Per una nuova rinascita in nome dell’umanesimo

Parlare oggi di “naufragio delle civiltà”, significa creare maggiormente  paura e sfiducia nel domani, con conseguenze disastrose sul piano economico, sociale e culturale, anche se tutto ciò che ci è capitato in questo primo ventennio ha creato in noi tutti il timore che stiamo vivendo anni difficili, specie se il tutto è riferito ai problemi climatici, al fenomeno delle immigrazioni di interi popoli in cerca di benessere, alla violenza fra gli Stati, alle disuguaglianze sociali e non ultima la pandemia che sta creando seri problemi non solo al sistema sanitario, quanto ai ceti più disagiati che subiscono indirettamente una grave crisi economica e sociale. Fenomeni che ci riportano indietro nel tempo, quando ad ogni sviluppo di una nuova civiltà, faceva seguito il declino della stessa, da una parte e, dall’altra la nascita di una nuova civiltà, con nuove valori e nuove conquiste in campo sociale, economico e culturale. Così come è avvenuto, per esempio, al tempo della caduta dell’Impero Romano e la nascita della civiltà barbarica che ha portato, successivamente, alla formazione della civiltà medievale, con le grandi cattedrali romaniche, simbolo della rinascita delle città mediterranee ed europee. In altri termini, mentre una civiltà cadeva, quella romana, un’altra stava sorgendo attraverso la presenza di nuovi popoli o nuovi “barbari”, come preludio ad una nuova civiltà occidentale.

Quello che oggi stiamo affrontando è proprio il declino della nostra civiltà, basata si determinati valori, come la democrazia, la libertà, la solidarietà, l’uguaglianza, valori che oggi sono entrati in crisi proprio in vista del naufragio della nostra civiltà basata  sul capitalismo e, quindi, sul libero mercato, preludio alla globalizzazione, con i suoi aspetti positivi e negativi, fra cui l’abolizione delle identità dei popoli. In altri termini, siamo di fronte ad una vera e propria crisi della nostra civiltà occidentale, fatta di individualismo, di rancori, di odi, di interesse di parte, di profitti ad ogni costo, al di là di ogni interesse comune o “bene comune”. Un paradigma che oggi fa paura, specie in questo periodo di pandemia, che ci fa stare in una situazione di perenne precarietà esistenziale. Quindi, una nuova consapevolezza che siamo fragili, soggetti ad eventi imprevisti e spesso disastrosi. Da tutto ciò nasce, tuttavia, la consapevolezza di una nuova civiltà o una nuova società basata sulla consapevolezza di siamo tutti nella stessa situazione esistenziale, in cui debba prevalere più che l’individualismo, quanto la socialità e, quindi, il “bene comune” e non più il “bene” di pochi. Un mondo nuovo basato su un nuovo cosmopolitismo culturale e umano, in cui il sapere sia un patrimonio di tutti, al di là di ogni discriminazione social, etnica, culturale ed economica. Un patrimonio alla portata di tutti, in cui ogni Stato si possa riconoscere secondo le proprie prerogative legate non solo alle comunità, quanto al territorio su cui esercita la governance, con la sua cultura e la sua storia. Una nuova visione del mondo intesa come un immenso organismo vivente, in cui tutte le parti siano vincolate fra loro in nome del “bene comune”, in un rapporto simbiotico fra Uomo e Natura, in nome della biodiversità e quindi della loro integrità biologica. Un mondo nuovo costruito su identità multiple dei popoli della Terra. In tutto ciò può essere di aiuto la Rivoluzione digitale, che ha lo scopo di abbattere ogni barriera sociale e geografica, in nome di un nuoco umanesimo utopistico, che sconfigga “il compiacimento dell’ego, l’affermazione violenta delle proprie opinioni, quand’anche arbitrarie o soggettive”. Quindi,  una nuova rinascenza, che ponga in primo piano una nuova riflessione sulla natura umana e una nuova educazione allo spirito critico. La crisi Covid ha messo al centro del mondo l’urgenza di un cambio di rotta verso una nuova civiltà planetaria e interconnessa, nella consapevolezza che nessuno si salva da solo. Quindi,  un nuovo metodo per formulare problemi e risoluzioni sempre più multidimensionali e globali. Del resto abitiamo un mondo sempre più complesso, in cui siamo connessi inestricabilmente al mondo globalizzato, alla biosfera, alla natura, con una elevata complessità dei problemi, che a volte ci portano verso l’ignoto. In altri termini bisogna andare verso un umanesimo digitale, un termine per indicare che lo scopo della tecnologia è quello di migliorare la vita dell’uomo e non essere fine a se stessa o assoggettata a obiettivi manipolatori.

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