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“Il mare è quella linea d’orizzonte dentro e fuori di noi che sancisce l’inseparabilità tra la superficie e la profondità”.

“in MAR”E (opere e Installazioni) presso lo Studio d’arte Michele Lella, p.zza Turati 5, Foggia.

“in MARE” nato da una idea di Katia Berlantini approda al quarto capitolo che questa volta vede protagonisti gli artisti Guido Pensato, Antonio Di Michele, Michele Carmellino, Anna Fiore, Nicola Liberatore, Michele Lella e Sinuhe da Foggia.

Il progetto sancisce il nuovo corso del collettivo artistico che ha preso avvio nello scorso aprile con la collettiva “Dove sono/ Dove sei” (capitolo uno e capitolo due) e che la scorsa settimana ha dato vita all’esposizione “in MARE” (capitolo tre) e che ora propone il quarto capitolo. Un nuovo itinerario tra piacere e dolore, tra eccesso e difetto, tra misura e dismisura, tra vita interiore ed esteriore.

Inaugurazione venerdì 29 settembre 2023 h. 18.30.

Apertura: 29-30settembre/ 2-3-4 ottobre h18.30-20.30.

«Banksy a Vieste non chiuderà come previsto il 17 settembre, ma proseguirà fino al 1° ottobre».

È l’annuncio fatto dagli organizzatori e curatori della mostra, visto il grandissimo successo di pubblico che ha accompagnato i quasi quattro mesi di programmazione della mostra.

Difatti, l’amministrazione comunale e MetaMorfosi Eventi hanno deciso di prorogare la data di chiusura e permettere ai tanti che lo avevo chiesto di prenotarsi per ammirare alcune tra le opere più rappresentative degli ultimi decenni di un artista conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

Una mostra che ha incantato chi l’ha visitata, incuriosito chi ha saputo delle “serigrafie di pace e cultura”, ha finanche suscitato polemiche infondate e smorzate immediatamente da prove incontrovertibili.

“Bansky a Vieste” è cultura, decretando la città garganica centro unito da quel filo conduttore tra arte e storia.

Promossa dal Comune di Vieste e prodotta e organizzata da MetaMorfosi Eventi in collaborazione con Giuseppe Benvenuto e con il Polo Culturale di Vieste, la mostra quindi continuerà a proporre al pubblico una ricca selezione di serigrafie in esposizione al Museo Civico Archeologico Michele Petrone. In esposizione Love is in the Air (Flower Thrower) conosciuta come “il lanciatore di fiori”, Girl with Balloon, la “bambina con il palloncino”, forse l’immagine più̀ popolare di Banksy, Bomb Hugger, più conosciuta come Bomb Love cioè “colei che abbraccia la bomba”, e anche l’iconica serie composta da tre giganteschi topi: Love Rat, Get Out While You Can e Gangsta Rat.

La mostra sarà aperta fino al 1° ottobre dal martedì alla domenica dalle ore 17.00 alle 21.00. Domenica 24 settembre e domenica 1° ottobre: anche la mattina dalle ore 10.00 alle 13.00, presso il Museo Civico Archeologico Michele Petrone, Piazzetta Cappuccini, Lungomare Amerigo Vespucci, naturalmente a Vieste.

Invenzioni visive capaci di unire il mondo umano a quello della natura. E’ l’arte dell’illustratrice giapponese Seiko Kawaguchi che il prossimo 20 settembre esporrà a Lucera, in provincia di Foggia, presso lo spazio laboratoriale di via Pignatelli 14, nella mostra dal titolo L’Essenza dell’En, che racchiude opere e dipinti della sua cinquantennale carriera. L’evento dal respiro orientale è ideato e promosso dall’associazione culturale, artistica, ambientale e scientifica Utò-Lo Spazio della Luce, in collaborazione con Poser by Giorgia Ferosi e Masseria nel Sole.

Classe 1954, Seiko Kawaguchi vive ed opera a Shirahama, la splendida “Spiaggia bianca” situata sulla costa meridionale della penisola di Kii in Giappone. Sul lembo dell’isola di Honshu, da oltre un ventennio Kawakuchi ha trasferito il proprio posto di lavoro, dando vita al suo marchio di prodotti Arte Seiko. Grafiche, illustrazioni digitali, come le creazioni che affondano le loro radici nell’anima di creatrice pubblicitaria, che hanno visto l’artista giapponese lavorare per un decennio a Tokyo per importanti società internazionali come Sony, Warner Bros e Rara Avis.

La mostra del 20 settembre (vernissage alle ore 19, fruizione sino alle ore 21) curata da Cleonice Di Muro, vicepresidente dell’associazione Utò-Lo Spazio della Luce, racchiude lo straordinario talento di Seiko Kawaguchi in un condensato della sua carriera artistica, che spazia dagli anni Novanta sino a i giorni nostri per tre decenni. Le sue opere fatte a mano, i dipinti, le litografie digitali, le sue creazioni realizzate per la compagnia di gas nazionale di Shirahama, con la quale Arte Seiko è popolare firma da un ventennio.  

Il mondo creativo di Seiko Kawaguchi, come scrive Antonio Tudisco, “è racchiuso in animali fantastici (o umani animalizzati), che esprimono la raffinata fantasia nipponica dell’artista, mediata sensibilmente da influssi indiani e, di quando in quando, occidentali. La tecnica usata per dipingere è di origine pubblicitaria; un substrato cartaceo normalmente bianco ma a volte di tonalità diverse, che è sempre violato da colori acrilici, molto spesso scelti in tinte calde, combinazioni quanto mai felici ed ideali per esternare un'inesauribile fantasia fatta di strani esseri antropomorfi e di figure astratte riecheggianti, però, forme umane. Seiko Kawaguchi realizza anche opere tridimensionali con oggetti e materiali di uso domestico che, associati e modificati, raggiungono inusitate e simpatiche forme umane”.

Dal Giappone all’Italia, approdando a Lucera, la riconosciuta “Città d’arte”, che concorre con i Monti Dauni a “Capitale italiana della Cultura 2026”.

Nello scenario storico del Palazzo gentilizio di via Pignatelli 14, il 20 settembre verranno esposti in mostra le opere  più importanti di Seiko Kawaguchi, la quale ritorna in Italia, terra alla quale è legatissima, sia umanamente che professionalmente, come ci ricorda una delle sue mostre tenute a Firenze durante gli anni Novanta. Particolarmente forte è il rapporto con la città di Lucera, che viene rinnovato da questo evento targato Utò-Lo Spazio della Luce. “Quello che è strano e allo stesso meraviglioso, è il filo invisibile che collega le persone e gli eventi. In Giappone si chiama En e riporta al concetto spirituale di cerchio umano” dichiara alla vigilia della sua inedita mostra lucerina Seiko Kawaguchi.

Mostra visitabile nella Green Cave a Monte Sant’Angelo, dall'1 al 17 settembre 2023.

Ogni città, sia essa grande o piccola, ha una sua anima, un genius loci o daimon,  che già gli antichi greci riuscivano a cogliere attraverso quel rapporto privilegiato e simbolico fra l’uomo e la divinità, ma soprattutto fra la città e la sua anima che si esprime attraverso l’Uomo e la Madre-Terra o Natura, quale elemento base della vita, sia essa animale che vegetale.

Per questo ogni volta che una città muore o che il luogo stesso scompare, anche la loro anima muore, tanto da rievocare, attraverso la ricerca storica o l’arte, le origini della loro fondazione, che rappresenta il momento fondate dell’esistenza umana e naturale. In ciò entra in gioco, anche e soprattutto il destino stesso dell’uomo, la cui anima, insieme al luogo, viene messa in pericolo. In questo rapporto privilegiato fra Uomo e Natura, fra il creato e la ricerca del divino, vi è l’essenza stessa del processo di umanizzazione e quindi della civilizzazione del mondo, che ha portato, poi, l’Uomo a identificarsi nella sua cultura e nella sua civiltà.  Questo rapporto fra l’Uomo e la Natura è alla base della civilizzazione, che inizia proprio attraverso il sacro rito della pietra, che è alla base della ricerca del nostro artista Salvatore Marchesani, nel rapporto simbiotico che ha con i luoghi che rappresenta, con il loro daimon o lo spirito dei luoghi. In questo caso l’artista Salvatore Marchesani, con le sue opere, vuole porre in evidenza la ricerca dell’anima dei luoghi, che nel nostro caso, diventa un ripercorrere la storia e la cultura abitativa del nostro Gargano, visto attraverso l’architettura spontanea e identitaria dei suoi Centri storici o borghi, da quello di Monte Sant’Angelo a San Giovanni Rotondo, da Vieste a Rodi Gargano, da Mattinata a Vico del Gargano, luoghi dove i miti e i culti antichi hanno formato la loro identità culturale, attraverso la presenza di vari popoli e di varie civiltà, fra cui quella dei Dauni, dei Greci, degli Illiri, dei Romani, fino all’arrivo dei Longobardi e dei Normanni in terra micaelica. Di tutto ciò le opere di Salvatore Marchesani conservano, facendo proprio questa tradizione culturale locale, una dimensione ideale di civiltà mediterranea, in quanto il Gargano ne rappresenta il simbolo e la terra di unione fra l’Oriente e l’Occidente, tanto da essere considerato un ponte e, quindi, trade union fra questi due mondi. Città che conservano ancora il loro legame con il passato, ma che non rinunciano il presente, per costruire il futuro. In questo caso, un artista come Salvatore Marchesani, originario di San Giovanni Rotondo,  diplomatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia, e dopo varie esperienze nel campo artistico, con varie Mostre tenute in tutta Italia,  non rinuncia alla sua identità e alla sua cultura mediterranea, che oggi noi riusciamo a cogliere nelle sue opere e nei paesaggi delle città garganiche, viste attraverso due dimensioni: la terra e il mare, due entità protese verso l’ignoto, quello stesso che hanno provato tutti coloro che si sono diretti dall’Oriente verso l’Occidente e quindi verso il Gargano, per costruire il nuovo mondo che è stato la Magna Grecia. Di tutto Ciò Salvatore Marchesani riesce a carpirne i segreti, la forza propulsiva dei luoghi e, quindi, di un borgo o città che nasce e  vive della sua essenza identitaria, che è la stessa dell’uomo del Gargano, proteso verso l’orizzonte del mare.

Salvatore Marchesani da anni va alla ricerca di questa nuova dimensione identitaria, che dà vita e significato alle sue opere e, quindi, ai suoi paesaggi, cogliendo in ognuno di essi l’anima del luogo e, quindi, specie per quanto riguarda i centri storici, l’aspetto identitaria della loro architettura e del loro essere per la vita, sempre nel rispetto reciproco fra la salvaguardia dei luoghi e la presenza dell’uomo come elemento di vita e di sopravvivenza. Afferma a tale proposito Nicola Cisternino, musicista e artista, docente di Arti e Musiche Contemporanee presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia: “La Pittura per Salvatore Marchesani è un processo continuo di messa a fuoco dello sguardo che si poggia sulla realtà, un affinamento sottile delle qualità della visione che dall’invischiamento della terra-materia e del mystum informale, si apre liricamente alle geometrie dell’ottica dello sguardo riconoscendo nel paesaggio e nelle nude architetture carsiche quella nascita al mondo, continua e perenne che l’occhio dona agli esseri viventi, e agli umani per primi”. Così come Giovanni Scarale riesce a vendere nelle opere del nostro artista “paesaggi d’anima, fondi e controfondi di verità, che il pittore rielabora trascrive sulla tela. Si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un misticismo all’ingiù, un misticismo che non si acquista inebriati di cielo e di sole, ma schiacciando figure e movimenti fino alla loro nullificazione sotto la spinta di una verità non più dilazionabile”. Infatti Salvatore Marchesani, nelle sue opere, rievoca, attraverso uno stile che va oltre la realtà e, quindi, il visibile, il mistero dell’uomo che diventa tale attraverso la rappresentatività dei suoi paesaggi urbani, tanto da creare un processo creativo del fare “casa” e, quindi, una continua ricerca di quell’identità fra luogo e cultura, fra luogo e anima, fra luogo e daimon. “Un Gargano, come diceva Pasquale Soccio, segreto, di cui l’uomo è una sua zolla vivente e vagante, nato dal bisogno di un colloquio con la terra, al fine di comprenderla o meglio comprendere se stesso in momenti essenziali, decisivi, riassuntivi della propria vita…Io non so dove il Gargano abbia il suo cuore, dove il segreto della sua e della mia vita, considerandomi raminga particela, irrequieta zolla da lui distaccarsi e vagabonda, impegnata nel vento della vita. E se error vario mi svia, qui ogni volta mi ritrovo, riconosco il volto della mia patria antica”.

Salvatore Marchesani da anni va alla ricerca di questa nuova dimensione identitaria, che dà vita e significato al rapporto fra il luogo stesso e la necessità di andare oltre, verso un futuro che diventa ricerca dell’eternità, non solo dell’uomo, ma soprattutto dell’anima del luogo stesso. Parlavo prima dei sacri riti della pietra, di cui ogni città è l’espressione più alta, come del resto tutta la cultura e la civiltà greco-romana è fondata sulla pietra, di cui l’arte ne ha sublimato l’esistenza e i significati. Si veda a tale proposito le costruzioni dei templi, derivanti dai culti pagani, le fortezze, i castelli, le chiese, le abbazie e, poi, le case che hanno formato l’intero assetto urbano delle città. Di tutto ciò l’arte di Salvatore Marchesani ne è l’espressione e l’essenza, tanto da soffermarsi, in maniera ossessiva, sulla simbologia e sulla rappresentatività della casa, con la sua architettura e l’assetto urbano, da cui deriva, come abbiamo detto, la civilizzazione dell’uomo e l’essenza stessa dell’identità culturale di ogni popolo. La pietra e, quindi, la casa, come elemento fondativo della costruzione della vita, simbolo dell’uomo che diventa padrone della Madre-Terra, immagine di stabilità, di equilibrio, di bellezza, di compiutezza e di durata, paradigma dello spazio e del territorio dove l’uomo vive e progredisce.  Del resto il rapporto fra l’uomo e l’ambiente, fra l’Uomo e la Natura,  è stato quasi sempre al centro del processo di umanizzazione, tanto da influire positivamente, non solo sull’evoluzione sociale e culturale dell’uomo, quanto sulla sacralità stessa dei luoghi in cui il sacro, attraverso i suoi templi e le sue cattedrali,  si è manifestato, divenendo così un elemento di conoscenza del territorio stesso. Questo rapporto è stato tanto più forte e completo, quanto più il luogo sacro, come nel caso dei paesi del Gargano, fra cui Monte Sant’Angelo,  era in una posizione elevata, tale da  considerarla, fin dall’antichità, la Montagna Sacra. Una Montagna Sacra da cui ha origine quel processo sincretico fra paganesimo e cristianesimo, e la sconfitta dei culti pagani, fra cui quello di Diomede, di Calcante e Podalirio, di Giove Dodoneo, di Giano, di Mitra e le origini e lo sviluppo, nel V sec. d. C.,  del culto di San Michele sulla Montagna Sacra del Gargano.

Salvatore Marchesani, con la sua arte, ne rappresenta  lo spirito e la forza identitaria dei luoghi del nostro Gargano. Ciò che molti altri nostri scrittori e poeti hanno visto e trascritto, fra cui  Corrado Alvaro, Giuseppe Ungaretti  e, come abbiano visto, il nostro conterraneo Pasquale Soccio.

Scrive Corrado Alvaro, nell’ambito del suo Itinerario italiano, a proposito della  meraviglia dell’architettura spontanea di I  costruttori del Gargano: “Vi sono popoli che hanno un talento istintivo e storico per l’architettura. E si capisce per quelli che hanno da celebrare una potenza e da attestare una forza. Ma s’immagina difficilmente un gruppo di pastori e di contadini che porti una preoccupazione architettonica nella sua abitazione, nel suo forno, nel suo rifugio di montagna... Tutto quello che si scopre, dalle valli asciutte alle cime, è una immane opera di muri a secco che sostengono le terrazze degli ulivi, dei mandorli, delle vigne, del grano”. Lo scrittore viene, poi, colpito dagli enormi comignoli “dalle forme più bizzarre (a toppone, a elmo, a turbante,...) dalla grande perizia degli artigiani e muratori, che hanno riversato la loro forza in queste case dall’architettura più fantastica e mirabile. E proprio questi artigiani muratori. Hanno il genio dell’architettura come in altri, non più molti, paesi d’Italia; e davanti alla loro città costruita mirabilmente sullo scrigno del monte e su due valli, ci si può chiedere se, per avventura, tante invenzioni preziose d’architettura, non soltanto popolare, non vadano proposte a modello d’una moderna architettura povera di idee e pretensiosa, come è quella che ci propone stabilimenti balneari e palagi tutti del medesimo stile. Non esiste da noi un documento che metta sotto gli occhi l’arte di costruire una casa come fanno qui, a Ischia, a Positano, e in pochi altri luoghi, e che rappresenta la forma attraverso cui anni ed anni si raccomandano alla considerazione dei posteri. Arte di  fare scale, passaggi, portici, di risolvere problemi di pendenze, di prospettive, di variarle infinitamente. Arte di legare    gli uomini ai loro luoghi”.

Nel 1934 giunge sul Gargano Giuseppe Ungaretti, poeta e scrittore di fama internazionale, il quale, vangando nelle terre dell’Arcangelo, così scrive: “I contadini del Gargano vanno a cercare la loro terra avara col cucchiaino;  e quando trovano nel sasso un interstizio: giù quel granellino di terra. Sono arrivati così, conquistando un millimetro dopo l’altro, a rendere fruttuoso anche questo versante, e ora è tutto diviso a terrazze che fanno l’effetto di snodarsi sul suo dorso come lentissimi bruchi”.

Così come grande ammirazione e meraviglia il nostro conterraneo Pasquale Soccio, nel suo libro  Gargano Segreto,  così scrive: “Se  un occhio esperto, non sapendo dove si trova, lo chiedesse al cielo di un azzurro nettissimo e profondo, alla crudezza della luce, talora abbacinante, al grigio perla e viola dei monti, alle interminate pietraie, alle rocce, in alcuni punti convulsamente stratificate, alle pendici e alle allodole, gli rimarrebbe solo il dubbio di non sapere se essere nel Gargano o in Grecia. L’ulivo e il mandorlo continuerebbero l’inganno e non meno i bruni volti dei montanari, il loro sguardo, lampeggiante, indagatore e diffidente, e il riso delle donne pronto a notare il ridicolo delle cose e dello steso viaggiatore”. E ancora: “La conferma di questa identità greco-garganica, segreta o scoperta, più che sulle coste va ricercata nell’interno; sempre nel paesaggio montuoso, su alcune vette dove l’orizzonte ha per confine il mare e, ancor più, in alcune valli, nelle forre, nei burroni senza fondo, nei greti aridi dei torrenti, dove un acquazzone passa come una battaglia perduta. Qui “tutto è antico, fermo e incantato: tumultuanti memorie in un silenzio disumano” direbbe un poeta d’oggi”.  Per poi giungere a identificarsi con le stesse pietre del Gargano, tanto da scrivere: “Intensamente io guardo e contemplo questo mare di pietre, questo deserto dell’anima. Scopro le origini della mia patria antica attraverso l’infusorio, il protozoo, il mollusco, con valve e conchiglie, divenuti pietre. Ritrovo la scabra, scontata essenzialità del carattere mio e della mia gente. Mi riconosco, “debole vita che si lagna”, dolente coscienza effimera di queste pietre”.

Tutto ciò lo ritroviamo nell’arte e nelle opere di Salvatore Marchesani, il quale si chiede: Sul Gargano, nei suoi borghi, nelle sue case a schiera, nei centri storici dove predomina l’architettura spontanea, il tempo si è fermato e, nello stesso tempo, si è fatto pietra, tanto da immedesimarmi con essa, in questo processo di pietrificazione, che diventa forza virile, dove si nasce e dove si muore, accettando qualsiasi condizione umana, grato di essere stato qui collocato dalla sorte, nascendo”. La sacralità della pietra e, quindi, della casa, è da ricondurre alla sua stessa origine uranica, alla sua incorruttibilità fisica, al suo essere presenza dominante e permanente del paesaggio, all’idea di solidità, di durata e di resistenza cui è associata, alla sua “alterità”. «Ogni pietra – ha scritto Marguerite Yourcenar nelle sue Memorie di Adriano (1981:77) – rappresenta il singolare conglomerato d’una volontà, d’una memoria, a volte di una sfida. Ogni edificio sorge sulla pianta di un sogno». E oggi, pare che il nostro artista Salvatore Marchesani, dica “Questo è il mio Gargano, il mio Gargano Onirico, dove ognuno di noi cerca di realizzare le sue aspettative di vita e i suoi sogni”.

“Moving Ideas” IV edizione è  targata Rossocinabro, a cura di Cristina Madini, con opere recenti di artisti internazionali. Moving Ideas è un evento ufficiale inserito nella Rome Future Week.

La mostra è visitabile dall’8 al 22 settembre 2023, dal lunedì al venerdì, dalle ore 11:00 alle 17:00. Venerdì 15 settembre incontro con gli artisti.

È il desiderio di condividere un percorso nel contemporaneo, senza forzare una lettura univoca. La volontà di creare un dialogo con i visitatori, un confronto continuo, senza imbalsamare le opere in una lettura che resti immutata. Un “work in progress”, poiché ci impegniamo quotidianamente, e continueremo nel futuro, ad accogliere e testimoniare i nuovi percorsi che l’arte d’oggi va esprimendo nella sua evoluzione; percorsi che obbligano gli artisti a misurarsi con nuovi punti di vista, con nuovi materiali, con nuovi processi mentali, con il senso di una società in cui la velocità del cambiamento non permette ritmi più lenti di riflessione sulla realtà.

Artisti sede Hub Impact Roma

Toni Altenstrasser, Ayuna, Sergio Belo, Elisabetta Borgognoni, Benedetta Dell’Uomo, Fadiese, Romana Hostnig, Alexandra Kordas, Mario Manuel, Indi Bella Pajonk, Masayo Sakai, Sonia Salvetti  

Artisti sede Rossocinabro

Kimberly Adamis (USA), Laura Casini (Switzerland),  Walter Bohm (Italia),  Mariana Branco (Brazil), André Colinet (Belgium), Lidija Commeça (Germany), Alessio Costantini (Italia), Shahi Dayekh (Lebanon),  Fadiese (France), Fina Ferrara (Mexico), GetFreaky (Taiwan), Aurélie Goarzin (La Reunion), Jo Going (USA), GusColors (USA), Jennifer Boyuan Han (China), Corina Karstenberg (The Netherlands), Monika Katterwe (Germany), Tommi Ketonen (Finland), Rebeccah Klodt (USA), Sunim Koh (South Korea), Kirsten Kohrt (Germany), Chikara Komura (Japan), Lettice Lang (UK), Anya Lauchan (UK),  Fiona Livingstone (Australia), Paul Scott Malone (USA), Denitsa Mihaylova (Bulgaria), Cox Nathanael (USA), Yuri Okada (Japan), Pawel Opalinski (Poland), Sally Ponce Enrile (Philippines), Jean-Paul Soujol Benedetti (France), Christophe Szkudlarek (France), Taka & Megu (Japan), Josefina Temin (México), Kai-Yen Tu (Taiwan), Mariёlle Vroemer (The Netherlands), Pu Wei (China), Sodoma Xia (UK)

Sul web

https://tapropane.com/moving-ideas-4/

https://www.rossocinabro.com/exhibitions/exhibitions_2023/243_RFW.htm

Chi siamo

Tapropane presenta mostre curate su temi rilevanti ed emozionanti nel contesto della cultura creativa contemporanea. Ci impegniamo a rendere l'arte contemporanea accessibile a tutti. Ci sforziamo di presentare progetti in spazi fisici e digitali che siano coinvolgenti, illuminanti ed educativi per un pubblico eterogeneo.

The Tapropane Ltd, è una società londinese.

Rossocinabro con 15 anni di esperienza ha già esposto opere di illustri artisti Annamaria Biagini, James Barsness, Sophokles Koutris, Concetto Pozzati, Giuseppe Teobaldelli, Vincenzo Vavuso... Collaboriamo con Sky Arte, Rai 3, Artribune, AMACI (Associazione Musei d'Arte Contemporanea Italiana), Rome Art Week, e continuiamo il lavoro in prima linea nella scena artistica internazionale e dell'UE.

La galleria è situata nel centro storico di Roma, vicino a Via Veneto e al Parco di Villa Borghese, ed è in prossimità dei principali servizi di viaggio, tra cui le stazioni della metropolitana Castro Pretorio e Repubblica.

Rossocinabro
Via Raffaele Cadorna 28
00187 Roma Italia
www.rossocinabro.com

HUB IMPACT ROMA
Via Palermo 41
00184 Roma

 

 

Sarà inaugurata il 25 Agosto presso lo spazio espositivo Antiquarium di Centuripe la mostra LA GUERRA IN CASA. L’Operazione Husky a Regalbuto, Catenanuova e Centuripe (luglio-agosto 1943) che resterà aperta al pubblico fino all’8 gennaio 2024. La mostra, curata da Angelo Plumari con la collaborazione di Paolo Valvo, è stata resa possibile grazie al contributo dell’Assessorato Turismo, Sport, Spettacolo della Regione Siciliana, alla sponsorizzazione di Aircomm, a un protocollo di intesa stipulato tra i Comuni di Centuripe, Catenanuova, Regalbuto, l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione De Gasperi e un accordo di collaborazione tra il Comune di Centuripe e Il Parco Archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci. L’esposizione mira a ricostruire, attraverso documenti del tempo, piante, testimonianze, video, foto, reperti e cimeli storici gli eventi accaduti nel territorio nord della provincia di Enna, che sono stati determinanti per la conquista della Sicilia da parte degli alleati durante la Seconda Guerra mondiale.

INGRESSO GRATUITO

L’ottantesimo anniversario dello sbarco angloamericano in Sicilia e della successiva occupazione militare dell’isola (“Operazione Husky”, 9 luglio-17 agosto 1943), che ha conosciuto nei comuni di Centuripe, Catenanuova, Regalbuto, Agira e Troina alcune delle sue pagine più cruente e strategicamente decisive, rappresenta un’occasione privilegiata per promuovere presso un pubblico ampio la conoscenza dell’entroterra ennese e della sua storia, anche in un’ottica di slow tourism, e allo stesso tempo per riflettere (in un periodo storico in cui la guerra è purtroppo tornata a bussare alle porte dell’Europa) sulle conseguenze del conflitto per la popolazione civile, nell’ottica di favorire la costruzione di percorsi di pace e di una cultura dell’incontro e del dialogo tra i popoli.

Muovendo da queste premesse, i Comuni di Centuripe, Catenanuova e Regalbuto hanno deciso di unire le proprie forze per valorizzare le innumerevoli testimonianze materiali e immateriali dell’Operazione Husky presenti nei rispettivi territori, al fine di consolidare una memoria diffusa degli eventi legati allo sbarco e di contribuire all’educazione civile con un’iniziativa qualificata di Public History. Per realizzare questo ambizioso obiettivo, hanno deciso di avvalersi della consulenza scientifica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e della Fondazione De Gasperi, nel quadro di un accordo di collaborazione che vede queste realtà impegnate fino alla fine del 2024 nel realizzare progetti di valorizzazione culturale e turistica del territorio sulle orme della battaglia di Sicilia. Alla mostra saranno associati degli itinerari turistici nel territorio dei tre Comuni, in sinergia con altre iniziative nazionali e internazionali già avviate nell’entroterra ennese (come l’itinerario canadese The Walk for Remembrance and Peace).

Per Angelo Plumari, curatore della mostra: “La Campagna di Sicilia appare come un passaggio fugace rispetto agli atroci avvenimenti che hanno caratterizzato la Seconda Guerra mondiale. Solo 38 giorni di battaglie, che hanno tuttavia rappresentato per chi li ha vissuti un trauma indelebile, trasmesso in vari modi a noi generazioni successive. La Mostra, con i suoi contenuti, vuole essere un’occasione per ‘vedere’ e ‘raccontare’ questa pagina di storia del nostro territorio. Un’occasione preziosa per ‘commemorare’, cioè ‘fare memoria insieme’, una memoria che avrà valore se, trattando di guerra, ci darà l’occasione di coltivare la pace dentro ognuno di noi e tra noi”.

Grazie ai prestiti del Museo della Memoria (Modica), del Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci-Museo Archeologico Regionale di Centuripe e del Museo storico dello sbarco in Sicilia 1943 (Catania) i visitatori della mostra potranno vedere riuniti, per la prima volta, uniformi originali dei reparti coinvolti, suppellettili militari e altri reperti rinvenuti sul campo nell’ambito di ricerche archeologiche di superficie condotte dalla sede di Catania del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Gli oggetti esposti saranno accompagnati dalle esclusive riprese video e dalle fotografie realizzate nel territorio dei tre Comuni dalle truppe angloamericane, oltre che dalle testimonianze dei civili che sono sopravvissuti alla battaglia e ai bombardamenti che l’hanno preceduta e accompagnata. Un’esperienza immersiva nel passato, per costruire il presente e il futuro all’insegna della pace.

«L’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione De Gasperi hanno deciso di contribuire in modo significativo alla valorizzazione di un territorio le cui immense potenzialità – dal punto di vista storico, archeologico e naturalistico – sono ancora in buona parte da esplorare. All’origine di questo coinvolgimento vi sono, da un lato, la consapevolezza della centralità che gli eventi del luglio-agosto 1943 hanno avuto nel porre le basi della ricostruzione democratica dell’Italia e del suo collocamento internazionale nel dopoguerra e, dall’altro lato, la convinzione che la disseminazione del patrimonio culturale materiale e immateriale di un territorio sia un elemento chiave anche per il suo sviluppo sociale ed economico. La mostra che è stata realizzata grazie alla partecipazione fattiva di tutti gli enti coinvolti è un piccolo ma significativo passo in questa direzione», afferma il prof. Paolo Valvo, docente di Storia contemporanea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Soddisfazione per l’iniziativa esprime Giuseppe D’Urso, Direttore del Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle della Aci, ente gestore del Museo archeologico regionale di Centuripe. “Il Parco, a seguito di un accordo con il Comune, partecipa all’iniziativa con una significativa selezione delle testimonianze materiali della battaglia custodite presso i depositi del Museo. I reperti in mostra, recuperati attraverso prospezioni archeologiche e pertanto di notevole valore documentario e storico per la ricostruzione delle operazioni belliche nel territorio centuripino, costituiscono una testimonianza da valorizzare e fruire dal punto di vista scientifico e culturale al fine di consolidare una memoria diffusa degli eventi legati allo sbarco e al tempo stesso promuovere il territorio”.

Soddisfazione anche per il Sindaco di Centuripe Salvatore La Spina che sottolinea: “per il terzo anno consecutivo il Comune di Centuripe è riuscito ad organizzare una mostra di alto valore. Se negli anni passati abbiamo ospitato la grafica di artisti Europei e i grandi pittori italiani del Novecento, quest’anno, in occasione dell’ottantesimo anniversario dello sbarco degli alleati e dell’occupazione della Sicilia, non potevamo non organizzare un evento che potesse ricordare un momento così importante, svoltosi proprio nel nostro territorio e che è stato fondamentale per la nascita dell’Europa contemporanea. Per la riuscita di questa importante mostra un ringraziamento va al curatore Angelo Plumari, a Paolo Valvo, al Comitato Scientifico, ai Sindaci di Catenanuova e Regalbuto, all’Università Cattolica del Sacro Cuore, alla Fondazione De Gasperi, alle associazioni di Centuripe e agli Enti prestatori. Un ringraziamento di cuore, infine, all’Assessorato Turismo, Sport, Spettacolo della Regione Siciliana e ad Aircomm, senza i quali non sarebbe stato possibile realizzarla”.

La mostra sarà aperta al pubblico dal 26 Agosto 2023 all’8 gennaio 2024 e sarà visitabile dal martedì alla domenica dalle ore 9 alle 14 ad ingresso gratuito, per informazioni su orari e visite consultare il sito www.centuripecittaimperiale.it o rivolgersi all’Ufficio Turistico di Centuripe allo 0935 919480 o scrivere alla seguente e mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Grazie al protocollo di intesa due mostre parallele saranno allestite a Catenanuova, presso le Vasche Storiche in piazza Guglielmo Marconi a partire dall’11 settembre 2023 (info per l’orario delle visite tel. 3451619405) e a Regalbuto, presso il Chiostro degli Agostiniani in piazza Vittorio Veneto che resterà aperta tutti i giorni dalle 16.00 alle 19.00 fino al 30 settembre 2023. Nelle due sedi i visitatori potranno ammirare testimonianze fotografiche dei momenti più violenti e significativi che hanno vissuto i territori durante lo scontro tra le truppe alleate e quelle tedesche.

 

SCHEDA TECNICA SERVIZI E MOSTRA

Patrocinio

Regione Siciliana Assessorato Turismo, Sport, Spettacolo                                                            

Enti promotori

Comune di Centuripe

Comune di Regalbuto

Comune di Catenanuona

Università Cattolica del Sacro Cuore

Fondazione De Gasperi

Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci

Titolo

LA GUERRA IN CASA. L’Operazione Husky a Regalbuto, Catenanuova e Centuripe (luglio-agosto 1943)

Sede espositiva

Antiquarium Comunale         

Periodo della mostra                

26 Agosto 2023 - 8 gennaio 2024

Cura della mostra

Angelo Plumari con la collaborazione di Paolo Valvo

Coordinamento Scientifico 

Martina Bacigalupi (FDG), Daniele Bardelli (UCSC), Mireno Berrettini (UCSC), Giacomo Biondi (CNR), Massimo de Leonardis (UCSC), Paolo Valvo (UCSC)

 Organizzazione della Mostra

Giuseppe Biondi, Giulia Falco, Giorgia Graziano, Salvatore Grifò, Antonio Impellizzieri, Salvatore La Spina, Vittorio Angelo Longo, Sefora Sanfilippo, Gaetano Scornavacche, Simona Crimi, Alessia Catania, Pro Loco Centuripe

inaugurazione

25 Agosto 2023, ore 18

Prezzo biglietto                        

Ingresso gratuito

Orario

Martedì – domenica, ore 9.00 – 14.00  

Chiuso il lunedì, 25 Dicembre, 1 Gennaio             

Servizio visite guidate

A cura del Servizio Civile Universale

informazioni e prenotazioni mostra

Centuripe Nostra

Ufficio turistico P.zza Lanuvio 28

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

0935 919480

Sito web

www.centuripecittaimperiale.com

Instagram: AntiquariumCenturipe
Facebook: Antiquarium Centuripe

Grande successo al Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino per la mostra personale “Contenitore di mistero” dell’artista pugliese Ramona Palmisani: Museo aperto anche il 15 agosto.

Particolarmente apprezzata dal pubblico la mostra “Contenitore di mistero” di Ramona Palmisani, allestita nella Sala del Loggiato del Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino e visitabile fino al 15 agosto (il museo resterà aperto anche il 14 e 15 agosto con chiusura posticipata al 16).

Un evento organizzato dalla direzione del Mansc in collaborazione con l'assessorato alla Cultura del Comune di Montesarchio, guidato da Morena Cecere.

“Ospitiamo con piacere l’artista Ramona Palmisani – commenta l'assessore alla Cultura – con una mostra che si inquadra in un percorso di valorizzazione culturale in continuità con altre iniziative attivate nel tempo e che vede il Museo come centro di produzione culturale, affiancando alle opere e ai reperti importantissimi presenti, di volta in volta, anche mostre ed eventi che ne impreziosiscono ulteriormente l'offerta”.

E il direttore del museo Vincenzo Zuccaro dichiara: “La mostra di Ramona Palmisani "Contenitore di mistero”, allestita nella sala del loggiato all'ingresso del percorso espositivo del Museo archeologico nazionale del Sannio Caudino, si inserisce nell'ambito delle iniziative di promozione e valorizzazione che il MANSC ha promosso nell 'ultimo biennio in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Montesarchio. L'esposizione dell'artista pugliese inaugurata lo scorso 28 luglio e visitabile fino al 15 agosto, conferma inoltre il ruolo di centro di produzione culturale del Museo nella valle caudina e nell'intero Sannio”.

Inoltre il 10 agosto è rientrato al Museo il vaso di Assteas, famoso cratere definito il più bello del mondo, elemento identitario del Museo e del Sanniocaudino che sarà di nuovo esposto nelle sale dopo la trasferta a Roma.

Da Robert Mapplethorpe a Cecily Brown, da von Gloeden a Nathaniel Mary Quinn fino alla quarta edizione del premio Rinascimento e la grande mostra di Depero a Palazzo Medici-Riccardi.

Dal 29 settembre all’8 ottobre 2023 Firenze torna a essere capitale del contemporaneo grazie alla Florence Art Week, la settimana dell’arte giunta quest’anno alla sua terza edizione.

In occasione di questo importante appuntamento, il Museo Novecento organizza un ricco calendario di eventi con mostre di altissimo livello scientifico e di carattere innovativo, ponendosi ancora una volta al centro della programmazione culturale fiorentina e a livello nazionale e internazionale.

Si inizia il 23 settembre con Beauty and Desire, omaggio a uno dei maggiori esponenti della fotografia del Novecento, Robert Mapplethorpe (New York, 1946 – Boston, 1989), in un confronto inedito con gli scatti di Wilhelm von Gloeden e una selezione di fotografie dall’archivio Alinari. Quarant’anni dopo la grande mostra del 1983, che fece conoscere proprio a Firenze l’opera di Mapplethorpe, tornano a farsi ammirare le immagini del celebre fotografo newyorkese con un progetto organizzato con il fondamentale contributo della Robert Mapplethorpe Foundation e della Fondazione Alinari per la Fotografia.
La mostra – a cura di Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento, assieme a Eva Francioli e Muriel Prandato – è la seconda grande mostra del museo dedicata alla fotografia, pratica che ha rivoluzionato la storia dell’arte a partire dall’Ottocento. Ospitata negli spazi espositivi al primo e al secondo piano del Museo Novecento, Beauty and Desire trae spunto da un nucleo consistente di opere che mette in luce l’intensa produzione artistica di Mapplethorpe, sottolineando il legame della sua ricerca con la classicità, nonché il suo approccio scultoreo al mezzo fotografico, reso evidente tanto nello studio del nudo maschile e femminile, quanto nella natura morta. A partire da questo focus, il lavoro di Robert Mapplethorpe è messo a confronto con alcune fotografie risalenti alla fine dell’Ottocento e agli inizi del Novecento, provenienti dagli Archivi Alinari. Fra queste, assumono uno speciale rilievo alcune immagini del barone Wilhelm von Gloeden (Wismar, 1856 – Taormina, 1931), tra i pionieri della staged photography. Uno dei tratti distintivi delle atmosfere che animano le composizioni di von Gloeden è proprio il richiamo al passato, concepito quale inesauribile bacino di soggetti e suggestioni: un segno stilistico unico, che lo rende ancora oggi un’icona.

Dal 30 settembre, le sale al piano terra del Museo Novecento tornano a ospitare un focus sulla pittura contemporanea presentando le opere di una delle sue più talentuose esponenti, la pittrice inglese Cecily Brown, nata a Londra nel 1969 e residente a New York dal 1994, che più di ogni altra ha saputo reinventare il rapporto tra l’arte contemporanea e la grande arte figurativa dei secoli scorsi. Protagonista in questo recente periodo di una mostra personale al Metropolitan Museum di New York, l’artista espone i suoi lavori per la prima volta a Firenze al Museo Novecento e in Palazzo Vecchio, in quella che si preannuncia come la mostra più sofistica ed emozionante dell’anno. Il progetto, a cura di Sergio Risaliti, raccoglie oltre trenta lavori, tra cui dipinti e opere su carta, per lo più inediti, nati da una riflessione attorno alle Tentazioni di Sant’Antonio, soggetto ampiamente indagato dagli artisti nel passato, da Michelangelo Buonarroti a Hieronimus Bosch, da Paul Cézanne a Odillon Redon.
Il titolo scelto da Cecily Brown per questa mostra fiorentina, Torments, Temptations, Trials and Tribulations, evoca la vita di ascesi, battaglie spirituali e privazioni del Santo – primo fondatore della vita monastica e padre spirituale degli anacoreti – le cui storie e vicissitudine sono state raccontate nella Vita Antonii, pubblicata nel 357 circa da Atanasio vescovo di Alessandria. In via del tutto eccezionale verrà esposta, nella cappella al piano terra del Museo Novecento, una versione su tavola di epoca rinascimentale delle Tentazioni di Sant’Antonio, di collezione privata, che, come quella già attribuita al giovane Michelangelo – oggi conservata al Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas e databile tra il 1487 e il 1489 –, deriva dalla medesima incisione di Martin Schongauer.
Il progetto espositivo prosegue nel Museo di Palazzo Vecchio dove, all’interno del Camerino di Bianca Cappello, amante del Duca Francesco I de’Medici, Cecily Brown presenta una sola tela, esercizio di presa di coscienza di diversi livelli di realtà e visibilità. Anche in questo caso l’opera si distingue in un perfetto equilibrio tra vitale profusione, disegni e colori, e una sottostante struttura narrativa e iconografica con la quale l’artista parla della storia e della vita.

Il denso calendario espositivo prosegue con le ultime tappe del progetto che Nico Vascellari ha ideato per la città di Firenze. Melma si dispiegherà a ottobre in diversi interventi tra alcuni dei luoghi più prestigiosi del patrimonio storico-artistico della città. Piazza della Signoria, Palazzo Vecchio e il Museo Novecento ospiteranno una serie di opere, tra cui una nuova installazione per l’Arengario, una perfomance site-specific ideata dall’artista per il Salone dei Cinquecento e una serie di lavori nella sede delle ex-Leopoldine, tenendo conto del peculiare rapporto tra Rinascimento e contemporaneità, tra lo spazio pubblico della piazza e il luogo politico per eccellenza rappresentato dal Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio.
In Piazza della Signoria, dopo gli interventi di Koons, Fabre, Fischer e Vezzoli realizzati negli anni passati, l’arte contemporanea torna a essere protagonista. Fioretti è l’installazione site-specific pensata da Vascellari per l’Arengario di Palazzo Vecchio: un’azione poetica e delicata allo stesso tempo, ispirata tanto alle immagini rinascimentali – come quelle del prato fiorito del Botticelli – quanto ai versi di Poliziano e di Pasolini. Il titolo dell’opera è da intendersi nella triplice accezione del termine “fioretto”, come arma, atto di rinuncia e piccolo fiore. L’installazione sarà inaugurata il 3 ottobre 2023. Nella stessa giornata, Vascellari darà vita ad Alessio, una performance pensata per il Salone dei Cinquecento che riflette sulle convenzioni e i codici della comunicazione non verbale. Infine, il 4 ottobre al Museo Novecento sarà presentata una selezione di video realizzati dall’artista negli ultimi anni, con una mostra a cura di Stefania Rispoli.

Il 5 ottobre il chiostro del Museo Novecento ospiterà l’opera di Namsal Siedlecki (Greenfield, 1986). Il lavoro di Siedlecki indaga la natura processuale e trasformativa dei materiali concentrandosi prevalentemente sulla pratica scultorea. Le sue opere, che spesso uniscono la maestria artigianale alle più moderne tecnologie, sono concepite come oggetti in evoluzione che rendono omaggio alle infinite possibilità della forma. La sua mostra monografica al Museo Novecento, curata da Sergio Risaliti e Stefania Rispoli, è concepita come un’installazione site-specific nel chiostro rinascimentale dell’edificio, interpretato come un vero e proprio ventre all’interno del quale energia e materia continuamente si rigenerano.

Sulla scia di questi eventi, il 7 ottobre aprirà al pubblico Split Face, la mostra di Nathaniel Mary Quinn (Chicago, 1977) artista noto per i suoi ritratti pittorici realizzati con uno stile che richiama la scomposizione e il collage tipici delle avanguardie storiche. La prima monografica dell’artista in Italia e a Firenze coinvolgerà il Museo Stefano Bardini e il Museo Novecento, offrendo al pubblico la possibilità di conoscere una serie di dipinti inediti o di recente produzione accanto alle opere della ritrattistica rinascimentale fiorentina e dei maestri del Novecento italiano. Insieme ai capolavori di Donatello, del Pollaiolo, dei Della Robbia, Tiepolo, Felice Casorati, Virgilio Guidi, Carlo Levi e molti altri, verranno presentate oltre quindici opere dell’artista provenienti dal suo studio e da alcune prestigiose collezioni pubbliche e private. Come nelle passate incursioni di John Currin, Gleen Brown, Luca Pignatelli, Anj Smith, Emiliano Maggi e Rachel Feinstein, la direzione artistica del Museo Novecento rinnova e ripropone il dialogo tra una delle ricerche più avanzate in campo figurativo, come quella di Mary Quinn, e il Museo Bardini, la cui collezione e sistemazione museologica è il frutto di una passione eclettica per l’arte classica, medioevale e rinascimentale, come è stata quella del mercante e collezionista Stefano Bardini.
I ritratti di Nathaniel Mary Quinn, a tratti grotteschi e mostruosi, sono realizzati con una meticolosa attenzione ai particolari, un’eccezionale qualità e tecnica pittorica e un’attitudine all’iperrealismo e al cartoon. Tutti questi aspetti, uniti a una forte carica e tensione espressiva, creano un senso di disorientamento e confusione in chi guarda. I volti sembrano ritagliati, come immagini fatte a pezzi e poi ricombinate, per corrispondere nelle intenzioni dell’artista al volto del ritrattato. Tutto il suo lavoro è autobiografico, Quinn mescola una narrazione personale, fatta di persone ed eventi a lui vicini, a immagini tratte da riviste, fumetti o fotografie trovate; accosta riferimenti alla tradizione figurativa, dal Modernismo in poi, alla cultura visiva più contemporanea, unendo low and high culture. Il suo linguaggio si nutre anche di esperienze in campo musicale e letterario, e pone ancora una volta al centro del fare artistico il montaggio, il “taglia e cuci”, sperimentato tanto nell’arte che nella moda dalle avanguardie del Novecento. In definitiva Mary Quinn ci mette di fronte alla realtà contemporanea, al modo in cui ci viene comunicata e ne facciamo esperienza, a come ci costruiamo e rappresentiamo la nostra vita e quella degli altri.

A coronare questa costellazione di eventi, il premio Rinascimento +, giunto alla sua quarta edizione, che torna a essere il protagonista in occasione della Florence Art Week. Nella città dei Medici, cui si riconosce il primato nella storia del collezionismo e mecenatismo, si rinnova la passione per l’arte e il sostegno agli artisti, sancito da questo prestigioso riconoscimento internazionale che viene consegnato a eminenti personalità del sistema dell’arte che hanno saputo nutrire lo sviluppo e la diffusione dell’arte contemporanea. La cerimonia avrà luogo venerdì 6 ottobre nella Sala Luca Giordano di Palazzo Medici Riccardi. I premiati di questa quarta edizione sono Laura Colnaghi, Danna e Giancarlo Olgiati, Franca e Lorenzo Pinzauti, Giorgio Fasol, Nicole SaiKalis Bay, Lorenza Sebasti e Marco Pallanti.

Sempre a Palazzo Medici Riccardi, il 28 settembre verrà gettata una nuova luce sull’opera di Fortunato Depero (Fondo, 1892 – Rovereto, 1960), indiscusso maestro dell’arte del Novecento, con una mostra promossa da Città Metropolitana di Firenze su progetto del Museo Novecento, con la curatela di Sergio Risaliti ed Eva Francioli e l’organizzazione di Mus.e.
Grazie all’individuazione di alcuni dei temi che hanno caratterizzato la sua produzione, saranno messi in evidenza il sottile nesso della sua figura e del suo lavoro con il territorio fiorentino. Il prodotto si inserisce nell’ambito delle iniziative della Florence Art Week, che già nell’edizione del 2022 ha visto esporre nelle sale di Palazzo Medici Riccardi un corpus di opere del XX e XXI secolo in un’ottica di valorizzazione delle collezioni civiche e di aggiornamento della critica e del pubblico su alcuni aspetti dell’arte recente ancora poco indagati. Grande rilievo, in tal senso, viene riservato alla pratica del disegno e alle sue molteplici declinazioni, oltre che al complesso rapporto che lega da sempre la città di Firenze alle arti, nonché a quella dei lavori su tessuto, come gli splendidi arazzi di cui verranno presentati in mostra alcuni esemplari di grandi dimensioni come Cavalcata Fantastica e Due Maschere Tropicali.
Nello specifico, la mostra consentirà di presentare per la prima volta a Firenze l’opera di Depero, che ha saputo coniugare l’elemento popolare a una fervida immaginazione figurativa, la grafica da fumetto a quella dei cartoni animati, temi della contemporaneità a motivi tradizionali come quello del cavallo, che attraversa la storia dell’arte fin dall’antichità. Il progetto prende avvio dalla presenza, nelle collezioni del Museo Novecento, di Nitrito in velocità (1932), capolavoro dell’artista parte delle collezioni civiche. Il dipinto fu donato dall’ingegnere navale Alberto Della Ragione al Comune di Firenze all’indomani della terribile alluvione del 1966, insieme a oltre 240 opere della sua celebre collezione. L’opera, rivelatrice di un’apertura di Della Ragione alle sperimentazioni delle avanguardie circoscritta alle esperienze del cosiddetto Secondo Futurismo, si offre come pretesto per una più ampia riflessione sul collezionismo e sui legami che si possono creare tra collezionista e artista.


CALENDARIO INAUGURAZIONI

- 23 settembre 2023 | Robert Mapplethorpe e Wilhelm von Gloeden. Beauty and Desire | Museo Novecento
- 28 settembre 2023 | Fortunato Depero. Cavalcata fantastica | Palazzo Medici Riccardi
- 30 settembre 2023 | Cecily Brown. Torments, Temptations, Trials and Tribulations | Museo Novecento e Camerino di Bianca Cappello a Palazzo Vecchio
- 3 ottobre 2023 | Nico Vascellari. Fioretti | Piazza della Signoria e Arengario di Palazzo Vecchio
- 3 ottobre 2023 | Nico Vascellari. Alessio | Salone dei Cinquecento, Palazzo Vecchio
- 4 ottobre 2023 | Nico Vascellari. Melma | Museo Novecento
- 5 ottobre 2023 | Namsal Siedlecki. Endo | Chiostro, Museo Novecento
- 6 ottobre 2023 | premio Rinascimento + | Sala Luca Giordano, Palazzo Medici Riccardi
- 7 ottobre 2023 | Nathaniel Mary Quinn. Split Face | Museo Stefano Bardini e Museo Novecento.

Ufficio stampa Museo Novecento Firenze e Lara Facco P&C.

Inaugurazione venerdì 08 settembre 2023 - ore 19:00 | esposizione 8 settembre – 10 ottobre 2023

Dal 8 settembre al 10 ottobre 2023, la Contemporanea Galleria d’Arte di Foggia, inaugura una mostra personale di Ugo Nespolo (Mosso, 1941), uno dei maggiori protagonisti dell’arte contemporanea. La mostra è curata dal gallerista Giuseppe Benvenuto.

Artista eclettico, vulcanico, mai scontato, che unisce un insaziabile appetito artistico e intellettuale alla grinta di chi ama fare le cose a modo suo. Un vero intellettuale a 360 gradi: pittore, scultore ceramista, designer, regista, filosofo, semiologo scrittore e tanto altro ancora. I suoi esordi nel panorama artistico italiano risalgono agli anni Sessanta, alla Pop Art, ai futuri concettuali e poveristi.

La mostra accoglie circa 20 opere, che attestano la ricchezza e la versatilità della produzione dell’artista, consentendo così, al pubblico pugliese la possibilità di avvicinarsi all’opera di Ugo Nespolo, artista tra i più interessanti ed affermati a livello internazionale.

Mai legata in maniera assoluta ad un filone, la produzione di Ugo Nespolo si caratterizza per un’accentuata impronta ironica, trasgressiva, per un personale senso del divertimento che rappresenta da sempre una sorta di marchio di fabbrica. Negli anni Sessanta Nespolo si appropria di un secondo mezzo di espressione il cinema in particolare quello sperimentale di artista Ai suoi film hanno dedicato ampie rassegne istituzioni culturali come il Centro Georgeus Pompidou di Parigi, il Philadelphia Museum of Modern Art, il Museo del cinema di Torino. Negli anni Settanta vince il prestigioso Premio Bolaffi, realizza il Museo, un quadro di dieci metri di lunghezza che segna l’inizio di una vena mai esaurita di rilettura scomposizione reinvenzione dell’arte altrui sperimentando anche nuove tecniche.

La ricerca del Maestro piemontese si muove sul terreno del dialogo, attraverso un confronto con la tradizione artistica e con l’universo iconografico della “civiltà dei consumi”. La sua opera, caratterizzata da cromatismi accesi e dalla scomposizione e ricomposizione delle immagini, appare come visione gioiosa e vitale di una contemporaneità, la cui bellezza è ravvisabile tanto nella realtà museale più blasonata quanto nelle vetrine delle nostre metropoli o nei protagonisti simbolici di questi tempi: i numeri.

Nespolo porta avanti la convinzione che l’arte debba immergersi completamente nella vita; ed è per questo che oltre ad essere pittore, scultore, scenografo e regista di corti d’autore, nella sua poliedrica produzione lo vediamo spaziare in diversi ambiti della realtà fino a sconfinare nel terreno del design e della pubblicità: note sono le sue collaborazioni con i marchi Campari, Toyota, RAI e Azzurra per l’America’s Cup. Ugo Nespolo nasce a Mosso (BI), si diploma all’Accademia Albertina di Belle Arti a Torino e si Laurea in Lettere Moderne. Nei tardi Anni Sessanta fa parte della Galleria Schwarz di Milano che conta tra i suoi artisti Duchamp, Picabia, Schwitters, Arman. La sua prima mostra milanese, presentata da Pierre Restany, dal titolo “Macchine e Oggetti Condizionali " - in qualche modo - rappresenta il clima e le innovazioni del gruppo che Germano Celant chiamerà “Arte Povera”.

Tutti i giorni incluso i festivi
ORARI: 10 – 13 / 16 – 20
Contemporanea Galleria d’Arte
Viale Michelangelo, 65 - Foggia

 

Dal 30 giugno al 15 ottobre 2023 | Palazzo Dosi Delfini | Piazza Vittorio Emanuele II - Rieti | In occasione dei Centenari Francescani, una mostra riunisce quaranta opere della grande artista sarda ispirate all’amore per il creato a cura di Sergio Risaliti e Eva Francioli.

Dal 30 giugno 2023 nelle sale di Palazzo Dosi Delfini a Rieti è aperta IL PANE DEL CIELO, mostra che raccoglie quaranta opere della grande artista Maria Lai (Ulassai 1919 – Cardedu 2013) in occasione delle celebrazioni per i Centenari Francescani, 1223 - 2023.

Ideata da Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento di Firenze, in collaborazione con l'Archivio Maria Lai e organizzata dall'Associazione Mus.e, la mostra, a cura di Sergio Risaliti e Eva Francioli, è stata commissionata dal Comitato Nazionale per l'Ottavo Centenario della Prima Rappresentazione del Presepe Greccio 2023, per rendere omaggio al "Poverello di Assisi" attraverso opere ispirate al creato e all'amore per l'altro, motivi ancestrali eppure di grande attualità, che illuminano la vita del santo e trovano una sensibile interpretazione nel lavoro dell'artista sarda.

"La mostra di Maria Lai, nella prestigiosa sede di Palazzo Dosi Delfini, cuore di Rieti, è la prima grande iniziativa espositiva di Greccio 2023, e ci porta dentro una riflessione sul "sacro contemporaneo", ispirato ai segni francescani così presenti in Valle Santa ma assolutamente universale. Il Pane del Cielo: il pane, se vogliamo, è questa Valle e la sua terra; il cielo invece è il nostro pianeta, è il dialogo di pace con tutti i popoli che lo abitano e si interrogano sul futuro". Lo precisa Paolo Dalla Sega, il manager culturale del Comitato Nazionale, Greccio 2023.

Artefice di una ricerca semplice e al contempo profondamente sperimentale, Maria Lai attinge a riti arcaici della sua terra, ai racconti e alla poesia dimessa del quotidiano, per dare corpo a un immaginario fantastico. Nelle sue opere, cariche di storie e di simboli, il divino e l'umano si fondono, rivelandosi con un linguaggio semplice e universale. Come gli insegnamenti di Francesco, le creazioni di Maria Lai sembrano interrogarci sul mistero dell'esistenza, guidandoci con infantile stupore tra le inesauribili meraviglie del mondo.

Il percorso affida a fragili creazioni in terracotta e pietre, stoffa e legno una funzione religiosa e sociale espressa in parole semplici. Poesie fatte di materiali poveri, opere che, come le parole del Cantico delle creature, abbracciano terra e cielo, uomo e natura, mistero e rivelazione, e ci fanno riflettere sulla forza dell'amore universale.

La mostra trae ispirazione dalla capacità dell'artista di rileggere in chiave contemporanea l'esempio di Francesco, ideatore della narrazione senza tempo del Presepe realizzato per celebrare la nascita di Gesù, la prima volta, nel Natale del 1223 in una grotta di Greccio. "Amo il presepe – diceva Maria Lai come esperienza di qualcosa che, più ne indago l'inesprimibile, più trovo verità, più divento infantile e ingenua, e più rinasco. (...) Amo il presepioperché ci raccoglie intorno alla speranza di un mondo nuovo".

Attraverso i suoi presepi, Maria Lai rinnova ogni volta quell'esperienza di avvicinamento al sacro, alla manifestazione di Dio tra noi: minuscole rappresentazioni capaci di riprodurre in un'unica superficie storia, sogni e utopie che resistono tra i popoli. Spesso frammentati e incompleti, chiamano in causa la precarietà della condizione contemporanea, e nello stesso tempo mettono in connessione la finitezza della terra e l'infinità del cielo.

In mostra anche L'offerta, un pane in terracotta, quel "corpo di Cristo" offerto a tutti noi come nutrimento spirituale.

L'interesse per la panificazione, metafora di arte e vita, attraversa l'intera produzione dell'artista, affascinata sin dall'infanzia dalla ritualità e dal mistero del "farsi da sé" dell'impasto. Parte di numerosi progetti espositivi, i pani di Maria Lai hanno negli anni trovato casa proprio nel territorio reatino, come nell'intervento di arte pubblica Olio al pane e alla terra il sogno (1999) realizzato per il Museo dell'Olio della Sabina nell'antico forno di Castelnuovo di Farfa. Il pane evoca la vicenda umana di Cristo e il mistero della transustanziazione dell'ultima cena, temi centrali della storia umana e religiosa di San Francesco, senza dimenticare anche quel rapporto con le umili cose, i valori antropologici e la loro connessione alla spiritualità, che caratterizzano l'opera della Lai.

Fondamentale nella produzione matura di Maria Lai è il ricorso al filo, al ricamo, all'arte del cucito, che emerge nelle Geografie, teli ricamati su cui si dispiegano imbastiture di complesse "mappe astrali" che, ricorda l'artista, "rispondevano all'esigenza di un rapporto con l'infinito, di una dilatazione e proiezione sulle lontananze".

Le carte geografiche di Lai ci invitano a compiere un viaggio oltre la contingenza, disegnando spazi immaginari, evocando mondi, costellazioni e armonie astrali. Le linee curve e quelle oblique conducono il nostro sguardo verso l'altrove, un vuoto che si carica di mistero e di magia: "Cerco spazi cosmici, cieli, spazi lontanissimi però tattili. Gli spazi che cerco non sono tanto in una superficie, quanto al di là di essa".

L'artista affida al ricamo anche la sua autobiografia, i suoi pensieri, i suoi aforismi, traducendoli in delicate scritture su stoffa, dove il linguaggio scritto si combina con l'immagine annullando le distanze tra poesia e arti visive. Riflessione su una pratica antichissima e legata alla figura femminile, il cucito appare un luogo di libertà, in grado di tradurre istanze universali e personali.

L'amore per il creato avvolge tutto il lavoro dell'artista per la quale l'opera è "oggetto di indagine scientifica, ma possibilità di contatto con l'universale (...) Il contatto deve essere però diretto e individuale: non come atto mentale, ma attraverso il corpo, la materia". Maria Lai osserva la vita in tutte le sue forme, dando voce alla sua varietà: le sue opere sono espressione di un amore puro e senza filtri nei confronti della natura e degli esseri viventi. "Io sono una bambina che gioca, una capretta ansiosa di precipizi. Ascolto il silenzio sospesa tra cielo e terra". La capretta, umile e caparbia, è una sorta di alter ego dell'artista, che con determinazione porta avanti la propria ricerca rivelando la forza generativa dell'arte, che sfida le convenzioni e celebra con linguaggio semplice la meraviglia della creazione.

"La mostra Maria Lai. Il pane del cielo ribadisce la centralità del Museo Novecento nel panorama artistico italiano dichiara Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento di Firenze – rilanciando il suo ruolo di istituzione culturale impegnata nella realizzazione di progetti volti a valorizzare tanto le collezioni del Comune di Firenze, quanto gli artisti in esse presenti, attraverso mostre che valicano i confini della città metropolitana per aprirsi al territorio nazionale. La presente esposizione si colloca infatti nell'alveo dei progetti ideati negli ultimi anni, che hanno visto presentare un cospicuo numero di opere provenienti dalla raccolta Alberto Della Ragione. In questa occasione abbiamo concentrato l'attenzione sul lavoro di Maria Lai, una protagonista dell'arte italiana del XX e XXI secolo, una cui opera è di recente entrata a far parte delle collezioni novecentesche del Comune di Firenze. La sua ricerca, oggi nota ad un pubblico sempre crescente anche grazie all'infaticabile lavoro dell'Archivio Maria Lai, ci è sembrata la più adatta a reinterpretare in chiave contemporanea la spiritualità senza tempo di San Francesco d'Assisi, celebrata oggi grazie all'articolato e intenso lavoro del Comitato Nazionale Greccio 2023".

Maria Lai nasce nel settembre 1919 a Ulassai. Di salute cagionevole, viene affidata alle cure degli zii, con i quali vivrà fino all'età di nove anni, trascorrendo la propria infanzia a Cardedu. Dopo un breve soggiorno a Ulassai, si trasferisce a Cagliari, dove nel 1932 si iscriverà all'Istituto Magistrale, divenendo allieva dello scrittore Salvatore Cambosu, con il quale instaurerà un profondo e duraturo rapporto di amicizia. Dopo alcuni anni trascorsi Roma, dove si era trasferita nel 1939 per frequentare il Liceo Artistico – seguendo, tra le altre, le lezioni di Marino Mazzacurati – nel 1943 si sposta a Venezia, dove si iscrive all'Accademia di Belle Arti. Qui avviene il fondamentale incontro con lo scultore Arturo Martini, i cui insegnamenti influenzeranno radicalmente la sua ricerca successiva. Alla fine della guerra, dopo un viaggio rocambolesco, rientra in Sardegna, dove conosce lo scrittore Giuseppe Dessì. Tornata a Roma (1954), sul finire degli anni Cinquanta riscuote i primi importanti riconoscimenti, sanciti, tra l'altro, dalla mostra personale organizzata alla Galleria dell'Obelisco (1957). Negli anni Sessanta, segnati da una profonda crisi, inizia a sperimentare nuove tecniche e a lavorare con materiali diversi. Nascono così i Pani e i Telai, a cui si affiancheranno, dalla fine del decennio successivo, le Geografiee i Libri cuciti. Nel corso degli anni Settanta espone in diversi musei e gallerie, oltre che alla Biennale di Venezia (1978), e la sua ricerca inizia ad aprirsi a una dimensione ambientale (La casa cucita, Selargius, 1979). Nel 1981 realizza a Ulassai la celebre performance collettiva Legarsi alla montagna, spesso ricordata quale primo esempio di arte relazionale in Italia. Le sperimentazioni avviate negli anni Settanta vengono approfondite e sviluppate nel corso dei decenni successivi, durante i quali si intensificano anche le azioni teatrali e gli interventi sul territorio (La disfatta dei Varani, Camerino, 1983; L'albero del miele amaro, Siliqua, 1997). Lasciata definitivamente Roma per Cardedu nel 1993, continua a lavorare intensamente, firmando, tra gli altri, il progetto per il Museo dell'olio della Sabina a Castel Nuovo di Farfa (1999-2001). Insignita della Laurea Honoris Causa in Lettere presso l'Università degli Studi di Cagliari (2004) per "l'originalità della sua vasta produzione artistica, riconosciuta e apprezzata in Italia e nel mondo", nel 2006 inaugura a Ulassai il Museo di Arte Contemporanea Stazione dell'arte, dove viene raccolto un cospicuo nucleo dei suoi lavori. Presente, con le proprie opere, in prestigiose istituzioni culturali, muore a Cardedu nel 2013.

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