Quale futuro dopo il CoVid-19? Luci e ombre

a cura del prof. Giuseppe Piemontese - Società di Storia Patria per la Puglia.

In questo lungo e a volte tragico periodo di pandemia, ci chiediamo: Quale futuro avremo dopo il Covid-19?

Se prevarranno di più le ombre o le luci, di cui ha fatto riferimento il Prof. Sabino Cassese in un suo libro intitolato: Una volta il futuro era migliore. Lezioni per invertire la rotta,  Solferino Editore, Milano 2021.

L’Autore ci parla, nella prima parte,  di come siamo giunti a costruire un mondo globalizzato, sorto da una speranza, al cui fondamento vi era la fiducia non solo del presente, quanto del futuro. Un mondo costruito negli ultimi 30 anni e precisamente da quando l’economia ha assunto una funzione non più localistica, ma globale, di cui sono stati protagonisti i popoli che hanno saputo costruire un mondo fatto di reti intercomunicanti, attraverso lo sviluppo economico, ma soprattutto attraverso lo scambio delle merci e anche delle persone, tanto da creare le premesse per un mondo interconnesso. E tutto questo ha contribuito a migliorare la qualità della vita e soprattutto lo sviluppo di alcuni popoli, che un tempo vivevano ai margini del progresso, fra questi i paesi del Sud-Est asiatico.

In altre parole un progressivo sviluppo economico e commerciale che ha portato alla nascita e allo sviluppo del mercato mondiale  e agli scambi commerciali. Dall’altra parte, in questi ultimi settant’anni abbiamo assistito. specie in Europa, all’eliminazione di guerre e di scontri fra nazioni, superando così ciò che era avvenuto nella prima metà del Novecento, con ben due guerre mondiali. Anche se c’è da dire, non sono ancora del tutto eliminati i conflitti etnici e politici in diverse parti del mondo. In ogni modo, specie in Europa, tutto ciò ha permesso, insieme agli Stati Uniti, di avviarci, specie nella seconda parte del Novecento, verso un rapido sviluppo industriale e culturale, di cui hanno beneficiato la maggior parte dei popoli europei e americani tanto da contribuire a migliorare in maniera  consistente le condizioni materiali di vita e l’allungamento dell’età di ogni individuo.

A tutto ciò ha contribuito, non solo settant’anni di pace, ma soprattutto la creazione di istituzioni politiche e culturali, fondate sulla democrazia e sulla libertà: due valori essenziali non solo dell’Occidente, ma anche di atri popoli del mondo, verso cui ormai si orientano. Stati democratici e liberali, fondati sui diritti e doveri del cittadino verso lo Stato, perché garante di libertà e di democrazia.

Tutto questo fa parte  delle grandi conquiste dell’uomo contemporaneo e, quindi, di un mondo che aveva grande fiducia nel domani, dove splendeva la luce della speranza e del progresso.

E, oggi, ci chiediamo: tale luce esiste ancora, oppure vi sono più ombre che luci?

Sabino Cassese se lo chiede e noi con lui. Ombre che purtroppo oggi, in piena pandemia, rischiamo a intravedere maggiormente, tanto da renderci conto  che forse è venuto a mancare in noi il senso e la misura non solo del tempo, ma dello spazio, sia mentale  che  fisico. Ombre che ci portano a riflettere non solo sul mondo che abbiamo costruito, quanto su ciò che esso ha in sé di negativo e, quindi, la mancanza di fiducia nel proprio operato. Ombre che si riflettono soprattutto nel mondo occidentale, dove si manifestano maggiormente le contraddizioni della globalizzazione e, quindi, dello sviluppo ineguale, fra chi ha tutto e chi non ha nulla.

Un mondo in cui la democrazia si indebolisce, in cui il benessere, la solidarietà, il senso dello Stato di diritto arretrano. Dove predominano soprattutto individualismi e personalismi di parte; dove la politica ha perso il suo ruolo di rendere partecipi i propri cittadini al Bene comune; dove la produzione di beni si è fermata, anche a causa della pandemia, creando così maggiori disuguaglianze e povertà; dove in Italia il livello d’istruzione diventa, se facciamo un confronto con gli altri paesi occidentali, sempre più basso e scadente; dove a governarci vi sono persone e partiti senza una vera élite o competenza, tanto da creare e diffondere il rifiuto fra la gente della politica e dei politicanti; dove la stessa vita politica, in mancanza di veri e propri partiti ideologici, è in crisi, tanto da allontanare la gente da essa e quindi dei partiti; dove manca il senso di appartenenza ad un luogo o ad  una comunità,  in quanto essa stessa oggi non esiste, sostituita da una folla anonima che si identifica nell’ultimo movimento sorto dalla rabbia e dal malcontento.

E tutto questo in un mondo in cui la speranza è ormai appesa a un filo, di cui si teme che si spezzi.

Mentre, oggi, si avrebbe bisogno di una maggiore forza propositiva  e di vera progettualità che possa rimettere in cammino la speranza nel futuro. Una speranza che dovrebbe sorgere da noi stessi,  dalla nostra capacità di costruire un mondo più solidale e inclusivo, attraverso una nuova classe politica di élite, non elitaria, cioè individualistica e personalistica, ma aperta alla società e quindi alla comunità. Una élite competente, che abbia in sé la dimensione utopica di costruire il futuro, attraverso alcune riforme essenziali, di cui ci chiede l’Europa e precisamente: l’innovazione, la cultura ecologica, la ricerca, l’equità territoriale e sociale, la salute. Punti essenziali per far si che  si attuino le finalità del Recovery Plan, all’insegna di una nuova era di progresso e di civiltà.  

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