Venerdì 15 febbraio il vernissage che ha riempito la Creo Gallery di persone rimaste ipnotizzate dalla fattezza delle opere e dai colori, con giochi surreali e innovativi in una tecnica pittorica che a Foggia non s’era ancora vista.
Con #lobassoteksture in via Lustro 3 la mostra è aperta nel pomeriggio gratuitamente al pubblico, e vedrà il finissage, il 28 febbraio, con altrettante unicità pittoriche tutte da svelare.
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Il video è un sunto di quello che la personale di Nunzio Lobasso mostra, poiché le emozioni si possono solo sentire osservando le opere dal vivo, scrutando i particolari svelati dalla tecnica pittorica. E poi, i colori caleidoscopici, vividi, armoniosi con il luogo e il linguaggio visuale dei messaggi delle opere, si possono cogliere ammirando i quadri nella vastità dei candidi muri che li ospitano. Opere di grandi autori, rivisti in chiave contemporanea, ritratti nella modernità delle abitudini oggettive dell’odierno linguaggio globale.
L’invito è, pertanto, visitate la mostra e il 28 non mancate. Rimarrete a bocca aperta.
INGRESSO LIBERO.
Nell’iconica Creo Gallery, a Foggia, in via Lustro 3, dal 15 al 28 febbraio 2023, con #lobassoteksture, il maestro d’arte Nunzio Lobasso esporrà le sue ultime nuove opere pittoriche.
A cura di Angelo Pantaleo, la critica d’arte Francesca Di Gioia, definisce le opere «Colori vividi che vestono reticoli di luce, forme distese al sole e rimandi a possibili originali; un immaginario complesso quello che abita l’ultima suite di Lobasso.Un complesso lavoro sull’archeologia dei linguaggi, che diventano nuances archetipiche da far vivere in mondi conosciuti dando loro una nuova identità in forma di decorative; questi cloissonnes di colore sono racchiusi, a loro volta, in un reticolo fatto da “macchie” ben distinte che sono veri e proprie texture con le quali si leggono sfondi o si percepiscono atmosfere nel lontano».
Vernissage venerdì 15 febbraio
INGRESSO LIBERO
La Contemporanea Galleria d’arte di Giuseppe Benvenuto, direttore della mostra, offre ancora al territorio foggiano un momento espressivo importante nel mondo dell’arte moderna e contemporanea.
Dal giorno 20 gennaio e fino al 28 febbraio 2023 sarà possibile visitare lo spazio espositivo trovando opere di Accardi, Adami, Angeli, Amadio, Bonalumi, Burri, Campigli, Castellani, Ceccobelli, Ceroli, Cucchi, Dadamaino, De Chirico, De Maria, Del Pezzo, Depero, Dessì, Di Terlizzi, Dorazio, Dufy, Fantini, Festa, Fioroni, Fiume, Fontana, Frangi, Fratteggiani Bianchi, Galliani, Galimberti, Gilardi, Guaitamacchi, Guttuso, Kounellis, Kostabi, Licata, Lodola, Maccari, Maria Lai, Mangini, Man Ray, Marcheggiani, Mariani, Masi, Nativi, Nespolo, Oppenheim, Paolini, Perilli, Pignatelli, Pinelli, Pizzi Canella, Pirandello, Pomodoro, Procopio, Pusule, Rotella, Schifano, Soldani, Uncini, Vocale e altri.
Interpretare il sentimento culturale del secolo trascorso fino al più innovativo contemporaneo è un viaggio che attraversa cifre e stili pittorici e scultorei, di artisti a tutto tondo capaci di esprimere quel valore che fa dell’arte non una mera esecuzione tecnica, ma una posizione sull’oggi. Un’impronta culturale importante quella della Contemporanea Galleria per la città di Foggia per cui rappresenta un luogo, uno spazio della metacognizione, della riflessione che vuole dare significato al fermento artistico nazionale e internazionale aprendo una porta al dibattito effervescente che investe il mondo della cultura oggi. Fare arte significa interpretare porzioni di mondo dal punto di vista sociale, ideale, introspettivo, essere, insomma, termometro del o dei cambiamenti in atto con la cifra della composizione artistica, con quella sensibilità propria della pittura o del tocco scultoreo.
La mostra sarà visitabile dal lunedì al sabato a Foggia, in viale Michelangelo, 65.
INFO
ORARI: 10,00 – 19,30
CONTEMPORANEA GALLERIA D'ARTE
VIALE MICHELANGELO, 65 - FOGGIA
TEL. 346 7334054
Il 5 gennaio prossimo Lucera, in provincia di Foggia, darà spazio ed estro agli “alternativi” dell’arte. Da un progetto ideato e creato dall’associazione culturale Utò-Lo spazio della Luce nasce la mostra collettiva dal titolo Outsiders, L’«incontinenza» creativa, che si terrà giovedì 5 gennaio dalle 19 alle 21 nel portone di via Pignatelli 14, nel centro storico di Lucera. Durante l’evento artistico - ad ingresso libero e gratuito - vi sarà l’esibizione del cantante folk Salvatore Luca Tota, con il suo show di canta storie tra il local e il global.
La mostra sarà fruibile anche il 6 gennaio, dalle ore 19 alle 21.
Outsiders, L’«incontinenza» creativa «è un progetto pensato per dare dignità ad artisti che non sono ufficialmente artisti. Una maestra, un medico, una professoressa, un’ingegneria, una fisica, una studentessa, un grafico, un tappezziere, un giardiniere. Ma non solo. Tutto ciò accade per dare spazio all’espressione dell’animo, indipendentemente dal fine» sottolinea la creatrice della mostra e vicepresidente dell’associazione Utò Cleonice Di Muro, la quale evidenzia come il mondo artistico dei cosiddetti Outsiders «contiene moltissime personalità e l’obiettivo», infatti, «è chiamare a raccolta quante più persone fanno arte. Questo perché l'arte è di tutti e non serve definirsi artisti per esserlo. Lucera, riconosciuta Città d’Arte ha questa consapevolezza da acquisire, la consapevolezza che chi è in questo territorio magico ha, indipendentemente dal lavoro che ha scelto, una propensione o una predilezione verso l’arte. Che sia musica, pittura, illustrazione o teatro. È questa la bellezza che va riscoperta e accolta».
Perché la mostra porta il titolo di Outsiders? «Ci siamo ispirati al termine utilizzato per la prima volta 1972 da Roger Cardinal di Outsider Art - spiega Cleonice Di Muro - come ampliamento o sinonimo dell’Art Brut, ovvero quell’arte prodotta al di fuori del mondo artistico consolidato e al di fuori dei confini convenzionali della cultura. L'obiettivo è sottolineare la libertà d'espressione. Non c’è un tema, e nemmeno uno stile ad accomunare gli artisti, ma solo le mille sfaccettature della pittura e del disegno, ognuno col suo stile, ognuno con la propria “incontinenza” creativa».
La creatività dell’arte è anche fatta di musica. Per tale ragione, contestualmente alla mostra Outsiders, l’associazione culturale Utò-Lo Spazio della Luce ha incastonato il concerto di Salvatore Luca Tota. Nato a San Severo, artista multiforme, Tota ha nella corde la scrittura descrittiva del mondo sin da ragazzo. Il suo inchiostro genera racconti, spinti dalla passione per la filosofia e la letteratura, giungendo fino al teatro, alla messa in scena di un repertorio minuzioso e accattivante sui caratteri umani. Dal microcosmo territoriale al macrocosmo globale, Salvatore Luca Tota racconta e svela storie, mediante la sua voce che dà corpo a testi spesso accompagnati dalla chitarra e da altri strumenti.
A Lucera, in occasione della mostra sugli «outsiders», Tota, anch’egli in esposizione con un’opera pittorica, metterà in scena il suo spettacolo folk, con un reading che promette di scaldare i cuori e illuminare le menti sulla ricchezza nascosta nella «terra umana».
Sabato 14 gennaio 2023, alle ore 18:00, alla presenza dell’artista, l’inaugurazione della personale.
Il 14 gennaio, presso gli spazi della Contemporanea Galleria d’Arte di Bari, in via N. Piccinni, 226, del gallerista Giuseppe Benvenuto, avrà luogo l’inaugurazione di una mostra dedicata a Jonathan Guaitamacchi, artista italo-britannico di fama internazionale, che si protrarrà fino al 27 febbraio 2023. La personale è a cura di Giuseppe Benvenuto e Sara Maffei
Interverranno:
- INES PIERUCCI - Assessore alla cultura del Comune di Bari
- MICAELA PAPARELLA - Consigliere delegato alle "Politiche di valorizzazione del patrimonio storico-artistico e architettonico e dei contenitori culturali" del Comune di Bari
- GIANFRANCO TERZO - Assessore alla cultura del Comune di Sannicandro di Bari
- PIERO DI TERLIZZI - Direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Foggia
A cura di Sara Maffei
“MOVING FORWARD BEYOND” è il titolo della personale, curata da Giuseppe Benvenuto e Sara Maffei, composta da un corpus di circa venti opere, incentrate sul tema del paesaggio urbano, la cui potenza pittorica si esprime mediante una pennellata su tela forte e graffiante, accordandosi sull’incisivo e netto contrasto fra il bianco e il nero.
Nato a Londra nel 1961, Guaitamacchi vive tra Milano, Torino, Londra e Città del Capo e si diploma presso l’Accademia di Belle arti di Brera. Dopo le prime collaborazioni come disegnatore per alcuni quotidiani fra cui "Il Giornale" e "La Repubblica" e come consulente artistico per diversi studi di architettura e design milanesi, negli anni Novanta realizza grandi progetti in cui racconta le città globali, rivolgendo il suo sguardo a una periferia urbana, immortalata tramite suggestive vedute a volo d'uccello.
Alla fine degli anni Novanta, l’AEM (Azienda Energetica Municipale del Gas) gli offre una residenza artistica negli impianti dismessi di Milano Bovisa, nell’area gasometri. In seguito, all’interno delle Officine della Pressione, presenta la sua prima personale, intitolata “Le macchine della luce”, con cui si fa conoscere nel mondo dell'arte contemporanea. Nel 1997 vince il Premio Suzzara ex-aequo con Kyung Kim Hwal, Wolfango, Martinelli e Petrus. Realizza mostre personali in Italia e all’estero, da Pechino a New York, fino in Sud Africa, dove espone per la prima volta il suo lavoro alla Christiaan Barnard Gallery di Città del Capo, prende parte alla Johannesburg Art Fair e tiene una mostra personale, “Locations”, alla Smac Gallery Cape Town. Espone in numerose Gallerie d’arte italiane tra cui Cà di Frà (Milano, 2003), Bagnai (Firenze, 2003), Rubin (Milano, 2000-2002), Jannone (Milano, 1998 – 1999) e 2000&NOVECENTO (Reggio Emilia, 2004). Le sue opere sono presenti in diverse collezioni pubbliche e private presso Farnesina di Roma, la Fondazione Stelline di Milano, la Fondazione A2A di Milano, la Collezione d’Arte CGIL di Roma e di Milano e il CAMeC di La Spezia. Nel 2002 è tra i finalisti del Premio Cairo, nel 2004 è presente alla XIV Quadriennale di Roma e i suoi lavori sono selezionati per la Biennale di Pechino del 2005. Nel 2010, Accenture Milano inaugura il suo nuovo edificio con la personale “Nella città che cambia”, esponendo opere dell’artista che, in bilico tra pittura e architettura, fanno della città un luogo della memoria e dell’evoluzione. Nel 2014, a Palazzo Mantegazza a Lugano, organizza una mostra personale, “My Home Glacier”, un lavoro a base fotografica, attraversato dalla pittura e dal disegno, sul tema dei ghiacciai in territorio elvetico, in collaborazione con BPS (SUISSE) e Theca Gallery. Parte del medesimo lavoro è presentato in una mostra presso il Palazzo Serbelloni di Milano, sede di AZIMUT. Nel 2018 il Politecnico di Milano gli dedica una mostra, “Bovisa, from ‘97 to ‘17”, che racchiude tutto il suo lavoro.
Dando voce a un’arte che è anche autobiografica, memore delle città che ha incontrato, spiega Sara Maffei, Guaitamacchi realizza dei veri e propri fotogrammi architettonici, attraverso tecniche miste monocromatiche che danno alle sue metropoli un’impronta cinematografica. Nello spazio della città, fatto di strade che intersecano edifici, palazzine e stabilimenti industriali, il tempo si ferma o si è appena fermato. Qui tutto può accadere o è accaduto all’istante, una macchina è appena sfrecciata via lungo una tangenziale della memoria e il ritmo ordinato delle architetture, simbolo di uno slancio dinamico delle costruzioni, scandisce la scenografia metropolitana, come testimoniano Down Town (mix media on canvas on board, cm 50 x 65) e Metropoli (mix media on canvas, cm 150 x 230). L’artista si addentra e penetra in profondità luoghi che si fanno densi di significato, divenendo al contempo tutti i luoghi e nessun luogo, progetti architettonici percorsi da strade che nel medesimo istante “stanno ferme e si muovono, vanno e vengono, rimbalzano”, evidente nel dinamismo futuristico di “Expo” (mix media on canvas on board, cm 50 x 65) e Centralmente (mix media on canvas on board, cm 80 x 120).
Guaitamacchi è un artista che fa la differenza in quanto, afferma Francesca Brambilla “tra i primi nell’epoca contemporanea ad affacciarsi al contesto urbano, sulla tela non rappresenta l’espressione totale o meramente architettonica della realtà, ne sprigiona l’essenza, il principio attivo, non racconta il luogo, ma il suo riflesso, la sua metafora attraverso il suo stile unico e inconfondibile”. Come dichiarato dall’artista in una recente intervista, il modulo ripetuto e l’astrazione prospettica sono il punto per ordinare e scomporre il caos, un modo per allontanarsi e riavvicinarsi, una costellazione di segni intorno alla quale gravita il suo vissuto; una sorta di visione biografica o testamento, il tentativo di dare un perimetro in cui rappresentare tutto quello che ha generato e ispirato il suo lavoro.
Info e orari
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phone: 3467334054
"Lo spazio Sacro", l'ultima mostra del 2022 targata Rossocinabro, a cura di Cristina Madini.
INGRESSO LIBERO, senza prenotazione.
La mostra è visitabile dal 16 dicembre 2022 al 06 gennaio 2023, dal lunedì al sabato, dalle ore 11:00 alle 17:00.
La natura in questo tempo si riposa per prepararsi a vivere un nuovo ciclo e anche per noi sarebbe fisicamente opportuna una pausa, approfittando delle vacanze natalizie possiamo goderci finalmente Roma avvolta in un’atmosfera mistica e riflessiva che invita ad un viaggio alla ricerca del significato di sacro. L’idea fondante della mostra che sarà inaugurata il 16 dicembre e sarà visitabile fino al 6 gennaio, risente delle parole dell'antropologo Claude Lévi-Strauss che dà questa definizione del sacro: "E' sacro ciò che attiene all'ordine dei mondi, ciò che garantisce questo ordine. Ma il sacro concerne anche l'uomo e non solo il cosmo fisico. Il sacro è in tal senso un valore una produzione culturale". Un invito al viaggio alla ricerca del significato di sacro a partire dalla qualità quotidiana dell’esistenza, per dialogare con quanto di straordinario troviamo nella realtà che ci circonda e in ognuno di noi. L’uomo utilizza per dare senso e valore all’esistenza un insieme di pratiche e convinzioni che garantiscono un ordine. Il sacro è dunque: l'ordine del mondo e l'ordine dell'uomo, ma anche ciò che difende dall'angoscia del nulla e perpetua un ordine antico e inviolabile. Il concetto di sacro non rimane assoluto, ma varia. Ogni civiltà ha la sua idea di sacro, le sue cose sacre, è quindi un prodotto culturale, perché in realtà esistono tanti sacri quante sono le culture. Quando parliamo di sacro evochiamo sempre l'idea della straordinarietà, di ciò che è oltre il quotidiano, ciò che è oltre il normale. Lo spazio sacro è lo spazio dove non si può andare normalmente. Il tempo sacro è un tempo fuori dell'ordine normale. Pensiamo che il concetto di sacro sia sempre legato all'idea di ricerca interiore, perché c'è una dimensione che rientra verso una ricerca all'interno di sé stessi. E questa è la via mistica al sacro. Quindi sono due le idee di sacro: una fatta di valori collettivi, che appunto fanno sì che una civiltà abbia certi pilastri sui quali essere edificata, e l'altra dimensione che è mistica, rivolta verso valori individuali che in qualche misura staccano l'individuo dalla collettività. Il mistico non tende tanto al colloquio uomo-uomo, ma tende soprattutto al colloquio uomo e mondo, mondo sovrumano. Il mistico non riconosce valore al mondo, proprio perché nel mondo vede orrori e allora si stacca alla ricerca di una salvezza dal mondo. Ma qual è la dimensione collettiva del sacro? Sappiano che non è possibile vivere culturalmente senza avere dei valori, socialmente condivisi, che danno senso all'esistere. L'esistere di per sé non ha senso, ma acquista senso in rapporto ai valori che gli vengono conferiti. Questi valori durano nel tempo e costituiscono un linguaggio valido per tutti quando sono fissati in miti, in riti, in simboli di carattere religioso. Tutti notano che nella sacralità occidentale c'è molto meno contatto con la natura. Quindi forse questo distacco natura-cultura non presente nella nostra cultura è invece presente in altri paesi è qualcosa di molto antico. In natura non esistono valori. Come abbiamo già detto siamo noi che li stabiliamo e li facciamo diventare sacri, cioè li poniamo al riparo da ogni possibilità di cambiamento, perché senza quei valori l'ordine culturale non ha senso. Questo potrebbe essere anche per noi uno stimolo per ripensare al modo in cui abbiamo stabilito il rapporto con il nostro ambiente, che è un rapporto basato su regole certamente da cambiare. Ecco le regole, che disciplinano il rapporto dell'uomo occidentale con l'ambiente, non sono sacre, nel senso che sono da cambiare. Basterebbe far diventare la natura un valore, per portarla sul piano della cultura.
Opere di:
Kimberly Adamis (USA), Brian Avadka Colez (USA), Donia Baqaeen (Jordan), Car Act Air (France), Tracey Lee Cassin (New Zealand), Jean Cherouny (USA), Rebecca Cicchetti (Italia), Mia Civita (USA), Nathanael Cox (USA), John Dobson (Australia), Johanna Elbe (Sweden), Ulf Enhörning (Sweden), Lo Fehrling (Sweden), Mario Formica (Italia), Gabriella Gentile (Italia), GusColors (USA), Susumu Hasegawa (Japan), Tondi Hasibuan (Indonesia), Linda Heim (USA), Leena Holmström (Finland), Wioletta Jaskólska (Poland), Chuck Jones, PhD (USA), Corina Karstenberg (The Netherlands), Monika Katterwe (Germany), Rebeccah Klodt (USA), Kirsten Kohrt (Germany), Chikara Komura (Japan), Sonja Kresojevic (UK), Gil Lachapelle (France), Sybille Lampe (Germany), Bartholomeus Langeveld (The Netherlands), Fiona Livingstone (Australia), Miguel Marin Ordenes (Chile), Sharlene McLearon (Canada), Tara Mirkarimi (Iran), Andisheh Moghtaderpour (Switzerland), Jean Charles Neufcour (France), Helena Pellicer Ortiz (Spain), Sal Ponce Enrile (Philippines), Orit Sharbat (Israel), Jens Peter Sinding Jørgensen (Denmark), Stein Smaaskjaer (Norway), Luana Stebule (United Kingdom), Christophe Szkudlarek (France), Taka & Megu (Japan), Alisa Teletovic (Bosnia-Herzegovina), Maria Mina The (Romania), Janusz Tworek (Poland)
Il lavoro di ciascuno sarà presentato all’interno del sito di Rossocinabro in uno spazio proprio, permettendo così, pur all’interno del contesto unitario della mostra, di mantenere le specificità delle rispettive ricerche.
Rossocinabro
Via Raffaele Cadorna 28
00187 Roma Italia
www.rossocinabro.com
Lucera, riconosciuta ”Città d'arte” in provincia di Foggia, sdogana l'outsider art. Ha trovato l'apprezzamento di critica e pubblico la mostra collettiva “Art-Brut-Il bello dell'arte”, promossa dall’associazione culturale Utò-Lo spazio della Luce, con la speciale partecipazione degli utenti dell’associazione di volontariato I Diversabili Onlus e con la collaborazione di ‘Aputèche-Arti Visive&Fashion Design, che ha firmato l’allestimento dell’esposizione.
L’evento espositivo, promosso in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità del 3 dicembre, ricalca concretamente la filosofia del pittore francese del Novecento Jean Dubuffet, il quale si affermò come uno dei promotori dell’Art Brut, l'arte spontanea». Per essere riconosciuta come tale, secondo Dubuffet, un’opera deve essere creata da un autore senza preparazione tecnica né teorica, da persone al di fuori delle stanze ufficiali. E il portone di via Pignatelli 14, in uno dei tanti palazzi storici di Lucera, ha aperto al talento degli utenti diversabili, in un progetto di condivisione territoriale. Esposti quadri e disegni in diversi stili pittorici - all'acquerello alla cera - unitamente a statuette realizzate in ceramica.
Alla base del progetto “Art Brut-Il Bello dell'arte” - sostenuto da Masseria nel Sole e Poser by Giorgia Ferosi - vi è l'esperienza quotidiana dell'accademia Cleonice Di Muro, durante il suo lavoro di responsabile del laboratorio creativo dei Diversabili Onlus. «Studiando arte - spiega Di Muro, vicepresidente dell'associazione Utò - mi sono resa conto che col progredire della società, l’uomo è andato alla ricerca dell’essenza, scardinando le sovrastrutture e le stratificazioni culturali fatte da secoli di storia. Ciò ha permesso di rivalutare la primordialità dell’essere, del gesto, della visione e della sintesi, permettendo di avvicinarsi soprattutto a chi lo fa naturalmente: bambini, malati psichiatrici, alienati. Per lo stesso motivo nel mio percorso artistico, cercando di arrivare alla sostanza attraverso la mia ricerca pittorica, è stata preponderante la scoperta del mondo della disabilità. Per me sono stati insegnanti, poiché l’arte visiva da sempre è il modo più semplice per l’uomo per esprimersi e trovarsi davanti a chi lo fa in maniera quasi fisiologica. Tutto questo è straordinario».
“La vera arte è dove nessuno se lo aspetta, dove nessuno ci pensa né pronuncia il suo nome, l’arte è soprattutto visione e la visione molte volte non ha nulla in comune con l’intelligenza né con la logica delle idee”. Il pittore francese Jean Dubuffet (Le Havre 1901-Parigi 1985) è “rinato” a Lucera attraverso il sorprendente talento di un gruppo di persone diversamente abili.
Dal 10 dicembre 2022 al 14 gennaio 2023, la galleria Art Immagine di Altamura (BA) ospiterà una mostra dedicata a tre grandi maestri dell’arte contemporanea: Natale Addamiano, Omar Galliani e Giovanni Frangi.
Il percorso espositivo, curato da Sara Maffei presso gli spazi della galleria di Francesco Taccogna, si propone di creare un fil rouge fra i tre importanti artisti del panorama pittorico internazionale, ponendo a confronto i rispettivi prestigiosi capolavori.
I protagonisti dell’interessante mostra pugliese trovano il proprio trait d'union irrinunciabile nella natura: ognuno, a suo modo e con una tecnica diversa, racconta il proprio profondo dialogo interiore con il comune denominatore dell’elemento naturale. Addamiano trasfigura e rende astratto il paesaggio lunare, facendo uso dei colori ad olio; Galliani, servendosi in primo luogo della grafite, disegna con attenzione peculiare costellazioni che fanno da sfondo a enigmatici volti femminili; Frangi, attraverso tecniche miste su carta e talvolta avvalendosi della fotografia, inventa un universo memore della lezione di Goethe e del suo “Urpflanze”, la pianta primordiale cui lo scrittore fa riferimento nel suo “Viaggio in Italia”.
a cura di Sara Maffei.
Leitmotiv dei tre maestri, accolti nel fervente capoluogo lombardo sin dai primissimi esordi, è lo sguardo rivolto a una natura fatta di cieli, piante e sguardi femminili. Quelli di Addamiano sono cieli pregnanti di intensità, dove l’occhio suggestionato e sognante dello spettatore può perdersi e ritrovarsi tra stelle e nebulose, simili a presenze ineffabili, sofisticate e vive. Come riferisce Luca Beatrice: «Dagli anni Settanta a oggi, la pittura di Addamiano si manifesta solo in quei momenti della giornata, dall'imbrunire alla notte piena, che favoriscono la riflessione e il ripensamento. Fin dai primi lavori, i suoi quadri riferiscono di una sottile quanto intensa malinconia serale». Illuminati dalla luce della memoria e della meravigliosa bellezza dell’infinito spaziale, attraverso gli agglomerati interstellari, la pittura compie la contemplazione dell’infinito, come testimoniano “Volta stellata” (2012), “Luogo di stelle” (2017), “Luogo delle stelle” (2019) e “Mappa di stelle” (2020), magnifici oli su tela cui lo spettatore è invitato a fare onirica esperienza. Figlie di una natura reinterpretata e vibrante della propria energia intrinseca, le magiche apparizioni di segni che centellinano il cielo esprimono così nobili fermenti interiori modulati dal colore: «Devi avere il dono del colore come un cantante deve avere una voce. Il colore raggiunge la sua piena espressione solo quando corrisponde all'intensità dell'emozione dell'artista». Nella produzione di Addamiano relativa alla serie “Cieli stellati”, infatti, nonostante sembri che la gamma dei neri sia predominante, il paesaggio lunare è vivacizzato e intensificato da altri colori. La distesa di stelle, tesa verso l’infinito e frutto di un processo di astrazione, tende a un’armonia laddove «soggetto e sfondo […] hanno lo stesso valore: nessun punto è più importante dell’altro, conta solo la composizione. Il colore raggiunge la sua piena espressione solo quando è organizzato, quando corrisponde all’intensità dell’emozione dell’artista».
Nel suo percorso artistico, anche Galliani guarda costantemente a un cielo immenso e profondissimo, impreziosito da costellazioni luminose e figure ricorrenti nel suo repertorio, quali rimandi del mondo vegetale, rose, teschi, spade, forbici, draghi e gocce d'acqua. I suoi monumentali e raffinati disegni - realizzati a grafite, carboncino, pastelli, tempera e inchiostro - sono combinazioni di bianco e nero con sprazzi vibranti di colore rosso simili a ricami sanguigni e carichi di notevole valenza simbolica, dall'irrefrenabilità dello scorrere del tempo alla caducità dell’effimero fino alle passioni. Alla stregua dell’intensa malinconia serale cui guarda Addamiano, l’oscurità è una condizione fondamentale nell’arte di Galliani, presupposto imprescindibile che rende possibile l'emergere della luce e un armonioso equilibrio tra i contrasti. Ciò è testimoniato dalle due tavole, realizzate a tempera e grafite, parte della serie “Le declinazioni della bellezza”, mirabili capolavori presenti in mostra. La luce lunare associata al principio femminile diviene così, per il maestro di Montecchio Emilia, autentica musa ispiratrice: «Le opere che amo di più le ho disegnate la notte. A volte la luce è troppo forte e gli occhi non vedono ciò che vuoi vedere».
Con Frangi ancora una volta la natura si riconferma assoluta protagonista nella sua “pittura delle cose del mondo”, espressa attraverso una peculiare stratificazione materica e l’uso vivo del colore. Lontane da sterili repliche ma totalmente nuove e inattese, le immagini naturali rappresentate dal maestro milanese derivano da fotografie scattate dall’artista stesso nel corso del tempo; l’uso della fotografia è infatti per Frangi pratica quotidiana e contatto diretto con una realtà vista e poi trasformata, come si evince in “Ansedonia” (2020) ed “Heliconia Paradise” (2021), due fra le opere dell’artista esposte in galleria in cui pigmenti, primal e pastelli a olio proiettano su carta Hanhemühle un elemento naturale carico di notevole e vibrante energia. Per Frangi la natura ha un valore primordiale e racchiude in sé la totalità dell’essere, in accordo con la concezione goethiana secondo cui «La natura appartiene a se stessa, l'essenza all'assenza; l'uomo le appartiene, essa appartiene all'uomo». E alla stregua dell’elemento naturale, che si conserva pur rinnovandosi, derivando da un’unica pianta originaria - composta da pochi elementi infinitamente mutabili e duplicabili - anche l’arte attua una sintesi tra il singolo e l’universo, tra il sensibile e l’ideale, rivelando l’origine di uno Spirito Universale in perenne trasformazione e continua metamorfosi, pur restando nel divenire sempre se stesso.
La totalità della natura, compresa fra cielo e terra, dalla luna alla vegetazione, fatta di stelle, piante, sguardi e passioni dell’animo umano, è rappresentata nelle sue innumerevoli sfumature. Segno di un mondo profondamente interiorizzato, l’arte di Natale Addamiano, Omar Galliani e Giovanni Frangi fa luce sul mistero dell’esistenza e di un infinito, fisico ed emozionale, sensibilizzando quell’animo umano, fermo e in contemplazione dalla notte dei tempi, alla ricerca di risposte dinnanzi alla profondità infinitesimale di ciò che siamo e che ci circonda.
Biografie
Natale Addamiano nasce a Bitetto nel 1943. Nel 1968 si trasferisce a Milano, divenendo titolare della cattedra di Pittura dell'Accademia di Belle Arti di Brera dal 1976 al 2007. Dopo aver acquistato il suo studio milanese nel 1970, tiene la sua prima personale alla Galleria Solferino di Milano un anno dopo, esponendo i “Diari notturni” in cui si cela un messaggio legato all’evocazione delle origini. Nei primi anni meneghini collabora con la stamperia La Spirale, realizzando una serie di litografie, incisioni e acqueforti nei quali il suo operato artistico va configurandosi come un diario esistenziale in cui lascia fluire e depositare sul supporto i propri stati d’animo. Dalla fine degli anni Settanta il colore assume un ruolo di primaria importanza per la ricerca pittorica di Addamiano, evidente negli studi sul paesaggio delle Murge, reso attraverso ampie campiture di colore caldo – dal rosso all’arancio, fino al giallo e all’ocra - con le quali esprime una poetica fatta di materia, luce ed emozione, particolarmente evidente nelle “Gravine” (1978-2005). Nel 1978 la Galleria Cocorocchia di Milano ospita una sua personale il cui catalogo è pubblicato con testo di Roberto Sanesi; quest’ultimo cura anche la mostra “Astrazione del Paesaggio” nel Palazzo Ducale di Urbino, tenutasi nello stesso anno. Nel 1983 realizza una mostra di incisioni presso il Palazzo Sormani di Milano e nel 1990 inaugura una personale alla Spirale di Milano, dove conosce la gallerista Kayoko Shimada, importante punto di riferimento per le sue successive mostre personali in Giappone.
Partecipa a numerose rassegne e ottiene diversi riconoscimenti e premi: alla VI Triennale dell’incisione al Palazzo della Permanente di Milano (1991) segue la prima grande antologica dedicatagli presso Villa Cattaneo a San Quirino (1993) e la XXXII Biennale di Milano (1994).
È in Giappone nell’ottobre del 2003, inaugurando cinque mostre personali (a Tokyo, Kyoto, Kobe, Osaka e Niigata) e nel 2004 è invitato a Cracovia all’Istituto Italiano di Cultura. Nell’estate del 2005 segue un’ampia antologica al Museo Archeologico Nazionale di Paestum. Tre anni più tardi, la città di Molfetta gli dedica una personale incentrata sul tema delle Gravine, curata da Piero Boccuzzi. In seguito negli spazi espositivi della Casa del Pane di Milano, Giorgio Seveso cura una mostra dell’artista dedicata ai “Notturni”. Nel 2009 l’Accademia di Brera organizza una mostra incentrata sulle opere su carta realizzate tra il 1970 e il 2008, curata da Claudio Cerritelli.
Ed è nel 2010 che l’artista inizia il noto ciclo dei “Cieli stellati”, diario continuo con un paesaggio stellato ricco di poesia e incanto, presentato dal saggio critico di Flaminio Gualdoni nella mostra “Cieli e gravine Cieli stellati” presso la Dep Art Gallery di Milano, dando vita, nel 2016, all’Archivio Generale delle opere dell’artista. La nuova serie è successivamente presentata alle fiere di Milano, Bologna, Verona, Amsterdam, Tokyo e New York. Per concludere, nel 2018 realizza la sua prima personale presso il Chiostro del Bramante a Roma intitolata “Addamiano. Una pittura che racconta la luce”, curata da Matteo Galbiati e accompagnata da una monografia edita da Skira.
Omar Galliani nasce nel 1954 a Montecchio Emilia ed è professore di pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera. Dopo una laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, vive in prima persona le esperienze concettuali degli anni Settanta e in seguito abbraccia la figurazione, affinando con rigore la sua ineccepibile tecnica disegnativa. Nel 1977 Giovanni Maria Accame cura la sua prima personale, “Rappresentazione di una rappresentazione”, presso la Galleria G7 di Ginevra Grigolo, a Bologna. Negli anni Ottanta è esponente del gruppo degli Anacronisti, teorizzato da Maurizio Calvesi, e del magico Primario, fondato da Flavio Caroli, esperienze artistiche che guardano ai maestri del passato, auspicando un ritorno alla tradizione e alla figurazione. Gli anni Ottanta segnano, infatti, come spiega Flavio Caroli ne “I sette pilastri dell'arte di oggi”, un ritorno alla manualità, ripristinando l'eterna tecnica fatta di pennelli e colori. Partecipa alle Biennali di Venezia del 1982, del 1984 e del 1986; alla Biennale di San Paolo del Brasile del 1981, a quella di Parigi e Tokyo del 1982 e alla Quadriennale di Roma del 1986 e del 1996. Alla fine degli anni Novanta presenta “Feminine Countenances” alla New York University e alla I Biennale di Pechino del 2003 vince il primo pieno ex aequo con Georg Baselitz. Nel 2018 dona alla Gallerie degli Uffizi il suo monumentale autoritratto, un disegno a grafite e inchiostro nero su tavola di pioppo, in cui si ritrae di profilo, in contemplazione, rivolto verso un cielo scuro e puntellato di stelle, elementi ricorrenti della sua produzione artistica. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo ed entrano a far parte di collezioni permanenti di importanti musei e sedi espositive, fra cui il Palazzo della Farnesina di Roma, i Musei Vaticani, il Mambo di Bologna, la Kunsthalle di Norimberga, la GAM di Torino ed il NAMOC di Pechino.
Giovanni Frangi nasce a Milano nel 1959 e si laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 1983 realizza la sua prima personale presso la Galleria La Bussola di Torino. Nel 1986 espone alla Galleria Bergamini di Milano, presentato da Achille Bonito Oliva. Successivamente, il 1997 lo vede vincitore del premio della XII Quadriennale di Roma e nel 2011 partecipa al Padiglione Italia della LIV Biennale di Venezia. Nel suo lungo percorso artistico si susseguono innumerevoli esposizioni: da Villa Panza a Varese al Museo Archeologico di Napoli, da quelle alla Galleria dello Scudo di Verona al Mart di Rovereto. Citando solo quelle dedicate alle opere su carta ricordiamo l’antologica del 1997 a Casa dei Carraresi di Treviso, a cura di M. Godin, con un catalogo edito da Marsilio; quella presso la Galleria Lawrence Rubin di Milano del 2000, accompagnata da un testo di G. Agosti; “Pasadena” alla Gamud di Udine con G. Verzotti nel 2008 e poi a Francoforte; e Il Rosso e il Nero presso il Parlamento europeo di Strasburgo nel 2012.
Pittori fuori dagli schemi. Il 03 dicembre 2022, a Lucera, c'è "Art Brut - il bello dell'arte", la collettiva d'arte di artisti speciali del centro "i Diversabili".
“La vera arte è dove nessuno se lo aspetta, dove nessuno ci pensa né pronuncia il suo nome, l’arte è soprattutto visione e la visione molte volte non ha nulla in comune con l’intelligenza né con la logica delle idee”. Il pittore francese Jean Dubuffet (Le Havre 1901-Parigi 1985) si affermò come uno dei promotori dell’Art Brut, in italiano “Arte spontanea”. Per essere riconosciuta come tale, secondo Dubuffet, un’opera deve essere creata da un autore senza preparazione tecnica né teorica, da persone al di fuori delle stanze ufficiali: solitari, disadattati, pazienti di ospedali psichiatrici, detenuti ed emarginati di ogni tipo.
E’ da questo fondamento che nasce “Art Brut-Il bello dell’arte”, la mostra collettiva che si terrà sabato 3 dicembre, fruibile dalle ore 18.30 alle 21, a Lucera, in provincia di Foggia, in via Pignatelli 14. L’evento è ideato, organizzato e promosso dall’associazione culturale Utò-Lo spazio della Luce, con la speciale partecipazione degli artisti dell’associazione I Diversabili Onlus Lucera e con la collaborazione di ‘Aputèche-Arti Visive&Fashion Design, che ha firmato l’allestimento dell’esposizione. Sostegno e contributo di Masseria Nel Sole e Poser by Giorgia Ferosi.
La mostra “Art Brut-Il bello dell’arte” sarà caratterizzata da opere pittoriche di differenti stili, disegni e decorazioni in ceramica. La firma è degli utenti dell’associazione I Diversabili Onlus di Lucera che, sotto la guida della responsabile del laboratorio creativo Cleonice Di Muro, sono stati condotti in un percorso di genesi artistica. Il prodotto del loro lavoro si incastona nel Dubuffet-pensiero, che rompe gli schemi istituzionali, ponendo l’accento sull’aspetto primordiale, popolaresco, istintivo e perciò genuino di manifestazioni artistiche spontanee, anonime, infantili o addirittura di alienati.
L’EVENTO NELLA GIORNATA DELLA DISABILITA’
Perché la scelta del 3 dicembre per promuovere la mostra “Art Brut-Il bello dell’arte”? Il 3 dicembre è la Giornata internazionale delle persone con disabilità, istituita nel 1981 con lo scopo di promuovere i diritti e il benessere delle persone con handicap. Per questo grazie alla collaborazione del centro I Diversabili Onlus nasce questa mostra, che dà voce alle capacità straordinarie di questi ragazzi.
UTO’, L’ASSOCIAZIONE SI APRE AL TERRITORIO
Che cos’è Utò? E’ un nome che nasce dalla parola utopia e dal significato intrinseco ad essa. “Utopia”, termine coniato nel 1516 da Tommaso Moro nell’omonima opera, in greco “OU” e “Topos” un “non luogo” oppure un “buon luogo”, un luogo irreale dove tutti gli ideali più nobili plasmano la realtà, una sorta di versione buona del mondo reale. Questa associazione, voluta fortemente a Lucera da Alessandro Salvatore e Cleonice Di Muro, cerca di ricreare un luogo in cui si plasmino le realtà più disparate, in cui si dia voce alle idee e alla cultura a 360 gradi. Cultura intesa nel senso più profondo e antropologico del termine, come codice che l’uomo da a se stesso per decodificare e spiegare la realtà.
L’Associazione Tradizione Fujente per il periodo cosidetto “dei morti” ha organizzato, per l’ennesimo anno consecutivo, un evento ludico ricreativo dedicato ai bambini e ragazzi di San Severo (FG), che vivono in città o che vivono con i propri genitori emigrati in altre località ovvero a tutti coloro che hanno a cuore la tradizione locale e la tramandano.
Si tratta della storica tradizione dei “pupuret” dolci tipici del periodo dei morti; per gli stessi, non vi è una ricetta ufficiale in quanto ogniuno, sulla ricetta base, ci mette del suo: mandorle a granelli piuttosto che scaglie di cioccolato o scorzette di arance… Insomma l’impasto viene eseguito a seconda della propria ricetta di famiglia che da generazioni viene tramandata.
Anche la forma può essere diversa: dal cerchio (tarallo) ad un trapezio e c’è chi, dopo averli cotti, li ricopre golosamente di cioccolato. Ma un ingradiente non può e non deve mancare: il mosto cotto!
Associata a questa tradizione ve ne è un’altra ancora più bella e caratteristica. Si tratta di quella dei “Munachill” ovvero dolci che vengono fatti con lo stesso impasto dei pupuret, usando anche pasta frolla “bianca”, andando a preparare e modellare una forma dalle sembianze di un “monaco/monaca”.
Storicamente l’usanza è quella di dare il munachill ai bambini assieme alla “calza dei morti”, che trovavano vicino al letto appena svegli, a simboleggiare che i propri cari defunti erano andati a fargli visita, lasciandoli in dono il munachill e la calza.
Quindi, per dare un seguito alla tradizione, si è voluto risponverarla anche quest’anno, coinvolgendo chiunque ne avesse voglia, comprese le scuole elementari e medie cittadine. L’invito infatti, è stato accolto da molte classi studentesche; i bambini e ragazzi, con l’aiuto dei propri docenti ed alcuni genitori, si sono cimentati con le proprie mani, nella preparazione dei pupuret e munachill; è stata per loro una gioia immensa e lo si vedeva dai propri volti.
L’attività proposta dall’Associazione Tradizione Fujente è stata ben recepita ed accolta dall’Assessore alla Cultura avv. Celeste Iacovino che ha patrocinato l’evento sposandone sia i contenuti che l’aspetto tradizionale e storico che contraddistingue la città di San Severo.
Tutti coloro che hanno aderito all’iniziativa hanno inviato le foto dei propri pupuret e munachill direttamente in sede associativa. Tutte le foto ricevute, grazie alla collaborazione con l’Assessore Iacovino, nei giorni 5 e 6 novembre rispettivamente negli orari dalle ore 18.00 alle ore 21.00 e dalle ore 10.30 alle ore 13.00 e dalle 19.00 alle 21.00, verranno esposte presso la Galleria “Piazzetta Liberty” in Piazza Tondi, affinchè ne sia data massima diffusione e soddisfazione non solo dei partecipanti ma anche di tutta la popolazione che, proprio dell’aspetto tradizionale che contraddistingue la città, ne deve essere fiera ed orgogliosa. L’ingresso è libero.
L’Associazione Tradizione Fujente intende ringraziare sentitamente l’Assessore alla Cultura avv. Celeste Iacovino, i docenti del Circolo Didattico “San Benedetto” plesso “Carlo Collodi” per le foto dei bimbi di 3 anni; il Centro Polivalente per diversamente abili “IL SORRISO” di San Severo gestito dalla Cooperativa Sociale San Bernardo; i docenti delle classi 3^A – 3^ B – 3^ C della Suola Primaria IC ZANNOTTI-FRACCACRETA di San Severo, i docenti della classe 2^ A della Scuola di via Mazzini – Istituto ZANNOTTI-FRACCACRETA e tutti i bambini ed i loro genitori che ci hanno mandato le loro foto singolarmente.