Per una politica dei “beni comuni”, Lettera Aperta del Prof. Giuseppe Piemontese

a cura di Giuseppe Piemontese - Società di Storia Patria per la Puglia.

«In questi ultimi mesi di pandemia, si parla tanto di riprendere una normalità di vita che possa ridare a noi tutti una nuova fiducia, non solo a livello individuale, ma soprattutto a livello collettivo, tale da creare i presupposti per un nuovo corso verso un benessere che sia alla portata di tutti e non solo di pochi. È l’eterno dilemma che oggi la nostra società deve affrontare e cioè creare le basi per superare le evidenti disuguaglianze sociali che proprio in questo periodo di pandemia si sono maggiormente accentuate, tale da vedere sempre più ricchi coloro che ne erano e sempre più poveri coloro che erano e  che oggi sono maggiormente  in difficoltà. Ed ecco, quindi, la necessità di un nuovo corso e un nuovo modo di pensare lo sviluppo, sia esso economico che culturale, che possa privilegiare non tanto la proprietà privata, legata oggi soprattutto alla finanza  e quindi alle banche, e che certamente in questi ultimi decenni sono state alla base del progresso,  quanto una nuova visione e funzione soprattutto dei “beni comuni”, che oggi come non mai, sono essenziali per creare un nuovo mondo e quindi una nuova società più equa e più giusta. Ma ci chiediamo: Cosa sono oggi i “beni comuni”, di cui spesso, non tanto i nostri politici, quanto gli economisti ne parlano in termini di un nuovo sviluppo legato ad una società fondata sull’equità e sulla  territorialità autosostenibile. In altri termini “beni comuni”  legati soprattutto ad uno sviluppo sostenibile, che possa creare le basi per una giusta società più equa e solidale. Fra i “beni comuni” ne fanno parte, essenzialmente, le risorse naturali, come i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque, i parchi, le foreste e le zone boschive, le zone paesaggistiche tutelate. Vi rientrano, altresì, i beni archeologici, culturali, ambientali, fra cui i Siti archeologici, i Musei, le Biblioteche, le piazze, le strade, le scuole, gli ospedali, i luoghi pubblici. Tutti “beni comuni” che soddisfano interessi generali fondamentali, la cui cura discende dalle prerogative dello Stato e degli enti pubblici territoriali. Lo Stato e gli enti pubblici territoriali sono titolari dell'azione inibitoria e di quella risarcitoria. Inoltre sono beni pubblici sociali quelli le cui utilità essenziali sono destinate a soddisfare bisogni corrispondenti ai diritti civili e sociali della persona. Non sono usucapibili. Vi rientrano tra gli altri: le case dell'edilizia residenziale pubblica, gli edifici pubblici adibiti a ospedali, istituti di istruzione e asili; le reti locali di pubblico servizio. La gestione di questi beni pubblici deve assicurare un'adeguata manutenzione e un idoneo sviluppo anche in relazione al mutamento delle esigenze di servizio.

Purtroppo tutto ciò spesso non avviene, in quanto lo Stato e gli Enti pubblici, come le Regioni e i Comuni riservano poco attenzione ai nostri “beni comuni”, tanto da assistere spesso a fenomeni di abbandono e di mancanza di cura dei nostri “beni comuni”, fra cui per esempio i boschi, gli stessi camminamenti rurali, le piazze pubbliche e i giardini pubblici, gli ospedali, come nel caso di Monte Sant’Angelo, le stesse strade interne ed esterne di un territorio comunale, gli immobili pubblici dei comuni e degli enti statali, spesso abbandonati e a loro stessi e anche alcune opere pubbliche, vedi le strade e i ponti,  oppure le strade intercomunali e ferroviarie. È un capitolo molto dolente e grave sul piano sociale ed economico, tanto da far regredire all’ultimo posto della graduatoria riguardante la qualità della vita la città di Foggia e quasi tutte le  città meridionali. A tale proposito la città di Monte Sant’Angelo ha un patrimonio boschivo non indifferente, proprietaria di più di 6000 ettari di boschi, e nessuno se ne interessa sul piano della salvaguardia e della loro valorizzazione. Così come dell’intero suo patrimonio pubblico immobiliare per anni abbandonato a se stesso, senza che alcun intervento possa ridare ad esso una giusta collocazione sociale ed economica.

Purtroppo  in questi ultimi decenni, dagli anni ’80, a causa di una economia basata soprattutto sul profitto individuale e finanziario, legato al fenomeno della globalizzazione, il territorio urbano ed extraurbano di tante città è stato abbandonato a se stesso, anzi io dico, non il territorio, ma i territori circostanti la città, con i loro “beni comuni”, sono stati abbandonati e trascurati, vedi i boschi, le coste, le aree urbane e forestali, i giardini, le piazze, le strade, i Musei, le Biblioteche civiche, e tutto ciò che è di proprietà pubblica, statale, regionale e comunale. Del resto è sotto gli occhi di tutti, il degrado delle periferie urbane delle nostre città, piccole e grandi, tipo la città di Foggia che come abbiamo detto, con rammarico si trova all’ultimo posto delle città italiane per la qualità della vita. E questo deriva da un processo di sviluppo che ha privilegiato non tanto le città di provincia, quanto solo le grandi metropoli, anche se anche in queste vi sono grandi periferie, con problemi di dissesto ambientale, mancanza di infrastrutture, come strade e giardini, criminalità diffusa, come nella città di Foggia,  spaccio di droghe, mancanza di lavoro e di occupazione, nonchè trascuratezza e mancanza di rispetto dei “beni comuni”.

È tempo di un confronto aperto con tutte le forze sane della società. Un confronto sul tema dei “beni comuni”, con trasparenza e progettualità, tale da creare le basi per una vera democrazia, nel segno del progresso e dello sviluppo delle nostre città, come Foggia e Monte Sant’Angelo, ma soprattutto delle loro  comunità, da troppo tempo lasciate ai margini di ogni programma politico-economico. I “beni comuni” possono, oggi, essere un campo e un settore di grande sviluppo economico e  sociale di una comunità, come Foggia, Monte Sant’Angelo e altre città meridionali, come Bari, Taranto, Matera, in quanto per essi il territorio è l’unica loro risorsa, molto importante non solo per la bellezza dei singoli territori, quanto per le opportunità che ogni singolo territorio, sia esso pubblico che privato, offre in campo economico e culturale. Solo così è possibile coniugare in maniera esauriente il binomio “bene comune” e sviluppo economico, città e territorio, bene pubblico e benessere per tutti».

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