Il mito di Pilunno

Nella città di Monte Sant’Angelo, nell'attuale centro storico, dovette esistere un antico tempio dedicato a Pilunno, la cui denominazione avrebbe dato luogo al toponimo Rione Junno.

La storiografia, per la verità, ce ne parla molto poco, anche perché a tale riguardo poche sono state le ricerche archeologiche, oltre che quelle topografiche. Tuttavia l'esistenza stessa di un toponimo Junno, che caratterizza un intero quartiere, sta a denotare che qualche riferimento sicuramente storico ed archeologico doveva esserci, in quanto tale denominazione ha caratterizzato fin dalla sua origine la stessa città di Monte Sant’Angelo, allorquando, nella seconda metà del V secolo, nasceva il culto di S. Michele e quindi l'omonimo santuario, con il centro abitato.

Pilunno è considerato una divinità romana assai misteriosa, la quale passava per proteggere i neonati nelle case, contro le malefatte del demone Silvano. Il suo nome, generalmente, è unito ad altre due divinità: Intercidona e Deverra. Il primo è il dio "dei colpi di scure" contro le porte per cacciare il demone, e il secondo della scopa con cui si spazzava la soglia dopo la nascita di un bambino. Pilunno deriverebbe il suo nome da  pilon (pestello),  col quale si colpiva la porta  nella stessa occasione.  Scure, pestello e scopa passavano per simboli della coltivazione. Infatti, si diceva che Pilunno, in quanto portava il pestello (pilum), avesse insegnato agli uomini a tritare il grano, mentre suo fratello Picumno avesse insegnato la concimazione dei campi ed era detto perciò Sterquilino ed anche Stercuzio.  Secondo i mitografi, Danae, figlia di Acrisio, re di Argo, da Giove convertito in pioggia d'oro, resa madre di Perse, secondo la leggenda italica, venne in Italia, fondò Ardea, sposò Pilunno e fu madre di Dauno, progenitore di Turno. Questi, re dei Rutuli, è il principale antagonista di Enea, contro il quale combatte per istigazione di Hera e in difesa della sua candidatura alle nozze con Lavinia, figlia di re Latino, già a lui promessa prima dell'arrivo dell'eroe troiano. La sua morte è l'episodio conclusivo dell'Eneide. Nel poema il nome di Dauno è assente, per quanto concerne Diomede e l'Apulia, ma è costantemente presente nella seconda parte, in quanto Turno è presente come figlio di Dauno e Daunia gens è chiamato il suo popolo.  Secondo il  Danielino, nel suo commento ad Aen. XI, ripreso successivamente dal Giannelli, Pilunno sarebbe di stirpe illirica, padre di Dauno, il quale una volta resosi padrone della Daunia, sarebbe successivamente  emigrato nel Lazio. Secondo il Sarnelli, Danae, la quale avrebbe avuto un tempio nella città di Siponto, avrebbe sposato Pilunno, di nazionalità illirica, e sarebbe padre di Dauno. Il Tancredi riferisce che  il re Pilunno avrebbe fatto erigere sulla vetta del Monte Sacro, presso Mattinata, un tempio dedicato a Giove Dodoneo. Riportiamo le sue stesse parole: "Alla testa della pelasgica migrazione vi fu l'eroe Pilunno II, di nazione illirica, figliuolo di Pilunno I, re dell'Illiria, il quale era discendente di Evandro Saturno. Pilunno edificò nelle selve del Gargano, cantate da Silvio Italico, il tempio dedicato a Giove Dodoneo (sul monte chiamato ora Monte Sacro). Ed inventò a beneficio dei cittadini l'artificioso mulino nomato Centimolo, messo in movimento a forza di giumenti, per cui i Gentili, in rendimento di grazia, gli eressero un sontuoso tempio, oggi, rovinato, nel rione detto volgarmente "Junno".

Le iscrizioni greche all’interno della Chiesa di San Salvatore MSA

[Le iscrizioni greche all’interno della Chiesa di San Salvatore]

Pilunno fu adorato quale dio sotto il nome di Stercuzio, per la scoperta del concime e l'utile che ne deriva dalla concimazione. A tale proposito un altro scrittore garganico, il Dentice, afferma che: "Regnò Dauno, discendente di Pilumno. Introdusse l'uso delle lane in Puglia le quali, in fin del suo tempo, erano di gran traffico e se ne fanno  mercato nella valle, oggi detta di S. Oronzo". Tutto ciò  ci riporta a quell'ambiente prettamente agricolo e pastorale della Daunia, la quale viveva prevalentemente di allevamento e di pastorizia, tanto che al tempo della stessa leggenda garganica di S. Michele, l'elemento fondante del culto micaelico sarà proprio un toro,  di cui era proprietario un ricco signore del luogo, chiamato volgarmente Gargano.  Generalmente si vuole identificare il tempio di Pilunno nell'attuale chiesa di S. Salvatore in Monte Sant'Angelo, sorta a ridosso delle antiche mura cittadine, nell’omonimo Rione Junno. La critica storica purtroppo ha analizzato il monumento, cioè la Chiesa di San Salvatore,  solo da un punto di vista architettonico, collegandolo  alla presenza longobarda in terra pugliese dell'VIII-IX secolo, mentre ha del tutto tralasciato di effettuare  saggi archeologici, che potessero interessare le fondamenta. Tuttavia la presenza di numerose iscrizioni greche all'interno dell'edificio e alcune tracce di muratura di età molto antica, fanno supporre che la chiesa di San Salvatore è uno degli insediamenti più antichi della città e che la sua storia è legata, non solo alla presenza longobarda in terra meridionale, ma alla stessa nascita e fondazione  della città micaelica, che si è identificata sempre nel Rione Junno.

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