Giovedì 17 febbraio 2022, alle ore 11:00, presso la sala del sindaco, al Palazzo di Città, si svolgerà la conferenza stampa per la presentazione della mostra “Opere scelte” dell’artista Giuseppe Trentacoste.
La mostra sarà visibile dal 19 al 26 febbraio all’interno del Castello Ducale di Torremaggiore.
L’evento è patrocinato dal Comune di Torremaggiore, assessorato alla Cultura, Turismo e promozione del territorio.
Rossocinabro, a Roma, è lieta di presentare la mostra collettiva "Differenze culturali". La mostra aprirà il 23 febbraio e si prolungherà fino al 23 marzo 2022. La scelta del titolo per questa mostra è curiosamente interessante.
La collettiva, in mostra dal 23 febbraio al 23 marzo 2022 è curata da Joe Hansen.
Il concetto di differenze culturali nasce dall’idea di conoscenza personale e dalle differenze tra ognuno di noi. Partendo dal presupposto che il concetto di differenze culturali è una pura illusione, nella ricerca sull’identità culturale, si nota l'assurdità di cercare di descrivere lo spirito umano con semplici e brevi espressioni.
Questi artisti hanno scoperto in modo entusiasmante di esprimersi invece attraverso l'arte. L'arte dà loro la libertà di scegliere la modalità per consegnare il loro messaggio. Solo rispetto all'unicità culturale di ogni essere umano possiamo scoprire risposte vere a domande fondamentali della nostra vita, vedere la verità attraverso altre persone, culture e persino su noi stessi.
Speriamo che possiate incontrare le opere di questi affascinanti artisti e condividere le loro visioni sul futuro del rispetto alla nostra unicità culturale vista dietro le porte delle Differenze Culturali. Essi provengono da: Europe, UK, USA, Japan, Indonesia, South Korea, Australia, China, Center and South America, Canada.
In mostra: Kimberly Adamis, Felicia Adérian, Ralph Aiken, Rosemarie Armstrong, Brian Avadka Colez, Tom Avino, Audrey Beharie-McGee, Monique Boudreau, Glenys Buzza, Carol Anne, André Colinet, Nathanael Cox, Patricia Delorme, Sophie Donatien, Joel Douek, Luise Ellerbrock, Graciela Garza, Susumu Hasegawa, Tondi Hasibuan, Banke Jemiyo, Michael Jiliak, Monika Katterwe, Alice Daeun Kim, Elia Kleiber, Chikara Komura, Alexandra Kordas, Sandra Lages, Larz, Claudia Lima, Fiona Livingstone, Annette Mahoney, Kirstine Mengel, Susan Nalaboff Brilliant, Eva Öfors, Bernard Pineau, Antonella Quacchia, Erwin Rios, Steffi Rodigas, Belle Roth, Nataša Segulin, Yijun Ge Sookie, Christophe Szkudlarek, Taka & Megu, Kari Veastad, Wilma Wijnen, Peter Zarkob.
Rossocinabro
Via Raffaele Cadorna 28
00187 Roma Italia
www.rossocinabro.com
Una rete di sentieri che si dirama in una distesa verde cosparsa di torrette di avvistamento e resti di vecchi edifici militari. Tufo e mattoni sono sparsi qua e là, insieme a qualche drappo incenerito e ammassi di filo spinato.
Giacciono nel Campo 65, il più grande tra i campi di prigionia italiani, sito tra Gravina e Altamura, le memorie degli anni tra il 1942 e il 1943, quando durante la seconda guerra mondiale migliaia di soldati stranieri transitarono nel territorio dell’Alta Murgia.
È proprio quell’area zeppa di testimonianze a dare il titolo alla mostra organizzata in occasione della Giornata della Memoria, giovedì 27 gennaio, presso il Museo Nazionale Archeologico di Altamura: “Campo 65 la memoria che resta: La storia dimenticata del Campo 65 Altamura- Gravina 1942-43”.
L’esposizione di fotografie e testi legati alla vita dei prigionieri, fruibile fino al prossimo 10 febbraio, Giorno del ricordo, sarà impreziosita da una tavola rotonda tematica a partire dalle 16.30.
Interverranno: la Sindaca del Comune di Altamura, Rosa Melodia e l’assessora alla Cultura, all’Istruzione e al Tempo libero, Margherita Fiore; relazioneranno Domenico Bolognese (Storia di una riscoperta), Piero Castoro (Dall’Africa all’Alta Murgia), Nunzia Cacciapaglia (La vita dei prigionieri nel campo), Giuseppe Dambrosio (Altamura teatro di guerra). Le conclusioni saranno affidate a Giuliano De Felice che affronterà la tematica dell’”Archeologia del contemporaneo”.
«L’evento, organizzato in collaborazione con il Comune di Altamura e l’Associazione Campo 65 è stato pensato per non disperdere le tracce di un passato che dovrebbe invece illuminare e orientare le coscienze nell’opera di costruzione di un presente e di un futuro diversi- spiega la direttrice del Museo, la dott.ssa Elena Silvana Saponaro- Anche quest’anno, come negli anni passati, il nostro Museo ha pensato a una manifestazione in grado di tenere vivo il ricordo senza cedere il passo alla rassegnazione».
«Nonostante la recrudescenza della pandemia abbiamo voluto fortemente rispondere presente alle iniziative celebrative della Giornata della Memoria- commenta il Direttore regionale Musei della Puglia, dott. Luca Mercuri- Sicuramente le parole non saranno mai sufficienti a raccontare il senso di un dramma infinito, quanto meno serviranno a rafforzare un pensiero: il male e l’orrore non sono stati, né mai saranno concetti astratti e lontani dalla nostra quotidianità».
La serata a cui si accede mediante biglietto di ingresso sarà occasione privilegiata per visitare l’intero Museo.
Orario dell’evento: giovedì 27 gennaio 2022 dalle ore 16.30 alle ore 19.00;
Costo dell’evento: € 3.00 biglietto intero; € 2.00 biglietto ridotto
Sabato 15 gennaio 2022, alle ore 18:30, alla presenza dell'artista, presso la Contemporanea Galleria d'Arte, in via Piccinni, 226, a Bari, sarà inaugurata la mostra personale di Omar Galliani, “Le declinazioni della bellezza: sfumature di donna fra seduzione e incanto”.
L’evento, organizzato e curato dal gallerista Giuseppe Benvenuto della Galleria, sarà accompagnato da interventi musicali della violinista Serena Russo e del tenore Angelo Nicastro, con l’intervento critico di Sara Maffei.
Interverranno, inoltre: Ines Pierucci, Assessore alla cultura del comune di Bari, Gianfranco Terzo, Assessore del comune di Sannicandro di Bari, Pietro di Terlizzi, Direttore dell'Accademia di Belle arti di Foggia, Michele Vaira, Avvocato del Foro di Foggia.
La mostra sarà visitabile fino al 13 febbraio 2022.
L’intervento critico di Sara Maffei.
Il calendario culturale della città di Bari apre il nuovo anno con un'imperdibile mostra personale dedicata a Omar Galliani, artista fra i massimi esponenti del disegno e della pittura italiana, considerevolmente affermato e stimato nel panorama internazionale dell'arte contemporanea.
Il percorso espositivo - la cui cura è affidata al gallerista Giuseppe Benvenuto, affiancato dalla storica dell'arte Sara Maffei - sarà inaugurato presso la Contemporanea Galleria d'Arte nella giornata del 15 Gennaio 2022, restando aperto al pubblico fino al 13 Febbraio 2022.
Professore di Pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera, Galliani nasce a Montecchio Emilia e, dopo una laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna e le esperienze concettuali degli anni Settanta, abbraccia la figurazione e la tecnica disegnativa, senza mai più separarsene. Sul finire del decennio, mette in scena la sua prima mostra personale, Rappresentazione di una rappresentazione, curata da Giovanni Maria Accame e negli anni Ottanta è esponente del gruppo degli Anacronisti, teorizzato da Maurizio Calvesi, e del magico Primario, fondato da Flavio Caroli: esperienze artistiche che guardano ai maestri del passato ed auspicano un ritorno alla tradizione e alla figurazione. Gli anni Ottanta infatti segnano, come afferma Caroli ne I sette pilastri dell'arte di oggi, il cosiddetto “ritorno alla manualità”, passando dal Concettuale al ripristino di quell'eterna tecnica fatta di pennelli e colori, e ponendosi dalla parte della potenza espressiva, della bellezza e di un'arte intesa come vita.
In seguito, presenta i suoi lavori alle Biennali di Venezia del 1982, del 1984 e del 1986; alla Biennale di San Paolo del Brasile del 1981, a quella di Parigi e Tokyo del 1982 e alla Quadriennale di Roma del 1986 e del 1996. Alla fine degli anni Novanta presenta Feminine Countenances alla New York University e alla I Biennale di Pechino del 2003 vince il primo premio ex aequo con Georg Baselitz. Di recente, nel 2018, dona alle Gallerie degli Uffizi di Firenze il suo monumentale autoritratto, un disegno a grafite e inchiostro nero su tavola di pioppo, in cui si ritrae in contemplazione, con il profilo rivolto verso un cielo scuro e puntellato di stelle, elementi ricorrenti del suo fare arte. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo ed entrano a far parte di collezioni permanenti di importanti musei e sedi espositive, fra cui il Palazzo della Farnesina di Roma, i Musei Vaticani, il MAMbo di Bologna, la Kunsthalle di Norimberga, la GAM di Torino ed il NAMOC di Pechino.
Il tema cui lo spettatore è invitato a fare esperienza in questa personale è la bellezza femminile, declinata nelle sue molteplici sfaccettature e connaturate contraddizioni.
Indiscusse protagoniste delle quali la prestigiosa mostra racconta la bellezza, attraverso quindici tavole di grande formato, sono le donne: si tratta di una bellezza che è al contempo corporea ed eterea, ossia del corpo e dello spirito, e che sa farsi con estrema naturalezza l'opposta del suo contrario. Galliani realizza un'arte che cela il mistero della femminilità, inventando un universo femminile caratterizzato da un'intrinseca e ricorrente dualità in cui l'elemento del doppio si rivela essere una costante. L'ineffabile presenza di questa donna fatale e vestita di purezza si muove tra sensualità e iperboreo distacco, alla maniera delle autorevoli madonne munchiane dalle rosse aureole, sacre e profane al tempo stesso nel loro emergere pallidamente da un fondale scuro, con gli occhi socchiusi in un'estasi provocante.
I monumentali e raffinati disegni del maestro di Montecchio Emilia sono combinazioni di bianco e nero, realizzati a grafite, carboncino, pastelli, tempera e inchiostro, impreziositi da sprazzi vibranti di colore rosso che, come ricami sanguigni, si sovrappongono al disegno, pregnanti di valenza simbolica. Fra le magnetiche figure del repertorio artistico ricorrente incontriamo rimandi del mondo vegetale, rose e teschi - che simboleggiano l'irrefrenabilità dello scorrere del tempo – spade, forbici, draghi e gocce d'acqua; l'acqua in particolare è un elemento molto caro all'artista con cui impreziosisce le chiome femminili. I colori dominanti del rosso e del nero lasciano così prefigurare la venerazione di una donna che può anche condurre alla morte, là dove il primo richiama l'eros, il sangue, la pulsione e l'istinto di vita; il secondo thanatos, personificazione maschile della morte.
Si fa sapiente la dialettica fra il sacro e il profano, pudicitia e voluptas, entro cui la donna è al contempo apollinea e dionisiaca. I due aspetti necessari all'arte di nietzschiana memoria, il dionisiaco e l'apollineo, si moderano a vicenda ognuno nel suo contrario, fondendosi nell'armonia di una danza fluttuante, entro cui l'estasi dell'essenza si raggiunge nel sogno e nell'ebbrezza. Al contempo, dionisiaco è anche il fondo scuro, emblema di un caos sensoriale ed emozionale da cui emerge l'ordine della bellezza, sotto forma di apollinea perfezione femminile.
La forza del contrasto chiaroscurale, derivato dalla virtuosa dicotomia tra la luce e l'ombra, rafforza ulteriormente questo dualismo inscindibile che fonde insieme due facce opposte e complementari di una stessa medaglia: l'una pura e angelicata, l'altra carnale e passionale, trasmettendo nel medesimo istante una voluttà dal sentore dolcemente malinconico ed una misteriosa innocenza. La condizione notturna, l'oscurità, il buio giocano un ruolo di prim'ordine nell'arte di Galliani perché rendono possibile l'emergere della luce, compiendo un armonioso equilibrio tra i contrasti. La stessa notte, questa oscurità immensa trapunta di stelle, dove succedono cose strane e meravigliose, con la sua luce lunare associata al principio femminile, diviene musa ispiratrice dell'estro creativo del maestro, com'è possibile evincere dalle sue parole: «Le opere che amo di più le ho disegnate la notte. A volte la luce è troppo forte e gli occhi non vedono ciò che vuoi vedere».
Nel loro emergere dallo sfondo oscuro, le creature diafane sono nel medesimo istante evocate e smaterializzate, sembrano dissolversi sul punto di apparire: attraverso una rigorosa accuratezza del tratto a matita, Galliani riproduce una delicata sfocatura dell'immagine, facendo uso dell'espediente tecnico dello sfumato leonardesco. Questa invenzione si realizza grazie ad un particolare uso del carboncino e prende le distanze dall'uso prevalente della linea, tipico della pittura del Quattrocento; Leonardo infatti si allontana dalle linee incisive del Verrocchio, suo maestro, rende i contorni di figure meno netti e pronunciati, i tratti più morbidi ed i toni più attenuati. Galliani si fa ereditiere della tradizione rinascimentale italiana e rispetta con maestria il precetto del maestro della Gioconda, il quale invita a fondere le ombre e le luci come il fumo. Ne deriva un'atmosfera morbida e fumosa, vicina ai lavori del Parmigianino e del Correggio, ammirati dal maestro in tenera età presso la Galleria Nazionale ed il Duomo di Parma.
Ad accomunarlo a Leonardo non è solo l'uso dello sfumato ma anche la rappresentazione delle emozioni, conferendo a queste ultime voce e spazio. Leonardo raffigura i moti dell'animo dei suoi morbidi ritratti femminili, lasciando agli occhi la parola e prestando molta attenzione alle espressioni del volto umano. Anche Galliani rappresenta i sentimenti delle figure femminili che, come epifanie ineffabili, emergono sovrappensiero dalla tenue penombra e fanno svelamento di un'interiorità pregnante di mistero sensuale. Nell'estatica sublimazione del volto di donna e attraverso un magnetismo pittorico che dà pieno potere allo sguardo, il pensiero si fa materia e portavoce di un'emozione taciuta perché, là dove la parola è assente, sono gli occhi a comunicare: che siano aperti, socchiusi, chiusi e rivolti verso un'interiorità pensosa, di sbieco, timidi o sfrontati, essi parlano il linguaggio dell'anima e consentono un'intensa connessione.
Così la donna, questa creatura fra ombra e luce, sensualità e distacco, bianco e nero, in bilico fra realtà e immaginazione risolve il proprio enigma antitetico nell'elemento della sfumatura, permettendo alle polarità di mescolarsi in un armonioso equilibrio dinamico.
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Martedì - Venerdì ore 15.30 – 20:30
Sabato e Domenica ore 10:30 – 20:30
L’associazione Amici del Museo Civico di Foggia, dopo la recente mostra sulle foto d’epoca e le antiche piante e vedute della città di Foggia tratte dal volume di Carmine de Leo sulla storia della città, continuando il suo programma di ricoperta della vecchia Foggia ha organizzato in occasione delle prossime festività natalizie una mostra dal titolo "Foggia ieri",in cui saranno esposte varie tele e disegni di due noti pittori foggiani, i soci Walter Aquilino e Franco Maruotti.
Le opere di questi due artisti saranno esposte presso la sala Diomede del Museo Civico di Foggia dal 14 al 23 dicembre prossimi con orario di apertura il mattino dalle 9,00 alle 12,30 tutti i giorni e il martedì e giovedì pomeriggio dalle 16,00 alle 18,00.
La mostra, stante la situazione pandemica, sarà inaugurata solo online dal presidente degli Amici del Museo Civico, Carmine de Leo e dal critico d’arte, Gaetano Cristino.
Il titolo: Foggia ieri, indica già il tema di questa mostra, infatti, i due artisti Aquilino e Maruotti si sono cimentati in un viaggio nella Foggia scomparsa, ritraendo numerosi monumenti, angoli caratteristici del nostro centro storico e figure tradizionali, che oggi sopravvivono soltanto nei libri di storia e tradizioni locali.
Nel visionare le tele di Aquilino e Maruotti ci si sente trasportati, accompagnati da un pizzico di nostalgia, in una Foggia d’altri tempi: ecco una tipica carrozzella che staziona davanti alla chiesa neoclassica di San Francesco Saverio, ecco i ruderi di un vecchio palazzo gentilizio, ecco la chiesetta rurale di San Lorenzo in Carminiano appena fuori la periferia della nostra città ed ancora: un caratteristico fontanile dell’Acquedotto Pugliese e il vecchio mercato di via Arpi e tantissimi altri angoli e soggetti che ci meravigliano per la genuinità del tratto dei due artisti.
La mano dell’Aquilino e del Maruotti è stata certamente ispirata dal cuore, dai loro migliori ricordi della propria città, in un percorso che la loro bravura di pittori del nostro territorio ha saputo valorizzare in un cammino visivo fatto di belle tele e preziosi disegni.
Osservare e meditare sulla Foggia di ieri, quella parte della città irrimediabilmente scomparsa, questa la sensazione che la mostra organizzata dagli Amici del Museo Civico vuole far rivivere nelle espressioni artistiche di Aquilino e Maruotti.
Un prezioso scrigno di ricordi, quindi, che si apre con questa bella mostra delle opere dei due artisti foggiani, più volte premiati in concorsi di pittura e noti anche in altre province italiane e all’estero per la loro bravura, consolidata da tecniche espressive che quasi ci sorridono per donarci questo viaggio fantastico nelle tradizioni e nei luoghi della Foggia di ieri.
a cura di Cristina Madini.
Per la mostra ‘Future’ artisti di tutti i Paesi hanno condiviso le loro riflessioni su come immaginano di poter trasformare il mondo. Niente più dell’arte è in grado di realizzare incanto, visione, sogno e utopia.
Che le utopie abbiano nutrito e seguitino ad alimentare tuttora gli artisti è cosa nota, ma cosa significa esattamente e perché è così importante per ognuno di noi oggi credere nella visione e adoperarsi per realizzare utopie.
Siamo miopi, siamo abituati a vedere troppo da vicino, soddisfiamo desideri immediati, limitando così quella discussione intorno a temi, riguardanti le grandi ambizioni, visioni, utopie che in passato hanno permesso il progresso umano. Di fatto, invece bisognerebbe riflettere profondamente sulla piaga ancora aperta della fame del mondo, sulle disparità sociali, sulle grandi migrazioni, sui cambiamenti climatici e le conseguenti nuove geografie, sull’inquinamento della terra e del mare, per arrivare a riflettere sul livello delle libertà che stanno prendendo diverse forme nel nostro mondo.
Davanti ai nostri occhi abbiamo enormi sfide che sembrano restare fuori dalla discussione pubblica e troppo spesso anche dalla discussione quotidiana di ognuno di noi, mentre potrebbero essere proprio queste sfide a generare occasioni di rivoluzione dello sguardo per proporre nuove idee, nuove imprese, nuove visioni in una geografia planetaria in continuo mutamento.
Naturalmente questa è una generalizzazione, ma gli artisti, attraverso la sensibilità realizzano e comunicano ciò che non è più rintracciabile sul pianeta: le idee.
Non è prerogativa dell’arte risolvere i problemi, ma gli artisti sono capaci di evidenziarli, interpretarli, semplificarli per generare nuove visioni, approcci e spunti. Gli artisti possono porre l’attenzione sulla relazione tra uomo e pianeta, mostrare i drammi umani o della guerra, sollevare problematiche ambientali attraverso le loro opere.
La mostra organizzata da Rossocinabro è sponsorizzata da Amaci (Associazione dei Musei di Arte Contemporanea Italiani) in occasione della Giornata del Contemporaneo 2021 che prevede l’apertura straordinaria di Musei e Gallerie sabato 11 dicembre.
La mostra sarà visitabile fino al 30 dicembre senza prenotazione, le variazioni dovute a nuove misure del Governo saranno comunicate sul nostro sito internet www.rossocinabro.com
Opere di: Daniel Agra, Ralph Aiken, Brian Avadka Colez, Audrey Beharie-McGee, Pineau Bernard, Anna Blom, Glenys Buzza, Çağla Yeliz, Carol Anne, Yenny Carruyo, Nathalie Cougny, Patricia Delorme, Elena Dobrovolskaya, Sophie Donatien, Joel Douek, Heide Fennert, Petra Forman, Graciela Garza, Natasscha Girelli, Susumu Hasegawa, Tondi Hasibuan, Riitta Hellén-Vuoti, Idhem San, Banke Jemiyo, Michael Jiliak, Annamaria Johansson, Monika Katterwe, Alice Daeun Kim, Hea Ja Kim, Denisa Klemscheovà, Marius Knutsen Vigebo, Chikara Komura, Alexandra Kordas, Sandra Lages, Larz, Linda Liao, Tatsiana Lintouskaya, Fiona Livingstone, Michel Marchand, Una Marzorati, Kirstine Mengel, Christina Mitterhuber, Susan Nalaboff Brilliant, Liv Berit Nyblin Løken, Ann Palmer, Sal Ponce Enrile, Antonella Quacchia, Mark Rodgers, Erwin Rios, Belle Roth, I-Vanessa Rumstejn, Jerry Strohkorb, Irene Strolz-Tafener, Christophe Szkudlarek, Veronika Tarnovskaya, Kari Veastad, YunFen Wang, Joanna Wojtal-Kalinowska
Il lavoro di ciascuno è presentato all’interno del sito di Rossocinabro in uno spazio proprio, permettendo così, pur all’interno del contesto unitario della mostra, di mantenere le specificità delle rispettive ricerche.
Rossocinabro
Via Raffaele Cadorna 28
00187 Roma
Visitabile da lunedì a venerdì 11-17
FUTURE
Giornata del Contemporaneo Amaci 2021
6 – 30 dicembre 2021
Martedì 30 novembre alle ore 11.00, verrà inaugurata, nella Sala del Tribunale di Palazzo Dogana, a Foggia, la mostra d'arte pittorica Rinascimentale “Natale, sotto lo sguardo della Vergine Maria”, che fa parte del percorso itinerante “Il Rinascimento italiano da Botticelli a Michelangelo”. La mostra comprende i capolavori dei più grandi pittori rinascimentali italiani, attraverso la ricostruzione di frammenti di affreschi realizzati con materiali naturali. Il visitatore sarà condotto da un affresco all'altro in un percorso d'immagini coinvolgenti. Direttore dell’evento è Giorgio Galloso, che si è avvalso della collaborazione di Angela Coppolella per la programmazione espositiva.
Domenica 5 dicembre 2021, presso la Contemporanea Galleria d'Arte di Bari, avrà luogo l'inaugurazione della mostra personale di Marco Lodola a cura di Giuseppe Benvenuto e Sara Maffei, visitabile fino al 6 gennaio 2022.
Intervento critico di Sara Maffei:
Artista contemporaneo tra i più celebri ed influenti del panorama internazionale, Lodola si forma fra Milano e Firenze, frequentando l'Accademia di Belle Arti. Negli anni Ottanta dà vita al Nuovo Futurismo, movimento artistico memore della prima avanguardia storica, con la quale condivide l'estetica della modernità rielaborata in chiave contemporanea. I Nuovi Futuristi traggono ispirazione dallo stile di Balla e Depero, sono attratti dal mondo pubblicitario dei mass media ed utilizzano nuovi materiali – quali perspex, plexigrass e resine sintetiche – caratterizzati da versatilità e tinte accese. Fautore di un approccio artistico divertente e ludico, Lodola guarda in particolare ai manifesti colorati e palpitanti di Depero, creatore della nota bottiglietta del Campari, rielaborando una sua originale interpretazione. Alla stregua di quest'ultimo, sostenitore di un'arte totale che ingloba pittura, artiplastiche ed un immediato linguaggio pubblicitario, Lodola è un artista poliedrico, capace di spaziare con grande destrezza dalla pittura, alla grafica, fino alle creazioni plastiche, traslate nel mondo del teatro, della moda e della musica.
Nel 2009 partecipa alla 53esima Biennale di Venezia con l’installazione “Balletto Plastico”; due anni dopo prende parte alla 54esima Biennale di Venezia, con l'installazione “Ca’ Lodola”, curata da Vittorio Sgarbi. Realizza scenografie per film, trasmissioni ed eventi musicali. Espone nei più importanti musei italiani ed internazionali, toccando Londra, Parigi, Pechino, Hong Kong, Singapore e tantissime altre città. Nel 2020 inaugura il “Presepe Luminoso” presso la Galleria degli Uffizi di Firenze. È inoltre attivo nel mondo della moda: collabora con Vivienne Westwood e nel 2021 illumina con le sue opere le vetrine dei 400 Dior store sparsi in tutto il mondo, da Roma a Shanghai e Seoul.
Marchio di fabbrica della sua produzione artistica è l'inserimento dell'elemento della luce: come epifanie nella notte, le sculture luminose in plexiglas e neon rivelano tutta la loro verve smagliante, investendo la visione con un'intensa luce policromatica. La parola “luce” deriva dal greco “φάος”, termine che nel linguaggio metaforico si lega alla vita: vedere la luce del sole equivale a vivere; così nel suo emergere in forma tridimensionale attraverso il neon, la luce di cui si serve l'artista non è che il cuore pulsante di una vita che rifugge dal buio dell'oscurità. E da sempre la storia dell'arte è storia della luce. Accanto a quest'ultima, il colore rivela il proprio carattere coraggioso, deciso, forte, acceso e sgargiante che, come materia viva, è assorbito dal nostro sguardo e sa ipnotizzare.
Forma espressiva sempre più utilizzata dagli artisti, la Neon-Art attrae fortemente il pubblico grazie alla sua immediatezza. Dan Flavin è tra i primi ad utilizzare lampade fluorescenti per creare sculture nello spazio e prima di lui, negli anni Cinquanta, Lucio Fontana modella il neon, realizzando un'installazione per la IX Triennale di Milano. Da Mario Merz a Maurizio Nannucci, fino a François Morellet e Martial Raysse, sono tantissimi i nomi di quegli artisti che, a partire dagli anni Sessanta, hanno fatto del neon ispirazione creativa, realizzando l'arte della luce.
Lodola mutua i soggetti delle sue sagome luminose dall'immaginario degli anni Cinquanta: Pin Up in pose rétro, ballerini danzanti, sportivi in movimento, memori del mito della velocità dei padri futuristi. Ma anche e soprattutto le celebri Fiat 500 e le Vespe con coppie di innamorati stretti in un abbraccio, eco di una tradizione tutta italiana che affonda le radici anche nel mondo cinematografico.
La vespa, emblema di libertà e spensieratezza, si fa motore pulsante del fremito della vita, incessante, accesa e viva nel suo eterno divenire che è insieme accadimento e passione. Questa flânerie contemporanea dal sapore pop, alla ricerca di fervide emozioni, incarna l'arte di rimanere accesi: arte che vince il buio con la propria tempra sfolgorante, rivolta ad un presente che si confonde col futuro.
Con Marco Lodola il Futurismo si combina con la Pop Art, generando il movimento totalmente nuovo del Nuovo Futurismo: i suoi personaggi, in quanto provenienti dal mondo dei mass media, della musica e della pubblicità, richiamano i soggetti della Pop Art: da quelli di Andy Warhol, derivati dalla cultura di massa americana, alle sagome senza volto di Tom Wesselmann e Allen Jones. Ed è proprio la mancata caratterizzazione fisiognomica che rende attiva la partecipazione di chi guarda: allo spettatore è conferito il potere di soggettivare l'opera d'arte in tutta libertà, assegnando le sembianze che preferisce alle iconiche e misteriose silhouette.
Attraverso il neon, la luce si fa materia plastica e medium comunicativo, l'opera è posta in relazione diretta con lo spazio che la circonda, generando molteplici effetti sull'ambiente e sulla psiche. Le istallazioni lodoliane non si limitano a sostare nei tradizionali luoghi dedicati all'arte, quali musei o gallerie, ma trovano spazio anche nei paesaggi urbani, esaltando la bellezza delle piazze in cui vengono accolte e creando in notturna un effetto scenografico fortemente suggestivo e di notevole impatto visivo.
In un'ottica di simultaneità fra tempo artistico e tempo dell'osservatore - l'opera si realizza quando illuminata davanti a chi osserva – riusciamo a sentire il rombo automobilistico ed il frastuono della metropoli nella quale si fa strada, evocata in tutto il suo inesauribile movimento, brulicante di folla, passi, voci, musica, automobili, vita che accade. Il motore si accende, la vespa è pronta per partire, anzi è in partenza, davanti ai nostri occhi incantati, illuminata da un'intensità e da un bagliore cromatico portatori di una veemenza energetica in grado di aumentare il battito del nostro cuore. L'adrenalina di un romantico viaggio soddisfa così l'esigenza di trasmettere emozioni, bellezza, amore, scortandoci verso un mondo che non si ferma mai, colorato, creativo e pieno di magia in cui l'arte trova una luce per illuminarsi ancora”.
Info
Contemporanea Galleria d'Arte di Bari – via N. Piccinni, 226
orari: Martedì - Venerdì ore 15.30 – 20:30
Sabato e Domenica ore 10:30 – 20:30
Per maggiori informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Da oggi sabato 6 novembre al 5 dicembre 2021, presso la sala grigia del Palazzetto dell'Arte, in via Galliani a Foggia, lato villa comunale, sarà visitabile la mostra fotografica "Viaggio nel '900" del fotoreporter Giorgio Lotti.
L’evento è stato organizzato e curato dal Foto Cine Club - Foggia.
Giorgio Lotti nasce a Milano nel 1937 e inizia a vent’anni a lavorare come fotoreporter a Milano sera, La Notte, Il Mondo, Settimo giorno e Paris Match.
Nel 1960 entra nello staff di Epoca dove resta fino alla chiusura del giornale del 1997. Poi lavora per Panorama fino al 2002.
Nel 1973, per un reportage sulla Cina riceve il Premio The World Understanding Award dalla University of Photojournalism, Columbia.
Nel ‘94 viene insignito del premio letterario Città di Modena e premiato dalla Città di Venezia per i suoi reportage sulla Serenissima.
Nel ‘95 viene premiato con l’Horus Sicof per il ruolo svolto nel campo della fotografia italiana.
Info e orari
mar-mer-gio-ven-sab ore 9:30-13:00 - 16:30-20:00
Mostra a cura di Giuseppe Benvenuto. Presentazione a cura della dott.ssa Sara Maffei.
“Picasso, Fontana, Burri e il Novecento” è il nuovo titolo di un'imperdibile mostra che Contemporanea Galleria d'Arte di Foggia è lieta di accogliere dall'11 novembre 2021 al 28 febbraio 2022. L'esposizione, curata dal gallerista Giuseppe Benvenuto, è il prolungamento di una precedente mostra intitolata “Picasso e il Novecento”, dedicata ai più grandi maestri del Novecento, con una variazione sul tema che prevede l'autorevole ingresso di Lucio Fontana ed un'ulteriore opera di Pablo Picasso.
Il ricchissimo repertorio comprende prestigiosi capolavori di artisti internazionali, articolati entro un percorso espositivo che, partendo dalla prima metà del secolo scorso, ci offre uno spaccato dell'evoluzione artistica fino ai nostri giorni. L'itinerario artistico sorprendentemente vasto e differenziato si compone di un corpus di circa 30 opere – tra cui il celebre Harlequin (1966, 54x69 cm) del grande genio del XX secolo Pablo Picasso (1881-1973), litografia parte di un'edizione limitata di 60 esemplari firmati dall'artista.
Nell'opera tutto contribuisce a creare una sensazione di malinconia: dalla predominanza del blu e del rosa negli abiti, all'atteggiamento mesto e pensoso, fino allo sguardo sommesso di un Alecchino estremamente lontano dallo stereotipo della maschera allegra, solitamente dedita a scherzi e burle, cui siamo abituati. L'arte di Picasso, a lungo teatro dell'emarginazione sociale, riserva molto spazio ai personaggi del circo e alle maschere della commedia dell'arte e in particolare l'Arlecchino è un tema ricorrente con cui esprimere vicinanza al mondo degli emarginati.
L'artista conosce nel corso del tempo una profonda evoluzione, cambiando radicalmente, e con fare quasi camaleontico, la fisionomia del proprio fare arte: dopo gli esordi spagnoli ed il “periodo blu” (1901-1904), affronta l'esperienza parigina ed il “periodo rosa”(1904-06). Successivamente approda ad una semplificazione delle forme in puri volumi, testimoniata da Les demoiselles d'Avignon (1907 - New York, MoMA), opera alla quale lavora per sei mesi, realizzando moltissimi disegni preparatori. Il disegno è infatti per Picasso il modo per vedere la forma, un momento imprescindibile ai fini del rigore architettonico dei suoi personaggi.
L'importanza del disegno è rivendicata anche dal pittore metafisico Giorgio de Chirico (1888-1978), secondo il quale esso non è che il luogo in cui nasce il pensiero, necessario per poter dipingere, così come è essenziale conoscere l'alfabeto per poter scrivere. Il disegno di De Chirico esposto in Galleria, intitolato Biro su Carta (1964), è firmato in basso a destra ed archiviato presso la Fondazione Giorgio e Isa De Chirico (Roma). L'opera è un abbozzo di personaggi dalla messinscena de Il Prigioniero, frutto del pianista Dallapiccola. Attraverso gli schizzi, dunque, anche De Chirico costruisce in maniera preliminare un dipinto, anticipandone l'effetto finale dell'opera pittorica.
I primi autentici paesaggi cubisti di Picasso, risalenti al 1909, danno avvio alla fase analitica in cui la scomposizione dell'immagine determina una moltiplicazione dei punti di vista. Segue la fase sintetica (1913-14), in cui si accentua il carattere sintetico delle forme e compaiono citazioni sovrapposte di carta da parati, finto legno ed elementi extra- pittorici. È a Picasso che infatti si deve l'invenzione del collage - avvenuta nel 1912 con Natura morta con sedia impagliata (Parigi, Musée Picasso) - una pratica che, assieme al papier collé di Braque, gioca un ruolo di primaria importanza nell'ambito dello sviluppo dell'arte successiva, dal Dadaismo, alla Pop Art, fino all'Informale materico. È in primis con Picasso e Duchamp – il cui primo ready-made, Ruota della bicicletta (The Israel Museum, Jerusalem, 1913), nasce prima del movimento dadaista - che l'oggetto comune, estrapolato dalla quotidianità, si trasforma in oggetto artistico. Successivamente il Dadaismo eleva l'oggetto d'uso a dignità di opera d'arte, attraverso accostamenti inediti e, nel farlo, anticipa la Pop Art. Quest'ultima, anziché l'oggetto usato e gettato, manipola l'oggetto consumistico, ingigantendolo o proponendolo in serie. Prima di dar vita al movimento dadaista assieme a Duchamp e di dedicarsi alla fotografia, Man Ray (1890-1976), grande sperimentatore del XX, realizza le prime opere pittoriche, fra le quali in mostra un dipinto Senza Titolo (45x62,50 cm), dalle forme geometrizzanti e dai colori accesi, firmato a matita in basso a destra su Carta Arches (France) e proveniente dalla Galleria Il Fauno di Torino.
Del massimo rappresentante della Pop Art americana, Andy Warhol (1928-1987), Contemporanea Galleria permette di ammirare da vicino la serigrafia intitolata Ladies and Gentlemen II.130 (1975), parte di una provocatoria serie di 10 tele realizzate in edizione limitata di 125 esemplari - firmati e numerati in originale – commissionata dal collezionista Anselmino un anno prima. Il soggetto, con lo sguardo sfrontato e diretto verso chi guarda, è dapprima fotografato con una polaroid ed in seguito dallo scatto è realizzata la serigrafia, completando il tutto con larghi tocchi di colore. Con questa serie l'artista prende le distanze dagli iconici ritratti dedicati alle celebrità, fotografando le drag queen al The Gilded Grape, il night club di New York sulla West 45th Street, e consentendo così l'ingresso nell'arte a figure che non ne hanno mai fatto parte e considerate a lungo ai margini, catturate in tutta la loro teatralità.
Restando sull'onda della Pop Art italiana ed europea, nel percorso espositivo incontriamo due Smalti e acrilico su tela (1990-96) di Schifano (1934-1998), artista e regista italiano ed anche il principale esponente della Scuola di Piazza del Popolo, movimento artistico nato a Roma negli anni '60. Schifano si allontana dalle fredde immagini patinate di Warhol, dando all'atto creativo un accento più emotivo, ravvisabile nelle pennellate irregolari, testimoni della materialità del gesto pittorico. Appartengono alla medesima scuola anche Giosetta Fioroni (1932), Valerio Adami (1935) e Tano Festa (1938-1988), dei quali la mostra presenta rispettivamente L'angelo custode (2003, 70x50 cm), Disegno (1970) e Tecnica mista su carta intelata (1962). L'opera della Fioroni è una tecnica mista su carta che rivela la sua caratteristica visionarietà, attraverso la quale esprime la sua infanzia, memore dei lavori di Klein, apprezzati negli anni parigini. Schizzi, macchie e campiture di colore si fanno così portatori di una narrazione e di un messaggio legato al ricordo e al substrato della memoria.
Adami inizialmente si esprime prediligendo un'arte astratta, in seguito accoglie la figurazione, ispirandosi alla Pop Art americana di Lichtenstein ed avvalendosi di stesure piatte entro contorni neri definiti.
La pittura di Festa è fatta di monocromatici ed isolati oggetti di uso quotidiano che in quanto dipinti, diventano pittura ed entrano nel mondo dell'arte, perdendo la loro funzione oggettuale. Questi oggetti – specchi, calendari, armadi, ciack e via dicendo – sono immobili, passivi, sempre uguali a sé stessi ed immuni ai segni del tempo che passa.
Al movimento della Scuola di Piazza del Popolo si avvicina anche Jannis Kounellis (1936-2017), importante esponente dell'Arte Povera e del quale, presso la Galleria, si può osservare un disegno Senza Titolo (1990, 20x30 cm), realizzato con tecnica mista su carta (20x30 cm). Fautore di un'arte intesa come uscita dal quadro, in cui l'artista passa dalla rappresentazione alla presenza, nei suoi disegni si nasconde il substrato più intimo e profondo di sé, in un horror vacui di traiettorie confuse sulla superficie bianca.
È a Lucio Fontana (1899-1968), ideatore dello Spazialismo, che si deve un'autentica rivoluzione spaziale, attraverso incisioni e tagli nella tela, alla ricerca di possibilità inedite oltre il quadro. Con il Manifiesto blanco l'arte di Fontana, concepita come un'unità fisico-psichica, focalizza i propri elementi fondanti, quali luce, suono, tempo e spazio. La serigrafia con incisioni intitolata Concetto spaziale (1965, 49.6 x 69.9 cm), presente in mostra, è firmata e datata in basso a matita. La tela smette di essere un supporto, divenendo materia plasmabile, modificabile, oltrepassabile ed in grado di inglobare lo spazio nell'opera d'arte.
Con Alberto Burri (1915-1995) ed Enrico Castellani (1930-2017) il processo creativo continua a rispondere alla necessità di esprimersi in maniera totalmente libera, fino ad intaccare la normale configurazione dell’oggetto e del supporto. Entrambi, tra gli anni '40 e '60, lavorano sul superamento del concetto di tela: il primo manipolando sacchi e plastiche, attraverso processi di combustione, tagli e cuciture; il secondo facendo uso di superfici estroflesse e introflesse. Esponente dell'informale materico, Burri dà un significato nuovo e poetico alla cosa banale e all'oggetto ritenuto uno scarto. Dell'artista la mostra accoglie Museo di Capodimonte (1978, 64,50x89,50 cm), opera appartenente alla Fondazione Palazzo Albizzini, Collezione Burri, Città di Castello 1986, con tiratura e firma in basso a matita.
Castellani sviluppa l'eredità di Lucio Fontana, trasformando la bidimensionalità della tela in uno spazio fisico e concettuale e negli anni '60, assieme a Piero Manzoni, dà vita alla Galleria Azimut di Milano, il cui punto di partenza è l'indagine del tempo, dello spazio e del ritmo nel supporto della tela violata. Superficie bianca (58x44 cm) è un'opera portatrice di una notevole carica emotiva che offre una partecipazione attiva, invitando lo spettatore ad esplorare realtà intime mai indagate.
Anche la Dadamaino (1930-2004), pseudonimo di Edoarda Emilia Maino, entra in contatto con gli artisti del gruppo Azimuth. Osservabile in galleria è il suo Progetto per serigrafia (Inversione Cromatica) (1975, 30x30 cm), un acrilico su tela cartonata, proveniente dall'Archivio Dadamaino, in cui nega il colore, optando per un bianco totale da cui scaturisce un ritmo dinamico.
Fra gli altri artisti presenti in Galleria incontriamo Raoul Dufy (1877 – 1953), Fortunato Depero (1892-1960), Massimo Campigli (1895 – 1971), Maria Lai (1919 – 2013), Arnaldo Pomodoro (1926), Dennis Oppenheim (1938 – 2011), Enzo cucchi (1949) e Haring Keith (1958-1990).
Dufy si muove all'interno del fauvisme, prediligendo una linea geometrizzante, un uso del colore puro, porzioni quadragolari e tinte piatte. La massima semplificazione delle forme è evidente nell’opera Senza titolo (15x12 cm), presente alla mostra - che verrà inserita nel Catalogue raisonné des projets de tissus de Raoul Dufy, attualmente in preparazione a cura di Fanny Guillon–Laffaille.
Campigli, pseudonimo di Max Ihlenfeldt e firmatario del “Manifesto della pittura murale” (1933), matura dal fascino dell'Arte Etrusca il gusto per le composizioni arcaicizzanti. Circondato da figure femminili sin dalla primissima infanzia, la sua pittura guarda all'universo femminile rappresentato con moduli geometrizzanti e tinte chiare. Ne è un esempio l'opera esposta in mostra, intitolata Le passeggiatrici (1957, 24x34 cm) - con tiratura a matita in basso a sinistra e firma e anno a stampa in basso a destra - raffigurante delle donne dai corpi rotondi, eleganti ed ingioiellate.
Depero è un esponente del secondo Futurismo fortemente legato alla cultura post-cubista, che porta avanti la deformazione dell'oggetto avviata da Picasso, ricostruendo in maniera nuova gli oggetti. Dell'artista in Galleria è osservabile un Invito (22x15 cm), realizzato per la mostra “Depero futurista” presso Galleria Fonte d'Abisso (1992), con legatura in cartoncino editoriale bullonata. Depero è infatti il più autorevole cartellonista pubblicitario tra i Futuristi, lavora a New York per copertine di riviste e lancia il “Manifesto dell’arte futurista della pubblicità” (1931), facendosi promotore di una comunicazione dinamica che si avvale di un’immagine pubblicitaria veloce e affascinante, caratterizzata da grandi campiture piatte di colore.
Figura di spicco nell'arte italiana dal secondo dopoguerra in poi, Maria Lai è un'artista nota soprattutto per le sue opere tessili. Il percorso espositivo ci consente di ammirare l’opera Senza titolo (2001, 12,50x20 cm), proveniente da una Collezione privata di Cagliari, con firma ed anno in basso a destra. La tavola illustra le morbide sagome stilizzate di alcune donne intente a svolgere le tipiche attività femminili, svelando un linguaggio artistico che affonda le proprie radici nella tradizione sarda.
Pomodoro è uno scultore che lavora molto sui disegni, concepiti sia come indagine indipendente che come fase preliminare alla progettazione di opere plastiche. In mostra è esposta l'opera De Cantare Urbino (1985), una cartella con otto incisioni a colori in calcografia con poesie di Miklos N. Varga, ed un contenitore in legno (48x38 cm) con un bassorilievo in bronzo dorato, firmato e numerato 30/99 sulla custodia e su ogni incisione. Si tratta di un'edizione di 130 esemplari di cui 99 in numeri arabi, 25 numeri romani e 6 segnati con le lettere dell'alfabeto destinati ad personam.
Tra i pionieri della Land Art incontriamo Oppenheim che, a partire dagli anni '80, si dedica soprattutto alla realizzazione di grandi installazioni in spazi pubblici. La Galleria accoglie il progetto su carta Gallery sculptures (1975), con firma a pennarello in basso a destra e proviene da un'edizione Deluxe. L'opera comprende una tiratura completa di 75 esemplari e 10 H.C. della cartella “Proposal, 1967-1974” che, a sua volta, contiene progetti dettagliati di 62 installazioni in gran parte non realizzate. Le litografie erano suddivise cronologicamente in quattro periodi codificati a colori: la linea blu per il 1967 e dieci progetti; la linea seppia dal 1967 al 1968 per quattordici progetti; la linea nera dal 1968 al 1971 per tredici progetti; e la linea rossa dal 1971 al 1974 per venticinque progetti.
Per Cucchi disegnare è un istinto naturale ed uno strumento molto potente in grado di fornire un nuovo modo di vedere il mondo. L'artista si dedica alla figurazione dopo l'esordio concettuale, diventando uno dei massimi rappresentanti della Transavanguardia Italiana. Fra i disegni dell'artista, il pubblico può ammirare quello intitolato Il gatto (1980).
Keith è il padre della street art statunitense ed icona pop degli anni '80, il cui stile è immediatamente riconoscibile grazie ai suoi buffi personaggi dalle forme arrotondate. Dell'artista, esponente del Graffitismo Metropolitano, è presente l’opera Senza titolo (1984, 39,50x29 cm) con firma ed anno in basso a destra, oltre al Certificato di autenticità della firma di Frank P. Garo Fhe - Forensic Handwriting Examiner, Coopersburg, PA.
Questi solo alcuni dei nomi degli artisti le cui opere presenzieranno presso Contemporanea Galleria d'Arte di Foggia nella stagione autunnale. A completare la cospicua raccolta, non mancheranno opere di Galliani, Bay, Bonalumi, Ceroli, Dorazio, Haring, Guttuso, Mambor, Masson, Nespolo, Paolini, Sutherland e tanti altri.
Info
Contemporanea Galleria d'Arte - viale Michelangelo, 65
11 novembre 2021 - 28 febbraio 2022
Dal Lunedì al Sabato dalle ore 10:30 alle 13:00 e dalle 16:30 alle ore 20:30
Per maggiori informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.