Michele Affatato e Gheorghita Ouatu fra sacro e profano, la bi-personale artistica al castello di Monte Sant’Angelo

Grazie all’invito del Presidente di EcoGargano, Giuseppe Palumbo, responsabile della gestione del castello di Monte Sant’Angelo, ho potuto visitare l’interessante e pregevole Mostra bipersonale di pittura e sculture degli artisti MICHELE AFFATATO  e GHEORGHITA OUATU, che si tiene, dal 23 al 30 Settembre 2023, presso le sale del castello, che sempre più, grazie all’opera divulgativa dei responsabili del nostro castello, sta acquistando sempre più notorietà per l’alto valore culturale e turistico degli eventi in programmazione. Del resto, sono anni che Giuseppe Palumbo sta dedicando, con abnegazione e passione, alla valorizzazione del nostro patrimonio culturale, fra cui il nostro castello, che ci auguriamo venga gestito da persone che appartengano alla nostra cultura e al nostro territorio. Davanti alle opere dei due artisti sono rimasto incantato per la varietà, non solo delle tecniche che entrambi usano, quanto per la varietà dei soggetti rappresentati in maniera originale e unica, sia per il contenuto che per le forme artistiche e il linguaggio che essi usano.

Michele Affatato è un nostro conterraneo, che da anni opera in provincia di Foggia, ma che sta divulgando e proponendo la sua arte in tutta Italia e in Europa, facendosi conoscere attraverso varie Mostre che egli ha organizzato a Bari, Napoli, Venezia, Padova, Monreale, Palermo, Milano, Budapest, Parigi e NewYork, con un notevole successo di critica e di consenso popolare. Consenso che deriva dalla sua arte e dal suo linguaggio che spazia fra realtà e immaginazione, con varie tematiche, che ci riconducono, da una parte alla nostr terra e, quindi, alla nostra identità daunia, con evidenti e prorompenti legami alla civiltà e cultura garganica e mediterranea, dove predomina un paesaggio rurale che ci richiama alla nostra cultura contadina e nello stesso tempo alla presenza del sacro, che si identifica prevalentemente nel culto di San Michele, con la sua originaria iconografia angelica e,  dall’altra parte, la presenza di un mondo magico ed onirico, dove  il legame con la realtà e, quindi, con la natura diventa sogno e immaginazione di un mondo astratto, ma sempre legato alla materialità e, quindi, al significato simbolico della pietra  o della roccia, nel nostro caso la Montagna Sacra, che sta a fondamento della civilizzazione dell’uomo. Un mondo surreale e immaginifico dove il colore, legato alla materialità degli oggetti, esprime quel mondo onirico e irreale che solo un artista, come Michele Affatato sa fare e sa rappresentare. Il tutto legato alla contemporaneità rappresentativa degli oggetti d’uso e, quindi, alla quotidianità del nostro tempo. Un mondo in cui predomina la tecnologia e quindi gli scarti della quotidianità e della temporaneità esistenziale. Immagini costruite soprattutto attraverso i colori che acquistano in Michele Affatato una loro liricità e una loro poeticità espressiva, che solo l’arte e la tecnica di Michele Affatato sanno riprodurre. Un mondo di colori e di immagini, tale da smarrirsi e ritrovarsi nello stesso tempo, legati a ciò che è essenziale, che è la bellezza dell’arte e, quindi, della vita. Tutto ciò gli ha permesso di attirare l’attenzione della critica, ottenendo vari premi e attestazioni di merito, fra cui il Premio Internazionale Michelangelo, 2021; il Premio Internazionale Città di New York, 2020; il Premio Internazionale Città di Budapest, 2020; Pro Biennale, Venezia, 2022; Mostra Internazionale di Arte Contemporanea, Spoleto, 2022, ecc. Infine c’è da sottolineare che la sua arte ha attirato l’attenzione di Vittorio Sgarbi, che lo ha inserito nell’Annuario di Arte Contemporanea Mondadori, 2021.

Gheorghita Ouatu ci riporta verso un mondo surreale e nello stesso temo onirico, dove la realtà ormai non esiste se non vista attraverso il subconscio e, quindi, attraverso una personale trasposizione del reale verso un mondo di fantasie e di pura realtà legata al subconscio.  Gheorghita Ouatu è nata a Tulcea, una ridente città sul Danubio in Romania. Vive in Italia dal 2004, che considera la patria dell’arte e quindi la culla di ogni civiltà e cultura, tale da dare origine alla Magna Grecia e, quindi, alla civiltà europea, da cui l’artista trae anche ispirazione, in quanto figlia di una Europa  non etnocentrica, ma pluricentrica, in cui sia l’Est che l’Ovest si incontrano e danno forma e spirito alle aspirazioni degli uomini, ma soprattutto, nel nostro caso, degli artisti, come Gheorghita Ouatu.

L’arte di Gheorghita Ouatu nasce dal profondo del subconscio e, quindi, da una interiorità che solo gli artisti sanno cogliere ed esprimere. Un’arte sublime e nello stesso tempo cruda, per le sue immagini che trasformano la realtà in fantasie e a volte in mostruosità tale da attirare l’attenzione della gente, mettendo quasi in disagio lo spettatore. Infatti, in un suo “depliant” si legge che l’Artista passa facilmente “dal figurativo al materico, dall’astratto al surrealismo, dall’arte metafisica all’arte concettuale”, tanto da dare alla sua personalità di artista una poliedricità stilistica, sia sul piano dei contenuti che sul piano delle forme rappresentate. Del resto l’artista presenta un curriculum molto denso e pieno di significati, tale da caratterizzare, in maniera positiva e ammirevole, il suo percorso creativo, che man mano si arricchisce negli anni di fascino e di originalità, attraverso le sue emozioni artistiche uniche e irripetibili. Nelle sue opere si notano trasfigurazioni del reale, che appartengono sempre all’uomo, ma che la tecnologia ne ha fatte proprio, attraverso pulsazioni metaforiche, allusioni fantastiche, dove l’uomo si sente prigioniero della tecnica e, quindi, non più libero di determinare la sua esistenza, quasi prefigurando l’uomo tecnologico dominato dall’Intelligenza Artificiale (AI).  In questo senso l’arte di  Gheorghita Ouatu va al di là della realtà, quasi a prefigurare un mondo in cui la tecnologia e, quindi,  l’artificio diventano padroni della vita reale dell’uomo, in un profondo smarrimento e perdita della propria coscienza umana. Tutto ciò lo ritroviamo nelle sue opere esposte nel castello di Monte Sant’Angelo, che secondo noi, dovrebbe diventare la sede unica di un futuro Museo d’Arte Contemporanea, come quello di Mart Rovereto, di cui Presidente è  Vittorio Sgarbi. Un Vittorio Sgarbi che sta accompagnando, attraverso le sue annotazioni critiche sia l’arte di Michele Affatato che di Gheorghita Ouatu, rapportandosi, di volta in volta, alla temporaneità di Michele e alla ricerca del subconscio di Georgia. Per Michele Affatato Vittorio Sgarbi ha scritto: “Con Michele Affatato abbiamo un confronto ragionato tra i grandi lasciti artistici del passato e le più attuali tendenze espressive… Il lavoro complessivo di Affatato è poliedrico, non vi è un filo rosso che lega tra loro le opere, ma nella loro molteplicità mostrano la voglia di valicare la linea di demarcazione tra stili e discipline.  Dalla biografia si evince che l’autore si occupa prevalentemente di pittura con tentativi di combinare ad essa la scultura facendo coesistere le due discipline… Le sue opere hanno una forza dirompente che privilegia l’impressione e abbandona la didascalia… il tutto con slancio energico, quasi alla Van Gogh, avvicinandosi così alle avanguardie europee…per favorire l’impatto emotivo, così come fa Paul Jackson Pollock, pittore statunitense considerato uno dei maggiori rappresentanti dell’espressionismo astratto o action painting”. Secondo Leonarda Zappula, "l’individualità artistica di Michele Affatato, maniera conscia o inconscia, rende singolare la sua creazione: è quell’attributo intrinseco nella mente e nelle mani di chi genera un’opera destinata a lasciare traccia del proprio autore per sempre. È per l’appunto questa la connotazione che vuole essere considerata, presa in esame e raccontata attraverso il progetto UNICI… Michele Affatato è un  artista poliedrico, la cui produzione si basa sulla volontà di cogliere l’unità del mondo e dell’io e il segreto della realtà rappresentata come opera dell’anima. Nella sua produzione si afferma il primato dell’istinto sulla ragione. Per l'artista italiana Gheorghita Ouatu, l'arte purifica l'anima. I suoi ritratti espressivi ed emozionanti, i pezzi astratti e surrealisti sono vividamente dettagliati e mistici. Trasportare lo spettatore in un mondo parallelo dove tutto è possibile”. 

Gheorghita Ouatu ha esposto in tutta Europa, riscuotendo sempre consenso e ammirazione per le sue opere, che vanno al di là del reale, per immergersi in un mondo fiabesco e, quindi, irreale, dove tutto diventa un sogno onirico. Un mondo in cui l’uomo è soggiogato dai media televisivi, quasi succubi di un mistero che rende l’uomo schiavo della tecnologia, dove predomina una assoluta solitudine esistenziale, in mondo fatto di immagini e di puri sogni evanescenti. L’abitudine solo di sentire la voce degli altri, mentre il proprio io si smarrisce in quella degli altri senza nome e senza identità. Sentire più che ascoltare, tanto da rendere nullo l’ascolto e, quindi, la propria presenza nel mondo: un mondo fatto di tanti misteri e di tante sofferenze, che, specie oggi, rendono l’uomo non più artefice del proprio destino, in un mondo in cui predomina ancora la violenza, la distruzione dell’ambiente, oltre che delle città, costrette a subire la violenza della guerra, come sta succedendo in Ucraina, con la Russia, che non rispetta i diritti e l’identità di un altro popolo. Tutto ciò rende l’uomo schiavo del proprio arbitro e della propria hibris, cioè della propria superbia e, quindi, dell’antropocentrismo sfrenato e non più controllabile. Di fronte a tutto  ciò, Monte Sant’Angelo, che ha avuto l’onore di ospitare nel suo Castello normanno-svevo-angioino-aragonese, la Mostra bipersonale di Michele Affatato e di Gheorghita Ouatu, rappresenta quell’unione storico-culturale fra Oriente ed Occidente, fra le loro culture e le loro civiltà, che affondano le loro radici nel mondo greco-romano e nella civiltà dell’Europa medievale. Una Città, Monte Sant’Angelo, simbolo della Montagna Sacra, che ha unito in sè vari popoli,  Greci, Romani, Longobardi, Normanni,  Svevi, Angioini, Aragonesi,  provenienti da tutta Europa, dall’Oriente bizantino e dall’Occidente latino, contribuendo così, tramite la diffusione del culto micaelico e del suo pellegrinaggio, lungo i grandi itinerari della fede, da Santiago di Compostela a Roma e a Gerusalemme, tramite la Via Micaelica, le grandi vie sacre,  a formare e a creare l’identità politico-culturale dell’Europa, unendo nel contempo i popoli del Mediterraneo, là dove oggi si riversano milioni di emigranti provenienti dalle sponde dell’Africa settentrionale, diretti verso i paesi europei, fra cui in primo piano l’Italia. Là dove troviamo la Montagna Sacra, Monte Sant’Angelo, verso cui oggi si dirigono popoli e razze provenienti da ogni parte del mondo, Cina, Giappone, Corea, India dello Ski Lanka, Malesia, Europa, Stati Uniti, in cerca di qualcosa che manca oggi all’uomo e che rappresenta un angolo di salvezza e di solidarietà fra tutti i popoli della Terra.

Una città, come Monte Sant’Angelo,  che con il pellegrinaggio micaelico, oggi si pone come uno dei più importati santuari del mondo cristiano e non, meta di milioni di pellegrini e turisti. Un Monte in cammino, il cui significato purtroppo, non è stato capito o per lo più spiegato in maniera esauriente, a Roma, alla Commissione giudicatrice di Monte Capitale Italiana della Cultura 2025.

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