Le guerre si alimentano con carichi di armi in larghissima parte via mare e con procedure di caricamento e transito non sempre trasparenti.
La Legge 185 prevede, infatti, criteri espliciti e certi per la concessione o meno dell’autorizzazione, tra cui il divieto all’esportazione verso: paesi in stato di conflitto armato; paesi la cui politica contrasti con l’art. 11 della Costituzione; paesi sotto embargo; paesi che violano le convenzioni sui diritti umani; paesi che, ricevendo aiuti dall’Italia, destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa del paese.
Nonostante questi criteri, molte sono state le violazioni nei trentatré anni di applicazione della legge. Basti pensare alle bombe RWM autorizzate per l’Arabia Saudita e impiegate contro la popolazione civile yemenita; e recentemente ai materiali delle forze armate spediti nell’Ucraina invasa dall’esercito russo. Tra le reiterate violazioni dobbiamo anche inserire la difficile leggibilità e i ritardi con cui viene pubblicata la Relazione annuale del governo al parlamento.
La Legge n. 537 del 24 dicembre 1993 ha abolito il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (CISD), che si vuole ora riesumare.Ora vediamo rispuntare quel Comitato di cui farà parte anche il ministro del “Made in Italy” quindi vi siederà non solo un ministro che è stato rappresentante di aziende produttrici di armi , ma pure il ministro che vuole rilanciare l’export delle eccellenze italiane , fra le quali sarebbero da annoverare pure le armi.
Noi siamo invece orgogliosi che la nostra Repubblica abbia saputo darsi una legge di civiltà e di umanità come la 185 e protestiamo contro ogni iniziativa che la voglia ridurre a strumento di politica estera secondo convenienze, anziché secondo principi etici e costituzionali».