La Leggenda di Cristalda e Pizzomunno a Vieste

Al Gargano sono legate diverse leggende, da cui spesso traggono  ispirazione artisti, poeti e musicisti, come Michele Circiello e Max Gazzè, per spiegare l'esistenza di alcuni luoghi o di alcuni toponimi. È il caso dello scoglio di Pizzomunno, che si trova sulla spiaggia di Vieste, maestoso nella sua granitica bellezza e lucentezza, quasi a sfidare  il cielo e il meraviglioso mare Adriatico. Non per altro il mare, più che dividere, unisce le nostre esistenze, in quanto ci fa conoscere altre realtà che sono lontane, ma nello stesso tempo vicine, in quanto legate da un unico filo che è quello della interconnessione temporale e spaziale. E da lontano sono venute a noi racconti  mitologici e leggende popolari, fra cui il mito di Diomede nelle Isole Tremiti, i culti di Calcante e Podalirio a Monte Sant’Angelo, di Giano a San Giovanni Rotondo, di Archita a Mattinata, di Ercole a Manfredonia,  tanto da arricchire la nostra esistenza e spiegare tanti luoghi comuni, che hanno una loro spiegazione solo attraverso il mito e le leggende. Così, affascinante e nello stesso tempo commovente, è il racconto  della bellissima Cristalda e del suo giovane  innamorato Pizzomunno. Quest'ultimo era un giovane marinaio, che nelle sue lunghe notti di plenilunio, non faceva altro che pensare alla sua bellissima Cristalda, dai capelli color del sole.  I due giovani, entrambi del villaggio, si amavano perdutamente, tanto che nessuno poteva separarli.  Ogni giorno Pizzomunno, con la sua barca, affrontava il mare ed ogni giorno le sirene, ammagliate dal sorriso di Pizzomunno, emergevano dalle onde e intonavano in suo onore dolci canti marini. Molte volte Pizzomunno fu invitato dalle sirene a seguirle, promettendogli l'eterna felicità e l'immortalità, ma l'amore per la bella Cristalda era troppo forte. Una delle tante sere in cui Cristalda e Pizzomunno erano andati sulla spiaggia per manifestare tutto il loro amore, le sirene, prese da un accesso di gelosia, trascinarono nella profondità del mare Cristalda. Invano Pizzomunno tentò di salvare la sua amata. Il mattino seguente i pescatori trovarono sulla spiaggia un bianco scoglio che la leggenda dice essere il giovane Pizzomunno, che piangendo la sua amata Cristalda, morì di dolore.

La tradizione vuole che ogni cento anni Cristalda torni dalle profondità del mare per raggiungere il suo amato Pizzomunno, e per una notte sola, entrambi rivivono il loro antico amore. È una bellissima storia d'amore in cui la natura diventa mito e il mito diventa mare, terra, luce, acqua, sole, desiderio, amore.

Tale amore per la bella Cristalda da parte di Pizzomunno e, quindi, per la sua amata Vieste, oggi possiamo ammirare nell’opera artistica che Michele Circiello ci ha lasciato sulle bianche scogliere di Vieste. Un artista che ha fatto della sua arte un ritorno verso il passato, da cui nascono e muoiono i miti  e le leggende del nostro Gargano. Un artista che ha scelto come sua terra  di elezione   la mitica Vieste. Del resto sappiamo che all’alba di ogni civiltà c’è il mito, sia esso personificato in eroi leggendari o in fenomeni naturali, di cui l’uomo porta impressi i segni inconfondibili della sua memoria, tali da diventare archetipi di avvenimenti riguardanti la storia del mondo. Così il mito diventa elemento portante della costruzione del mondo e, quindi, delle società che da esso hanno avuto inizio. Non per altro dal mito nasce la storia, sia essa legata all’uomo che alle sue conquiste. Così elementi fantastici e leggendari si mescolano alla realtà e ne determinano gli avvenimenti, le “storie”. Del resto ogni mito, come afferma De Juliis, presuppone una fonte storica, sia pure arricchita e distorta da elementi fantastici. Spetta allo storico o all’artista cogliere la storicità e la veridicità poetica dell’assunto mitologico. Così come ogni narrazione è il frutto di racconti rivisitati e reinventati da generazioni di cantori, i quali hanno ampliato i significati e la struttura mitologica. Infatti con un processo di rivisitazione magico-semantica, Michele Circiello tenta di riportare nelle sue opere quel mondo leggendario, nel quale ormai da anni cerca di rintracciare, attraverso segni e figure, gli elementi primordiali della storia umana. Miti e leggende che legano il passato al presente, in quanto, spesso, il presente, attraverso i suoi topos, si ripresenta e si ritrova nell’immaginario storico. Del resto, quando Michele Circiello era vivo, aveva fatto sua come città elettiva Vieste, la città a cui Michele Circiello si sentiva più legato, proprio per quella sua lontananza storica che ne ha determinato i contorni, quasi come un topos geografico ai limiti del mondo, sperduta  nell’alba della civiltà mediterranea, in cui gli approdi erano simboli di arrivi e partenze, luogo immaginario, ai confini della civiltà ellenica. Vieste, città di mare, protesa verso l’Adriatico, città di frontiera, ma anche di approdo di gente venuta dalle opposte sponde mediterranee. Città d’acqua e di terra. E proprio qui  nacque la leggenda di Cristalda e Pizzomunno, la cui memoria storica Michele Circiello ha fissato nella bellezza scultorea che fa da faro e simbolo lungo le coste garganiche di Vieste. Stele protesa verso l’azzurro cielo adriatico, simbolo dell’eterno amore di Pizzomunno per Cristalda, trasformato dalle sirene in un gigantesco monolito sulla spiaggia di Vieste.

Oggi anche il musicista Max Gazzè ha visto in essi l’eterno desiderio della bellezza, che si specchia, attraverso la sensibilità dell’uomo, nella leggenda  di Cristalda e Pizzomunno, in cui rivive l’eterno ritorno alla vita. Infatti con Cristalda e Pizzomunno, oggi, si vuole rappresentare il mito allo stato puro, in cui l’amore rende l’uomo immortale attraverso l’eterno ritorno alla vita, alla natura, alla pietra, che rappresenta l’origine e l’anima del mondo. E il Gargano, oggi, più che mai, con i suoi miti e le sue leggende, rappresenta la memoria storica dell’uomo all’origine della sua civiltà, allorquando egli acquisisce la consapevolezza della sua spiritualità e della sua sensibilità artistica. Così il mito diventa realtà, in quanto sa rappresentare, attraverso segni e colori e musica, il segreto più intimo della civiltà garganica, che affonda le sue radici in un universo fatto di miti e leggende, di usi e costumi tradizionali che conservano ancora una loro identità culturale, non contaminata da apporti ibridi e standardizzati. In questo modo il canto diventa l’elemento vivificante di ogni ricordo e quindi di ogni civiltà e cultura del passato.

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