino del 2005. Nel 2010, Accenture Milano inaugura il suo nuovo edificio con la personale “Nella città che cambia”, esponendo opere dell’artista che, in bilico tra pittura e architettura, fanno della città un luogo della memoria e dell’evoluzione. Nel 2014, a Palazzo Mantegazza a Lugano, organizza una mostra personale, “My Home Glacier”, un lavoro a base fotografica, attraversato dalla pittura e dal disegno, sul tema dei ghiacciai in territorio elvetico, in collaborazione con BPS (SUISSE) e Theca Gallery. Parte del medesimo lavoro è presentato in una mostra presso il Palazzo Serbelloni di Milano, sede di AZIMUT. Nel 2018 il Politecnico di Milano gli dedica una mostra, “Bovisa, from ‘97 to ‘17”, che racchiude tutto il suo lavoro.

Dando voce a un’arte che è anche autobiografica, memore delle città che ha incontrato, spiega Sara Maffei, Guaitamacchi realizza dei veri e propri fotogrammi architettonici, attraverso tecniche miste monocromatiche che danno alle sue metropoli un’impronta cinematografica. Nello spazio della città, fatto di strade che intersecano edifici, palazzine e stabilimenti industriali, il tempo si ferma o si è appena fermato. Qui tutto può accadere o è accaduto all’istante, una macchina è appena sfrecciata via lungo una tangenziale della memoria e il ritmo ordinato delle architetture, simbolo di uno slancio dinamico delle costruzioni, scandisce la scenografia metropolitana, come testimoniano Down Town (mix media on canvas on board, cm 50 x 65) e Metropoli (mix media on canvas, cm 150 x 230). L’artista si addentra e penetra in profondità luoghi che si fanno densi di significato, divenendo al contempo tutti i luoghi e nessun luogo, progetti architettonici percorsi da strade che nel medesimo istante “stanno ferme e si muovono, vanno e vengono, rimbalzano”, evidente nel dinamismo futuristico di Expo” (mix media on canvas on board, cm 50 x 65) e Centralmente (mix media on canvas on board, cm 80 x 120).

Guaitamacchi è un artista che fa la differenza in quanto, afferma Francesca Brambilla “tra i primi nell’epoca contemporanea ad affacciarsi al contesto urbano, sulla tela non rappresenta l’espressione totale o meramente architettonica della realtà, ne sprigiona l’essenza, il principio attivo, non racconta il luogo, ma il suo riflesso, la sua metafora attraverso il suo stile unico e inconfondibile”. Come dichiarato dall’artista in una recente intervista, il modulo ripetuto e l’astrazione prospettica sono il punto per ordinare e scomporre il caos, un modo per allontanarsi e riavvicinarsi, una costellazione di segni intorno alla quale gravita il suo vissuto; una sorta di visione biografica o testamento, il tentativo di dare un perimetro in cui rappresentare tutto quello che ha generato e ispirato il suo lavoro.

Info e orari

e-m@il: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
phone: 3467334054

 

 

Uno spettacolo di danza e tecnologia è quello che la società AVL propone per il Natale foggiano. Vincitore della manifestazione di interesse promossa dal Comune di Foggia, A new Scrooge - Canto di Natale, di Marcello Strinati e con le coreografie di Francesca Ginepro, andrà in scena, presso la pinacoteca Il 9cento del capoluogo, nei giorni 17 e 18 dicembre 2022. Sono previste 5 repliche a ingresso gratuito: sabato 17 alle ore 18 e  19.30 e domenica 18 alle ore 11.30 e, nel pomeriggio, alle 18 e alle 19.30.

La produzione è in collaborazione con il collettivo di danza Dare to Share di Sarzana, l’Accademia di Belle Arti di Foggia e il Teatro della Polvere.

In scena i ballerini: Marco Cappa Spina, Miriam Bonaccorso e Francesca Perazzolo.

A new Scrooge è una rilettura moderna del Canto di Natale, il romanzo breve di Charles Dickens, nel quale l’autore ha espresso, attraverso il suo racconto commovente, una netta critica alla società dell’epoca: la performance multimediale (un mix tra arti grafiche, video, teatro e danza) è ambientata ai nostri giorni e rivede come protagonista Ebenezer Scrooge, questa volta non nei panni di un anziano ricco e avaro banchiere, ma di un uomo d’affari attuale, troppo preso dall’accumulare denaro, dal cercare di inanellare successi, e privo di qualsiasi sentimento umano positivo, nonché totalmente incurante delle persone a lui vicine.

La storia inizia nel giorno della vigilia di Natale: durante la notte, il nostro protagonista riceve la visita del fantasma del suo ex socio Marley, il quale gli preannuncia l’arrivo di tre fantasmi: quello dei Natali passati, quello del Natale presente e quello dei Natali futuri. I tre fantasmi guideranno Scrooge in un’avventura riguardante tutte le sue tappe fondamentali passate, facendogli rivivere la sua infanzia, il suo unico vero amore, le sue delusioni, i suoi dolorosi mutamenti, le sue infelici scelte, per metterlo alla fine di fronte al suo arido presente e al suo inesorabile e tragico futuro.

Al termine di questo viaggio, Scrooge si ravvederà e proverà a modificare i suoi comportamenti e la sua visione della vita.

Questa storia, attualizzata, differisce da quella classica per l’indagine dei mali che affliggono e che perpetra il novello Scrooge: sua caratteristica non sarà più il solo famelico bisogno di accumulare denaro, ma anche la non osservanza di qualsiasi forma di rispetto verso gli esseri umani e la loro diversità: emergono, tra i vari temi affrontati, quelli del razzismo, del sessismo, dell’omofobia, della legalità.

La performance è adatta a un pubblico di qualsiasi età, e fortemente indicata per le famiglie; è una fiaba natalizia e universale, che parla di conversione, di apertura al mondo e al diverso, e rispecchia in pieno la morale originale di Dickens: non importa quale sia la nostra età e quanto siano gravi gli errori e i peccati commessi: c’è sempre tempo per migliorare, purché lo si voglia davvero.

La sinergia tra video, luci, audio (attraverso musiche originali ed effetti sonori), attori e ballerini daranno nuova veste a questa storia immortale. 

Partiamo dal presupposto che risulta alquanto ostico cercare di descrivere un percorso che muove i suoi passi tra l’arte e l’inclusione sociale e che pone l’accento più sulle percezioni, positive o negative, che sul prodotto finale. Molto spesso ci si è interrogati sull’identità dei manufatti stessi, tuttavia, osservando i macramè si nota subito la presenza di diverse mani e di diverse personalità, proprio per questo consideriamo il nostro operato non un semplice prodotto artigianale ma più vicino a qualcosa di “espressionista”.

Il progetto nasce dalla collaborazione del collettivo Rapsovive (Crucinio Marta, Giannini Wanda, Scervini Gaia) e le beneficiare della cooperativa sociale Medtraining, da anni impegnata per favorire e promuovere lo sviluppo dell’inclusione sociale dei soggetti svantaggiati, e si è articolato in una serie di incontri effettuati tra maggio e novembre 2022.

Durante i Workshop si è appresa insieme la tecnica e attraverso quest’ultima, si ha avuto la possibilità di intrecciare i fili alla quotidianità.

Trascorrere tante ore insieme ci ha permesso infatti di arricchire il nostro bagaglio culturale ma anche quello personale, attraverso la condivisione di vicende, problematiche e sensazioni emersi naturalmente tra un gruppo di lavoro evolutosi in amicizia. Con la conoscenza abbiamo abbattuto le distanze e le differenze sono sparite.

Speriamo di estendere quest’esperienza ai visitatori di questa mostra invitandoli a continuare l’arazzo affinché ogni spettatore possa sentirsi libero di porsi in relazione con esso e continuarlo, divenendo parte integrante dell’esperienza comunitaria.

DA DOVE NASCE L'IDEA.

Il termine macramè deriva dall’arabo migramah (frangia per guarnizione). Questo tipo di ricamo, completamente manuale, venne importato dai marinai liguri che dalle colonie oltremarine approdavano al porto di Genova o in qualche altro scalo della Liguria, integrando alle loro tradizioni quelle delle culture delle colonie.

Il titolo del progetto si ricollega all’etimologia araba, la quale ricorda nella sua fonetica la parola migrazione. Negli ultimi decenni si è assistito a flussi migratori dall’Africa e dal Medio oriente verso l’Europa e in particolare verso l’Italia meridionale. Questi popoli, ritenuti culturalmente distanti, già in passato hanno arricchito la cultura occidentale: basti pensare all’utilizzo del sistema numerico internazionale, all’applicazione di motivi arabeschi in molte delle architetture o al cous cous, la quale rientra nella tradizione gastronomica trapanese già da secoli, al punto da averne una propria variante a base di pesce diversamente dalla ricetta magrebina a base di stufati di verdure e carne.

Migramah è quindi un nodo prima di tutto culturale, un intreccio, un ponte metaforico tra culture, quelle del bacino mediterraneo, integrate già prima che le istituzioni volgessero il focus sulla questione. Migrare vuole e deve essere inteso solo come azione motoria, positiva e priva di barriere. Nessuno può impedire ad alcun essere vivente di potersi muovere con rispetto nel proprio pianeta.

SCOPO DEL PROGETTO.

Migramah è un progetto che prevede la realizzazione di piccoli arazzi in macramè a più mani e si rivolge a chi pensa di poter affidare le sue idee alla collettività del gruppo, a chi è pronto a mettere da parte il proprio ego per imparare nuovamente cosa significa relazionarsi.

L'obiettivo è gettare le basi per fare un tratto di strada insieme, per far sì che nell'opera finale non sia più distinguibile la mano di ogni singola persona ma che si confonda il gesto del singolo, facendo emergere la bellezza di questo esperimento vissuto insieme.

Questo è quindi un progetto che racchiude nel suo nome il concetto di inclusione e che propone un’esperienza nella quale l’idea iniziale e il prodotto finale passano in secondo piano rispetto al processo creativo, poiché si prefigge come fine ultimo il dare luce alle relazioni umane in un tempo che, per i suoi ritmi, le pone in ombra tramite un nuovo linguaggio e un nuovo spazio.

Attraverso la tecnica del macramè, grazie alla sua lentezza di esecuzione, si ha infatti la possibilità dì riappropriarsi di un tempo e di un modo di socializzare ormai messi da parte.

Negli ultimi decenni tanti sono stati gli artisti che si sono cimentati in questo tipo di sperimentazione, molti dei quali fonti d’ispirazione, come Maria Lai che con “Legarsi alla Montagna” inaugura un filone artistico che rivolge il focus alla relazione con il territorio e la sua gente.

È quindi nostra intenzione farci autrici di un’arte rivolta a tutti, che abbandona la sua dimensione aulica e che vuole arrivare ai più e ai qualsivoglia soggetto interessato.

Lucera, riconosciuta ”Città d'arte” in provincia di Foggia, sdogana l'outsider art. Ha trovato l'apprezzamento di critica e pubblico la mostra collettiva “Art-Brut-Il bello dell'arte”, promossa dall’associazione culturale Utò-Lo spazio della Luce, con la speciale partecipazione degli utenti dell’associazione di volontariato I Diversabili Onlus e con la collaborazione di ‘Aputèche-Arti Visive&Fashion Design, che ha firmato l’allestimento dell’esposizione.

L’evento espositivo, promosso in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità del 3 dicembre, ricalca concretamente la filosofia del pittore francese del Novecento Jean Dubuffet, il quale si affermò come uno dei promotori dell’Art Brut, l'arte spontanea». Per essere riconosciuta come tale, secondo Dubuffet, un’opera deve essere creata da un autore senza preparazione tecnica né teorica, da persone al di fuori delle stanze ufficiali. E il portone di via Pignatelli 14, in uno dei tanti palazzi storici di Lucera, ha aperto al talento degli utenti diversabili, in un progetto di condivisione territoriale. Esposti quadri e disegni in diversi stili pittorici - all'acquerello alla cera - unitamente a statuette realizzate in ceramica.

Alla base del progetto “Art Brut-Il Bello dell'arte” - sostenuto da Masseria nel Sole e Poser by Giorgia Ferosi - vi è l'esperienza quotidiana dell'accademia Cleonice Di Muro, durante il suo lavoro di responsabile del laboratorio creativo dei Diversabili Onlus. «Studiando arte - spiega Di Muro, vicepresidente dell'associazione Utò - mi sono resa conto che col progredire della società, l’uomo è andato alla ricerca dell’essenza, scardinando le sovrastrutture e le stratificazioni culturali fatte da secoli di storia. Ciò ha permesso di rivalutare la primordialità dell’essere, del gesto, della visione e della sintesi, permettendo di avvicinarsi soprattutto a chi lo fa naturalmente: bambini, malati psichiatrici, alienati. Per lo stesso motivo nel mio percorso artistico, cercando di arrivare alla sostanza attraverso la mia ricerca pittorica, è stata preponderante la scoperta del mondo della disabilità. Per me sono stati insegnanti, poiché l’arte visiva da sempre è il modo più semplice per l’uomo per esprimersi e trovarsi davanti a chi lo fa in maniera quasi fisiologica. Tutto questo è straordinario».

“La vera arte è dove nessuno se lo aspetta, dove nessuno ci pensa né pronuncia il suo nome, l’arte è soprattutto visione e la visione molte volte non ha nulla in comune con l’intelligenza né con la logica delle idee”. Il pittore francese Jean Dubuffet (Le Havre 1901-Parigi 1985) è “rinato” a Lucera attraverso il sorprendente talento di un gruppo di persone diversamente abili.

Dal 10 dicembre 2022 al 14 gennaio 2023, la galleria Art Immagine di Altamura (BA) ospiterà una mostra dedicata a tre grandi maestri dell’arte contemporanea: Natale Addamiano, Omar Galliani e Giovanni Frangi.

Il percorso espositivo, curato da Sara Maffei presso gli spazi della galleria di Francesco Taccogna, si propone di creare un fil rouge fra i tre importanti artisti del panorama pittorico internazionale, ponendo a confronto i rispettivi prestigiosi capolavori.  

I protagonisti dell’interessante mostra pugliese trovano il proprio trait d'union irrinunciabile nella natura: ognuno, a suo modo e con una tecnica diversa, racconta il proprio profondo dialogo interiore con il comune denominatore dell’elemento naturale. Addamiano trasfigura e rende astratto il paesaggio lunare, facendo uso dei colori ad olio; Galliani, servendosi in primo luogo della grafite, disegna con attenzione peculiare costellazioni che fanno da sfondo a enigmatici volti femminili; Frangi, attraverso tecniche miste su carta e talvolta avvalendosi della fotografia, inventa un universo memore della lezione di Goethe e del suo “Urpflanze”, la pianta primordiale cui lo scrittore fa riferimento nel suo “Viaggio in Italia”.

 a cura di Sara Maffei.

Leitmotiv dei tre maestri, accolti nel fervente capoluogo lombardo sin dai primissimi esordi, è lo sguardo rivolto a una natura fatta di cieli, piante e sguardi femminili. Quelli di Addamiano sono cieli pregnanti di intensità, dove l’occhio suggestionato e sognante dello spettatore può perdersi e ritrovarsi tra stelle e nebulose, simili a presenze ineffabili, sofisticate e vive. Come riferisce Luca Beatrice: «Dagli anni Settanta a oggi, la pittura di Addamiano si manifesta solo in quei momenti della giornata, dall'imbrunire alla notte piena, che favoriscono la riflessione e il ripensamento. Fin dai primi lavori, i suoi quadri riferiscono di una sottile quanto intensa malinconia serale». Illuminati dalla luce della memoria e della meravigliosa bellezza dell’infinito spaziale, attraverso gli agglomerati interstellari, la pittura compie la contemplazione dell’infinito, come testimoniano “Volta stellata” (2012), “Luogo di stelle” (2017), “Luogo delle stelle” (2019) e “Mappa di stelle” (2020), magnifici oli su tela cui lo spettatore è invitato a fare onirica esperienza. Figlie di una natura reinterpretata e vibrante della propria energia intrinseca, le magiche apparizioni di segni che centellinano il cielo esprimono così nobili fermenti interiori modulati dal colore: «Devi avere il dono del colore come un cantante deve avere una voce. Il colore raggiunge la sua piena espressione solo quando corrisponde all'intensità dell'emozione dell'artista». Nella produzione di Addamiano relativa alla serie “Cieli stellati”, infatti, nonostante sembri che la gamma dei neri sia predominante, il paesaggio lunare è vivacizzato e intensificato da altri colori. La distesa di stelle, tesa verso l’infinito e frutto di un processo di astrazione, tende a un’armonia laddove «soggetto e sfondo […] hanno lo stesso valore: nessun punto è più importante dell’altro, conta solo la composizione. Il colore raggiunge la sua piena espressione solo quando è organizzato, quando corrisponde all’intensità dell’emozione dell’artista». 

Nel suo percorso artistico, anche Galliani guarda costantemente a un cielo immenso e profondissimo, impreziosito da costellazioni luminose e figure ricorrenti nel suo repertorio, quali rimandi del mondo vegetale, rose, teschi, spade, forbici, draghi e gocce d'acqua. I suoi monumentali e raffinati disegni - realizzati a grafite, carboncino, pastelli, tempera e inchiostro - sono combinazioni di bianco e nero con sprazzi vibranti di colore rosso simili a ricami sanguigni e carichi di notevole valenza simbolica, dall'irrefrenabilità dello scorrere del tempo alla caducità dell’effimero fino alle passioni. Alla stregua dell’intensa malinconia serale cui guarda Addamiano, l’oscurità è una condizione fondamentale nell’arte di Galliani, presupposto imprescindibile che rende possibile l'emergere della luce e un armonioso equilibrio tra i contrasti. Ciò è testimoniato dalle due tavole, realizzate a tempera e grafite, parte della serie “Le declinazioni della bellezza”, mirabili capolavori presenti in mostra. La luce lunare associata al principio femminile diviene così, per il maestro di Montecchio Emilia, autentica musa ispiratrice: «Le opere che amo di più le ho disegnate la notte. A volte la luce è troppo forte e gli occhi non vedono ciò che vuoi vedere».

Con Frangi ancora una volta la natura si riconferma assoluta protagonista nella sua “pittura delle cose del mondo”, espressa attraverso una peculiare stratificazione materica e l’uso vivo del colore. Lontane da sterili repliche ma totalmente nuove e inattese, le immagini naturali rappresentate dal maestro milanese derivano da fotografie scattate dall’artista stesso nel corso del tempo; l’uso della fotografia è infatti per Frangi pratica quotidiana e contatto diretto con una realtà vista e poi trasformata, come si evince in “Ansedonia” (2020) ed “Heliconia Paradise” (2021), due fra le opere dell’artista esposte in galleria in cui pigmenti, primal e pastelli a olio proiettano su carta Hanhemühle un elemento naturale carico di notevole e vibrante energia. Per Frangi la natura ha un valore primordiale e racchiude in sé la totalità dell’essere, in accordo con la concezione goethiana secondo cui «La natura appartiene a se stessa, l'essenza all'assenza; l'uomo le appartiene, essa appartiene all'uomo». E alla stregua dell’elemento naturale, che si conserva pur rinnovandosi, derivando da un’unica pianta originaria - composta da pochi elementi infinitamente mutabili e duplicabili - anche l’arte attua una sintesi tra il singolo e l’universo, tra il sensibile e l’ideale, rivelando l’origine di uno Spirito Universale in perenne trasformazione e continua metamorfosi, pur restando nel divenire sempre se stesso.

La totalità della natura, compresa fra cielo e terra, dalla luna alla vegetazione, fatta di stelle, piante, sguardi e passioni dell’animo umano, è rappresentata nelle sue innumerevoli sfumature. Segno di un mondo profondamente interiorizzato, l’arte di Natale Addamiano, Omar Galliani e Giovanni Frangi fa luce sul mistero dell’esistenza e di un infinito, fisico ed emozionale, sensibilizzando quell’animo umano, fermo e in contemplazione dalla notte dei tempi, alla ricerca di risposte dinnanzi alla profondità infinitesimale di ciò che siamo e che ci circonda.

Biografie

Natale Addamiano nasce a Bitetto nel 1943. Nel 1968 si trasferisce a Milano, divenendo titolare della cattedra di Pittura dell'Accademia di Belle Arti di Brera dal 1976 al 2007. Dopo aver acquistato il suo studio milanese nel 1970, tiene la sua prima personale alla Galleria Solferino di Milano un anno dopo, esponendo i “Diari notturni” in cui si cela un messaggio legato all’evocazione delle origini. Nei primi anni meneghini collabora con la stamperia La Spirale, realizzando una serie di litografie, incisioni e acqueforti nei quali il suo operato artistico va configurandosi come un diario esistenziale in cui lascia fluire e depositare sul supporto i propri stati d’animo. Dalla fine degli anni Settanta il colore assume un ruolo di primaria importanza per la ricerca pittorica di Addamiano, evidente negli studi sul paesaggio delle Murge, reso attraverso ampie campiture di colore caldo – dal rosso all’arancio, fino al giallo e all’ocra - con le quali esprime una poetica fatta di materia, luce ed emozione, particolarmente evidente nelle “Gravine” (1978-2005). Nel 1978 la Galleria Cocorocchia di Milano ospita una sua personale il cui catalogo è pubblicato con testo di Roberto Sanesi; quest’ultimo cura anche la mostra “Astrazione del Paesaggio” nel Palazzo Ducale di Urbino, tenutasi nello stesso anno. Nel 1983 realizza una mostra di incisioni presso il Palazzo Sormani di Milano e nel 1990 inaugura una personale alla Spirale di Milano, dove conosce la gallerista Kayoko Shimada, importante punto di riferimento per le sue successive mostre personali in Giappone.

Partecipa a numerose rassegne e ottiene diversi riconoscimenti e premi: alla VI Triennale dell’incisione al Palazzo della Permanente di Milano (1991) segue la prima grande antologica dedicatagli presso Villa Cattaneo a San Quirino (1993) e la XXXII Biennale di Milano (1994).

È in Giappone nell’ottobre del 2003, inaugurando cinque mostre personali (a Tokyo, Kyoto, Kobe, Osaka e Niigata) e nel 2004 è invitato a Cracovia all’Istituto Italiano di Cultura. Nell’estate del 2005 segue un’ampia antologica al Museo Archeologico Nazionale di Paestum. Tre anni più tardi, la città di Molfetta gli dedica una personale incentrata sul tema delle Gravine, curata da Piero Boccuzzi. In seguito negli spazi espositivi della Casa del Pane di Milano, Giorgio Seveso cura una mostra dell’artista dedicata ai “Notturni”. Nel 2009 l’Accademia di Brera organizza una mostra incentrata sulle opere su carta realizzate tra il 1970 e il 2008, curata da Claudio Cerritelli.  

Ed è nel 2010 che l’artista inizia il noto ciclo dei “Cieli stellati”, diario continuo con un paesaggio stellato ricco di poesia e incanto, presentato dal saggio critico di Flaminio Gualdoni nella mostra “Cieli e gravine Cieli stellati” presso la Dep Art Gallery di Milano, dando vita, nel 2016, all’Archivio Generale delle opere dell’artista. La nuova serie è successivamente presentata alle fiere di Milano, Bologna, Verona, Amsterdam, Tokyo e New York. Per concludere, nel 2018 realizza la sua prima personale presso il Chiostro del Bramante a Roma intitolata “Addamiano. Una pittura che racconta la luce”, curata da Matteo Galbiati e accompagnata da una monografia edita da Skira.

Omar Galliani nasce nel 1954 a Montecchio Emilia ed è professore di pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera. Dopo una laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, vive in prima persona le esperienze concettuali degli anni Settanta e in seguito abbraccia la figurazione, affinando con rigore la sua ineccepibile tecnica disegnativa. Nel 1977 Giovanni Maria Accame cura la sua prima personale, “Rappresentazione di una rappresentazione”, presso la Galleria G7 di Ginevra Grigolo, a Bologna. Negli anni Ottanta è esponente del gruppo degli Anacronisti, teorizzato da Maurizio Calvesi, e del magico Primario, fondato da Flavio Caroli, esperienze artistiche che guardano ai maestri del passato, auspicando un ritorno alla tradizione e alla figurazione. Gli anni Ottanta segnano, infatti, come spiega Flavio Caroli ne “I sette pilastri dell'arte di oggi”, un ritorno alla manualità, ripristinando l'eterna tecnica fatta di pennelli e colori. Partecipa alle Biennali di Venezia del 1982, del 1984 e del 1986; alla Biennale di San Paolo del Brasile del 1981, a quella di Parigi e Tokyo del 1982 e alla Quadriennale di Roma del 1986 e del 1996. Alla fine degli anni Novanta presenta “Feminine Countenances” alla New York University e alla I Biennale di Pechino del 2003 vince il primo pieno ex aequo con Georg Baselitz. Nel 2018 dona alla Gallerie degli Uffizi il suo monumentale autoritratto, un disegno a grafite e inchiostro nero su tavola di pioppo, in cui si ritrae di profilo, in contemplazione, rivolto verso un cielo scuro e puntellato di stelle, elementi ricorrenti della sua produzione artistica. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo ed entrano a far parte di collezioni permanenti di importanti musei e sedi espositive, fra cui il Palazzo della Farnesina di Roma, i Musei Vaticani, il Mambo di Bologna, la Kunsthalle di Norimberga, la GAM di Torino ed il NAMOC di Pechino.

Giovanni Frangi nasce a Milano nel 1959 e si laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 1983 realizza la sua prima personale presso la Galleria La Bussola di Torino. Nel 1986 espone alla Galleria Bergamini di Milano, presentato da Achille Bonito Oliva. Successivamente, il 1997 lo vede vincitore del premio della XII Quadriennale di Roma e nel 2011 partecipa al Padiglione Italia della LIV Biennale di Venezia. Nel suo lungo percorso artistico si susseguono innumerevoli esposizioni: da Villa Panza a Varese al Museo Archeologico di Napoli, da quelle alla Galleria dello Scudo di Verona al Mart di Rovereto. Citando solo quelle dedicate alle opere su carta ricordiamo l’antologica del 1997 a Casa dei Carraresi di Treviso, a cura di M. Godin, con un catalogo edito da Marsilio; quella presso la Galleria Lawrence Rubin di Milano del 2000, accompagnata da un testo di G. Agosti; “Pasadena” alla Gamud di Udine con G. Verzotti nel 2008 e poi a Francoforte; e Il Rosso e il Nero presso il Parlamento europeo di Strasburgo nel 2012.

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