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Quali sono state le influenze di Andrea Pazienza nell’Arte e nella Cultura contemporanea? Cosa ha lasciato in eredità al mondo del Fumetto italiano? Quali artisti sono stati ispirati dalle sue illustrazioni? A queste e altre domande cercherà di rispondere la mostra didattica “La funzione Pazienza. Un archivio in mostra” allestita presso il MAT Museo dell’Alto Tavoliere del Comune di San Severo a partire dal prossimo 21 maggio 2022.

L’INGRESSO È GRATUITO.

La serata inaugurale sarà aperta dai saluti istituzionali del Sindaco Francesco Miglio, delle autorità e di Elena Antonacci, direttore del MAT Museo dell’Alto Tavoliere. A seguire l’introduzione di Antonello Vigliaroli di SPLASH Archivio ‘Andrea Pazienza’, poi gli interventi di Andrea Brusoni e Michele Ginevra, rispettivamente presidente e coordinatore del Centro Fumetto ‘Andrea Pazienza’ di Cremona e di Carlotta Vacchelli che interverrà nel corso della serata con la relazione “La funzione-Pazienza - L’influenza di Andrea Pazienza nella cultura italiana”. L’appuntamento è alle ore 19.30 di sabato 21 maggio 2022 nel Chiostro del MAT Museo dell’Alto Tavoliere del Comune di San Severo, in piazza San Francesco n° 48.

L’approfondimento della mostra prende le mosse dalla tesi di dottorato della dott.ssa Carlotta Vacchelli, “La funzione-Pazienza. L’influenza di Andrea Pazienza nel Graphic Novel italiano”, elaborata a coronamento del suo percorso di studi di Master e PhD presso la Facoltà di Italianistica di Indiana University – Bloomington (Stati Uniti).

La mostra è stata esposta nell’estate 2020 presso il Centro Fumetto ‘Andrea Pazienza’ di Cremona, nell’ambito del “Porte Aperte Festival”. Oltre ai 24 pannelli descrittivi frutto della ricerca di Carlotta Vacchelli, ad arricchire l’esposizione di San Severo tantissimo materiale conservato presso il centro di documentazione 'SPLASH Archivio ‘Andrea Pazienza’, sezione del MAT Museo dell'Alto Tavoliere dedicata al Fumetto: riviste d’epoca, locandine, cataloghi, testi di laurea, rassegne stampa, copertine di LP in vinile, materiale multimediale. E tanti omaggi ad Andrea Pazienza dal mondo del Fumetto, della Satira e dell’illustrazione italiana.

“Artista esuberante e sfaccettato – dichiara il Sindaco Francesco Miglio che segue direttamente la delega ai Servizi Museali - massimo interprete dell’avanguardia del fumetto italiano tra anni Settanta e Ottanta, in poco più di dieci anni di attività, Pazienza è diventato, nell’immaginario contemporaneo, una vera e propria icona culturale. Il suo tragico destino ne ha consacrato per sempre l’opera, facendo di lui non solo il simbolo di un’epoca e di una generazione, ma un modo di essere, di esprimersi e di interpretare la realtà. Inizia così una nuova era nella storia del Fumetto italiano, tra il tramonto del genere della rivista d’autore e l’ascesa del graphic novel. Che Pazienza abbia introdotto elementi di indiscussa novità, non solo nello specifico ambito del fumetto, ma trasversalmente nel sistema delle arti - dalla narrativa alle serie TV, dal cinema al graffito, dalla musica alla moda -  è un dato di fatto”.

L’iniziativa didattica intende valutare per esteso l’eredità di Pazienza presso le generazioni artistiche successive, ovvero come la sua opera abbia, nella pratica, influenzato l’evoluzione del fumetto e della cultura contemporanea e come sia diventato maestro e modello per una moltitudine di artisti: Luca Enoch, Fumettibrutti, Marco Corona, Paolo Bacilieri, Davide Reviati, Ratigher, Zerocalcare, LRNZ, Makkox, Leo Ortolani, Giorgio Santucci, Tuono Pettinato, Drago Droga e tanti tanti altri. L’esposizione sarà articolata in diverse sezioni, come gli ambiti approfonditi da Carlotta Vacchelli nella sua ricerca: Fumetto, Musica, Cinema, Televisione, Letteratura, Riviste.

A queste, si aggiunge una sezione dedicata al rapporto di Andrea Pazienza con la Storia dell’Arte, studio curato di Serenella Russo, volontaria del Servizio Civile Universale presso il MAT, nell’ambito del progetto ‘MUSEUM FOR EQUALITY: DIVERSITA’ E INCLUSIONE’, rendendo il percorso didattico biunivoco: infatti, oltre all’influenza di Paz nella cultura italiana, saranno affrontate anche le fonti di ispirazione dello stesso Andrea Pazienza nel corso del suo percorso artistico.

Alla realizzazione della mostra didattica, che sarà visitabile per tutto il corso dell’estate, fino al 18 settembre 2022, oltre al già citato Centro Fumetto ‘Andrea Pazienza’ di Cremona, hanno collaborato: il Circolo Didattico ‘San Benedetto’ di San Severo, il Liceo Artistico ‘Andrea Pazienza’ di San Nicandro Garganico, la Biblioteca ‘la Magna Capitana’ di Foggia, e alcuni amici del MAT di San Severo, quali Enrico Ametta, Leonardo Vito Avezzano, Francesca Capone, Domenico Migliaccio e il gruppo Facebook Andrea Pazienza – L’ARTISTA, Rossano Mancinelli, Raffaele Niro e Maurizio Rosito.

La mostra didattica sarà visitabile fino a domenica 18 settembre 2022, nei seguenti orari: dal lunedì al venerdì, ore 9.00-13.30 e 17.30-20.30, il sabato, ore 18.00-21.00, e la domenica e nei giorni festivi, ore 10.30-13.30 e 18.00-21.00.

Per la prima volta nel capoluogo pugliese, Contemporanea Galleria D’Arte è lieta di presentare Intrecci, la mostra monografica di Giosetta Fioroni, protagonista in rosa della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo. Dall’1 al 31 maggio 2022 in mostra alla Contemporanea Galleria D’Arte, di Giuseppe Benvenuto, a Bari, in via Nicolò Piccinni, 226, con ingresso gratuito, dal martedì alla domenica ore 16:00 alle 20:00. La mostra è curata da Gemma Gulisano.

L’esposizione organizzata dal gallerista Giuseppe Benvenuto in collaborazione con l’Archivio Giosetta Fioroni e la curatela di Gemma Gulisano, intende offrire al pubblico barese un viaggio che ripercorre l’intensa produzione dell’artista dai suoi esordi, avvenuti nella Parigi di fine anni Cinquanta e nella Roma dei primissimi Sessanta, ad oggi.

La mostra verrà inaugurata domenica 1 maggio alle ore 18.30 e vedrà la partecipazione dell’artista.

Interverranno:

Ines Pierucci - Assessore alla cultura del Comune di Bari
Micaela Paparella – Consigliera delegata alla cultura del Comune di Bari
Gianfranco Terzo - Assessore del Comune di Sannicandro (Bari)
Pietro di Terlizzi - Direttore dell'Accademia di Belle arti di Foggia
Michele Vaira – Avvocato
Gemma Gulisano - Storica dell'arte, curatore dell’Archivio Giosetta Fioroni
Giuseppe Benvenuto - Gallerista

Protagonista in rosa della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo - insieme a Mario Schifano, Franco Angeli, Tano Festa e Renato Mambor - Giosetta Fioroni nasce a Roma nel 1932 e cresce giocando con la creta del padre scultore e i teatrini di marionette della madre.

«Gli esordi degli anni Cinquanta legati al clima informale, che nei lavori di Giosetta Fioroni rivelano simpatia per i pennelli di Afro, Burri e del maestro Toti Scialoja, a Parigi cedono spazio all’incursione di cifre, numeri e simboli (Villa 3 1960).

Appare quasi subito un cuore, una lampadina, una sedia, una scarpa; oggetti del quotidiano che come i segni indicali nei lavori di Duchamp (Tu’m 1918), rappresentano le tracce di una realtà che invade lo spazio dell’arte.

I frammenti del quotidiano vengono così catalogati come reperti di un vissuto o come tracce di un sogno che si impastano al colore e si confondono tra le sagome di fanciulla, stelle, cuori, arabeschi e scritte tracciate sulla superficie (Fanciulla 2020), segni che danno origine a un nuovo racconto imbevuto di memorie, sogni e sentimenti (Teatrino 2014).

Ma anche quando la superficie si complica e si stratifica, traspare la leggerezza che caratterizza la poetica di Fioroni. Così Goffredo Parise descriveva quell’atteggiamento sempre trasognante che affiora dai soggetti, dalle composizioni quasi aleatorie, dalle pennellate libere e dalle vivaci cromie di queste opere (Venere 2014).»

La mostra si propone di produrre una narrazione dell’esperienza artistica di Fioroni, ripercorrendo i momenti più salienti della propria attività; tappe dell’intensa produzione dell’artista presentate non secondo un ordine narrativo rigidamente cronologico, ma circolare, così da risultare una narrazione più vicina all’intreccio che non alla fabula.

«Tra questi intrecci si snoda il tema del volto femminile (Volto 2020), immagine iconica della produzione degli anni Sessanta e Settanta che caratterizza il celebre ciclo degli argenti (Bambino solo 1970, Costume da bagno 1962). (…)

Oggi i simboli noti di Fioroni sono echi di un tempo lontano colto nella sua dissolvenza ma mai perduto, simboli che si intrecciano a vecchie visioni e alle nuove.»

Informazioni
Contemporanea Galleria D’Arte
Via Nicolò Piccinni, 226 – Bari
Giuseppe Benvenuto
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Intrecci

di Gemma Gulisano (curatrice Archivio Giosetta Fioroni)

«Io ho avuto dal destino un incantevole dono. Un mestiere che si fa con le mani, con la mente e con il cuore. »

Intrecci Giosetta Fioroni

Giosetta Fioroni

Gli esordi degli anni Cinquanta legati al clima informale, che nei lavori di Giosetta Fioroni rivelano simpatia per i pennelli di Afro, Burri e del maestro Toti Scialoja, a Parigi cedono spazio all’incursione di cifre, numeri e simboli (Villa 3 1960).

Appare quasi subito un cuore, una lampadina, una sedia, una scarpa; oggetti del quotidiano che come i segni indicali nei lavori di Duchamp (Tu’m 1918), rappresentano le tracce di una realtà che invade lo spazio dell’arte.

Dai primi collage di Picasso e Braque e la resa tridimensionale degli stessi nei rilievi dell’anno successivo, agli abbinamenti apparentemente incongrui nelle composizioni allegoriche di De Chirico, l’oggetto quotidiano diventa arte: i ready-made, l’esperienza Dada guidata da Tristan Tzara (che Fioroni conosce a Parigi nel lontano 1958), i “ritagli” di Eduardo Paolozzi e Richard Hamilton, i combine paintings di Rauschenberg, e ancora, le immagini pop prodotte da Warhol, Wesselmann e Lichtenstein.

Fioroni non è immune al diffuso fascino per l’oggetto comune che serpeggia nella sua instancabile ricerca sia con evidenza materiale, incollando frammenti di realtà al supporto come un bricoler, che in forma segnica (Campo de L’Anzolo Rafael 2013).

I frammenti del quotidiano vengono così catalogati come reperti di un vissuto o come tracce di un sogno che si impastano al colore e si confondono tra le sagome di fanciulla, stelle, cuori, arabeschi e scritte tracciate sulla superficie (Fanciulla 2020), segni che danno origine a un nuovo racconto imbevuto di memorie, sogni e sentimenti (Teatrino 2014).

Ma anche quando la superficie si complica e si stratifica, traspare la leggerezza che caratterizza la poetica di Fioroni: la leggerezza di una fanciulla che cammina in punta di piedi e saltella per recuperare un infanzia perduta. Così Goffredo Parise descriveva quell’atteggiamento sempre trasognante che affiora dai soggetti, dalle composizioni quasi aleatorie, dalle pennellate libere e dalle vivaci cromie di queste opere (Venere 2014).

Nei microcosmi creati dell’artista, le singole entità che li compongono (piume, foglie, posate, casette, ritagli vari) rinunciano al tradizionale significato per dare vita a una dimensione fiabesca che scaturisce da una visione scevra da sovrastrutture; fratture di realtà assimilabili alle visioni oniriche dipinte da Chagall o alle raffinate boxes di Joseph Cornell, nelle quali la poetica dell’ojet trouve si arricchisce di suggestioni intimistiche.

La fiaba è l’ingrediente segreto nel calderone di Fioroni.

La scoperta della fiaba risale agli anni Settanta con la lettura dei Racconti di fate e La fiaba di magia di Vladimir Jakovlevič Propp e scatena l’immaginario visivo dell’artista determinando la nascita degli Spiriti di campagna: coboldi, orzimbi, spiritelli silvani, elfi.

Concepiti nel passato, questi temi riappaiono nella produzione più recente e si intrecciano a un linguaggio più maturo che per certi versi enfatizza il carattere pop di Fioroni, per altri mantiene una singolare forza espressiva derivante da una dimensione intima dell’artista (Fata volante 2022).

Tra questi intrecci si snoda anche il tema del volto femminile (Volto 2020), immagine iconica della produzione degli anni Sessanta e Settanta che caratterizza il celebre ciclo degli argenti (Bambino solo 1970). Fioroni celebra una femminilità non autobiografica ma estesa; attimi resi eterni in una posa di vernice alluminio, immagini rarefatte (Costume da bagno 1962).

«Immagini toccate di argento che affiorano con la leggerezza di un sospiro», come le ha definite Maurizio Calvesi.

I volti rubati dalle riviste glamour, dal cinema e dagli scatti dell’artista, perdono ogni carattere di riconoscibilità, si riducono a contorni, si trasformano in sagome; volti che potrebbero appartenere a chiunque e a nessuno al tempo stesso.

Oggi i simboli noti di Fioroni sono echi di un tempo lontano colto nella sua dissolvenza ma mai perduto,

immagini che si intrecciano a vecchie visioni e alle nuove.

Con la mano sinistra tratteggiata dal tempo, Giosetta lascia scorrere le sagome sul rettangolo della tela, con la destra agita la bomboletta e ne trascrive i contorni. Lo sguardo entusiasta di una bambina al suo primo lavoro tradisce la gestualità controllata di una donna che concepisce quelle opere da tutta una vita.

Poi si allontana, mi guarda dicendo: ho fatto una cosa che secondo me è abbastanza speciale.

 

 

Dal 2 aprile al 5 maggio 2022 a Foggia, alla Contemporanea Galleria d'Arte, viale Michelangelo, 65. Inaugurazione: sabato 2 aprile, ore 18:30.

a cura di sara Maffei

La Contemporanea Galleria d’Arte di Foggia ospiterà fino al 5 maggio 2022 una mostra dedicata al celebre pittore italiano Fausto Pirandello, figlio del grande drammaturgo. La personale, curata dall’esperto gallerista Giuseppe Benvenuto, affiancato dalla storica dell’arte Sara Maffei, verrà inaugurata sabato 2 aprile ed intende delineare un’attenta fisionomia dell’evoluzione pittorica di uno dei maggiori pittori italiani del Novecento, le cui opere hanno dato una voce nuova e moderna al dolore e alla gioia del vivere.

Nato a Roma alla fine dell’Ottocento, negli anni Venti del secolo successivo Fausto Pirandello frequenta la Scuola d’Arte agli Orti Sallustiani di Carena, Selva e Amato, esercitandosi a dipingere dal vero figure, paesaggi e nature morte in cui la tradizione incontra la modernità. Durante i mesi estivi, i corsi si svolgono nella natura di Anticoli Corrado, paese molto popolare fra gli artisti e i letterati di fama internazionale dell'epoca. È in questo borgo laziale che Pirandello apre il suo primo studio di pittura, trovandovi ispirazione per la maggior parte delle composizioni di paesaggio, ed incontra la modella di posa Pompilia D'Aprile, che diventa sua moglie e madre dei suoi figli. Pompilia è centrale per la carriera del pittore romano: non solo la sua figura è presente in numerosi ritratti e nudi, caratterizzati da un intenso erotismo, ma lo guida anche nelle decisioni più ardue, essendo la stessa dotata di notevoli capacità manageriali. Inoltre, è solita recarsi periodicamente in piccoli negozi di antiquariato e chincaglierie, recuperando oggetti bizzarri da proporre al marito per le sue composizioni di nature morte[1], esemplificate dall’opera intitolata “Natura morta con sedia” (1955), olio su cartone visionabile presso la Contemporanea Galleria d’Arte.

Permeato di fascino e mistero, Anticoli Corrado attira a sé personalità alla ricerca di modelli pittorici di peculiare bellezza, fra cui Felice Carena – maestro di Pirandello – il quale, in una corrispondenza con il critico d’arte Lionello Venturi, riferisce della insostituibilità delle modelle anticolane e come l’atmosfera del borgo apporti benefici alla sua arte: «Qui in Anticoli troverò più facilmente tra le contadine un tipo adatto, che a Roma mi fu impossibile […] in questo paese […] lavoro più sereno»[2]. In questo ambiente, in cui si dipingono scene di vita contadina, paesaggi e nudi, studiati con una nuova sensibilità pittorica che guarda in maniera velatamente nostalgica ai maestri del passato, Pirandello realizza le sue prime composizioni con nudi in prospettiva, fortemente careniane nelle scelte cromatiche. Reso vigoroso dalla sua tipica luce vivida e intensa, nell’antico borgo viene così a crearsi, fra le due guerre, un cenacolo artistico, frequentato dalle più influenti personalità dell’epoca, tra cui Capogrossi e Cavalli. Rispetto alle ricerche sui toni di questi ultimi, Fausto Pirandello si concentra maggiormente sul disegno, rendendo le figure monumentali, influenzato dal suo antico interesse per la scultura. Come informa lo storico dell’arte Manuel Carrera, sono molti gli spunti derivati da Anticoli Corrado per l’arte pirandelliana: in primis il paesaggio di campagna bruciato dal sole estivo, ineffabile e penetrante, la natura aspra, quasi inospitale e piena di contrasti, come emerge in uno scritto in cui l’artista, nell’atto di compiere una passeggiata con suo padre, descrive «le famiglie dei ghiri in corsa sui rami praticabili di quei nocchi contorti […] e poi il volo dei merli tra canna e canna, che al primo richiamo si faceva domestico, e l’abbeverarsi della faina appuntita, scattante, e l’armeggiare dei rospi scosciati sulle foglie sommerse»[3]. In secondo luogo, i modelli per i suoi nudi, la cui ruvida fisicità è resa mediante ricche pennellate fortemente materiche, in grado di trasmettere sensualità e notevole introspezione psicologica.

Nel 1925 partecipa alla Biennale di Roma con le “Bagnanti”, e a quella di Venezia del 1926 e dal 1932 al 1942. Alla sua epoca, trattare il tema delle bagnanti, come egli stesso afferma, «è quanto sembrare di voler restare in una consuetudine di valori tradizionali di una pittura non prevenuta di una gerarchia nell’ordine dei contenuti; ossia di tutta quella parte della pittura sfuggente ad una natura di contenuti impropriamente per l’arte detti morali e, propriamente, estensivi dell’arte»[4]; tuttavia, per lui non si tratta di una ricerca di contenuti, quanto di una sazietà delle forme, di un soggetto, del quale non tratta niente più del suo «sentimento umano del deprecato disfarsi della realtà nel numero e nella materia; realtà percepibile e definibile appena come movimento ed impulsi, o del suo consistere, semmai, come elemento di natura»[5].

Sul finire del secondo decennio, trasferisce a Parigi il suo studio, aprendosi a nuove soluzioni pittoriche: pur mantenendo una rappresentazione scabra della realtà, resta fortemente affascinato dalla stesura pittorica cubista. Nella capitale francese frequenta gli Italiens de Paris, si confronta con le opere di Cézanne, dei cubisti e dei pittori dell’École de Paris e allestisce la sua prima personale presso la Galerie Vildrac (1929).

Nei primi anni Trenta torna a Roma, lavorando in uno studio con vista sui tetti della città, panorama dal quale traggono ispirazione diverse opere, tra cui l’olio su tavola “Tetti” (1939), parte anch’esso dell’esposizione foggiana.

Qui nella capitale, assieme a Capogrossi e Cavalli, giovani pittori che, come lui, hanno mosso i primi passi con Carena, diviene uno dei protagonisti della Scuola Romana: una delle più importanti novità del panorama artistico contemporaneo, la cui etichetta storiografica è fornita dal critico d’arte francese Waldemar-George, il quale parla per la prima volta di “jeune École de Rome”. Obiettivo di questo gruppo di artisti, al quale si unisce in seguito anche il giovane e vivace Cagli, è la ricerca di un incontro tra la modernità del linguaggio post-cubista e l’arte antica, conservando un linguaggio visivo personale e riconoscibile per ognuno dei protagonisti. Pur collocandosi fra gli esponenti di questa nuova tendenza, Pirandello continua a mantenere la propria individualità ed originalità pittorica, orientata verso un realismo del quotidiano che, attraverso una materia pittorica corposa e pesante, rivela anche gli aspetti più spiacevoli della realtà. Nel dopoguerra segue la necessità di un cambiamento che porta al graduale spegnimento del cenacolo anticolano.

A partire dagli anni Cinquanta, Fausto Pirandello evolve il suo stile, assorbendo le suggestioni dei modelli cubisti di Braque e Picasso, come testimoniano due oli su cartone, entrambi visionabili presso la Galleria pugliese: “Omaggio a Giotto” (1954), in cui si avverte il forte il riferimento a una sintassi cubista nelle tassellature del colore e nella scomposizione geometrica della figurazione; e “Composizione con figure” (1964-65), in cui le campiture intensamente colorate, rese con forme sintetiche entro uno spazio frantumato, propongono una lettura bidimensionale dello spazio che azzera l’effetto di profondità.

Dal dialogo con l’arte del suo tempo - da De Kooning all’informel francese – si fanno sempre più frequenti piani spezzati e geometrie espressioniste, giungendo a originali soluzioni formali tra astrazione e figurazione. L’interesse maturato da tempo verso l’avanguardia cubista ed espressionista si orienta verso l’astratto-concreto venturiano, senza tuttavia rinunciare ad un’impostazione figurativa[6]. Ne sono un esempio le “Bagnanti nella luce” (1956) - in cui mostra un linguaggio lontano da quello adottato dopo l’esperienza parigina, carica di tonalità cupe e linee espressionistiche, altresì distante dalle drammatiche e stranianti “Bagnanti con sole giallo” (1961). Nelle quattro “Bagnanti” (1960; 1961; 1962; 1963) osservabili in Galleria, invece, l’artista spinge al limite le potenzialità espressive delle forme umane, indagandole insieme alla natura selvaggia che le circonda. Entro composizioni affollate, frutto di una visione concitata, si realizzano audaci deformazioni: sanguigno e carnale, esposto senza vergogna e con oggettivo verismo, il corpo si fa allungato e gonfio in maniera quasi surreale, caratterizzato da tinte espressioniste e delineato da un tratto nervoso che crea superfici vibranti.

Il soggetto delle bagnanti è un riferimento storico che, pur evocando Cézanne, si aggiorna ad un linguaggio sempre nuovo, tanto che, in virtù di questa capacità di rinnovamento costante, Nello Ponente, allievo di Venturi e promotore di artisti contemporanei di rottura, definisce Pirandello un pittore d’avanguardia[7], pieno di contrasti, in grado di rompere con il suo modo precedente, uscendo fuori ogni volta con qualcosa di nuovo e di bello; prudente ma audace, secondo Ponente, egli è un artista che raggiunge lentamente risultati rivoluzionari e che possiede una libertà formale adatta ad esprimere quel mondo complesso che ci riguarda.

Nel frattempo, supportato da Venturi, intensifica la sua attività espositiva, partecipando assiduamente alle Quadriennali di Roma, alle Biennali di Venezia e prendendo le distanze dai principali gruppi di tendenza italiani. Ottiene molti riconoscimenti, tra cui la Medaglia d'oro come benemerito della cultura e dell'arte dal Presidente della Repubblica Gronchi, il Primo Premio alla VI edizione della Quadriennale Nazionale d'Arte di Roma del 1951, il Premio Gualino alla Biennale di Venezia del 1952, il Premio Marzotto nel 1953 ed il Premio del Fiorino nel 1957. Inoltre, nel 1955 tiene la sua prima personale negli Stati Uniti, presso la Catherine Viviano Gallery di New York. Negli stessi anni, si dedica anche alla scrittura d'arte su riviste del settore come Quadrivio, La Fiera Letteraria e L'Europa Letteraria, partecipando al dibattito artistico del su otempo. Negli anni Sessanta è tra i pittori della Scuola Romana premiati alla XIII Quadriennale Nazionale d'Arte di Roma, riceve il Premio Michetti (1964) ed il Premio Villa (1967). Infine, negli ultimi anni della sua vita predilige la tecnica del pastello, abbandonando gradualmente la pittura ad olio.

Tema prediletto dell’artista è senza dubbio quello delle figure umane, colte con ruvida verità, nude, senza censure e definite nella loro più vivida carnalità, esemplificate da “Nudo” (1948), “Nudo disteso” (1954), “Nudo con tenda arancio” (1957) “Donna tra i fiori” (1967), suggestivi e magnifici oli su cartone, tutti visionabili in Galleria.

Mettendo in atto un coraggioso scavo nella realtà, l’arte di Pirandello si offre allo spettatore in tutto il suo espressionismo carico di un pathos gravido di emotività e commozione. Nelle composizioni campeggiano figure isolate, la cui carne umana è indagata con sfrontatezza ed «il ricordo regredisce a mano a mano, scomponendosi nei colori-luce»[8]. Così una gioia o un dolore diventa pittura viva e materica e, facendosi strada con violenza cromatica, irrompe sul supporto, deformando ed alterando le forme e lo spazio: «con enormi cautele l’artista fila la trama del segno, per imprigionarvi l’immagine a sua insaputa. Quella di solito sfugge; o resta presa per avventura fuori dei segni, proprio nei punti vuoti, nelle isole bianche, in pause predestinate»[9]. Attraverso la densità delle pennellate, il colore si condensa, tramutandosi nel peso specifico delle emozioni che dall’anima si riversano sulle tavole e sui cartoni, parlandoci «molto bene delle nostre passioni, anche se non le conosciamo»[10] ed assolvendo a quella che, secondo Venturi è la premessa indispensabile dell’arte moderna.

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[1] M. Carrera, (a cura di), Fausto Pirandello e il cenacolo di Anticoli Corrado, De Luca Editori d’Arte, Roma 2018, p. 21.
[2] Lettera autografa di Felice Carena a Lionello Venturi, 11-VIII-24 Anticoli Corrado, Archivio di Lionello Venturi (Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo – Sapienza Università di Roma), Fondo Corrispondenza, fasc. 132.
[3] M. Carrera, (a cura di), Op. Cit., p. 22.
[4] F. Pirandello, Fausto Pirandello parla della sua pittura. Bagnanti, «La Fiera Letteraria», Roma, a. VI, n. 7, 18 febbraio 1951, p.7.
[5] Ibidem.
[6] M. Carrera (a cura di), op. cit., p. 25.
[7] N. Ponente, Pirandello, in «Il Taccuino delle Arti», 16 Marzo 1957, p.3.
[8] F. Pirandello, I pensieri e le ore. Taccuino. Ricordo. Significato. Riassuntivo, «La Fiera Letteraria», Roma, a. XII, n. 29, 21 luglio 1957, p.7.
[9] F. Pirandello, in A. Scamperle, O. Tamburi (a cura di), Il disegno italiano contemporaneo, Edizioni dell’Athena, Roma 1947, p. 84.
[10] F. Pirandello, Riflessioni sull’arte, a cura di C. Gian Ferrari, F. Matitti, Abscondita, Milano 2008, p. 56.

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Info.
Lunedì – mercoledì – giovedì – sabato - domenica
10.00–13.00 17:00-20.00
- chiuso dal 9 al 12 aprile –
Per maggiori informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Rossocinabro è lieta di presentare la mostra collettiva "Le Diversità del Contemporaneo".Curatore della mostra Joe Hansen.

INGRESSO LIBERO

La mostra aprirà il 1 aprile e sarà visitabile fino a fine mese. Non è la prima volta che Rossocinabro affronta il tema della ‘Diversità dell'arte contemporanea' che sfugge a facili catalogazioni. In essa sono presenti artisti e opere talmente differenti che risulta sempre complicato fornirne una lettura o una classificazione rigorosa all'interno di un sistema delle arti che prende come criterio di catalogazione il periodo storico in cui un particolare tipo di arte è esistita. Per rendersene conto, è sufficiente confrontare fra loro le diverse opere che è possibile trovare in una qualsiasi galleria d’arte contemporanea o in una collezione d’arte: sembra quasi che queste opere siano opposte le une alle altre, tante sono le differenze che le separano. Eppure sono tutte figlie del nostro tempo, frutto di elaborazioni creative di artisti eterogenei e pertanto difformi fra loro per vissuti, percorsi di vita, spunti, influenze, direzioni, indirizzi, sviluppi, esperienze ed ambiti di appartenenza.

Il risultato di questa mostra è finalizzato a diffondere e valorizzare la conoscenza di un contemporaneo, non sempre presente alle fiere d’arte e alle esposizioni ufficiali e dei suoi multiformi linguaggi.

Le opere degli artisti in mostra provengono da: Europa, Regno Unito, USA, Australia, Cina, Centro e Sud America, Canada, Giappone, Corea del Sud, Indonesia, Armenia, India.

In mostra: Kimberly Adamis, Felicia Adérian, Ralph Aiken, Chadwick Arcinue, Rosemarie Armstrong, Brian Avadka Colez, Flavia Basiloni, Audrey Beharie-McGee, Jonathan Berkh, Erin Bird-Johansson, Monique Boudreau, Glenys Buzza,  Carol Anne,  Laura Casini, André Colinet, Nathanael Cox, Tessa de Swart, Patricia Delorme, Joel Douek, Chandrima Emma Dutta, Amelíe Monira Egenolf, Susumu Hasegawa, Tondi Hasibuan,  Monika Katterwe, Alice Daeun Kim, Elia Kleiber,  Chikara Komura, Alexandra Kordas, Sandra Lages, Anya Lauchlan, Fiona Livingstone, Susan Nalaboff Brilliant, Nasrah Nefer, Aurora Noir, Eva Öfors, Anna Papadopoulou, Antonella Quacchia, Erwin Rios, Steffi Rodigas, Belle Roth, Maro Sargsyan, Nataša Segulin,  Christophe Szkudlarek, Taka & Megu, Angela Thouless, Kari Veastad, Wilma Wijnen.

Rossocinabro
Roma
www.rossocinabro.com

Dopo un'ulteriore proroga di due settimane, si conclude l'esperienza di successo della mostra Make Love dell'artista napoletano Unplatonic.

Il finissage si terrà mercoledì 23 marzo alle ore 18,30 presso i locali di Creo Gallery.

La serata vedrà il protagonista del concept, impegnato in una performance che giocherà sul simbolismo dell'immagine anonima di cui l'artista si rende interprete, attraverso l'uso di una maschera che lascia intravedere la sua fisionomia ma non ne consente la riconoscibilità. MAKE Love ha portato in un ambiente chiuso, le atmosfere della street art in una veste Pop-partenopea.

Nell'occasione saranno consegnate "da chiodo a chiodo" le opere acquistate dai visitatori durante il tempo dedicato alla mostra; inoltre si potranno ammirare e ancora acquistare, le bellissime ceramiche forgiate a tema. Un aperitivo e un brindisi augurale concluderanno infine la kermesse.

Creo Gallery
via Lustro n° 3
Foggia

 

L’Assessorato alla Cultura del Comune di San Severo dal 12 marzo al 12 aprile 2022 vi invita presso la Galleria Comunale d’arte “Luigi Schingo” a visitare la mostra del poliedrico artista Gianni Pitta dal titolo evocativo e simbolico “Keep Calm! We have a heart”. 

“Siamo molto contenti di riaprire la nostra bellissima Galleria d’Arte, dopo due anni di interruzione dovuta all’epidemia - dichiarano il Sindaco Francesco Miglio e l’Assessore alla Cultura Celeste Iacovino - con la mostra delle opere di Gianni Pitta, il cui tema sarà anche occasione per sensibilizzare le coscienze agli ideali di pace e non violenza, all’inclusione ed alla convivenza pacifica tra i popoli “.

All’inaugurazione della mostra, il prossimo sabato 12 marzo alle ore 19, presenzieranno oltre all’artista Gianni Pitta, al Sindaco Miglio, all’Assessore Iacovino anche il direttore del Polo Museale di Trani, Graziano Urbano, che ha collaborato per molti anni con il Comune di San Severo e che presenterà al pubblico l’artista e le sue opere.

Gianni Pitta:

“Non saprei dire a quanto tempo fa risale il primo cuore che ho disegnato, sicuramente a quando ero bambino, come la maggior parte dei bambini ne avrò disegnati tanti, inconsapevole dell’immensità comunicativa di questo simbolo; un’attrazione fanciullesca, adolescenziale che negli anni mi ha costretto a perdere ogni pudore e a mettere a nudo ogni mia emozione. Passione, tormento, amore, forza, senza distinzione di razza o di età, il cuore appartiene a tutte le generazioni, e ci rappresenta quando senza usare parole, vogliamo rappresentare una azione emotiva che prescinde dalla nostra razionalità e che va oltre le superficiali apparenze. Possiamo considerare questo simbolo, come la vera radice da cui costruire la nostra anima, il nostro spirito, la rappresentazione vera di ciò che siamo. Il cuore più della ragione, è il vero testimone della nostra vita, poiché la trascende e le sopravvive, poiché oltre ad essere una azione è un pensiero che resta per sempre. Il nostro cuore, non può mai essere neutrale, è verità o ipocrisia, è tuo ma non ti appartiene poiché sei pronto a manifestarlo senza una ragione, senza nessun indugio. Per questa ragione lo possiamo considerare il centro più profondo della nostra intera esistenza”.

La Contemporanea Galleria d'Arte di Bari, dal 10 marzo al 28 aprile, sarà lieta di ospitare una mostra dedicata a Pierluigi Pusole, artista fra i più originali della pittura italiana contemporanea. Nato ed attivo a Torino, comincia ad esporre negli anni Ottanta presso importanti gallerie fra cui la Galleria Guido Carbone di Torino, la Dumont Kunsthalle di Colonia, il Palazzo delle Esposizioni di Roma, la Galleria d'Arte Moderna di Bologna, la Galleria Michael Schultz di Berlino e la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di San Marino. Partecipa alla Biennale di Venezia del 1991 e prende parte ad importanti rassegne collettive quali Il Cangiante, Anni Novanta, Dodici pittori italiani, Cambio di guardia, Ultime generazioni e Antologia. Dal 2000 si dedica al progetto “Io sono Dio”, culminato nel recente “Experiments”, grandi cicli pittorici in cui mette in atto una personalissima ricerca formale dove la materia pittorica, frutto di un gesto veloce su carta bagnata, attinge a conoscenze scientifiche e assunti filosofici.

BARI
Contemporanea Galleria d'Arte
via N. Piccinni, 226
10 marzo – 28 aprile 2022

Presentazione di Sara Maffei

Come suggerisce Gianni Romano, Pierluigi Pusole può essere definito un romantico che crede nella logica, il cui sguardo razionale è il principio ordinatore che gli permette di riorganizzare una realtà altra, diversa da quella che siamo abituati a vivere. Fautore di un linguaggio artistico che, nel corso del tempo, compie svolte improvvise, negli anni Novanta è uno dei maggiori interpreti della giovane figurazione italiana ed accoglie la serialità della Pop Art, attraverso cui mira ad azzerare il peso della storia e dei suoi limiti formali. In seguito abbandona la figurazione, comprendendo che quest'ultima è una trappola formale che consente di esprimere sicurezza e talento ma che conduce inevitabilmente ad un percorso prevedibile, dunque chiuso. Alla stregua di un demiurgo, l'artista-creatore inventa così una pittura nuova, da lui definita “antinaturale”, in grado di suggerire significati importanti e nascosti e con la quale rifonda il mondo, partendo dal paesaggio in quanto sistema formale complesso. Ne deriva un'arte pregnante di spirito riflessivo, orchestrata su diversi piani di lettura e dotata di una propria funzione creatrice che sfida la natura, ricreandola.

Intitolata “Serie L” ed appartenente all'ampio ciclo “Io sono Dio”, la mostra si compone di circa quindici opere di grande formato caratterizzate da una pittura di impronta fauvista, il cui gesto determina la perdita di controllo sull’esito finale, subendo il fascino dell’imprevedibilità.

Con pennellate espressioniste ed una gamma cromatica acida, non rappresenta la realtà per come appare, ossia intesa come semplice imitazione, bensì per come la sente, trasformandola in colore. Prendendo le distanze da tinte veritiere e compiendo scelte cromatiche divergenti dal mondo reale, Pusole rifiuta la somiglianza cromatica oggettiva, assolvendo il colore da ogni servitù e da ogni relazione con corpi e oggetti. Il paesaggio, declinato nelle diverse sfumature del verde, del rosso e del blu, è essenziale ed esistenziale al tempo stesso: è spoglio e fa parlare l'assenza o talvolta la presenza di anonime esistenze che, simili ad anime in compagnia della propria ombra, portano con sé il peso di un dubbio.

L'architettura sacra della natura - fatta di montagne, alberi, fitti boschi rocciosi e ambienti lacustri - si fa chiave interpretativa della percezione del tempo e dello spazio. Attore protagonista dei paesaggi di Pusole è il vuoto, quel luogo in cui si muovono tempo e moti stagionali, che funge da catalizzatore di emozioni, sensazioni di attesa e mistero. Non inteso come negazione del pieno, ma come entità di per sé esistente, il vuoto può calmare ed inquietare, attivare la coscienza, dare la possibilità di ritrovare se stessi. Diviene quello spazio, potenziale e creatore, da cui tutto ha origine e verso cui tutto si dirige, racchiude in sé l'unità dell'esistente ed è sinonimo di infinita ricchezza di possibilità, di massima apertura e libertà. Questo vuoto, espresso in suggestioni pittoriche oblique e affrettate, attiva il tempo dell'osservazione, stimola la riflessione e la forza indagatrice del nostro presente, circa ciò che siamo ed il mondo da cui proveniamo.

La totalità paesaggistica di Madre Natura esprime la propria forza spirituale grazie all'azione del Dio splendente Phanes, ossia della Luce, che permea il quadro naturale di pennellate vibranti simili a benedizioni orfiche (da Orfeo, colui che guarisce mediante la luce). Si tratta di una luce rivelatrice di verità, nel suo svelare il mondo interiore tramite la rappresentazione di quello naturale. È in questo modo che la natura di Pusole, entro la quale dimora l'enigma, dettagli accennati, interpretazioni da compiere, incontra il Simbolismo, ossia l'andare oltre ciò che si vede, ricreando la dimensione del mistero, richiedendo un chiarimento, spronando alla riflessione. Il paesaggio naturale si rivela dunque un'identificazione inconscia di un paesaggio interiore, entro cui l'uomo cerca il suo senso o il suo non senso, facendosi locuzione cartesiana del cogito ergo sum. Pertanto è lo spirito di coscienza a donare un significato al mondo e all'esistenza, reso possibile grazie all’arte. E l'assenza, come nelle migliori pellicole di Antonioni, diviene presenza di senso, di pensiero e di un carico esistenziale pieno di dubbi e consapevolezze, riempiendo lo spazio vuoto. Così, per dirla con le parole contenute nel Daodejing «ciò che è vuoto diventa pieno…» in quanto significativo e portatore di un significato che va oltre il visibile.

A Foggia il 05/03/2022 presso “Contemporanea Galleria d’Arte” di Giuseppe Benvenuto, in Viale Michelangelo n.65, verrà inaugurata la mostra personale dell’artista Piero di Terlizzi.

La mostra è curata da Giuseppe Benvenuto e sarà visitabile dal lunedì al sabato dal 05/03/2022 al 30/03/2022 ai seguenti orari: 10 - 13 / 17 – 20.

Questa prima mostra personale nel capoluogo foggiano dell’artista, che ricopre il prestigioso incarico di direttore artistico della locale Accademia di Belle Arti da diversi anni, comprende l’esposizione di nuovissimi lavori appositamente realizzati per l’occasione dal titolo : “Universo Simbolico”.

All’opening con un gradito intervento, presenzierà il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Foggia, il prof. Pierpaolo Limone, che testimonia grande sensibilità verso manifestazioni artistiche qualificate, e il Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Foggia l’avv. Massimiliano Arena.

La presentazione dell’esposizione d’arte è affidata alla curatela di Christian Caliandro, giovane curatore e collaboratore delle prestigiose rivista di arte contemporanea “Artribune” e “Exibart”, docente  della cattedra di Storia dell’Arte contemporanea, presso l’ Accademia di Belle Arti di Foggia, che segue il lavoro dell’artista da diversi anni.

La mostra di Piero di Terlizzi, si inserisce in un ciclo di esposizioni d’arte di “Contemporanea Galleria d’Arte” di Giuseppe Benvenuto che celebra i 25 anni di presenza e lavoro nella città di Foggia, che testimonia l’interesse, la persistenza e vitalità verso la ricerca nel campo delle arti visive, con proposte storicizzate  o legate al contemporaneo.

Questa personale propone il lavoro di Piero di Terlizzi, più legato alla fase progettuale e al disegno, che nel lavoro dell’artista ha grande importanza, con tutte opere su carta della dimensione di 70x100 cm., la grafite serve per fissare momenti e riflessioni e devono essere considerate legate ad un linguaggio  autonomo.         

Il disegno segue le regole di rappresentazione  apparente, tradotta in una serie ritmica di segni, che contribuisce a dare una profondità e sensibilità spaziale e luminosa all’opera, che tenta di catturare lo spettatore nel  continuo gioco di osservato/osservatore.

Tra le esperienze di studio più significative, sono particolarmente determinanti per Piero di Terlizzi gli incontri con  i maestri R. Spizzico e Mimmo Conenna alla fine degli  anni 70 all’Accademia di Bari, fino agli anni di collaborazione a Roma tra 1980/82 con il grande maestro Alighiero Boetti.

Tra le esposizioni in mostre d’arte personali e collettive, si segnalano la partecipazione alla X° Quadriennale di Roma, a cura di Enrico Crispolti, il Premio Michetti 86’, “Desideretur” a cura di Achille Bonito Oliva, la 54° Biennale d'Arte di Venezia, a cura di Vittorio Sgarbi,  la personale presso Prototypezero nel 2004 a New York e la residenza artistica curata dal prof. A. D’Ambruoso, presso i “Boc’S” del Museo d’arte contemporanea di Cosenza.

Emiliano alla mostra per i 30 anni della DIA: “Qui vedo scorrere la mia vita. La DIA nacque da un’intuizione di Falcone e ora l’Italia è riferimento nel mondo per il contrasto alle mafie”.

“Vedo scorrere tutta la mia vita in questa mostra. Questa istituzione nacque da una intuizione di Giovanni Falcone, quando era il direttore generale degli Affari Penali presso il Ministero della Giustizia. Fu una scelta complessa. Nacque la DIA assieme alla Direzione Nazionale Antimafia, e per la prima volta si riorganizzava e si mettevano delle norme precise per evitare che le stesse forze di polizia e gli stessi magistrati si occupassero di qualunque tipo di reato”.

IL PRESIDENTE MICHELE EMILIANO SULLA MOSTRA

Lo ha dichiarato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, a margine del taglio del nastro della mostra fotografica “Antimafia Itinerante”, nella Sala del Colonnato del Palazzo della Città metropolitana di Bari, nell’ambito delle celebrazioni del 30° anniversario della Direzione Investigativa Antimafia, alla presenza del Direttore della DIA, Maurizio Vallone, del sindaco di Bari e della Città metropolitana, Antonio Decaro.

IL VIDEO DI ALCUNI MOMENTI DELLA MOSTRA

“L’istituzione della Dia – ha proseguito Emiliano – fu un passaggio fortissimo, perché fino a quel momento c'era l'idea che chiunque si dovesse occupare di qualsiasi cosa. Da quel giorno l'Italia, anche grazie a queste intuizioni, è diventato nel mondo il Paese di riferimento dal punto di vista della tecnica di contrasto alle mafie. Grazie alla mostra ho appreso che esiste un sistema di coordinamento di tutte le polizie del mondo, nei confronti della ‘ndrangheta; è una cosa che mi tranquillizza, perché la ‘ndrangheta ha una capacità di internazionalizzazione che non ha precedenti. È probabilmente la mafia più pericolosa del mondo. E il fatto che le polizie scambino informazioni, dati, prove, nomi, impronte, eventi, riflessioni è di fondamentale importanza. L'organizzazione delle investigazioni – ha concluso Emiliano - segue il rafforzamento della capacità operativa di queste organizzazioni criminali ed è un lavoro che non finisce mai e che deve sempre portarci ad essere avanti alle organizzazioni mafiose e mai dietro”.

L’esposizione, che ha fatto tappa anche a Lecce, ripercorre attraverso foto, immagini e cronache dei giornali, i trent’anni di storia e di passione delle donne e degli uomini della DIA nell’azione di contrasto alle mafie. 

La mostra sarà aperta fino a venerdì 25 febbraio.

Come anticipato su questa testata giornalistica, presso la sala del sindaco, al Palazzo di Città di Torremaggiore, il 17 febbraio 2022, alle ore 11:00, si è svolta la conferenza stampa per la presentazione della mostra “Opere scelte” dell’artista Giuseppe Trentacoste.

È stata una mostra sofferta, pensata tre anni fa ma posticipata per causa COVID-19, che finalmente e grazie alla volontà del Comune, nella persona del sindaco Emilio Di Pumpo e dell’ Assessorato alla Cultura, Turismo e Promozione del territorio, con il loro patrocinio, dal 19 al 26 febbraio 2022 sarà visitabile all’interno del Castello Ducale di Torremaggiore e precisamente nell’armeria.

La mostra sarà curata Giorgio Barassi e Roberto Sparaci.

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Giuseppe Trentacoste, che arriva da Pistoia, è il pronipote di Domenico Trentacoste, maestro d'arte di Giacomo Negri (1900 - 1973), autore del "Vittorioso", il monumento ai Caduti di Torremaggiore.

La caratteristica particolare delle opere di Giuseppe Trentacoste sono i sacchi di juta, lavorati e trasformati in opere d'arte, che ricordano il lavoro agricolo da sempre primaria fonte locale. Opere di arte povera comunicano il vissuto, di chi ha lavorato nei campi, che ricorda la pelle e i suoi solchi presenti sul volto.

«Per me l'opera d'arte è il sacco, non l'opera che è un'identità»  ha affermato il maestro Trantacoste.

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