Le pietre raccontano… Il Castello di Monte Sant’Angelo in miniatura

L’uomo ha utilizzato la pietra non solo attraverso l’attività creativa sul piano artistico, ma anche sul piano urbano, tanto da creare vere e proprie costruzioni, dove abitare, ma soprattutto dove risiedere con la propria famiglia e la propria comunità. In questo contesto, quindi, possiamo affermare che guardando un paesaggio urbano, con le sue strade, i palazzi, i castelli, i monumenti e le varie costruzioni urbane legate all’attività economica, le pietre raccontano. Infatti dalla pietra nasce la casa, sulla pietra si radica la dimora del tempo, con la pietra si innalza il monumento delle memorie familiari, si chiudono i confini fisici e mitici dello spazio abitato. «È connaturata alla pietra da taglio – ha annotato Leonardo Sciascia (1985) – l’idea del fondamentale, dell’essenziale, del duraturo, del costruire, dell’edificare; l’idea della geometria, dell’ordine, dell’armonia che all’uomo è possibile estrarre dal caos; l’idea, insomma, della civilisation. Un’idea che è di per sé bellezza». La pietra è, dunque, il fondamento, la sicurezza, la domesticità, metafora della proprietà individuale e dell’identità sociale. Del resto sappiamo che nella vita e nella cultura di moltissimi popoli pietra e casa s’identificano, essendo stata per millenni l’una l’unico corpo dell’altra, indivisibili e indistinguibili referenti dell’interminabile opera dell’uomo di plasmazione e domesticazione del mondo.  

In una delle sale del Castello di Monte Sant’Angelo è esposto un bellissimo plastico di Antonio Pellegrino, custode e guida delle bellezze artistiche di Monte Sant’Angelo, il quale, in questi ultimi anni si è dilettato a rappresentare in maniera egregia e con arte, attraverso la rappresentazione plastica, il nostro castello, che ha sfidato nei secoli le intemperie degli uomini e della natura. Una rappresentazione fedele all’originale, con tutti i particolari architettonici che si sono succeduti nel tempo. Un raro esempio di scultura in pietra, che possiamo ammirare nella sua globalità in una sala del Castello insieme al Museo Archeologico sulla Civiltà daunia, istituito dal Prof. Giuseppe Piemontese. Un castello in miniatura, le cui origini risalgono al tempo di Orso I, vescovo di Benevento, nell’anno 838, per poi essere sede e fortezza dei vari popoli che hanno dominato, non solo in Puglia ma nell’Italia meridionale, fra cui i Longobardi, i Normanni, gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi,  fino ai Borboni, con i loro feudatari, fino al possesso della famiglia Grimaldi (1552-1802), che lo tennero come propria sede abitativa fino al 1750, allorquando si trasferirono nell’attuale Palazzo dei Grimaldi, di fronte alla Basilica di San Michele.

Anticamente il castello era difeso da un ante-muro di cui oggi non restano che poche tracce. Varcata l’ante-porta si attraversa il ponte, che è lungo 12 metri ed è sostenuto da due archi, di cui il primo è originario. Esso oggi sostituisce l’antico ponte levatoio. Un ampio e profondo contraffosso circondava il castello, salvo però nella parte settentrionale, dove le pareti scendevano su un ripido contrafforte roccioso. Entrando sulla destra c’era l’antico posto di guardia, con relativo camerone per stalla e deposito munizioni. Una porta, con diversi scalini, menava nel sovrastante torrione a forma di carena, da dove si scorge quasi tutta la città di Monte Sant’Angelo. Un ampio corridoio, lungo 21 metri e largo 4,80 cm., faceva da vestibolo. A destra del cortile centrale vi è una massiccia torre, forse l’unica in uno stato decente, circondata da alti spalti che proteggono il fossato. Sulla sinistra notiamo due torrioni rotondi, di cui uno è caratterizzato da un’ampia e profonda cisterna. Attraverso una porta si sale ai piani superiori. Un portale in stile rinascimentale accoglie il visitatore davanti alla cosiddetta Sala del tesoro. Essa conserva ancora all’interno un robusto pilastro centrale, con una finestra esposta a mezzogiorno. Di fianco a questa sala vi sono numerose stanze dove alloggiavano, da una parte il Signore e la sua famiglia, dall’altra i cortigiani e i servienti. Attraverso una feritoia di una parte del castello, si accede nei sotterranei, dove vi erano le prigioni. Sparsi un po’ dovunque, nelle fabbriche del castello si notano archi rovinati, frammenti di stemma, fregi ornamentali, qualche colonna  e  vari pilastri. Attraverso questo materiale si possono individuare i vari stili architettonici che si sono succeduti nel tempo, da quello normanno a quello svevo, angioino ed aragonese.

Tutto questo lo ritroviamo nel plastico di Antonio Pellegrino, dove la realtà supera la fantasia e la perizia artistica si manifesta attraverso i particolari architettonici del nostro castello, che acquista significato e valore attraverso un’armonia plastica del farsi monumento, attraverso la simbologia della pietra che narra la storia e l’arte monumentale del manufatto. Arte e perizia tecnica non solo del passato, ma oggi più che mani, del presente, che ritroviamo nell’arte di Antonio Pellegrino. Un'arte che deriva dal costante contatto con la storia del nostro castello, narrata quotidianamente per professione e perizia artigianale, che affonda le sue radici nella cultura popolare del Gargano.

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