Un Natale di paura e speranza

a cura di Giuseppe Piemontese - Società di Storia Patria per la Puglia.

Natale 2020. Tempo di paura e di speranza. Paura nel domani, in un tempo in cui la normalità possa diventare precarietà di vivere e di progettare il proprio futuro e speranza in un mondo migliore, in cui  tutto diventa  occasione per migliorare la propria vita e quindi la propria condizione socio-economica. Un Natale diverso dagli altri, lontano dai propri figli e dai propri parenti più cari, nonché dagli amici di sempre.

Un Natale in solitudine e, quindi, più riflessivo e quasi lontano da ogni tentazione di immergersi nella moltitudine della folla, un tempo sinonimo di felicità e di spensieratezza, mentre oggi è simbolo di contagio e di morte. Un ritorno al lockdown, tanto da richiamarci alle nostre responsabilità individuali e collettive, al fine di contrastare questa maledetta epidemia, che sta condizionando ognuno di noi da un punto di vista psicologico ed economico. Un malessere che diventa sempre più drammatico e pieno di angoscia e di ansia, quasi a condizionare la nostra stessa esistenza nelle relazioni collettive, ma soprattutto paura di non farcela sul piano economico e quindi della tenuta sociale ed esistenziale.

Del resto questo malessere si manifesta in maniera tragica di fronte a quasi 70.000 morti da Coronavirus e più di due milioni di contagiati, con gente provata dalla epidemia, il cui virus si sta diffondendo gradualmente in tutte le nazioni del mondo. Ma ciò che fa paura è l’evoluzione del virus, che di mese in mese diventa sempre più aggressivo e mutevole, tanto da colpire indistintamente sia gli anziani che i bambini. Come il virus inglese, che colpisce soprattutto i bambini. Purtroppo ci troviamo ad affrontare un nemico invisibile, la cui mutazione può provocare da un momento all’altro gravi conseguenze sul piano sanitario ed epidemiologico.

I governi stanno predisponendo un massiccio piano di vaccinazione, che dovrebbe partire fra qualche giorno, all’inizio del 2021 in quasi tutta Europa, mente in America è già iniziato. Una speranza e quasi una certezza, lo speriamo, nel difenderci dal virus e quindi dal diffondersi dell’epidemia.  Un processo epidemiologico che sta mettendo in crisi non solo il sistema sanitario mondiale, ma soprattutto il sistema socio-economico, di fronte a paesi ormai stremati dalla paura e dai contagi. Paesi che ormai sono stanchi di fronte ad un virus che sta aggredendo la nostra società, provata da mesi di resistenza, di fronte alla divaricazione dei redditi e alla decrescita degli investimenti, incerta sulle prospettive future, con un modello di sviluppo troppo fragile, anche se si parla di Recovery Fund e quindi di miliardi a disposizione per la ripartenza. Purtroppo, così come in Italia, i governi mancano di una visione del futuro, se non prevedere in breve tempo solo alcune misure provvisorie, attraverso la distribuzione indifferenziata di bonus e sussidi di ogni ordine e genere, mentre i temi fondamentali della società, come la sanità, l’economia, l’innovazione, l’istruzione, la ricerca, l’imprenditorialità, il lavoro, lo sviluppo, gli investimenti sono tenuti in secondo piano, senza una reale progettazione socio-economica. 

Così come non sono previsti interventi concreti per snellire la burocrazia, la giustizia, il sistema fiscale, il sostegno alla produzione e all’innovazione. Intanto sul piano politico stiamo assistendo a vari fenomeni di erosione della democrazia e delle libertà individuali e collettive.

I partiti diventano movimenti di opposizione e di rivendicazioni settoriali, mentre  si svuotano di veri e proprie idee programmatiche, legate a  veri  e concreti sistemi ideologici e quindi di valori. E intanto aumentano le disuguaglianze sociali, il cui fenomeno purtroppo si manifesta non solo nei paesi poveri e quindi in via di sviluppo, ma soprattutto nei paesi ricchi, come gli Stati Uniti e oggi l’Europa, dove assistiamo da una parte alla salvaguardia dei garantiti del posto fisso e dall’altra alle fasce vulnerabili di quei lavoratori  che vivono del proprio lavoro e quindi della loro produttività. 

Un futuro incerto che occupa quasi il 60% della popolazione a livello nazionale, legata sia alle piccole imprese che alle grandi aziende. Un mondo variegato che purtroppo colpisce in maniera diretta l’occupazione dei giovani, che specie in questo anno 2020, è stato forse il settore di massima crisi occupazionale. Infatti, oggi stiamo assistendo ad un declassamento sociale, in cui il 50,3% dei giovani vive in una condizione socio-economica peggiore di quella vissuta dai genitori alla loro età.

E purtroppo, quando l’epidemia si sarà esaurita, essa lascerà dietro di sé una società più incerta e impaurita, ma soprattutto una società con una profonda crisi economica e occupazionale, di cui tutti ne pagheremo le conseguenze. Né si ha tanta fiducia in quello che ogni singolo Stato potrà fare attraverso il Recovery Fund, in quanto stanno venendo meno alcuni principi fondamentali del vivere civile, come il Welfare State, la sicurezza del lavoro, il reddito pro capite, gli investimenti, la produttività, ma soprattutto un servizio sanitario non ancora all’altezza della situazione.  Un settore che purtroppo in questi ultimi decenni ha visto essere penalizzato da mancanza di investimenti e di sviluppo, in nome del risparmio e del rientro di un  bilancio paritario.  Un settore ancora fragile, specie dopo l’emergenza del Covid-9, che sconta una impreparazione sistemica rispetto alla prevenzione delle epidemie, ma anche perché nel tempo è stato minato nelle sue basi economiche e umane, fra cui il mancato ricambio generazionale di medici e infermieri. Né rosea è la situazione per quanto riguarda l’istruzione e l’apprendimento, che forse in questi mesi di pandemia hanno subito le maggiori conseguenze sul piano intellettivo e organizzativo. Una perdita sul piano formativo e culturale, che ha colpito uno dei settori principali della vita associativa e formativa del paese, portandoci verso una nuova dimensione educativa che è quella dell’insegnamento e della didattica a distanza (DAD). Una rivoluzione sul piano tecnologico e della comunicazione, che avrà i suoi riflessi nel futuro attraverso una maggiore performance delle competenze digitali.

E tutto questo potrà essere utilizzato non solo in campo scolastico, quanto in altri settori, come  nel campo sanitario  attraverso la telemedicina, ma anche nel lavoro da remoto, specie in periodi di lockdown.

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