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Verso un mondo migliore

a cura di Giuseppe Piemontese - Società di Storia Patria per la Puglia.

In questo tempo di solitudine esistenziale e di grande paura nel domani, a causa della pandemia del Coronavirus, ci vengono alla mente autori che hanno parlato e discusso di varie questioni riguardanti la vita del presente e quella del passato, ponendoci di fronte a una nuova realtà, che è quella dell’essere fragile di fronte al mondo, ma soprattutto  di fronte alla Natura, intesa come mistero nella sua complessità eco-sistemica e biologica. Una complessità non solo della Natura, ma del Mondo intero, di cui ci parla oggi più che mai lo scrittore Edgar Morin, il quale ha fatto del problema della complessità il suo metodo di studio e di indagine della società contemporanea, in rapporto ai tanti problemi di oggi, come le guerre, il razzismo, la violenza in generale, gli odi di parte, i muri e le barriere che separano le nazioni e le genti, l’emigrazione, l’inquinamento atmosferico, le disuguaglianze sociali, ma soprattutto i concetti stessi di progresso e di civiltà, che in questi ultimi decenni sono stati messi in discussione,  quasi su un piano di condanna e di scarsa fiducia nella capacità dell’uomo di essere padrone  del mondo e quindi della sua razionalità.

Tutto questo, poi, alla luce di quanto sta succedendo oggi di fronte all’attuale pandemia, diventa più grave, quasi mettendo in discussione la nostra stessa esistenza, ma soprattutto la nostra stessa civiltà basata sulla tecnologia e sulla scienza. Tanto da creare i presupposti per un nuovo mondo post-umano, che tolga all’uomo stesso la facoltà e la volontà di decidere del suo stesso destino. E allora, ecco che nasce in noi tutti la domanda: in che cosa abbiamo sbagliato, se ciò che stiamo costruendo ci porta verso un mondo che può distruggere non solo la Natura, intesa come mondo fisico, ma soprattutto l’uomo nel suo essere pensante e, quindi, nel suo essere artefice di tutto ciò che potrà succedere nel futuro?

Un senso, quindi, di paura e di sgomento di fronte ad un mondo di cui non sappiamo più quale sia la direzione giusta e quali siano le verità e quindi le certezze da conservare e mettere in pratica.

In altri termini non abbiamo più quella fiducia di cui noi tutti eravamo certi e sicuri di possedere all’inizio della seconda metà del XIX secolo, negli anni Cinquanta e Sessanta (1950-1960), quando la scienza, la tecnologia e l’economia erano i mezzi per raggiungere il benessere e quindi la felicità. Oggi tutto è messo in discussione, così come il progresso scientifico, in relazione all’intelligenza artificiale e le conquiste economiche, in relazione al fenomeno della globalizzazione, le quali invece di produrre benessere e sicurezza, oltre che fiducia in noi stessi,  creano sempre più i presupposti per aumentare le disuguaglianze e la paura di andare incontro verso un futuro pieno di incognite e di insicurezza nel domani.

Molti sperano che l’attuale pandemia sia l’occasione per creare i presupposti per un mondo più umano e più giusto, mettendo in discussione tutto ciò che oggi è sbagliato e che funziona male, come per esempio una globalizzazione senza regole e senza principi morali, basati solo sul profitto da raggiungere ad ogni costo, il tutto a danno dell’uomo, considerato ormai solo come merce e quindi solo come consumatore e non più inteso come persona e quindi degno di essere rispettato  e salvaguardato nei suoi diritti e nelle sue esigenze primarie, che sono di ordine esistenziale e quindi umano. Un mondo che abbia non un fine economicistico, ma anche e soprattutto un mondo solidale e altruista.

 Ed ecco, quindi, l’esigenza di “cambiare rotta”, cambiare direzione, non più una direzione univoca e meccanicistica, ma una direzione polivalente aperta verso tutto che salvaguardi la natura, intesa  come organismo vivente di alta complessità, capace di considerare tutti, come afferma papa Francesco, “fratelli” del mondo e per il mondo.

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