François Brunatto, figlio di Emanuele Brunatto, scrive a una missiva, divulgata alla stampa, al Sindaco e al Consiglio comunale di San Giovanni Rotondo dopo le critiche sul padre e discepolo di San Pio da Pietrelcina durante una seduta consiliare.
Nel merito, François Brunatto rimanda la mittente tutto quello che è stato detto su suo padre, noto tra quei discepoli di Padre Pio e suo difensore su ogni accusa a lui rivolta, mettendo in dubbio l'autenticità dell'aiuto caritatevole del padre sull’allora volontà, diventata relata, del progetto di realizzazione di Casa Sollievo della Sofferenza.
Ecco il testo integrale e tradotto dalla lingua francese, quella originale, della Lettera Aperta.
«Oggi, mercoledì 10 febbraio 2021, nell'anniversario del ritorno a Dio di Emanuele Brunatto, ho deciso di scriverle a proposito della trasmissione pubblica della Question Time del 17 novembre 2020.
Devo dirle che molte persone, sono rimasti scioccati dai commenti fatti su mio padre, sia dal consigliere Cusenza, che ha rasentato la calunnia, sia dai suoi stessi commenti, signor sindaco.
Vero è che alcuni cittadini di San Giovanni Rotondo vi hanno apertamente rimproverato per la notevole assenza di un rappresentante del comune o anche di un semplice omaggio floreale, durante le cerimonie di accoglienza delle spoglie di Emanuele Brunatto, ma era proprio necessario inscenare una tale farsa per coprire queste accuse? Ci siamo incontrati e discussi in più occasioni per oltre un anno di questo evento, non avete mai espresso alcun dubbio sulle qualità e sull'operato di Emanuele Brunatto.
Abbiamo sentito parlare per 25 minuti un grande inquisitore che ha messo in dubbio l'autenticità dell'aiuto caritatevole dato da Emanuele Brunatto per lanciare il progetto di quella che oggi è la Casa Sollievo della Sofferenza, arrivando a mettere in dubbio anche la sua azione veramente benefica in aiuto di Padre Pio. Per cercare di giustificare l'ingiustificabile, per scopi politici a buon mercato, ha pensato di dover riscrivere la storia e rasentare la calunnia di un benefattore.
Permettetemi questa citazione: "Brunatto (Emanuele) ha difeso la realtà della comunità di San Giovanni Rotondo, senza il suo importante contributo, Padre Pio sarebbe stato trasferito". Questo è quanto ha detto Stefano Campanella, giornalista, scrittore e storico della vita di Padre Pio, durante la conferenza dell'11 settembre 2020, in presenza dell’arcivescovo monsignore p. Franco Moscone. In altre città del mondo, ci sarebbe voluto meno di questo per fare di uomo un cittadino onorario…
Il mio amico Maurice Soustiel, morto improvvisamente alcuni mesi fa, si era congratulato in anticipo per tutto quello che avrebbe fatto per rendere omaggio a quest'uomo, figlio spirituale di P. Pio e appassionato difensore di P. Pio, che aveva salvato la sua famiglia dallo sterminio nazista. Si starà rivoltando nella tomba davanti a un tale rovesciamento e a tante ignominie.
Mio padre ha vinto tutte le cause contro i suoi detrattori, quindi per favore, signor sindaco, lasci la storia agli storici»
François Brunatto
Comunicato stampa pervenuto presso la nostra redazione.
Nota - Questo comunicato stampa è stato pubblicato integralmente come contributo esterno del mittente. Pertanto questo contenuto non è un articolo prodotto dalla redazione. È divulgato come Diritto di Cronaca sancito nell’art. 21 della Costituzione della Repubblica Italiana, in quanto libera manifestazione del pensiero.
«Il GRUPPO "LAVORATORI FRAGILI UNITI PER SOPRAVVIVERE" è formato da 600 lavoratori cosiddetti "fragili", ovvero disabili gravi, immunodepressi, con patologie oncologiche, trapiantati, in chemioterapia ed altre terapie salvavita, impossibilitati ad eseguire smart working per mansione.
Dopo aver fruito di un periodo di assenza precauzionale dal lavoro equiparata a ricovero ospedaliero (ai sensi dell'art. 26 comma 2 del Dl "Cura Italia", quindi prorogato dai Dl "Rilancio" ed "Agosto"), dal 16 ottobre siamo rimasti inspiegabilmente privi di qualsiasi tutela sanitaria e previdenziale, malgrado la proroga dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 dichiarata attualmente sino al 31 Gennaio 2021. A causa delle nostre patologie, noi lavoratori fragili siamo più a rischio rispetto alla restante popolazione sana di sviluppare conseguenze gravissime in caso di un eventuale contagio da nuovo Coronavirus, pertanto il Governo avrebbe dovuto provvedere in maniera tempestiva ed in via prioritaria ad un'adeguata tutela della nostra salute e del nostro lavoro, due diritti costituzionali e come tali garantiti. Ma, evidentemente, il nostro diritto alla salute ed al lavoro continua ad essere "calpestato", come confermato dalla recente ennesima bocciatura, da parte del Governo e degli esponenti di maggioranza, di vari emendamenti tesi alla tutela dei lavoratori fragili presentati al decreto Ristori (AS n. 1994).
È evidente che il Governo continua ancora una volta a "lasciarci indietro", nonostante da mesi si "impegni" con l'approvazione di svariati ordini del giorno (ODG) a provvedere alla nostra tutela, nonostante gli innumerevoli emendamenti presentati a nostro favore nei vari DDL che si sono susseguiti da mesi ma puntualmente bocciati, per mancanza di fondi, sostengono.
Siamo davvero stanchi e logorati da tutto questo stress psicologico, che stiamo ingiustamente patendo. Molti di noi si sono ritrovati senza retribuzione o licenziati per superamento del periodo di comporto, non essendo stata l'assenza ricovero scorporata dal comporto, poiché non in tutti i CCNL l'assenza ricovero è non computabile nel periodo di comporto.
Siamo stati messi di fronte ad una "scelta obbligata": restare a casa per tutelare la nostra salute ma senza alcuna retribuzione, oppure andare a lavorare in presenza per "portare il pane a casa", ma rischiando di morire per Covid. Tutto questo è inaccettabile, ancor di più se si pensi al fatto che i lavoratori sani sono in smart working al sicuro nelle loro case, mentre noi i più "fragili" rischiamo la vita per lavorare in presenza, poiché siamo incompatibili con il lavoro agile per mansione (operatori sanitari, operai, cassieri, pulitori, trasportatori..).
Vorremmo dire a tutti i politici, che fingono di "non vederci", che sicuramente non riuscite a capirci, perché non sapete lontanamente cosa voglia dire vedersi piombare improvvisamente la malattia addosso, non sapete cosa voglia dire passare ore e giornate intere nei vari ospedali, non sapete come ci si possa sentire in un corpo minato dalla terapia, un corpo che non "senti" più tuo, che non riconosci più, non sapete cosa voglia dire alzarsi al mattino, guardarsi allo specchio e vedere il proprio volto cambiato e gli occhi tristi... non parliamo poi degli effetti collaterali, che abbiamo a causa della terapia. Ogni giorno ci facciamo forza per andare avanti e sorridiamo anche alla vita, grazie alla vicinanza di chi ci ama.
Ogni giorno lottiamo contro la nostra malattia per vivere... VOGLIAMO VIVERE. Non è giusto dovere "lottare" per far valere anche i nostri sacrosanti diritti di tutela della salute e del lavoro. "Il livello di civiltà di un popolo - come recentemente ricordato dal Presidente Sergio Mattarella, in occasione della Giornata internazionale della Disabilità - si misura anche dalla capacità di assicurare alle persone con disabilità inclusione, pari opportunità, diritti e partecipazione a tutte le aree della vita pubblica, sociale ed economica". Ebbene, caro Governo italiano...ci state negando tutto ciò. È ora che vi sussultino le coscienze e poniate urgente rimedio a questa grave ed inaccettabile mancanza di tutela nei riguardi di tutti i lavoratori fragili.
Ancora una volta, ringraziamo l'Onorevole Antonio Tasso ed il Senatore Luigi Augussori ( https://www.facebook.com/watch/?v=3660969917302828 ), per averci voluto vedere ed ascoltare, per la tenacia con cui si battono in nostra difesa. È stato bello ricevere la vostra iscrizione al GRUPPO "LAVORATORI FRAGILI UNITI PER SOPRAVVIVERE", siete l'esempio di due esponenti della politica, quella genuina ed attenta, che si fa portavoce delle esigenze degli "ultimi". Alla buona politica riconosciamo l'appartenenza anche dell'Onorevole Lisa Noja (di cui, a mero esempio di svariati atti, si allega l'interpellanza urgente, ancora senza risposta del Governo, n. 2-01012, https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=2/01012&ramo=CAMERA&leg=18 ) e dell'Onorevole Alessandra Locatelli, che ringraziamo di vero cuore, per essersi sempre battute con passione e perseveranza per la nostra tutela, presentando ordini del giorno ed emendamenti ovunque ne avessero l'occasione e che puntualmente sono stati o bocciati dalla maggioranza e dal Governo o, seppur talvolta approvati (alcuni ODG), sono rimasti "impegni" disattesi nei fatti.
Ringraziamo anche l'On. Walter Rizzetto (di cui si veda, ad esempio, l'interrogazione n. 5-05023, presentata in sua vece dall'On. Federico Mollicone https://webtv.camera.it/evento/17141) e l'Onorevole Maria Spena (di cui si riporta, ad esempio, l'interrogazione n. 5-04886, https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=5/04886&ramo=CAMERA&leg=18 ) per l'attenzione concreta e l'impegno profusi per la nostra tutela.
Invitiamo, pertanto, tutti i politici di ogni schieramento a confrontarsi, condividere e perseguire l'obiettivo comune di piena tutela per tutti i lavoratori fragili indistintamente nella Legge di Bilancio, affinché nessuno venga ancora una volta "lasciato indietro"...meno che mai un lavoratore fragile.
L’appello è voluto nella festività di Santa Lucia, protettrice degli occhi, affinché ci aiuti a farci "vedere"».
a cura di Giuseppe Piemontese - Società di Storia Patria per la Puglia.
«In questi ultimi mesi di pandemia, si parla tanto di riprendere una normalità di vita che possa ridare a noi tutti una nuova fiducia, non solo a livello individuale, ma soprattutto a livello collettivo, tale da creare i presupposti per un nuovo corso verso un benessere che sia alla portata di tutti e non solo di pochi. È l’eterno dilemma che oggi la nostra società deve affrontare e cioè creare le basi per superare le evidenti disuguaglianze sociali che proprio in questo periodo di pandemia si sono maggiormente accentuate, tale da vedere sempre più ricchi coloro che ne erano e sempre più poveri coloro che erano e che oggi sono maggiormente in difficoltà. Ed ecco, quindi, la necessità di un nuovo corso e un nuovo modo di pensare lo sviluppo, sia esso economico che culturale, che possa privilegiare non tanto la proprietà privata, legata oggi soprattutto alla finanza e quindi alle banche, e che certamente in questi ultimi decenni sono state alla base del progresso, quanto una nuova visione e funzione soprattutto dei “beni comuni”, che oggi come non mai, sono essenziali per creare un nuovo mondo e quindi una nuova società più equa e più giusta. Ma ci chiediamo: Cosa sono oggi i “beni comuni”, di cui spesso, non tanto i nostri politici, quanto gli economisti ne parlano in termini di un nuovo sviluppo legato ad una società fondata sull’equità e sulla territorialità autosostenibile. In altri termini “beni comuni” legati soprattutto ad uno sviluppo sostenibile, che possa creare le basi per una giusta società più equa e solidale. Fra i “beni comuni” ne fanno parte, essenzialmente, le risorse naturali, come i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque, i parchi, le foreste e le zone boschive, le zone paesaggistiche tutelate. Vi rientrano, altresì, i beni archeologici, culturali, ambientali, fra cui i Siti archeologici, i Musei, le Biblioteche, le piazze, le strade, le scuole, gli ospedali, i luoghi pubblici. Tutti “beni comuni” che soddisfano interessi generali fondamentali, la cui cura discende dalle prerogative dello Stato e degli enti pubblici territoriali. Lo Stato e gli enti pubblici territoriali sono titolari dell'azione inibitoria e di quella risarcitoria. Inoltre sono beni pubblici sociali quelli le cui utilità essenziali sono destinate a soddisfare bisogni corrispondenti ai diritti civili e sociali della persona. Non sono usucapibili. Vi rientrano tra gli altri: le case dell'edilizia residenziale pubblica, gli edifici pubblici adibiti a ospedali, istituti di istruzione e asili; le reti locali di pubblico servizio. La gestione di questi beni pubblici deve assicurare un'adeguata manutenzione e un idoneo sviluppo anche in relazione al mutamento delle esigenze di servizio.
Purtroppo tutto ciò spesso non avviene, in quanto lo Stato e gli Enti pubblici, come le Regioni e i Comuni riservano poco attenzione ai nostri “beni comuni”, tanto da assistere spesso a fenomeni di abbandono e di mancanza di cura dei nostri “beni comuni”, fra cui per esempio i boschi, gli stessi camminamenti rurali, le piazze pubbliche e i giardini pubblici, gli ospedali, come nel caso di Monte Sant’Angelo, le stesse strade interne ed esterne di un territorio comunale, gli immobili pubblici dei comuni e degli enti statali, spesso abbandonati e a loro stessi e anche alcune opere pubbliche, vedi le strade e i ponti, oppure le strade intercomunali e ferroviarie. È un capitolo molto dolente e grave sul piano sociale ed economico, tanto da far regredire all’ultimo posto della graduatoria riguardante la qualità della vita la città di Foggia e quasi tutte le città meridionali. A tale proposito la città di Monte Sant’Angelo ha un patrimonio boschivo non indifferente, proprietaria di più di 6000 ettari di boschi, e nessuno se ne interessa sul piano della salvaguardia e della loro valorizzazione. Così come dell’intero suo patrimonio pubblico immobiliare per anni abbandonato a se stesso, senza che alcun intervento possa ridare ad esso una giusta collocazione sociale ed economica.
Purtroppo in questi ultimi decenni, dagli anni ’80, a causa di una economia basata soprattutto sul profitto individuale e finanziario, legato al fenomeno della globalizzazione, il territorio urbano ed extraurbano di tante città è stato abbandonato a se stesso, anzi io dico, non il territorio, ma i territori circostanti la città, con i loro “beni comuni”, sono stati abbandonati e trascurati, vedi i boschi, le coste, le aree urbane e forestali, i giardini, le piazze, le strade, i Musei, le Biblioteche civiche, e tutto ciò che è di proprietà pubblica, statale, regionale e comunale. Del resto è sotto gli occhi di tutti, il degrado delle periferie urbane delle nostre città, piccole e grandi, tipo la città di Foggia che come abbiamo detto, con rammarico si trova all’ultimo posto delle città italiane per la qualità della vita. E questo deriva da un processo di sviluppo che ha privilegiato non tanto le città di provincia, quanto solo le grandi metropoli, anche se anche in queste vi sono grandi periferie, con problemi di dissesto ambientale, mancanza di infrastrutture, come strade e giardini, criminalità diffusa, come nella città di Foggia, spaccio di droghe, mancanza di lavoro e di occupazione, nonchè trascuratezza e mancanza di rispetto dei “beni comuni”.
È tempo di un confronto aperto con tutte le forze sane della società. Un confronto sul tema dei “beni comuni”, con trasparenza e progettualità, tale da creare le basi per una vera democrazia, nel segno del progresso e dello sviluppo delle nostre città, come Foggia e Monte Sant’Angelo, ma soprattutto delle loro comunità, da troppo tempo lasciate ai margini di ogni programma politico-economico. I “beni comuni” possono, oggi, essere un campo e un settore di grande sviluppo economico e sociale di una comunità, come Foggia, Monte Sant’Angelo e altre città meridionali, come Bari, Taranto, Matera, in quanto per essi il territorio è l’unica loro risorsa, molto importante non solo per la bellezza dei singoli territori, quanto per le opportunità che ogni singolo territorio, sia esso pubblico che privato, offre in campo economico e culturale. Solo così è possibile coniugare in maniera esauriente il binomio “bene comune” e sviluppo economico, città e territorio, bene pubblico e benessere per tutti».
Comunicato stampa pervenuto presso la nostra redazione.
Nota - Questo comunicato stampa è stato pubblicato integralmente come contributo esterno del mittente. Pertanto questo contenuto non è un articolo prodotto dalla redazione. È divulgato come Diritto di Cronaca sancito nell’art. 21 della Costituzione della Repubblica Italiana, in quanto libera manifestazione del pensiero.
«Carissimo Presidente,
in Capitanata non c'è assistenza sanitaria.
A Monte Sant'Angelo ci affidiamo a Calcante, l'oracolo di Apollo.
Ma anche lui si rifiuta di darci i responsi.
Vuole una linea telefonica.
Semplifico con poche parole.
EMERGENZA COVID
I medici di medicina generale curano telefonicamente.
Le USCA non ci sono.
Gli HOTEL COVID, introvabili.
Gli ospedali territoriali chiusi.
Quello di San Giovanni e di Foggia in affanno: per chiedere un ricovero il malato deve aspettare due giorni ai pronto soccorso.
Le persone hanno paura e non parlano, perché vi temono: ogni famiglia ha un membro in qualche graduatoria.
Pensa che mi possa fermare?
Presidente,
in Capitanata, e a Monte Sant'Angelo, parlare di primitivismo sanitario è un elogio al sistema sanitario esistente».
Abbiamo ricevuto una Lettera Aperta, con foto allegata, da un Montanaro DOC in ricordo della dipartita del suo carissimo amico Errico. Nel rispetto delle volontà espresse, il mittente (l'amico) rimarrà anonimo. È il pensiero che conta (ndr.)
«Ciao Errico …
Oggi piango un fratello. Errico Crisomolo, il napoletano, ci ha lasciati.
Lo piange tutta Monte Sant’Angelo.
Era di Napoli ma Monte lo ha adottato, con tutta la sua famiglia, e noi ne andavamo fieri.
Per me era come un fratello, una persona che ho sempre rispettato. I ricordi son tanti.
La sua famiglia è la mia famiglia. Enrico, Carmine, Mario, Michele, Pinuccio, Tonino, Enzo, tutti miei cari amici fraterni. Con loro ho trascorso momenti bellissimi e indimenticabili della mia vita.
Al Bar Esperia ci si incontrava e si scherzava e ridevamo dalla mattina alla sera. Ci siamo sempre rispettati e insieme abbiamo affrontato la vita.
Ricordo quel viaggio fatto a Napoli. Andammo a vedere la partita dello scudetto del Napoli di Maradona. Uscimmo felicissimi e andammo a mangiare una pizza, ovviamente la “pizza Maradona”. Fu una giornata indimenticabile, che porto nel cuore.
Oggi al Bar Esperia tutti piangono la dipartita di Errico. Tutta Monte Sant’Angelo piange il caro amico fraterno Errico Crisomolo.
La sua famiglia, esempio di fratellanza, rispetto, disponibilità, allegria, amore verso il prossimo, è un punto fermo nella nostra comunità montanara. Ne andiamo fieri. Tutta Monte la abbraccia e le starà sempre vicino.
Ciao fratello caro, riposa bene e in pace. Ti piango dal profondo del cuore, quello che avrà sempre il tuo ricordo. Veglia su tutti noi, come hai sempre fatto.
Ciao Errico, ti voglio bene!»
Presso la nostra redazione è giunta una Lettera, cui il mittente chiede di non essere citato. La missiva analizza l’editoriale “Da Arancione e Rossa, sfumature….fatali”, pubblicato ieri, 14 novembre 2020, su questa testata. La disamina della lettrice –è una donna e questo possiamo dirlo- esamina nel suo quotidian vivere il susseguirsi delle fasi dell’emergenza sanitaria in corso. Un continuo confronto tra quello che era, che è e che sarà o potrebbe essere col senno di poi, alla luce delle attuali restrizioni e delle cause dell’innalzamento accentuato dei casi positivi da coronavirus. (ndr.)
Se non fosse molto seria la questione.... direi “oggi le comiche".
«Come non condividere quello che ho letto nell’Editoriale. È una foto della realtà che stiamo vivendo. Riflettendoci, però, è una foto già vista. Rappresenta un'incapacità che parte dal governo centrale, aldilà del colore, e che man mano si riflette sui livelli successivi. E alla fine della giostra, i cittadini sono i responsabili, richiamandoli alla responsabilità, senza che lo stesso governo faccia solo per un attimo un mea culpa su ciò che si è prodotto e sul come lo si è prodotto.
Come si evince dall'editoriale la sanità è in affanno. Il problema è che, pur sapendo che c'era un problema, si è preferito procedere diversamente. È come se bisogna intervenire chirurgicamente sul cuore e poi si opera sul piede per inspiegabili motivi di scelte.
La politica, di basso livello, ha invaso il mondo della sanità, pensando solo a soddisfare "amici" e a sistemare "qualche portatore di voto". Del resto le strutture regionali sono e rimarranno bacini elettorali, con tanto di parcheggi per persone con una tessera in tasca e senza alcuna professionalità nel campo di lavoro.
L'orizzonte del politico dovrebbe cercare le soluzioni più appropriate per un territorio, non tutto uguale, cercando di dare il giusto valore alle professionalità, che ci sono e che molto spesso vengono relegate. Una sanità di eccellenza non taglia, ma investe per dare risposte al territorio e per permettere ai cittadini di curarsi sul territorio. Qui avviene il contrario, pur avendo fior di medici privi di mezzi e strumenti adatti.
Siamo in piena emergenza Covid, e come è stato evidenziato nell’editoriale si corre dietro la pandemia, quando da mesi addietro si sarebbero dovuti predisporre i locali per fronteggiarla, quelle strutture Covid oggi tanto richieste come manna dal cielo. Il DEU a Foggia è un esempio, inaugurato un anno ma non agibile. E ora si corre al documento, tra richieste, risposte, esposti, repliche, puntualizzazioni. Di mezzo c’è stata l'estate, tempo di “liberi tutti”, un’estate per tutti, dove ha tenuto banco la movida e ha taciuto sulla riapertura delle scuole, sapendo i problemi che avrebbero dovuto affrontare.
Le scuole, altra nota dolente. Senza ripetere ciò che si è detto e ridetto in tutti talk delle tv, show per molti politici e medici politicizzati, in un articolo pubblicato due giorni fa su LiberoQuotidiano.it (il 13 novembre 2020 dal titolo “Pierpaolo Sileri, lo sfogo nel retroscena di Minzolini: "Le scuole non si potevano toccare, dove nasce la seconda ondata”), si parla di alcune affermazioni del viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, che testuali parole del pezzo e del viceministro “ha ammesso un'incidenza dei contagi in età scolastica sulla situazione epidemiologica in Italia”: «Il fatto che l’innalzamento della curva sia databile al 2 ottobre, cioè a 14 giorni dall’inizio delle scuole, lo conferma. Ma le scuole non si potevano toccare. Numeri e tempistica di questa crescita dicono che è stata la scuola l'origine della seconda ondata». Di che stiamo parlando, di movida come capro espiatorio, ben detto nell’editoriale o di strologanti cause artificialmente create e poi divulgate?
È come se a tavola si serve una pietanza e pur di farla apprezzare a tutti la si lascia scondita, chiedendo poi, secondo gusti e palati, come condirla. Il piatto va servito completo e perciò condito. La scuola in Italia, e in estate, è come quella pietanza, figlia di un'edilizia con tantissime falle, con plessi fatiscenti che urgono di manutenzioni. E invece di pensare a renderle più sicure e nel caso anti-covid, che fa il governo pensa ai banchi monouso con rotelle e appoggia libri, pensa al metro, alla distanza, tralasciando il cuore pulsante della scuola, ovvero gli studenti, il corpo docente, il personale ATA che da lì a breve per arrivare a scuola dovranno spostarsi utilizzando i mezzi pubblici, sempre super pieni. Ma di cosa stiamo parlando…
Poi c’è la beffa dopo l’inganno di un’Italia verosimilmente cablata. Scuole chiuse senza aver pensato che in caso di didattica a distanza si dovevano verificare le reti internet, potenziandole. Non si è pensato a fornire per chi era in difficoltà per tempo e a tutti i dispositivi per tale didattica, come pc e tablet. Non si è pensato di affiancare (facendo anche assunzioni) i docenti, per la didattica a distanza.
Questa estate, si è preferito puntare il dito piuttosto che intervenire. E ora ci si lava le mani, investendo le autorità locali di responsabilità che il governo dovrebbe assumere.
Oggi governo centrale, regionale, comunali, emanano ordinanze, chiudendo piazze, vietando soste e di sedere sulle panchine, ma il caffè...si....lo si può prendere ma a un metro di distanza.
Se non fosse molto seria la questione.... direi “oggi le comiche".»
A cura di Matteo Notarangelo
«Carissimi concittadini,
in questo momento particolare, mi chiedo qual è il senso di vivere su un territorio e, ogni giorno, incontrare tanta gente che guarda le stesse case, le stesse strade, gli stessi monumenti, le stesse montagne e lo stesso mare. E' lo spirito di appartenenza a questa terra, che, purtroppo, fatica a essere Comunità.
E' quello spirito che vive tra noi, che ci sostiene e ci motiva nei momenti difficili dell'esistenza. E questo, carissimi concittadini, è un momento difficile.
Molti nostri amici sono stati colpiti da un nemico subdolo: il Covid 19. E' gente che è stata contagiata mentre dava il suo aiuto a persone fragili, malate. Altri, invece, si sono ammalati prendendosi cura dei nostri anziani. Poi, c'è gente contagiata dal virus nelle aule scolastiche. A tutti loro, mi sento vicino. Questa esternazione di affetto, purtroppo, non basta e mi spinge a chiamarvi e a chiedervi di aiutare la nostra gente, privata dei servizi sanitari indispensabili, necessari.
Anch'io ho apprezzato quanto è stato disposto dall'Ordinanza Sindacale n. 96 del 12.11.2020, tuttavia, la situazione sanitaria della nostra Città è molto severa e compromessa.
La sanità è al collasso e preoccupa non solo i malati di Covid 19, ma anche i cittadini affetti da altre patologie. Gli ospedali e i pronto soccorso sono intasati da tanti malati risultati positivi al coronavirus. Il centro operativo 118 non nasconde le mille difficoltà: gli ospedali sono in affanno e tanto personale medico, infermieristico e ospedaliero è in quarantena. In questa situazione tragica, ognuno di noi deve cercare le opportune soluzioni per non aumentare il peso della cura negli ospedali. Il Movimento 24 agosto Equità Territoriale ha invitato il Sindaco, quale prima autorità sanitaria cittadina,
1) a coinvolgere, maggiormente, i signori medici di famiglia a effettuare prestazioni domiciliari di loro competenza, al fine di mitigare il crescente disagio medico e psicologico che vivono i loro assistiti;
2) a provvedere all'attivazione dell'Unità Speciali di Continuità Assistenziali (USCA) a Monte Sant'Angelo (FG) per rendere più efficace la continuità dell'assistenza sanitaria domiciliare;
3) a istituire, presso l'ex ospedale di Monte Sant'Angelo (FG), un punto di accertamento diagnostico mediante tamponi, o altre metodiche semplici, per accertare la positività all'infezione da Covid 19 a chi la richiedesse;
4) a ridurre il numero delle persone presenti ai funerali.
Non basta.
C'è l'urgenza di aprire i reparti vuoti del nostro ex ospedale e dare la possibilità ai nostri concittadini, che non versano in gravi condizioni, di essere curati, senza affollare gli altri ospedali.
Qualcuno, certo, solleverà i tanti problemi burocratici. A questi dico che siamo in una tragica emergenza sanitaria, in una sanità di “guerra”.
Non possiamo aspettare l'impossibile: facciamoci comunità, informiamo le Autorità competenti e agiamo. Apriamo!
Gli operatori, i medici, gli infermieri? Se non ci sono, estendiamo un accorato appello alla solidarietà e al volontariato a tutti i concittadini di buona volontà.
Facciamolo adesso, la stagione invernale è lunga e il virus circola con tutta la sua carica infettiva.
Per il benessere della nostra amata Comunità, si può fare e si deve fare
Con affetto.»
«Carissimi,
in questo momento sanitario critico che sta vivendo il Mondo e, in particolare, la nostra Città, ogni persona, ogni cittadino deve dare il suo aiuto alla Comunità con spirito di appartenenza.
Apprezziamo, pertanto, quanto è stato disposto dall'Ordinanza Sindacale n. 96 del 12.11.2020, tuttavia, stante la situazione sanitaria in una condizione di considerevole criticità,
invitiamo
il Sindaco, quale prima autorità sanitaria cittadina,
1) a coinvolgere, maggiormente, i signori medici di famiglia a effettuare prestazioni domiciliari di loro competenza, al fine di mitigare il crescente disagio medico e psicologico che vivono i loro assistiti;
2) a provvedere all'attivazione dell'Unità Speciali di Continuità Assistenziali (USCA) a Monte Sant'Angelo (FG) per rendere più efficace la continuità dell'assistenza sanitaria domiciliare;
3) a istituire, presso l'ex ospedale di Monte Sant'Angelo (FG), un punto di accertamento diagnostico mediante tamponi, o altre metodiche semplici, per accertare la positività all'infezione da CoVid-19 a chi la richiedesse;
4) a contrattualizzare posti letto CoVid hotel da destinare ai pazienti asintomatici che non possono stare in casa o i contagiati con pochi sintomi ma che non hanno bisogno di ospedalizzazione;
5) a ridurre il numero delle persone presenti ai funerali.
Quanto specificato ha l'unico fine di garantire maggior attenzione al benessere della nostra amata Comunità»
Movimento 24 agosto Equità Territoriale di Monte Sant'Angelo
Non è un ritornello. È l’accorato appello di un cittadino italiano, di Monte Sant’Angelo, da sempre attento alle vicende cittadine. Da quando sono in vigore norme, regole, decreti legge, DPCM, sull’emergenza sanitaria non manca di porre l’attenzione su problemi che la stanno ingigantendo. Uno dei principali è la scuola, chiusa, aperta, poi richiusa secondo ordine e grado, poi riaperta ma con la scelta della Regione Puglia di frequentarla in presenza o in Didattica a Distanza (DaD). È Matteo Notarangelo, Montanaro, che da molti giorni sta chiedendo alla Istituzioni locali, regionali, nazionali, una posizione univoca sulla scuola, pregando la chiusura e la DaD. (ndr.)
Di seguito tre accorati appelli di Matteo Notarangelo.
La scuola aperta è pura follia
Anche oggi decine di richieste di tamponi inoltrate al Dipartimento di Prevenzione della Asl per pazienti con sintomi Covid. Ed io che pensavo di ricaricarmi oggi, staccando un po' la spina.
Siamo in un'emergenza senza precedenti.
Negli ospedali non c è più posto.
È l'ora della RESPONSABILITÀ.
MI rivolgo ai Sindaci: avete il potere per farlo. CHIUDETE LE SCUOLE.
AIle famiglie: preservate la parte più fragile. I nostri nonni. I nostri zii.
Domani è un altro giorno. E potrebbe essere tardi.
EMILIANO, SINDACO, LA SCUOLA È E RESTA UN PERICOLOSO FOCOLAIO DI CONTAGIO, GLI OSPEDLI SONO INTASATI E LA MEDICINA TERRITORIALE NON ESISTE.
LA SCUOLA DEVE ESSERE CHIUSA PER NON AGGRAVARE, ANCORA DI PIÙ, LA SITAZIONE OSPEDALIERA.
L'emergenza sanitaria non si frena o arresta con i capricci infantili dalla Ministra Azzolina e con gli inviti "a fare attenzione".
Le decisioni sanitarie non scaturiscono dal chiasso di piazza o dal tifo calcistico, bensì da dati, osservazioni scientifiche e interventi preventivi.
L'isteria ministeriale e l'immobilismo sindacale non sono motivi scientifici, ma possono essere un sintomo di malessere politico e inadeguatezza amministrativa.
Ai nostri amministratori regionali e locali dico:
"Se venite meno a una vostra ordinanza o alle vostre funzioni, non siete credibili.
Con la 833 del 1978 e la riforma del titolo V della Costituzione non ci sono Dpcm che possano fermare la vostra volontà.
Voi non potete negare voi stessi.
Che governo è questo!".
SIAMO NEL PIENO DI UN'EMERGENZA SANITARIA, MA IL MONDO DELLA SCUOLA LO IGNORA. E I SINDACI? ASPETTANO GODOT.
Carissimo Antonio,
condivido il senso del tuo post.
Governare è decidere il bene delle comunità. Decidere è avere la forza di decidere.
Fuggire dalla decisione è la manifestazione di inadeguatezza.
Ciò premesso, entro nello specifico.
Il presidente Emiliano ha avuto la forza e la serietà di decidere e ha deciso, considerando i dati dei contagi nelle scuole, nelle famiglie e nelle comunità cittadine: ha sospeso le lezioni.
Bene.
Che cosa è successo?
Le famiglie, come fossero allo stadio, hanno chiesto la riapertura della scuola.
Per quali motivi sanitari?
Silenzio.
A queste "impegnatissime" famiglie, si è unita la parte più rozza dei docenti, che guarda alla scuola come luogo di intrattenimento.
Qual è la loro motivazione sanitaria?
Nessuna.
Male.
A questo coro di Erinni, si sono uniti i dirigenti scolastici, i quali hanno chiesto la scuola in presenza, il tempo prolungato e l'attivazione delle mense scolastiche.
Bene.
Costoro sono così certi del buon funzionamento della loro organizzazione scolastica da ignorare l'inesistenza delle mense attrezzate e l'igiene minima dei locali.
Poi, arrivano loro, i sindacati.
Queste organizzazioni dovrebbero tutelare i docenti e tutta la comunità scolastica.
Vero?
No.
Senza conoscere i dati dei contagi di tanti docenti, personale scolastico, familiari, alunni e studenti (ci sono stati anche decessi) hanno invocato il ritorno a scuola.
I loro signori non sanno che le strutture sanitarie sono in tilt.
Bontà loro.
In questo raduno di matti, Emiliano resiste e solo dopo delega la decisione ai rappresentanti territoriali e alle famiglie.
Bene.
I Sindaci, alcuni hanno colto l'urgenza e hanno deciso con le loro ordinanze. Altri, come il nostro, decide di non decidere.
Perché?
È super informato?
Dispone di informazioni strategiche o è solo inadeguatezza?
Purtroppo, amico mio, questa città vota chi non dovrebbe votare.
Sai perchè?
Governare è una cosa seria e richiede competenza e amore per la propria terra e per la propria gente.
Come ogni anno, il 2 novembre la Chiesa Cattolica commemora i defunti. La popolazione si reca ai cimiteri per ricordarli, portagli un fiore, parlarci, farli vedere ai loro figli. Una tradizione religiosa profondamente cattolica, nel rispetto della persona e dell’esistenza di una vita migliore dopo la dipartita, il “sonno perenne” sveglio di fianco a Nostro Signore. L’arcivescovo Metropolita dell’Arcidiocesi Foggia-Bovino ha voluto ricordare a tutti noi, con questi due messaggi, profonde preghiere d’amore, il senso della commemorazione, nel ricordo vivo dei nostri cari estinti terreni. L'invito a ricordare rivolto alle famiglie dei Figli in Cielo e il messaggio di ricordo che dopo questa vita ce n'è un'altra, migliore.
Una parola amica
Carissimi genitori,
ispirandomi a un testo di Maria Teresa Abignente della Comunità di don Luigi Verdi, vorrei suggerire qualche breve riflessione per questi giorni particolari dei nostri “Figli in Cielo”.
Siamo di fronte alla tomba che nasconde i figli ai nostri occhi. Vorrei con voi gridare di svegliarli, di uscir fuori, chiamare tanto forte da spezzare il loro sonno, frantumare il silenzio. Il dolore, cari genitori, si è immesso in ogni parte del vostro corpo e anche le lacrime non danno alcun sollievo, scendono a volte silenziose, a volte accompagnate da singhiozzi, ma non riescono ad alleggerire la desolazione dentro e accanto a voi.
Non possiamo capire il vostro dolore, restiamo in silenzio davanti ad un evento così ingiusto che ha stravolto per sempre la storia della vostra famiglia. Ma il dolore non può vincere e deve trasformare ogni esistenza. Immergiamo il mistero della morte nel mistero della vita che non finisce. Come affrontare questo? Non ci sono parole, tranne il silenzio e la vicinanza. La fede nella risurrezione è chiudere gli occhi e procedere al buio, quel buio che avete incontrato. Perché ancora tanta sofferenza? Neanche Gesù risponde a questa domanda, piuttosto dice: «Vieni, facciamo un po'di strada assieme, apriamo un sentiero di vita». Il dolore in sé non ha un senso, le lacrime non vanno asciugate, né respinte. Il dolore non può essere capito, bisogna lasciarlo essere in modo da trasformare la sua energia negativa in tenerezza e amore. Il Signore ci è accanto e piange le sue lacrime. Dio non è venuto a spiegare la sofferenza, ma a riempirla della sua presenza. Egli non ama il dolore, ma nel dolore è con ciascuno di voi per moltiplicare la forza che argina ogni paura.
I nostri figli, giovani speciali, che amarono e gioirono, ora sono nell’abbraccio di Dio. Restano a noi più vicini quando gli occhi sono in lacrime, il cuore resta muto e girano a vuoto le energie dell’esistenza, quando le angosce sembrano annullare la fede e il tempo acuisce le piaghe della loro assenza. L’amore è ciò che rimane e il nostro cuore è in loro, anche se il corpo è lontano da noi.
Cari papà e mamme,
se dovete parlarci fatelo con il silenzio. Non ci vogliono parole, basta il dono inesprimibile di un bacio. Non vediamo l’ora di ricontrarci. Da bambini, quando avevamo paura ci nascondevamo dietro di voi...ora voi non nascondetevi per paura dietro di noi.
La nostra morte non solo può essere detta a partire dalla vita: essa anche parla alla vita.
Non dovete temere, lo ripete Gesù. Confidate, abbiate fiducia. Siamo nel respiro del Risorto.
Messaggio per la commemorazione dei defunti
Carissimi,
basta uno sguardo all’esistenza umana per constatare quanto la vita sia segnata dalla domanda che è la morte. Siamo tutti solidali nel camminare verso la morte, che non è affatto un mancare ultimo, ma è, prima di tutto, una imminenza che sovrasta. Davanti a questa vertigine diventiamo inquieti riguardo al nostro destino e ci interroghiamo senza avere risposte.
Dietro l’evasione della domanda che è la morte, si nasconde in realtà l’assenza di passione per la verità: attraverso l’eclissi della morte si tende a portare gli uomini a non pensare più, per abbandonarsi a quello che è fruibile e calcolabile con il solo interesse della consumazione immediata.
È il trionfo della maschera a scapito della verità: è il nulla della rinuncia ad amare. Scompaiono, così, i segni del lutto e viene meno uno sguardo religioso sul compimento dell’esistenza terrena. Senza una religione della morte resta in piedi una vaga e sentimentale esperienza morbosa della vita. La morte, così, viene concepita come accidente, se non addirittura come incidente. E così anche le procedure della morte, insieme a tante altre che riguardano la vita, le relazioni, i viaggi e le vacanze, finiscono in una sorta di foglio di calcolo, capace di convogliare i momenti dell’esistenza in un risultato che a noi interessa governabile. Ci si allontana, così, anche dal corpo morto e dai luoghi in cui la vita continua a pulsare. Penso all’industria della sepoltura, al protagonismo efficientista delle aziende mortuarie, che allontanano sempre più l’esperienza personale e collettiva della morte dalla propria abitazione. Ci si ritrova dinanzi al proliferare delle cosiddette case del commiato, che espropriano la gestione della morte dal suo naturale nucleo familiare.
Eppure, l’audacia della sofferenza per noi credenti non è la mancanza di qualcosa, ma una qualità dello spirito che cerca l’essenziale. Nello sguardo della fede alla ricerca di un senso che faccia non solo della vita il cammino responsabile dell’imparare a morire, ma anche renda la morte il giorno natale della gloria, evento misterioso del nascere oltre la morte.
Il Signore raccoglie le nostre lacrime, una ad una come in uno scrigno prezioso, quasi fossero il suo tesoro.
Dio è sempre vicino a chi ha il cuore spezzato, salva gli animi affranti. Parole che lasciano disarmati, che disorientano se non si pensa che il luogo dove risiede la felicità è Dio. La fede è una luce che fatica ad illuminarci quando ci scontriamo con la durezza di un dolore, con l’urlo lancinante che ci apre al distacco. La sofferenza non gira su se stessa, non è un flagello inutile, è una spada piantata nel centro delle nostre giornate per separarci dall’effimero; è la spinta che ci permette di approdare alle sponde dell’eterno.
Lo insegna Gesù che sulla croce nel suo abbandono non esita a rinviare al volto paterno e amoroso la sua angoscia: “Padre, nelle tue mani affido la mia vita”. La desolazione e la solitudine rivelano la solidarietà con la condizione umana, con la quale il crocifisso entra fino in fondo. All’abbandono, però, si unisce nella vicenda di Gesù, la comunione con Colui che l’abbandona: l’abbandonato accetta in obbedienza d’amore la volontà del Padre: “Padre, mi abbandono a te”. La possibilità di vivere la separazione più alta apre ad una profondissima vicinanza: morire come Gesù e con Lui è abbandonarsi a Dio, lasciando che tutto si schiuda ad un’altra luce, in Colui che ci accoglie.
Non basta una vita per comprendere che nell’amore di Dio tutto è vita, anche la morte. Il senso della vita è sempre oltre.
Un abbraccio affettuoso
†Vincenzo Pelvi