Dalla rabbia alla paura

a cura di Giuseppe Piemontese - Società di Storia Patria per la Puglia.

«In questo momento di difficoltà sociale, economica e politica, data dalla presenza di un’epidemia diffusa a livello globale, a causa del Coronavirus, l’uomo di oggi è preso da un duplice sentimento: da una parte la paura e dall’altra la rabbia. Due stati d’animo antitetici e nello stesso tempo complementari. La paura nasce da un nemico invisibile e silenzioso come il Covid-19, il quale sta causando morte e contagi fra le popolazioni più deboli e più indifese, tanto che fino ad oggi si contano più di 35 mila morti solo in Italia e quasi seimilioni di contagiati. Una paura che aumenta di giorno in giorno davanti ad una situazione che vede ognuno di noi in balia di un nemico invisibile e che può diventare letale attraverso il contagio con le persone che ti stanno vicino. Una situazione che fino a pochi mesi fa era impensabile, quando la nostra vita era fondata principalmente sulle relazioni con gli altri, ma soprattutto sul rapporto con l’ambiente e i luoghi della bellezza e della cultura, come i Musei, le Biblioteche, le chiese, i concerti all’aria aperta, con migliaia di persone ad ascoltare il proprio cantante preferito. Tutto ciò, da un momento all’altro è venuto meno, tanto da stravolgere la nostra vita, con gravi conseguenze anche sul piano psichico, ma soprattutto sul piano sociale ed economico, oltre che sanitario. Infatti le maggiori conseguenze le si vedono, oggi, in campo economico, con la chiusura graduale delle fabbriche, degli esercizi commerciali, dei bar, dei ristoranti, degli alberghi, dei cinema, delle palestre, ecc. Insomma la chiusura di tutto ciò che è sinonimo di incontro e di stazionamento delle persone, ormai in preda ad un senso di paura e nello stesso tempo di impotenza, con un sentimento di smarrimento che diventa giorno dopo giorno disperazione e rabbia, specie per chi non ha un reddito sicuro per sè e per i propri figli. Tutto ciò sta creando un senso di incertezza e di attesa, in una vita normale. Un senso di angoscia, di tristezza, di ansia, quasi di spaesamento, tanto da non poterti più riconoscere nel tuo stesso ambiente di sempre, ma soprattutto non avere più fiducia negli altri, in quanto potrebbero essere portatori di virus e quindi di contagio, ma anche nella stessa politica e negli stessi scienziati, che non hanno ancora alcuna soluzione, sul piano sociale e sanitario. Quindi un disagio soprattutto relazionale e oggi più che mai psichico, che ormai serpeggia in noi tutti e che ci rende sospettosi e inclini all’isolamento. Da tutto ciò nasce quel senso di angoscia che ci porta a domandarci quale è il senso della nostra vita, ma soprattutto a farci prendere coscienza della nostra precarietà e del nostro senso del limite. E ciò anche in rapporto a tutto quello che l’uomo in questi ultimi decenni ha saputo costruire e sviluppare, come per esempio il progresso della scienza, della tecnologia, del libero mercato, del fenomeno della globalizzazione, ma soprattutto delle conquiste nel campo medico e sanitario, che purtroppo in alcune regioni hanno presentato dei limiti, non solo sul piano dell’accoglienza, quanto sul piano delle cure. Ed ecco allora la paura del domani, l’incertezza del nostro futuro e del nostro domani, la mancanza di fiducia nella stessa scienza e nel nostro sistema economico legato alla globalizzazione, che in questo caso ha presentato i suoi difetti negativi per la rapida diffusione del virus in tutto il mondo.

Purtroppo prima che si ritorni alla normalità dobbiamo essere pronti ad affrontare ancora alcuni sacrifici, fra cui quelli che ora stiamo di nuovo provando con la seconda ondata di contagi, e che ci spaventa di più rispetto alla prima. E tutto ciò avrà serie conseguenze in ogni campo, da quello sanitario a quello socio-economico, tanto da richiedere interventi drastici e risolutivi, fra cui se è necessario, anche la chiusura delle scuole, oltre già a tutte quelle strutture legate alla cultura, allo spettacolo, alla ristorazione, fra cui la chiusura anticipata dei bar e dei ristoranti. Purtroppo sacrifici necessari, ma che presuppongono da parte della politica aiuti reali e urgenti. Siamo di fronte a una nuova e grave situazione, che solo il coraggio e le iniziative concrete di distanziamento e di controllo della diffusione del virus possono dare dei risultati positivi. In ogni modo, siamo sempre di fronte ad una incognita, che è quella della paura e della rabbia, che oggi più che mai si sta manifestando attraverso le rivolte delle piazze in diverse città d’Italia, Napoli, Milano, Torino, Trieste, dove più che paura si manifesta la rabbia che è l’opposto della paura, in quanto presuppone una reazione contro uno stato di fatto inaccettabile e che purtroppo ha bisogno di un nemico da combattere e da affrontare. In questo caso il nemico, oltre al virus, rappresenta, come sta succedendo, la classe politica, che determina, attraverso la sua azione, difficoltà di ordine burocratico e spesso scelte non adeguate al momento della situazione. Anche se c’è da dire che la rabbia è uno dei sentimenti basilari dell’uomo, specie quando la sua situazione diventa precaria e piena di paura nel domani. Una situazione di cui non si è responsabile, per cui la rabbia diventa anche un elemento di difesa e di approccio ad un nemico invisibile. “La rabbia è un sentimento difficile per chi lo vive, per chi lo subisce e per chi ne è testimone perché il suo potenziale distruttivo viene spesso percepito come incontrollabile e agisce indiscriminatamente sia sulle cose immateriali (come le relazioni) che su quelle materiali. La rabbia è un’energia potenziale in grado di mobilitare risorse psicologiche efficaci e potenti, è una difesa importante per la nostra incolumità fisica e psichica, è uno degli elementi che stimola la nostra autostima, è un potente segnale di disagio che può farci affrontare i conflitti e risolvere le controversie. Quando la rabbia è collettiva può far lottare per la giustizia sociale. Il rovescio della medaglia è la sua distruttività, la capacità che ha di alterare l’elaborazione delle informazioni e di scardinare i freni inibitori, esponendoci al rischio di non controllare il nostro comportamento. La rabbia gioca un ruolo fondamentale anche in moltissime forme di depressione: nascosta, profonda, inesprimibile che implode dentro la persona, anziché esplodere”.

Purtroppo in questi giorni di grave crisi sociale ed economica la rabbia sta esplodendo in diverse parti d’Italia e del mondo, con forme di proteste e di rabbia che provengono dalle classi più povere, dove il lavoro è fondamentale per sopravvivere. Rabbia che proviene da commercianti, operai, ambulanti, addetti al turismo e alla cultura e spettacolo, ma soprattutto dal mondo giovanile, che è forse quello più colpito, in quanto è tutto fermo sul piano occupazionale, senza tutele e senza speranze. La situazione ormai rischia di sfuggire di mano: il timore è che presto l’Italia e il mondo intero si troveranno a fare i conti non solo con l’emergenza sanitaria del Coronavirus, ma anche con gli effetti negativi sull’economia globale e dunque sul lavoro e sulla produttività, con gente che non potrà nemmeno più fare la spesa, con gente, anche quella fino ad alcuni mesi fa normale, che fa le file alla Caritas, vedi a Roma, Milano, Parma, Napoli, per avere beni di prima necessità. Ormai tutto viene messo in discussione: la sanità e l’economia, l’una sacrificata per anni all’inefficienza e allo sperpero, e l’altra alla globalizzazione e quindi alla finanziarizzazione del mercato libero, senza regole e senza principi morali. Il tutto a discapito della gente, e quindi della comunità che oggi si vede messa in difficoltà per mancanza di prospettive nel domani».

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