Il Megalitismo della Montagna Sacra e i sacri riti delle pietre

Iniziamo con questo articolo un percorso di studi e ricerche riguardante la Montagna Sacra o più propriamente la Montagna dell’Angelo. Un percorso che ci vedrà impegnati su più fronti, attraverso vari aspetti storico-culturali della città di Monte Sant’Angelo, vista nell’ambito della storia e della cultura del Gargano e della Daunia, con specifico riferimento a: 1) La Montagna Sacra e i Sacri Riti delle Pietre; 2) Misteri e Leggende della Montagna dell’Angelo; 3) Monte Sant’Angelo Segreta. A tutti voi e a me in particolare buon viaggio.

Sono iniziati i lavori di scavo presso la zona archeologica di Valle di Pulsano, dove l’Arch. Raffaele Renzulli ha individuato alcuni esemplari di Dolmen e Menhir che ci riportano verso l’alba della nostra civiltà e precisamente in quel periodo storico che vedrà il  passaggio dal Paleolitico al Neolitico, allorquando il Gargano, ma specialmente la Daunia, avvia quel processo di civilizzazione basato sulla presenza di vari culti pagani legati al dio Sole, ma soprattutto alle forze endogene della Natura, che hanno alla base i sacri riti delle pietre, da cui ha inizio la civilizzazione dell’uomo. Un processo lento e pieno di significati, legati al culto e all’utilizzo della roccia, come i Menhir e i Dolmen, che diventano simboli di sacralità fra l’uomo e la divinità, ma soprattutto fra l’uomo e la Natura, che trova per la prima volta la propria sacralità nel fenomeno del Megalitismo, che si afferma appunto tramite i Dolmen e i Menhir presenti sul Gargano, il cui significato ci riporta alla sua essenza che è Gargan che significa “roccia”, “pietra”. Quindi,  con la presenza della Soprintendenza di Bari nel  Sito di Valle Spadella o Valle di Pulsano, ha inizio quel lungo percorso che vedrà il Gargano al centro del processo di sacralizzazione dei luoghi, attraverso la presenza di vari culti autoctoni legati alla roccia e quindi al fenomeno del Megalitismo. Tuttavia vediamo da vicino in che cosa consiste tale fenomeno, che sta alle origini della civiltà dell’uomo e quindi della sacralità dei luoghi e dei vari culti che sorgeranno nella Daunia, specie con l’arrivo dei Dauni e quindi degli eroi greci, fra cui Dauno, Diomede, Calcante e Podalirio, Pilunno e infine Mitra. Culti per la maggior parte provenienti dalle apposte sponde del Mediterraneo, dall’Illiria e poi dalla Grecia e infine da Roma, in un periodo di tempo che va dal XIII sec. a. C. fino al IV secolo d. C.  Tutto ciò determinerà, ancora prima del culto cristiano, la denominazione, per quanto riguarda il Promontorio del Gargano,  di Montagna Sacra, quale elemento fondante della roccia da cui ha origine la sacralità e quindi il rapporto simbiotico fra Uomo e Natura. Del resto il concetto di Montagna Sacra ci riporta alla simbologia della roccia e quindi al Megalitismo, quale elemento fondativo della Madre Terra, con le sue prerogative terapeutiche e curative. Quindi, elemento fondante della costruzione, simbolo della Terra-Madre e delle relazioni fra cielo e terra, concrezione primitiva dell’anima, immagine della stabilità, dell’equilibrio, della compiutezza e della durata, paradigma dello spazio e del tempo, la pietra è la prima mediazione strumentale nella storia dell’uomo tra natura e cultura, tra umano e ragione. Quando il primo ominide ha staccato le mani dal suolo ha incontrato la pietra, si è confrontato con essa, da essa ha ricavato l’amigdala, l’utensile su cui ha eretto il suo primato. In principio dunque fu la pietra, palinsesto delle vicende plurisecolari dei popoli, supporto materico dei primi segni umani, ideogramma che ha attraversato il tempo giungendo fino a noi inalterato nella sua struttura molecolare e nel suo statuto semiotico. Nessuna altra materia può considerarsi più emblematica e rappresentativa di eventi e di luoghi, tale da assumere la funzione strumentale di parametro di riferimento nell’individuazione di siti territoriali e di sequenze cronologiche. Nell’atto di scheggiare la pietra, umile gesto che rinvia all’orizzonte mitico e storico delle nostre origini, base strutturale della cultura materiale di tutti i popoli, si coniugano come in un archetipo le operazioni eminentemente umane del fare e del rappresentare, l’universo delle cose e quello dei segni, inestricabili e indissociabili aspetti di un unicum continuum. Dalla pietra nuda e grezza a quella lavorata e manipolata si sviluppa il lungo inarrestabile processo di ominazione e di domesticazione della natura. Nel punto di snodo di questo cruciale passaggio è possibile collocare la genesi dei culti magico-religiosi connessi all’uso dei materiali litici. Dalla pietra ha inizio la civiltà dell’uomo, legata alla sua prima dimora la grotta, quale elemento di vita e di rigenerazione. “Nelle grotte, afferma il Prof. Cosimo Damiano Fonseca,  è nata la civiltà dell’uomo”, la cultura dell’urbanizzazione, da cui sono nate le città. Quindi in principio era la grotta, elemento fondante e simbolo della pietra. Di pietra sono i monumenti che rappresentano gli dei, gli eroi, i defunti, gli accadimenti. Alla base degli stessi culti cristiani, presso santuari, siti generalmente su crinali di montagna o in cavità scavate su formazioni rocciose, si struttura, nella maggior parte dei casi, un medesimo evento prodigioso: il ritrovamento dell’immagine sacra, scolpita o pitturata su pietra, come per esempio nel mito iranico dove si racconta che Mitra, il Deo Soli Invicto, nato il 25 dicembre, non fu concepito da una vergine mortale, bensì dalla pietra genetrix, una roccia fecondata magicamente dal fulmine fallico di Padre Cielo; così come nella leggenda di San Michele, dove ritroviamo l’immagine del piede impressa sulla roccia del Santuario di San Michele sul Gargano, dove probabilmente in età pagata esistevano diversi culti, fra cui quello di Calcante e di  Podalirio, oltre che di Mitra. Dalla pietra nasce  il santuario, casa di Dio, o la casa,  sulla cui pietra si radica la dimora del tempo, dove con la pietra si innalza il monumento delle memorie familiari, si chiudono i confini fisici e mitici dello spazio abitato. «È connaturata alla pietra da taglio – ha annotato Leonardo Sciascia (1985:7) – l’idea del fondamentale, dell’essenziale, del duraturo, del costruire, dell’edificare; l’idea della geometria, dell’ordine, dell’armonia che all’uomo è possibile estrarre dal caos; l’idea, insomma, della civilisation. Un’idea che è di per sé bellezza». La pietra è, dunque, il fondamento, la sicurezza, la domesticità, metafora della proprietà individuale e dell’identità sociale. “Se la terra dà il carattere alla casa. la pietra riconnette la costruzione al suolo da cui nasce e su cui s’innalza, ne assume la grana e il colore, la naturale plasticità, la peculiare capacità di assorbire, stemperare e riflettere le variazioni luminose a secondo dell’orientamento del sole, l’intrinseca disposizione a ripetere e secondare l’andamento e la morfologia del terreno” (Epifanio 1939:10).

 

Raffaele Renzulli e il Prof. Giuseppe Piemontese

[Raffaele Renzulli e il Prof. Giuseppe Piemontese]

La sacralità della pietra è da ricondurre alla sua stessa origine uranica, alla sua incorruttibilità fisica, al suo essere presenza dominante e permanente del paesaggio, all’idea di solidità, di durata e di resistenza cui è associata, alla sua “alterità”. «Per la coscienza religiosa del primitivo, la durezza, la ruvidità e la permanenza della materia sono una ierofania. Non v’è nulla di più immediato e di più autonomo nella pienezza della sua forza, e non v’è nulla di più nobile e di più terrificante della roccia maestosa, del blocco di granito audacemente eretto. Il sasso, anzitutto, è. Rimane sempre se stesso e perdura; cosa più importante di tutte, colpisce» (Eliade 1976: 222).

In tutto questo discorso entrano di diritto alcuni simboli e oggetti cultuali, i cosiddetti megaliti, forme e segni di forze trascendenti, siano esse divinità o anime dei morti, in cui  le pietre occupano in tutte le culture un ruolo teofanico, qualcosa che rivela, incarna o trasfigura la potenza di un dio. Cadute dal cielo sulla terra e per ciò stesso investite di naturali poteri soprannaturali, esse sono all’origine delle più arcaiche simbologie religiose, potendo provocare la pioggia in tempo di siccità, assicurare fecondità alle donne sterili e fertilità ai campi, segnarne i confini per certificarne la proprietà. Del resto di pietra sono i monumenti che presentificano numi, eroi, defunti, accadimenti. I monumenti megalitici non sono però soltanto emblemi funerari. Sono immagini aniconiche di divinità, materializzazioni di culti, rappresentazioni figurate o metaforiche di giganti, di oracoli e di antenati. I menhir, le steli e i dolmen delle civiltà neolitiche, l’omphalos di Delfo, la pietra nera di Cibele, la Ka’ba della Mecca, il macigno che a Gerusalemme sosteneva l’Arca dell’Alleanza sono traduzioni e plasmazioni culturali diverse di una medesima teofania che affida al monolito la funzione di custodire e manifestare la presenza di un dio vivente. In quanto sacre, queste pietre sono simbolicamente assunte a strumenti di rinascite e di rifondazioni umane, luoghi di presentificazioni e di epifanie magiche, centri di cosmogonie e ombelichi del Mondo. Nel Vecchio Testamento, nel punto in cui si narra la storia del sogno di Giacobbe, la pietra che fa da guanciale al vecchio patriarca diventa parte imprescindibile e costitutiva della rivelazione del destino riservato da Dio alla sua discendenza (Genesi: 28, 11-29). Nell’innalzarla «a guisa di colonna» per trasformarla in cippo sacro presso il quale finiranno con il raccogliersi in pellegrinaggio folle di israeliti, Giacobbe ha convertito quella pietra in «casa di Dio», segno identificativo di un atto rituale compiut in nome suo, non meno che agente e referente della memoria dell’intero popolo ebraico. Il culto della pietra non è, infatti, separabile dalle operazioni di discretizzazione dello spazio sacro e di costruzione del tempio o santuario. Nel Nuovo Testamento il Cristo fonderà la sua Chiesa proprio sulla Pietra, allorquando dirà a San Pietro: “Tu fonderai la mia Chiesa sulla Pietra”, da cui sorgeranno Chiese, Monasteri e Santuari, Case di Dio e dell’Uomo, dove la dimensione rituale del lavorare la pietra per piegarla alle empiriche funzioni dell’abitare vale a conferire senso al sistema territoriale, concorre a dare ordine, forma e significato al caos naturale. Del resto l’erezione di un edificio si configura, infatti, come un sacrilegio, una violazione dell’equilibrio naturale, qualcosa che postula un riscatto, un risarcimento a favore degli spiriti della terra. Il rito che tradizionalmente accompagna le fasi della messa in opera delle fondamenta si costituisce, dunque, come una vera e propria azione cosmogonica che riattualizza il mito della creazione del mondo. L’uso dominante, se non esclusivo, della pietra nelle opere di costruzione resta dunque fondamentalmente permeato da questo complesso sistema di rappresentazioni mitico-rituali. Strumenti d’ordine territoriale, entità apotropaiche e simboli cosmogonici, i massi, le rocce, i sassi appartengono alla terra, partecipano delle vicende telluriche, sono il prodotto del millenario prodigio geologico ma sono anche unità elementari dell’architettura umana, misure del costruire e dell’abitare, tessere modulari di una essenziale geometria dello spazio e del tempo. «Ogni pietra – ha scritto Marguerite Yourcenar nelle sue Memorie di Adriano (1981:77) – rappresenta il singolare conglomerato d’una volontà, d’una memoria, a volte di una sfida. Ogni edificio sorge sulla pianta di un sogno». Del resto, come vedremo, le vicende della pietra, la cui ampia diffusione in natura ha favorito una straordinaria versatilità d’impiego, attraversano tanto l’architettura maggiore quanto quella minore, interessando sia la costruzione di chiese e palazzi monumentali sia quella più umile delle case contadine e dei casolari di campagna, come in terra garganica i cosiddetti pagghère. Infatti sul Gargano, il cui nome deriva da Gargan che significa “roccia”, la pietra è stata a fondamento della civiltà garganica, come elemento di assoggettamento della Madre Terra e, quindi, del paesaggio, spesso rude e selvaggio, per dare sostentamento all’uomo e al suo operare. Una continua lotta fra l’uomo e la natura, fra l’uomo e la terra, costituita  più da roccia che da terra, tanto da creare in ogni luogo i cosiddetti “muri a secco”, per potere raccogliere la terra e farne oggetto di coltivazione. Pietra come elemento  non solo di vita ma anche di culto, per ringraziare gli dei nel creare situazioni favorevoli all’uomo e alla sua attività. Del resto nell’antichità la Pietra è diventata il primo elemento cultuale proprio lungo le coste garganiche, tanto da avere un paesaggio megalitico, formato dai Dolmen e dai Menhir come li troviamo nella Valle di Pulsano, che domina l’intero Golfo di Manfredonia e quindi della Daunia, dove Menhir è un parola di origine bretone e indica un monolito, cioè la singola pietra eretta, conficcata nel terreno, quale elemento di sacro al dio Sole; il Dolmen  invece è una sepoltura megalitica chiamata a camera semplice e consiste in due, tre o più pietre erette verticalmente, con un lastrone di pietra che ha funzione di copertura (il ‘tetto’) appoggiato orizzontalmente sulle altre. Elemento simbolo della sacralità della vita dopo la morte. Inoltre, in età paleolitica,  la grotta è stata luogo di culto specialmente per la venerazione dell’acqua, come elemento vitale. Infatti, una delle Grotte più interessanti del paesaggio dauno, quella che oggi è al centro di varie scavi archeologici, è  Grotta Scaloria in territorio di Siponto, così come altre grotte ritroviamo in tutto il territorio del Gargano, fra cui Grotta Paglicci, Grotta Manacore, Grotta Pucci, ecc., da cui ha inizio la civiltà rupestre del Gargano.

 

Pagliaio a Monte Sant’Angelo

[Pagliaio a Monte Sant’Angelo]

Infine, al di là di tutto ciò, il culto megalitico o della pietra santa, è stato a fondamento di diverse leggende e miti, fra cui quello di Dauno e di Diomede, per quanto riguarda le stele daunie, i sacri riti della pietra legata al pellegrinaggio, l’usanza di lasciare nei santuari graffiti e segni antropopaici sulle pareti,  le decorazioni delle cattedrali attraverso sculture e simboli sacri come rosoni e statue, fra cui le statue dei cosiddetti Sammicalére, ecc. Tutto questo lo vedremo accuratamente nei prossimi capitoli, dove la ritualità cultuale della civiltà daunia e del culto micaelico si basa soprattutto sulla simbologia della pietra, quale elemento di sacralizzazione dei luoghi, ma soprattutto di salvezza delle anime. Da ciò derivano diverse fondazioni di chiese e santuari mica elici sorti attraverso le pietre sacre della Grotta di San Michele, come il santuario di  Mont Saint-Michel in Normandia, la Sacra di San Michele a Torino, il Monastero di Saint-Michel in Islanda, ecc. Per non parlare, poi, delle case contadine e quindi  dell’architettura popolare che si caratterizza soprattutto  attraverso un rapporto simbiotico fra l’uomo e la natura, dove la pietra rappresenta l’elemento  di vita, di civiltà, di progresso e nello steso tempo di conquista e di dominio dell’uomo verso la natura circostante. Ne sono testimoni i numerosi pagghiére o case in pietra, disseminati in tutto il Gargano, sia al’interno che lungo le coste,  tanto da creare l’inizio della territorializzazione sacra della Montagna dell’Angelo.

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