Era uno dei fiori all’occhiello di Foggia. Evento atteso e visitato da centinaia di migliaia di persone italiane e estere, dal cittadino all’imprenditore, dal politico all’agricoltore, durava una settimana. Oggi è un risibile insieme di parole, strutture decadenti, promesse inevase, anche fatue, e investimenti sbagliati, di appena tre giorni, tra l’altro a ingresso gratuito.
Un tempo era anche luogo di educazione e svago, conoscenza e formazione, dove le famiglie portavano i loro figli a trascorrere ore, visitando quegli stand con gli animali, facendo conoscere loro la fauna e la natura, coinvolgendoli in un mondo che ora è solo di chi vive nelle campagne. Perfino le scolaresche erano folte, un tempo, mentre oggi se ne vanno, quelle pochissime, deluse.
La Fiera di Foggia è al lumicino. La 73° edizione della Fiera Internazionale dell’Agricoltura non interessa più a nessuno, se non agli addetti ai lavori interni, della Fiera, quei lavoratori che cercano di portar a casa il pane. Tutto accade la vigilia del 1° Maggio, Festa dei Lavoratori, di quel lavoro che non c’è più e se c’è è discutibilmente governato da politiche più imprenditoriali che a tutela e profitto per chi lavora.
Tre giorni di deserto potremmo dire dell’evento che un tempo era meta di Governi, che tagliavano i nastri inaugurali, promuovevano il Made in Foggia dell’agricoltura. È un flop, tra l’altro preannunciato da alcuni anni che ha visto la Fiera dapprima ridimensionarsi, poi smembrarsi e infine cambiare vertici in poco tempo, diventando incapace e abilmente mutuo soccorso per elezioni. Smembrarsi, non solo gestionalmente, seppur la politica ha mantenuto il controllo, bensì strutturalmente, dove finanche il glorioso e imponente ingresso su via Bari è stato abbattuto per far posto, chissà quando, a parcheggi, così è previsto.
Quest’anno la 73° edizione della Fiera (Internazionale?) dell’Agricoltura non ha avuto l’inaugurazione, nemmeno dei politici locali, tantomeno la loro presenza almeno come spettatori, preferendo mete più vicine al capoluogo regionale e interessi politici. Solo pochissimi visitatori che, frastornati, cercavano stand del settore agricolo e ritrovando padiglioni vuoti. Nessun appuntamento di rilievo, neanche convegni a tema, latitanza perfino di chi ha il suo bacino elettorale, ciò che si è registrato nel primo giorno di apertura. Attendiamo il resoconto che si apprestano a certificare il nuovo commissario straordinario Onofrio Giuliano e il segretario generale Raimondo Ursitti, per ora silente.
Ciononostante c’è chi crede ancora nel rilancio della struttura fieristica. E fa bene, sperando che le idee diventino realtà. Il commissario Giuliano in un’intervista di ieri, 29 aprile 2023, all’emittente tv Telefoggia parla di «programmazione futuribile», rivolgendo l’attenziona alle strutture che compongono l’intero parco fiera, rendendo il plesso e i suoi eventi «identitari». Un progetto ambizioso, che potrebbe veder la luce tra qualche anno, coinvolgendo chi investe e vorrà farlo nel nostro territorio, creando economia e rilanciando i nostri prodotti, sempre che siano affiancati da imprenditori volenterosi e soprattutto investitori da altri paesi.
Cespugli e alibi sono ancora presenti ma superabili se nel progetto “identitario” facesse breccia la volontà di coinvolgere lo scalo aeroportuale Gino Lisa nelle logiche imprenditoriali e di rilancio economico, volano per tutta la Capitanata e aree limitrofe, semmai con progetti fondati sull’agricoltura e ciò che gravita attorno, enogastronomici, turistici e filiere autoctone. Insomma, rendere appetibile la provincia di Foggia, facendo ritornare bulimia di investimenti da decenni anoressica anche al più distratto imprenditore. È un'ipotesi, sussurrata.
Tuttavia, quelle di Giuliano, è una sintesi che ora rimane al vento per le parole, in attesa dei fatti, sperando che quel vento non spenga il lumicino che oggi a malapena rischiara la fioca Fiera di Foggia, più piccola delle solite quattro bancarelle cittadine durante le feste patronali.
Ad Maiora!