Giovedì 5 ottobre 2023 alle ore 19, prende il via a Monte Sant’Angelo Organ'Aria 2023, apprezzatissima rassegna itinerante ideata dal Conservatorio di musica "Umberto Giordano" di Foggia e realizzata con il contributo della Fondazione Monti Uniti e le Diocesi del territorio con il principale obiettivo di valorizzare gli organi storici del territorio.
L’inaugurazione di questa sesta edizione è affidata all’organista toscano Gabriele Giacomelli, professore presso il Conservatorio "G.B. Martini" di Bologna, che terrà un concerto all’organo settecentesco della Chiesa della SS.ma Trinità di Monte Sant'Angelo.
L'INGRESSO AI CONCERTI È GRATUITO
GABRIELE GIACOMELLI dopo i diplomi di Pianoforte e Organo, si è laureato in Storia della Musica presso l’Università di Firenze. Svolge un’intensa attività concertistica in Europa, USA e in America del Sud. Ha inciso vari CD dedicati che hanno ricevuto riconoscimenti dalla stampa specializzata. È autore di decine tra libri e saggi che sono stati pubblicati in Italia e all’estero. È coautore con il violinista Salvatore Accardo dei libri di testo per le scuole medie Stradivari (Bompiani, 2012) Sulle note di uno Stradivari (Fabbri, 2017) ed Effetto Stradivari (Fabbri, 2021). È ispettore onorario per il restauro degli organi antichi della Soprintendenza A.B.A.P. di Firenze, Pistoia e Prato ed è professore di Storia della Musica presso il Conservatorio di Musica di Bologna.
Seguirà, sabato 7 ottobre, a San Severo, un “Concerto Promenade” con l’organista Francesco Di Lernia e il mezzosoprano Angela Bonfitto. L'appuntamento è alle ore 20 presso la Chiesa del Carmine per giungere poi, a piedi, a San Lorenzo delle Benedettine: due chiese 'vicine' che custodiscono due preziosi strumenti storici, un Pasquale D'Onofrio del 1839 e un Fabrizio Cimino del 1740 recentemente restaurati.
La rassegna giungerà in Cattedrale a Foggia venerdì 13 ottobre. L'organista Beppino delle Vedove, professore di organo presso il Conservatorio di Udine, concerterà insieme alla Giordano Brass Ensemble, formazione costituita da professori e studenti del Conservatorio di Foggia.
Organ'Aria 2023 si chiuderà mercoledì 18 ottobre, sempre in Cattedrale a Foggia, con un appuntamento speciale dedicato alla Schola Gregoriana del Conservatorio e della Cattedrale diretta da Antonio Marinozzi, con Giovanni Petrone all’organo.
«Ho appreso con tristezza la morte di Alberto Magnaghi (1941-2023), fondatore della Scuola dei Territorialisti, a cui mi sono ispirato per scrivere i miei libri, fra cui L’anima dei luoghi dalla globalizzazione allo sviluppo locale (Bastogi Editrice Italiana, Foggia 2013), Il Bene comune fra Utopia Realtà e Bellezza (BastogiLibri, Roma 2014) e La cultura dell’abitare. Le frontiere del pensiero fra identità, sviluppo e qualità della vita (BastogiLibri, Roma 2015). Libri che mi hanno fatto scoprire quanto importante sia la conoscenza e la valorizzazione del proprio territorio, visto nell’ambito dello sviluppo locale, specie oggi in cui l’economia mondiale è determinata e condizionata dal fenomeno della globalizzazione, che tende ad annullare ogni forma identitaria dei territori. Un fenomeno che oggi viene contestato e messo sotto accusa dalla maggior parte degli economisti e dei sociologi, in quanto la globalizzazione tende a determinare solo ciò che il mercato richiede, senza tenere presente le esigenze reali della gente e, quindi, del valore intrinseco del proprio territorio, da cui dipende qualsiasi processo di sviluppo locale.
Alberto Magnaghi è autore di numerosi libri riguardanti il valore intrinseco dei territori e, quindi, delle identità dei luoghi, che hanno in loro una propria anima e una propria capacità di creare valore e sviluppo economico; studi riguardanti l’organizzazione del lavoro, il sistema di governo delle regioni metropolitane, il territorio dell’abitare, il progetto locale, la rappresentanza dei luoghi, il territorio visto come bene comune, la coscienza dei luoghi e, quindi, il territorio come oggetto corale, la pianificazione paesaggistica in Italia, il principio territoriale e, infine, nel suo ultimo libro, l’Ecoterritorialismo. Di tutti questi temi ne ho fatto tesoro quando ho trattato e studiato il Gargano e il suo territorio, anche sotto la guida di studiosi territorialisti come G. Beccarini, M. Quaini, G. Volpe, G. Dematteis, rapportandomi all’anima dei luoghi, al bene comune e alla cultura dell’abitare.
Il libro L’anima dei luoghi dalla globalizzazione allo sviluppo locale (2013) nasce dalla consapevolezza di appartenere a un “territorio”, quello garganico, che mi ha visto nascere e crescere in un processo di identificazione con la sua storia e la sua cultura. Tale identificazione è stata l’elemento base per capire ciò che mi tiene legato alla mia terra, alla mia città, a quei luoghi di cui, giorno dopo giorno, scopro la bellezza interiore che mi dà il senso della mia appartenenza, in un rapporto simbiotico fra ciò che evolve e ciò che rimane uguale a se stesso, in un processo di conoscenza e di assimilazione identitaria del proprio territorio. Luoghi dell’anima, in quanto espressioni di una storia locale che si è fatta globale, attraverso l’apporto di varie culture e civiltà. Luoghi dove la natura si è fatta sacra, diventando paesaggio dell’anima, la stessa che spesso viene sacrificata in nome del profitto e della globalizzazione, che tende ad annullare qualsiasi forma identitaria non solo della persona ma anche del luogo dove si vive. Eppure un tempo c’era più rispetto per la propria storia e per i luoghi della propria memoria, dove potevi ritrovare in ogni luogo e in ogni angolo della tua città quel Genius Loci di cui parlavano gli antichi.
Oggi il paesaggio ha perso il suo fascino misterioso, quella sacralità che un tempo contraddistingueva il territorio, quel Daimon o Spirito, che l’uomo greco attribuiva ad ogni luogo e in cui ritrovava la sua storia e la sua cultura. Il paesaggio ormai è stato sacrificato in nome della pianificazione urbanistica ad ogni costo, quasi a considerare lo stesso paesaggio come elemento economico che deve soddisfare solo l’aspetto finanziario. Infatti, il pianificare è diventato sinonimo di urbanizzazione, ovvero costruire ad ogni costo, asfaltando ogni angolo del paesaggio valutato economicamente quale forma di territorio da depredare.
Mentre nel libro Il Bene comune fra Utopia Realtà e Bellezza (2014) si parla di delocalizzazione, di crisi di identità, di sviluppo, di globalizzazione, di fine delle grandi narrazioni, di bene comune, il tutto rapportato alla fine della modernità e all’idea di progresso inteso come sviluppo illimitato delle risorse e della scienza. Tutto ciò ha portato, in questi ultimi decenni, ad un ritorno alla realtà, ad una diversa presa di coscienza del bene comune, inteso come bene collettivo, in rapporto alla reale dimensione dell’essere uomo, non più soggetto alla logica del progresso ad ogni costo. Oggi, infatti, diversi intellettuali, siano essi filosofi, economisti e sociologi, stanno mettendo in dubbio l’intero processo della nostra modernità, basato non tanto su una equa distribuzione della ricchezza, quanto su una sfrenata corsa verso la globalizzazione e il libero mercato. Tale sistema economico, oggi, viene messo sotto accusa dai maggiori economisti, come J. E. Stiglitz, U. Beck, J. Rifkin, A. Giddens, S. Latouche, Z. Bauman, i quali, nelle loro opere, descrivono un mondo in cui tutto è condizionato, non tanto dal bene comune, quanto dal bene individuale, rivolto a pochi e a danno di molti. In base a tutto ciò, quindi, si cerca di delineare una terza via, dopo quella agricola e quella industriale, per creare un nuovo modo di far politica e, nello stesso tempo, un nuovo sistema economico. Con tale intento, ultimamente, si è posta l’attenzione sul significato che i beni comuni, come l’acqua, la salute, il lavoro, la cultura, la conoscenza, il diritto alla vita, l’ambiente, possano avere maggior peso in un sistema più equilibrato e più umano. E infatti, oggi, si tenta di recuperare il vero significato dei beni comuni, non tanto a livello individuale, quanto a livello comunitario, in cui ciò che deve prevalere è il senso della responsabilità e dell’appartenenza. Solo così si recupera il tempo trascorso a distruggere e a vanificare il concetto di progresso, di sviluppo e di bene comune. C’è bisogno di riprendere, con una nuova logica e una nuova coscienza, una nuova narrazione del mondo, ma specialmente dei beni comuni, fra cui la salvaguardia e il rispetto dell’ambiente. Solo superando e convogliando le energie e la forza creativa dell’uomo, in una nuova narrazione, basata sull’uguaglianza e sulla libertà, oltre che sullo sviluppo sostenibile, che significa innanzitutto durevole, è possibile creare un nuovo mondo, che abbia come stella polare la bellezza intesa come utopia che si fa realtà. Solo così è possibile conquistare quel senso di appartenenza alla Madre Terra.
Con la pubblicazione del volume La cultura dell’abitare. Le frontiere del pensiero fra identità sviluppo e qualità della vita (2015) continuiamo quel percorso intrapreso con la pubblicazione degli altri due precedenti libri, soffermandoci maggiormente sulla cultura dell’abitare, come essenza stessa non solo del costruire e, quindi, pensare la città, quanto nell’essere partecipe al destino del mondo, in quanto sede privilegiata dell’essere uomo, con tutti i suoi problemi di ordine sociale, economico, culturale, ma soprattutto antropologico e ambientale. Quindi un dialogo con il mondo, ma soprattutto, nella prima parte del libro, con la città intesa come polis e nello stesso tempo come civitas. Due entità che hanno caratterizzato tutto il percorso storico della civiltà umana, dando così origine ad una delle attività preminenti dell’uomo, cioè la politica, quale espressione del governo della polis e, quindi, della città. Polis come impegno politico e culturale verso la propria città, ma soprattutto verso la gente del luogo, che si identifica nel tempo con la sua anima e con il suo daimon. Gli stessi valori che un tempo si ritrovavano in quel genius loci di cui parlavano gli antichi e che oggi si tende ad annullare oppure a dimenticare. Elementi base che dovrebbero esistere in ogni progettazione urbana, ma specialmente nella formulazione dei Piani Urbanistici Generali (PUG). Ed ecco allora la necessità di approfondire la tematica riguardante la cultura dell’abitare, con specifico riferimento alla storia della città in generale, ma soprattutto al recupero di quell’anima dei luoghi che ogni città dovrebbe perseguire, nell’intento di recuperare la propria identità storico-culturale. Nel libro abbiamo cercato di approfondire varie tematiche legate alla città e quindi alla civiltà urbana, come espressione preminente della civiltà legata all’uomo, fra cui la città come opera d’arte, il senso dell’abitare il mondo, le pietre e il popolo, la città come bene comune, la filosofia dell’abitare, il marketing urbano e infine la convivialità urbana. Un percorso alquanto arduo e impegnativo, che vede in primo piano la città come bene comune, ma soprattutto il diritto dei cittadini ad aver una città a misura d’uomo. Qualità che ormai le grandi città hanno perso, in quanto subordinate ad una logica globalizzante, che tende ad annullare qualsiasi riferimento al territorio, alla sua storia e soprattutto ai luoghi come espressioni di identità e cultura. Infatti, se ancora persistono in alcune parti delle città alcuni temi collettivi, legati al passato, fra cui il centro storico, i palazzi signorili, la cattedrale, la piazza e alcuni monumenti legati ad eventi più importanti, in linea generale tuttavia la città contemporanea è il luogo della discontinuità e dell’eterogeneità, dove, specie nelle periferie, vi sono spazi vuoti di significato, non-luoghi, vaste zone decentrate e isolate dal centro, con un senso di solitudine, di estraneità e, quindi, di disagio mentale. Città urbanizzate dove il suolo rurale viene asservito di continuo al suolo urbano, tanto da creare una città diffusa e, quindi, generica, sia sul piano sociale che culturale. Città dove il problema ambientale e la qualità urbana diventano essenziali per il loro sviluppo, ma che purtroppo decenni di urbanizzazione selvaggia hanno determinato la loro morte e la morte anche della professionalità degli architetti e degli urbanisti. Per questo, oggi, si sente l’esigenza di rifondare non solo la loro professionalità, quanto di rivedere l’intero processo di sviluppo legato all’urbanizzazione e, quindi, all’essenza stessa del costruire e dell’abitare. Un nuovo urbanesimo, quindi, e un nuovo umanesimo, fondati su nuovi principi, legati alla sostenibilità ambientale e allo sviluppo rinnovabile. In questo senso, oggi l’uomo si trova ad affrontare varie sfide, oggetto della seconda parte del libro, fra cui la sfida dell’interazione fra Nord e Sud, lo sviluppo possibile, la sfida della conoscenza, la sfida del multiculturalismo, il problema delle disuguaglianze sociali e culturali, il fenomeno dell’emigrazione, così come la sfida contro la violenza e la guerra e la sfida dell’ambiente. Tutte sfide che possono essere vinte solo se si esce dalla logica individualistica dello Stato nazione, per approdare ad una logica del dono e della virtù dell’altruismo. Nella terza parte del libro si affrontano temi riguardanti il concetto di reciprocità in un mondo globalizzato, il concetto di comunità, la storia del capitalismo nel XXI secolo, la funzione dello Stato innovatore, come motore di sviluppo e di innovazione ed infine l’etica della condivisione, che dovrebbe stare alla base della convivenza mondiale. Forse idea utopista, ma che senz’altro può essere presa a fondamenta per una governance mondiale che poggia la sua base sul rispetto della dignità umana e sul riconoscimento di tutti gli uomini al benessere individuale e collettivo e, quindi, ad un minimo di felicità legata al buon vivere».
nota del gruppo Consiliare "A Monte" - Monte Sant'Angelo.
«Durante la seduta di Consiglio Comunale “Question Time” tenutosi venerdì 15 settembre, richiesto dal Gruppo Consiliare “A Monte”, abbiamo presentato diverse interrogazioni circa le intenzioni dell’Amministrazione nell’affrontare i tanti problemi che affliggono la nostra città.
Tra gli altri abbiamo posto il tema della sicurezza in città e delle situazioni di degrado sociale e di frequente violenza specie tra i ragazzini. In più occasioni, infatti, sono stati segnalati eventi violenti tra ragazzi anche di giovane età che sarebbero potuti sfociare in tragedia. Abbiamo chiesto all’Amministrazione cosa intenda fare per arginare questi accadimenti ma soprattutto abbiamo dato suggerimenti che, a nostro avviso, sono importanti e che auspichiamo l’Amministrazione prenda in considerazione.
Pur apprezzando il lavoro fatto dalla Polizia Locale e dai Carabinieri, riteniamo che il servizio di controllo del territorio vada ulteriormente potenziato, specie in quelle zone – Villa comunale rotonda, Zona case popolari ecc. – nelle quali si sono verificati fatti incresciosi.
Inoltre, abbiamo chiesto che ci siano interventi di riqualificazione delle zone sopracitate perché, se ben illuminate, ben tenute e curate saranno sì luogo di ritrovo ma non di ritrovo per fare violenza o atti illegali, ma per socializzare positivamente!
Riteniamo che oggi dobbiamo tutti remare in un’unica direzione: educare i giovani al rispetto degli altri, della città, educarli al vivere civile è un obbligo non solo delle famiglie e della scuola, ma di tutti coloro che si riconoscono nelle regole della convivenza democratica.
Poiché fino ad oggi non si può negare che poche sono state le azioni dell’Amministrazione, abbiamo fatto appello – nella speranza di essere ascoltati – perché venga convocato un incontro pubblico durante il quale discutere insieme sugli interventi da attuare ma anche per coinvolgere quante più persone possibili in questo percorso di crescita sociale per la nostra città: ne va del futuro di tutti, ma soprattutto dei nostri giovani e della nostra città».
“Chiamata all’avventura” è il tema che la direzione artistica di “Mònde - Festa del Cinema sui Cammini” ha scelto per fare da bussola e fil rouge a tutte le iniziative previste per la 6^ edizione della manifestazione, che dal 5 all’8 ottobre 2023 tornerà ad animare Monte Sant’Angelo, Città dei due Siti UNESCO e Capitale della Cultura pugliese del 2024.
Un tema che si colloca in ideale continuità con il “Ritorno a casa” - e il suo invito alla restanza - dell’edizione 2022, ma che al contempo rappresenta un punto di rottura radicale rispetto ad esso.
Prendendo in prestito il nome di uno degli snodi narrativi individuati dagli studiosi di drammaturgia quali passaggi obbligati e archetipici di ogni narrazione classica, la “chiamata all’avventura” rappresenta il problema da affrontare, la sfida, l’anelito al cambiamento che si pone dinanzi all’eroe protagonista e che questi non può fare a meno di accogliere e affrontare. È questo il momento preciso in cui l’eroe, decidendo di mettersi in cammino per accogliere il suo destino venturo e tutte le novità di cui è foriero, dà il via alla sua storia. Da questo viaggio tornerà come una persona nuova.
La “chiamata all’avventura” è, quindi, una spinta a lasciare per sempre la propria dimensione ordinaria e ad andare incontro all’ignoto, allo straordinario che è nel mondo ma anche - inaspettatamente - dentro di ognuno.
«Per ridestare idealmente il nostro eroe dalla sua condizione di torpore iniziale, abbiamo pensato ad un particolare strumento sonoro della tradizione garganica, ma non solo, la “tròzzele” (o bàttola, in italiano) che è al centro del visual di questa edizione», spiega il direttore artistico di Mònde Luciano Toriello, che aggiunge: «Sarà il suono stridulo della “tròzzele”, tipica delle coreografiche processioni della Settimana Santa, ad accompagnarci alla scoperta delle proiezioni, dei cammini, degli eventi e degli ospiti del 2023».
Tra gli ospiti attesi a Mònde c’è Salvatore Cascio, l’indimenticabile Totò di “Nuovo Cinema Paradiso”, che racconterà in prima persona la sua storia, dall’esperienza nel film premio Oscar di Giuseppe Tornatore alla retinite pigmentosa, una rara forma di cecità ereditaria da cui è affetto. A Mònde sarà proiettato anche “A occhi aperti” di Mauro Mancini, cortometraggio interpretato dall’attore siciliano e che è stato prodotto da Movimento Film e Rai Cinema per Fondazione Telethon.
Altra ospite di spicco sarà Sara Ciocca, la giovanissima attrice che ha già recitato in “La Dea Fortuna”, “Il giorno più bello del mondo”, “America Latina” e che dal 5 ottobre tornerà su Rai1 con la seconda stagione della serie tv di successo “Blanca”. A Mònde ci sarà la proiezione del nuovo lungometraggio che la vede protagonista, “Nina dei Lupi” di Antonio Pisu, uno dei titoli della sezione “Giornate degli Autori EXTRA” (presentata a Venezia il 4 settembre scorso), che annovera alcuni dei film protagonisti della 20a edizione delle Giornate degli Autori, rassegna autonoma della Mostra del Cinema di Venezia, promossa dalle associazioni dei registi e degli autori cinematografici italiani ANAC e 100autori.
Torna anche quest’anno alla Festa del Cinema sui Cammini Rosa Diletta Rossi, attrice cinematografica, teatrale e televisiva di origine pugliese, protagonista della serie tv “Maria Corleone”. Sarà lei la madrina dei matinée dedicati agli studenti e incentrati su momenti di confronto, riflessione e dibattito.
Tra le proiezioni immancabile la sezione dedicata ai documentari sui cammini, mentre la novità del 2023 è la sezione “Green Screen”, che prevede film su tematiche ambientali e sostenibilità.
Come sempre a Mònde sarà possibile andare alla scoperta di identità, radici e memoria percorrendo le antiche vie di pellegrini e crociati. Camminatori più o meno esperti, desiderosi di vivere un’esperienza indimenticabile tra storia e natura, potranno esplorare il patrimonio della Città dei due Siti Unesco e del Parco Nazionale del Gargano. Tre i cammini in programma a Mònde 2023 - organizzati in collaborazione con l’Associazione Monte Sant’Angelo Francigena e MooVeng - grazie ai quali si andrà alla scoperta del convento delle monache insurrezionaliste e degli eremi del canyon di Pulsano, si seguiranno le orme degli antichi pescatori garganici lungo “L’antica Via del Sole” e si partirà alla ricerca del colosso della Foresta Umbra, il faggio più grande ed alto di tutta la faggeta (info su https://www.mondefest.it/i-
“Mònde - Festa del Cinema sui Cammini” è un’iniziativa realizzata nell’ambito dell’Apulia Cinefestival Network 2023 con il sostegno di Regione Puglia e Apulia Film Commission, finanziata dall’Unione europea – Next Generation EU nell’ambito del progetto TOCC-Transizione digitale.
Realizzata con il contributo di: Comune di Monte Sant'Angelo, La Massarìa, ADTM.
Soggetto ideatore e organizzatore della manifestazione, per la Direzione artistica di Luciano Toriello, è MAD - Memorie Audiovisive della Daunia. La sezione “Giornate degli Autori EXTRA” è realizzata in accordo con le “Giornate degli Autori”.
L’evento è realizzato in collaborazione con: Ass. “Archivio MAD”, “Monte Sant’Angelo Francigena”, “MooVeng”.
È stata una gara che ha riportato il trofeo in casa Capitanata. Il 10 settembre 2023, sulla Montagna del Sole, quel Gargano sognato da tutti, in una splendida e nitida soleggiata mattinata, sui tornanti insidiosi e sempre avvincenti della Macchia – Monte SP55, si è svolto il 3° Slalom Città di Monte Sant’Angelo, valevole per la Coppa Zona 4 trofeo Centro.
A vincere è stato Domenico Palumbo, pilota lucerino della A.S.D. Scuderia Venanzio, con il numero 01, alla guida dell’auto Radical SR4, un prototipo, totalizzando 181,56 punti nella Classe E2SC. Secondo classificato, con il numero 06, Catano Donato dell’A.S.D. Scuderia Venanzio, alla guida dell’A112 Proto Suzuki Ayabusa Elegant, con punti 181,62 per la Classe E2SH. Il podio di bronzo è andato Palumbo Giuseppe, della Scuderia Vesuvio A.S.D., pilota della Chiavenuto Suzuki, anch’esso prototipo, con punti 184,9 per la Classe E2SC.
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Ma il protagonista di questo racconto è il pilota foggiano Luigi Tizzano, Gino per gli amici, alla guida di una favolosa Fiat Ritmo classe SS-S5 color verde e con il numero 14. Gino ha gareggiato per la scuderia Molise Racing, totalizzando 232,69, classificandosi 29esimo.
[La Fiat Ritmo classe SS-S5 di Luigi Tizzano]
Sfortuna? Si! Perché Tizzano ha preso parte solo alle prime due gare delle tre, fermandosi per un problema tecnico all’auto, che si è rotta. «Che dire. La gara è stata bellissima: Mi son divertito» ha chiosato a fine gara Luigi Tizzano, seppur l’amaro in bocca era ben presente, palpabile dai suoi più stretti collaboratori.
Lo abbiamo ascoltato e, non vi nascondiamo che in lui, nei suoi occhi arde la fiamma della rivincita. L’agonismo è la sua adrenalina, il rombo dei motori il battito del suo cuore sempre pulsante al massimo e aperto verso tutti. Non è solo passione per Gino. Gareggiare a bordo di un’auto preparata da lui, con le sue mani e la sua testa, nella sua officina, è l’apoteosi di un lavoro svolto giorno per giorno, in attesa del grande vento.
«Alla ricognizione sono partito bene. Ero in ottava postazione» ci racconta Luigi Tizzano. «Fin qui tutto ok, pur accusando un problema tecnico alla ruota posteriore che poi se n’è uscita dopo aver tagliato il traguardo -prosegue il pilota foggiano-. Infatti sono arrivato fin sopra il tracciato, con il punteggio di 207, settimo assoluto, primo di classe e primo di gruppo speciale. Nella prima prova speciale, salgo e ottengo un ottimo tempo di 202 con 105 secondi, piazzandomi sesto assoluto, primo di classe e gruppo speciale. Qui ho ricevuto molti complimenti per i tempi e per come li ho fatti per il problema tecnico -sorridendo ci fa sapere-. Ci tengo a dire che la macchina (una Fiat Ritmo classe SS-S5, ndr.) è un top della categoria, ma è il piede che conta e qui a Monte Sant'Angelo fa la differenza, ed io l'ho fatta. Nella seconda prova speciale, salgo e arrivo nel misto veloce in piena quarta marcia e lì, nella staccata, si spezza il braccio della ruota, l'unico ancora attaccato, precisamente nel rettilineo prima di entrare nel tornante. Il muso dell'auto si appende in avanti e la ruota sinistra è tutta girata. Non potevo far più nulla, solo proseguire in direzione guard-rail, verso la montagna. Per fortuna l'auto si è fermata sulla strada. Ritornerò -chiosa Gino-, più deciso di prima».
Luigi Tizzano, come si legge, è deciso a ridar filo da torcere ai suoi colleghi piloti. Non solo allo Slalom Montanaro, bensì in altre gare, in giro per l’Italia.
Lo aspettiamo e noi lo racconteremo.
[il vincitore Domenico Palumbo]
QUI IL PDF DELLA CLASSIFCA FINALE
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MONTE SANT’ANGELO/ANDRIA – Atto conclusivo del Trittico Unesco Puglia 2023 dopo l’avvio di Alberobello nel mese di aprile. Il filo conduttore del Trittico è il connubio tra il ciclismo giovanile su strada e la storia millenaria dei quattro siti Unesco pugliesi, con l’obiettivo di pedalare nella natura e nella cultura, per diffondere ancora di più l’attrattività della Puglia in questo settore. Per la regia organizzativa dell’Asd 1 Dente in Più, sabato 16 settembre tutto dedicato alla cronoscalata individuale dall’Abbazia Santa Maria di Pulsano a Monte Sant’Angelo (villa comunale) con esordienti sulla distanza di 7 chilometri (partenza dalle 10:00 in poi), allievi sulla distanza di 8,7 chilometri e poi nel pomeriggio alle 15:00 l’ultima batteria riservata agli juniores sempre sulla distanza di 8,7 chilometri. Gran Premio Castel del Monte ad Andria domenica 17 settembre organizzato dalla Scuola di Ciclismo Franco Ballerini-Bari con la gara juniores al mattino (il via alle 10:00) sui 97,2 chilometri, allievi di scena sulla distanza di 81 chilometri (il via alle 14:30) e gli esordienti sulla distanza di 32,4 chilometri (il via alle 17:00).
ALTAMURA – Grazie al sodalizio Freedom Cycling Team, si prevede per il secondo anno di fila un grosso successo della Mediofondo Freedom Altamura domenica 17 settembre, gara appartenente al circuito Challenge XCP Mtb Puglia. Il percorso agonistico di 48 chilometri, con partenza alle 9:30 dal Centro Visite Lamalunga, si snoda tra il parco dell'Alta Murgia, tra single track, tratti di bosco e leggermente pietroso.
FRANCAVILLA FONTANA – Entra nel vivo l’appuntamento con il Trofeo Laurito Resort Spa a Francavilla Fontana a cura del Team Fuorisoglia per sabato 16 settembre. Una vetrina per i giovanissimi under 13 nell’ambito del Challenge della Magna Grecia dove il divertimento e lo stare insieme non mancherà nel contesto del Bike Park Laurito. Ospite d’onore l’ex professionista Andrea Tafi, inizio delle gare a partire dalle 15:45, tracciato di 750 metri con dossi, curve e variazioni da ripetere più volte in base alla categoria.
SANNICOLA – È tutto pronto, o quasi, a Sannicola per la quarta edizione del Memorial Carrozzo-Trofeo Città delle Belle Rose. Per domenica 17 settembre, gli organizzatori del GC Salentino hanno predisposto ogni cosa con la massima cura per concludere in bellezza con il circuito baby Challenge Giovanissimi del Salento per gli atleti di età compresa tra i 7 e i 12 anni. Inizio delle gare alle 9:30 presso il campo scuola del GC Salentino, tracciato in terra battuta di 900 metri da ripetere più volte con piccoli dossi.
Ampia partecipazione ai primi incontri di animazione territoriale promossi dal GAL Gargano di Monte Sant’Angelo per la stesura della Strategia di Sviluppo Locale 2023/2027 da candidare entro il 16 ottobre nell’ambito dell’Avviso Pubblico indetto dalla Regione Puglia.
Nei primi incontri svoltisi a Monte Sant’Angelo, Carpino e Vieste sono stati coinvolti oltre 100 stakeholder tra rappresentanti di istituzioni locali, imprenditori e componenti del partenariato societario del GAL per individuare gli ambiti tematici e gli interventi che dovranno essere alla base della Strategia per la nuova programmazione. La numerosa partecipazione e i tanti spunti venuti fuori dagli incontri svolti sono sintomo che forte è la reputazione costruita negli anni dal GAL Gargano per essere reale agenzia di sviluppo che rispetti il più possibile le esigenze e le aspettative del territorio.
“Siamo altamente soddisfatti di questa importante partecipazione da parte dei rappresentanti delle istituzioni locali ma, ancora di più, da parte di chi su questo territorio ha deciso di accettare la scommessa di crederci e di investirci – dichiara il neo Presidente del GAL Stefania Bozzini – È a loro che volgiamo lo sguardo con attenzione affinché le nuove risorse finanziarie che saranno presto assegnate al GAL con l’approvazione della Strategia possano fungere da utile moltiplicatore economico ed occupazionale per tutti i 15 comuni dell’area GAL”, conclude Bozzini.
I prossimi incontri, il cui calendario completo è disponibile nell’apposita sezione “Leader 2023-2027” del sito istituzionale del GAL Gargano sono in programma il 12 settembre a San Nicandro Garganico (ore 17:30 ASP Zaccagnino), il 13 settembre alle Isole Tremiti (ore 10:30 Centro multifunzionale) ed a Rodi Garganico (ore 17:30 Arianna Club) ed il 14 settembre a San Marco in Lamis (ore 17:30 Laboratorio Artefacendo).
nota del Gruppo Consiliare A MONTE – Monte Sant’Angelo.
«Più volte abbiamo detto che l’Amministrazione Comunale non ha una programmazione seria e certa degli interventi da fare in città. Ciò che andiamo dicendo da molto tempo, in questi giorni è un’amara realtà: gli interventi di lavori pubblici stanno creando caos e difficoltà non solo ai pedoni e agli automobilisti ma anche a quanti giungono in città per qualsiasi motivo!
Negli anni scorsi sono iniziati i lavori di sistemazione della parte alta della città, con il rifacimento delle vie e della Villa comunale, ma ad oggi sembra che questi lavori, che continuano a protrarsi, interminabili, non avranno una fine!
Intanto, ultimi in ordine di tempo a creare difficoltà sono i lavori di sistemazione di parte di via Tancredi, di via Manfredi, di Corso Giannone ecc.: non è normale che i cittadini si alzino la mattina e trovino le strade bloccate.
Cosa ancora più grave è che venga spostato il capolinea delle corriere e si debba apprendere ciò la sera prima per la mattina successiva, tanto che diversi pendolari non hanno avuto tempo di venire a conoscenza della notizia. A riguardo, persino alcuni autisti hanno avuto difficoltà, visto che lunedì uno dei pullman di rientro da Foggia, arrivato in via Manfredi, ha dovuto far scendere i viaggiatori perché era impossibile arrivare in Piazza Duca d’Aosta, mentre martedì mattina il pullman in partenza per Foggia alle 6.50 – che normalmente parte da Piazza Duca d’Aosta ma con lo spostamento deve partire dal capolinea al National – è andato lo stesso in Piazza Duca d’Aosta mentre i viaggiatori erano in attesa nei pressi del capolinea al National!
Alcuni commercianti delle zone interessate dai lavori hanno lamentato il caos, non solo per il traffico in tilt ma anche per la polvere che si solleva a causa dei mezzi a lavoro.
La buona amministrazione non è data dalla quantità dei lavori fatti, ma dalla qualità e dall’ordine con cui si eseguono, soprattutto tenendo a mente che i tempi di esecuzione devono essere certi.
Nessuna dica che siamo contrari ai lavori di miglioramento delle strade, ma ciò che diciamo è che, ancora una volta, è mancata la programmazione e la comunicazione!
Dopo 14 mesi dall’inizio della seconda Amministrazione d’Arienzo, auspichiamo che il governo della città venga affrontato non con superficialità e tanta passerella, ma con serietà».
Mostra visitabile nella Green Cave a Monte Sant’Angelo, dall'1 al 17 settembre 2023.
Ogni città, sia essa grande o piccola, ha una sua anima, un genius loci o daimon, che già gli antichi greci riuscivano a cogliere attraverso quel rapporto privilegiato e simbolico fra l’uomo e la divinità, ma soprattutto fra la città e la sua anima che si esprime attraverso l’Uomo e la Madre-Terra o Natura, quale elemento base della vita, sia essa animale che vegetale.
Per questo ogni volta che una città muore o che il luogo stesso scompare, anche la loro anima muore, tanto da rievocare, attraverso la ricerca storica o l’arte, le origini della loro fondazione, che rappresenta il momento fondate dell’esistenza umana e naturale. In ciò entra in gioco, anche e soprattutto il destino stesso dell’uomo, la cui anima, insieme al luogo, viene messa in pericolo. In questo rapporto privilegiato fra Uomo e Natura, fra il creato e la ricerca del divino, vi è l’essenza stessa del processo di umanizzazione e quindi della civilizzazione del mondo, che ha portato, poi, l’Uomo a identificarsi nella sua cultura e nella sua civiltà. Questo rapporto fra l’Uomo e la Natura è alla base della civilizzazione, che inizia proprio attraverso il sacro rito della pietra, che è alla base della ricerca del nostro artista Salvatore Marchesani, nel rapporto simbiotico che ha con i luoghi che rappresenta, con il loro daimon o lo spirito dei luoghi. In questo caso l’artista Salvatore Marchesani, con le sue opere, vuole porre in evidenza la ricerca dell’anima dei luoghi, che nel nostro caso, diventa un ripercorrere la storia e la cultura abitativa del nostro Gargano, visto attraverso l’architettura spontanea e identitaria dei suoi Centri storici o borghi, da quello di Monte Sant’Angelo a San Giovanni Rotondo, da Vieste a Rodi Gargano, da Mattinata a Vico del Gargano, luoghi dove i miti e i culti antichi hanno formato la loro identità culturale, attraverso la presenza di vari popoli e di varie civiltà, fra cui quella dei Dauni, dei Greci, degli Illiri, dei Romani, fino all’arrivo dei Longobardi e dei Normanni in terra micaelica. Di tutto ciò le opere di Salvatore Marchesani conservano, facendo proprio questa tradizione culturale locale, una dimensione ideale di civiltà mediterranea, in quanto il Gargano ne rappresenta il simbolo e la terra di unione fra l’Oriente e l’Occidente, tanto da essere considerato un ponte e, quindi, trade union fra questi due mondi. Città che conservano ancora il loro legame con il passato, ma che non rinunciano il presente, per costruire il futuro. In questo caso, un artista come Salvatore Marchesani, originario di San Giovanni Rotondo, diplomatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia, e dopo varie esperienze nel campo artistico, con varie Mostre tenute in tutta Italia, non rinuncia alla sua identità e alla sua cultura mediterranea, che oggi noi riusciamo a cogliere nelle sue opere e nei paesaggi delle città garganiche, viste attraverso due dimensioni: la terra e il mare, due entità protese verso l’ignoto, quello stesso che hanno provato tutti coloro che si sono diretti dall’Oriente verso l’Occidente e quindi verso il Gargano, per costruire il nuovo mondo che è stato la Magna Grecia. Di tutto Ciò Salvatore Marchesani riesce a carpirne i segreti, la forza propulsiva dei luoghi e, quindi, di un borgo o città che nasce e vive della sua essenza identitaria, che è la stessa dell’uomo del Gargano, proteso verso l’orizzonte del mare.
Salvatore Marchesani da anni va alla ricerca di questa nuova dimensione identitaria, che dà vita e significato alle sue opere e, quindi, ai suoi paesaggi, cogliendo in ognuno di essi l’anima del luogo e, quindi, specie per quanto riguarda i centri storici, l’aspetto identitaria della loro architettura e del loro essere per la vita, sempre nel rispetto reciproco fra la salvaguardia dei luoghi e la presenza dell’uomo come elemento di vita e di sopravvivenza. Afferma a tale proposito Nicola Cisternino, musicista e artista, docente di Arti e Musiche Contemporanee presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia: “La Pittura per Salvatore Marchesani è un processo continuo di messa a fuoco dello sguardo che si poggia sulla realtà, un affinamento sottile delle qualità della visione che dall’invischiamento della terra-materia e del mystum informale, si apre liricamente alle geometrie dell’ottica dello sguardo riconoscendo nel paesaggio e nelle nude architetture carsiche quella nascita al mondo, continua e perenne che l’occhio dona agli esseri viventi, e agli umani per primi”. Così come Giovanni Scarale riesce a vendere nelle opere del nostro artista “paesaggi d’anima, fondi e controfondi di verità, che il pittore rielabora trascrive sulla tela. Si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un misticismo all’ingiù, un misticismo che non si acquista inebriati di cielo e di sole, ma schiacciando figure e movimenti fino alla loro nullificazione sotto la spinta di una verità non più dilazionabile”. Infatti Salvatore Marchesani, nelle sue opere, rievoca, attraverso uno stile che va oltre la realtà e, quindi, il visibile, il mistero dell’uomo che diventa tale attraverso la rappresentatività dei suoi paesaggi urbani, tanto da creare un processo creativo del fare “casa” e, quindi, una continua ricerca di quell’identità fra luogo e cultura, fra luogo e anima, fra luogo e daimon. “Un Gargano, come diceva Pasquale Soccio, segreto, di cui l’uomo è una sua zolla vivente e vagante, nato dal bisogno di un colloquio con la terra, al fine di comprenderla o meglio comprendere se stesso in momenti essenziali, decisivi, riassuntivi della propria vita…Io non so dove il Gargano abbia il suo cuore, dove il segreto della sua e della mia vita, considerandomi raminga particela, irrequieta zolla da lui distaccarsi e vagabonda, impegnata nel vento della vita. E se error vario mi svia, qui ogni volta mi ritrovo, riconosco il volto della mia patria antica”.
Salvatore Marchesani da anni va alla ricerca di questa nuova dimensione identitaria, che dà vita e significato al rapporto fra il luogo stesso e la necessità di andare oltre, verso un futuro che diventa ricerca dell’eternità, non solo dell’uomo, ma soprattutto dell’anima del luogo stesso. Parlavo prima dei sacri riti della pietra, di cui ogni città è l’espressione più alta, come del resto tutta la cultura e la civiltà greco-romana è fondata sulla pietra, di cui l’arte ne ha sublimato l’esistenza e i significati. Si veda a tale proposito le costruzioni dei templi, derivanti dai culti pagani, le fortezze, i castelli, le chiese, le abbazie e, poi, le case che hanno formato l’intero assetto urbano delle città. Di tutto ciò l’arte di Salvatore Marchesani ne è l’espressione e l’essenza, tanto da soffermarsi, in maniera ossessiva, sulla simbologia e sulla rappresentatività della casa, con la sua architettura e l’assetto urbano, da cui deriva, come abbiamo detto, la civilizzazione dell’uomo e l’essenza stessa dell’identità culturale di ogni popolo. La pietra e, quindi, la casa, come elemento fondativo della costruzione della vita, simbolo dell’uomo che diventa padrone della Madre-Terra, immagine di stabilità, di equilibrio, di bellezza, di compiutezza e di durata, paradigma dello spazio e del territorio dove l’uomo vive e progredisce. Del resto il rapporto fra l’uomo e l’ambiente, fra l’Uomo e la Natura, è stato quasi sempre al centro del processo di umanizzazione, tanto da influire positivamente, non solo sull’evoluzione sociale e culturale dell’uomo, quanto sulla sacralità stessa dei luoghi in cui il sacro, attraverso i suoi templi e le sue cattedrali, si è manifestato, divenendo così un elemento di conoscenza del territorio stesso. Questo rapporto è stato tanto più forte e completo, quanto più il luogo sacro, come nel caso dei paesi del Gargano, fra cui Monte Sant’Angelo, era in una posizione elevata, tale da considerarla, fin dall’antichità, la Montagna Sacra. Una Montagna Sacra da cui ha origine quel processo sincretico fra paganesimo e cristianesimo, e la sconfitta dei culti pagani, fra cui quello di Diomede, di Calcante e Podalirio, di Giove Dodoneo, di Giano, di Mitra e le origini e lo sviluppo, nel V sec. d. C., del culto di San Michele sulla Montagna Sacra del Gargano.
Salvatore Marchesani, con la sua arte, ne rappresenta lo spirito e la forza identitaria dei luoghi del nostro Gargano. Ciò che molti altri nostri scrittori e poeti hanno visto e trascritto, fra cui Corrado Alvaro, Giuseppe Ungaretti e, come abbiano visto, il nostro conterraneo Pasquale Soccio.
Scrive Corrado Alvaro, nell’ambito del suo Itinerario italiano, a proposito della meraviglia dell’architettura spontanea di I costruttori del Gargano: “Vi sono popoli che hanno un talento istintivo e storico per l’architettura. E si capisce per quelli che hanno da celebrare una potenza e da attestare una forza. Ma s’immagina difficilmente un gruppo di pastori e di contadini che porti una preoccupazione architettonica nella sua abitazione, nel suo forno, nel suo rifugio di montagna... Tutto quello che si scopre, dalle valli asciutte alle cime, è una immane opera di muri a secco che sostengono le terrazze degli ulivi, dei mandorli, delle vigne, del grano”. Lo scrittore viene, poi, colpito dagli enormi comignoli “dalle forme più bizzarre (a toppone, a elmo, a turbante,...) dalla grande perizia degli artigiani e muratori, che hanno riversato la loro forza in queste case dall’architettura più fantastica e mirabile. E proprio questi artigiani muratori. Hanno il genio dell’architettura come in altri, non più molti, paesi d’Italia; e davanti alla loro città costruita mirabilmente sullo scrigno del monte e su due valli, ci si può chiedere se, per avventura, tante invenzioni preziose d’architettura, non soltanto popolare, non vadano proposte a modello d’una moderna architettura povera di idee e pretensiosa, come è quella che ci propone stabilimenti balneari e palagi tutti del medesimo stile. Non esiste da noi un documento che metta sotto gli occhi l’arte di costruire una casa come fanno qui, a Ischia, a Positano, e in pochi altri luoghi, e che rappresenta la forma attraverso cui anni ed anni si raccomandano alla considerazione dei posteri. Arte di fare scale, passaggi, portici, di risolvere problemi di pendenze, di prospettive, di variarle infinitamente. Arte di legare gli uomini ai loro luoghi”.
Nel 1934 giunge sul Gargano Giuseppe Ungaretti, poeta e scrittore di fama internazionale, il quale, vangando nelle terre dell’Arcangelo, così scrive: “I contadini del Gargano vanno a cercare la loro terra avara col cucchiaino; e quando trovano nel sasso un interstizio: giù quel granellino di terra. Sono arrivati così, conquistando un millimetro dopo l’altro, a rendere fruttuoso anche questo versante, e ora è tutto diviso a terrazze che fanno l’effetto di snodarsi sul suo dorso come lentissimi bruchi”.
Così come grande ammirazione e meraviglia il nostro conterraneo Pasquale Soccio, nel suo libro Gargano Segreto, così scrive: “Se un occhio esperto, non sapendo dove si trova, lo chiedesse al cielo di un azzurro nettissimo e profondo, alla crudezza della luce, talora abbacinante, al grigio perla e viola dei monti, alle interminate pietraie, alle rocce, in alcuni punti convulsamente stratificate, alle pendici e alle allodole, gli rimarrebbe solo il dubbio di non sapere se essere nel Gargano o in Grecia. L’ulivo e il mandorlo continuerebbero l’inganno e non meno i bruni volti dei montanari, il loro sguardo, lampeggiante, indagatore e diffidente, e il riso delle donne pronto a notare il ridicolo delle cose e dello steso viaggiatore”. E ancora: “La conferma di questa identità greco-garganica, segreta o scoperta, più che sulle coste va ricercata nell’interno; sempre nel paesaggio montuoso, su alcune vette dove l’orizzonte ha per confine il mare e, ancor più, in alcune valli, nelle forre, nei burroni senza fondo, nei greti aridi dei torrenti, dove un acquazzone passa come una battaglia perduta. Qui “tutto è antico, fermo e incantato: tumultuanti memorie in un silenzio disumano” direbbe un poeta d’oggi”. Per poi giungere a identificarsi con le stesse pietre del Gargano, tanto da scrivere: “Intensamente io guardo e contemplo questo mare di pietre, questo deserto dell’anima. Scopro le origini della mia patria antica attraverso l’infusorio, il protozoo, il mollusco, con valve e conchiglie, divenuti pietre. Ritrovo la scabra, scontata essenzialità del carattere mio e della mia gente. Mi riconosco, “debole vita che si lagna”, dolente coscienza effimera di queste pietre”.
Tutto ciò lo ritroviamo nell’arte e nelle opere di Salvatore Marchesani, il quale si chiede: Sul Gargano, nei suoi borghi, nelle sue case a schiera, nei centri storici dove predomina l’architettura spontanea, il tempo si è fermato e, nello stesso tempo, si è fatto pietra, tanto da immedesimarmi con essa, in questo processo di pietrificazione, che diventa forza virile, dove si nasce e dove si muore, accettando qualsiasi condizione umana, grato di essere stato qui collocato dalla sorte, nascendo”. La sacralità della pietra e, quindi, della casa, è da ricondurre alla sua stessa origine uranica, alla sua incorruttibilità fisica, al suo essere presenza dominante e permanente del paesaggio, all’idea di solidità, di durata e di resistenza cui è associata, alla sua “alterità”. «Ogni pietra – ha scritto Marguerite Yourcenar nelle sue Memorie di Adriano (1981:77) – rappresenta il singolare conglomerato d’una volontà, d’una memoria, a volte di una sfida. Ogni edificio sorge sulla pianta di un sogno». E oggi, pare che il nostro artista Salvatore Marchesani, dica “Questo è il mio Gargano, il mio Gargano Onirico, dove ognuno di noi cerca di realizzare le sue aspettative di vita e i suoi sogni”.
[ndr.] Un grido di dolore di un Montanaro emigrato al Nord, che "vive" Monte attraverso ciò che la stampa pubblica e soprattutto dalle testimonianze di parenti e amici che lo informano. Quest'estate ha deciso di trascorrere le vacanze nella sua città natia, constatando di persona ciò che gli vien detto, vivendo amaramente ciò che sapeva [ndr.]
«Gentile Direttore, ho scelto di trascorrere l’estate del 2023 a Monte Sant’Angelo, paese in cui ho vissuto fino alla maggiore età. Da allora – sono nato nel 1977- tante cose sono cambiate. In peggio, però.
Il rientro - seppure momentaneo – in Puglia, mi ha indotto a riflettere su quello che il mio paese era un tempo e sulle condizioni in cui versa, ora.
Cos’è, oggi, Monte Sant’Angelo? Esso si presenta come un aggregato urbano abbandonato a sé stesso, che soffre di tutti i mali del Sud e privo della speranza di redimersi. È un paese dove manca l’aula consiliare. Quanti comuni in Italia ne sono privi? Le pratiche di buona amministrazione, adottate e realizzate da comuni virtuosi, a Monte Sant’Angelo risultano totalmente assenti. Gli abitanti del comune garganico, esclusi coloro i quali fanno parte della tifoseria partigiana ad oltranza, si mostrano rassegnati o, tutt’al più, disabituati solo ad immaginare un territorio diverso da quello in cui vivono. Di residenti ne sono rimasti in pochi, in verità. Il calo demografico è costante: dal 2017 al 2022, la popolazione è diminuita di 177 unità all’anno, quasi il doppio rispetto ai quindici anni precedenti. E non può essere diversamente. Nel comune dell’Arcangelo Michele sembra sia in vigore l’autogestione individuale: grava l’assenza del governo della città, distante dai problemi della comunità locale. L’élite municipale resta blindata nel Palazzo.
Si prenda, per cominciare il lungo elenco dei disastri esistenti, l’arredo urbano, che mostra tutto il suo degrado: strade dissestate, carenti di segnaletica verticale e orizzontale; verde pubblico non curato; bagni pubblici chiusi; suppellettili varie vetuste, ormai sul punto di implodere su sé stesse. I diversi cantieri di lavori pubblici paiono bloccati: durante il tempo di vacanza trascorso in paese, non ho mai visto le maestranze al lavoro.
Anche il cimitero non se la passa bene. Altro che luogo dove si onorano i cari defunti! La situazione è penosa: i servizi igienici, posti appena varcato l’ingresso, presentano muri scrostati e anneriti, la sala mortuaria è inagibile. Nel complesso, ci si accorge della scarsa attenzione dedicata al camposanto.
Stesso discorso vale per la biblioteca comunale, ridotta a deposito. Sebbene ubicata nel centro storico, essa sconta il disinteresse degli amministratori locali: nessun acquisto di nuovi libri, nessun abbonamento a periodici e/o quotidiani locali e nazionali. Il medesimo stato di abbandono vale anche per il museo civico e per gli eremi di Pulsano, alcuni di questi ultimi già interessati da crolli.
Le frazioni comunali sono anch’esse dimenticate. Pur essendo un paese di montagna, l’assistenza sanitaria è precaria. Ne è testimone quello che una volta era l’ospedale locale, in cui i vari reparti sono stati dismessi da tempo. Mancano le strutture primarie di una comunità, quali cinema, librerie.
Da tali premesse, è facile dedurre l’inesistenza di potenziali ipotesi di sviluppo. Se una volta Monte Sant’Angelo aveva un peso determinante nel contesto garganico, al giorno d’oggi rischia di scomparire. Politiche per invertire la rotta, purtroppo, non se ne vedono. È paradossale l’esistenza di un territorio caratterizzato da un ecosistema unico per le sue molteplici bellezze naturali (senza tralasciare il ricco patrimonio storico di cui è dotato: castello, chiese, abbazie, monumenti, ecc..), che mal si concilia con la dilagante povertà socio-economica presente.
È fuorviante la comunicazione sui canali istituzionali locali (social media), che spesso non rispondono a logiche informative: la censura è quasi diventata una procedura per bloccare il confronto civile e democratico. È questa la capitale della cultura?
Per quanto tempo ancora potrà resistere un paese di montagna, abbandonato al suo destino?»