Monte Sant’Angelo è una città, non un borgo

La qualifica di Città si acquista attraverso la propria storia, la propria cultura e la propria identità, quale espressione di civiltà di vari popoli che hanno contribuito a far sì la città sia espressione completa del suo patrimonio storico-culturale, oltre che religioso.

Popoli, come i Dauni, i Greci, i Romani, i Bizantini, i Longobardi, i Normanni, che, già dall’antichità fino all’Altomedioevo, hanno creato e dato origine alla civiltà europea, che oggi ritroviamo in tante città mediterranee, fra cui Atene, Bisanzio, Taranto, Napoli, Roma. Città eterne, ricche di arte e cultura, che oggi rappresentano ciò che l’Italia ha creato e dato origine per costruire l’unione e la civiltà dell’Occidente europeo. Monte Sant’Angelo, insieme a Siponto, Arpi, Canosa, Herdonia e le città che erano sorte nell’antichità lungo le coste garganiche,   come Matinum, Uria (Vieste), Rodi Garganico, fino a Termoli, costituiscono, con la loro storia e la loro cultura, la civiltà daunia e quindi la cultura e l’etnia della Puglia, un tempo chiamata Iapigia, attraverso la presenza di diversi popoli provenienti dall’Illiria, come i Dauni che si stanziarono nella Puglia settentrionale, i Peucezi nella Puglia centrale e i Messapi nel Salento. Il Gargano, già nel 1300 a. C., viene ad essere un approdo di vari popoli che provenivano dall’Oriente e precisamente dall’antica civiltà micenea, attraverso quel fenomeno emigratorio che si ebbe dopo la guerra di Troia, con la presenza sul Gargano di vari eroi che avevano partecipato alla guerra, fra cui Diomede, Calcante e Podalirio, Dauno, Pilunno e altri. Da questi nascono vari culti, fra cui i culti di Calcante e di Podalirio che li troviamo per la prima volta in Italia, sul monte Drion, come afferma Strabone, collocato proprio sul vertice di una grotta e il secondo Podalirio nella Vallata di Carbonara, dove scorre il fiume Altheno, che sbocca verso le spiagge di Mattinata. Culti non isolati, in quanto nella Daunia troviamo altri culti e miti, fra cui il culto di Pilunno, da cui deriva la denominazione del Rione Junno, primo nucleo della futura città di Monte Sant’Angelo, il culto di Giove Dodoneo su Monte Sacro in Mattinata, il culto di Giano a San Giovanni Rotondo, il tempio di Diana a Siponto, il mito di Archita a Mattinata, il mito di Ercole a Manfredonia, e infine il mito di Gargano, da cui nascerà la leggenda delle  Apparitiones.

La grotta di Calcante, attirava gente da ogni parte della Puglia, in quanto era un culto divinatorio, che esaudiva le richieste di gente malata, in cerca del proprio benessere mentale e fisico, mentre il culto di Podalirio, con le sue acque salutari, aveva una funzione di guarire ogni male. Nel tempo, con la civiltà romana e quindi con le varie sue conquiste, verso Oriente ed Occidente, i Romani portarono a Roma e in altre parti del loro impero, vari culti pagani provenenti dall’Oriente, fra cui il culto di Mitra, che ritroviamo proprio sul Monte Gargano, nello stesso luogo del culto di Calcante. Un culto, quello di Mitra, che aveva come elemento divinatorio il sacrificio di un toro. Lo stesso che ritroviamo nelle Apparitiones, allorquando alla fine del V secolo, si ebbe la leggenda di Gargano che trafigge con una freccia il toro smarrito sulle pendici del Monte Gargano, ma la freccia invece di uccidere il toro ritorna indietro e ferisce l’arciere. Episodio da cui nascerà il culto di San Michele in Occidente, attraverso le varie apparizioni al vescovo sipontino Lorenzo Maiorano.

Un avvenimento che attraverso le Apparitiones Sancti Michaelis diventa l’elemento sacro per la nascita del culto di San Michele nella stessa grotta dove è avvenuto il fatto miracoloso. Da questo momento il Monte Gargano diventa Montis Sancti Angeli e, quindi, un luogo sacro attraverso un vasto fenomeno di pellegrinaggio che determina così gradualmente la nascita e lo sviluppo della città micaelica.

Dal pellegrinaggio verso la Montagna Sacra avrà inizio la diffusione del culto micaelico in tutta Europa, tanto che il Gargano e, quindi, la Città di Monte Sant’Angelo, diventeranno elementi di congiunzione fra l’Oriente bizantino e l’Occidente latino, dando origine nel contempo a numerosi insediamenti micaelici in tutta Europa, lungo quella che poi sarà denominata la Linea Sacra di San Michele che va dall’Irlanda, attraverso la Francia e l’Italia, passando per il Gargano, verso Gerusalemme, sul Monte Carmelo, sede del culto di San Michele in Terra Santa.

La città di Monte Sant’Angelo non è solo luogo sacro, ma anche elemento di prestigio in campo politico, tanto che vari popoli, come i Bizantini, i Longobardi, i Normanni, gli Svevi. gli Angioini e gli Aragonesi, faranno del Gargano e, quindi, del culto micaelico un elemento di propaganda e di prestigio politico, per la loro diffusione verso l’Italia meridionale, quasi, come afferma Giorgio Otranto, un instrumentum regni. Specialmente in età longobarda, fra il VII e il IX secolo, la città di Monte Sant’Angelo, con il suo santuario, diventa un luogo sacro e nello stesso tempo un luogo di prestigio per affermarsi come un popolo non solo a livello locale, quanto a livello europeo, tanto da creare i presupposti per la nascita e lo sviluppo della Via Sacra Langobardorum o Via Micaelica, dal cui percorso incomincerà il processo politico-culturale che porterà alla formazione dell’unità europea e, quindi, all’incontro, su base culturale e religioso, dei popoli europei. Un grande itinerario, quello della Via Micaelica, che avrà una funzione di unificare diverse culture e diverse civiltà fra Oriente ed Occidente. E al centro una Città come Monte Sant’Angelo, che vedrà la presenza di vari papi, re, imperatori, principi, ma soprattutto di tanta gente proveniente da ogni parte dell’Europa, per visitare la grotta di San Michele. Una Città santa, ma soprattutto una città ricca di monumenti e di opere d’arte, espressione dei vari popoli, con le loro culture e le loro civiltà, che vediamo espresse in numerose chiese, monasteri e castelli, diffusi in tutto il centro urbano, il quale avrà come elemento aggregante e simbolico il Rione Junno, da cui si formerà l’identità culturale e sociale della città micaelica, quel rapporto simbiotico fra uomo e ambiente, fra il sacro e il profano, in un processo di civiltà e di cultura in perenne divenire. Inoltre una Città che diventa tale attraverso vari episodi storici, come la formazione di un vero e proprio Comitatus politico del Gargano, sotto la dominazione normanna di Enrico, conte di Monte Sant’Angelo e di Lucera, dove la città micaelica diventa il centro più importante del Gargano. Per non parlare poi dell’incontro fra un gruppo di normanni e Melo da Bari, nell’atrio della nostra grotta, da cui nascerà la dominazione normanna nell’Italia meridionale, tanto da dare origine, poi, nel 1177 all’Honor Montis Sancti Angeli, promulgato dal re normanno Guglielmo II, l’ultimo duca normanno, autore di una Constitutio dotalii, in occasione del suo matrimonio con Giovanna, figlia del re Enrico II d’Inghilterra. In altri termini alla sposa egli concedeva in dotazione l’Honor Montis Sancti Angeli, che venne da allora a costituire una circoscrizione autonoma, feudo delle regine di Sicilia. Poi, ancora la presenza assidua di Federico II di Svevia, nel cui castello viveva la sua amante Bianca Lancia, diventata sua sposa dopo aver dato alla luce il figlio Manfredi. E poi la presenza degli Angioini, che costruiscono l’attuale Basilica con il maestoso campanile, ad esempio di una delle torri di Castel del Monte. Ma la città micaelica diventa tale con il decreto papale del 1401, ad opera del papa Bonifacio IX, il quale proclamava la chiesa garganica concattedrale con quella di Manfredonia, mentre la Città assumeva la qualifica di città metropolitana, Così si legge nel decreto papale: “Ad honore dell’Onnipotente Dio Padre, Figliuolo, e Spirito Santo, e a lode, e gloria del medesimo gloriosissimo Principe Michele Arcangelo, per esaltazione della sua Santa Chiesa, ad aumento del culto Divino,…. ergiamo la predetta Terra in Città, e l’adorniamo coll’insegne, e titolo in Città, e vogliamo, che per memoria indelebile di quelle cose, che si fanno da Noi in quella parte, essa chiamata sia Città Garganica nei perpetui tempi futuri; e di più per li predetti consiglio, e potestà ergiamo, e costituiamo la medesima Chiesa in Cattedrale, e Metropolitana, cui vogliamo, e comandiamo, che presieda il nostro venerabile fratello Nicolò Arcivescovo Sipontino, siccome si vede preposto alla Chiesa di Siponto. Et uniamo, congiungiamo, e incorporiamo infine ambedue le dette Chiese Sipontina, e Garganica” (P. SARNELLI, Cronologia dei Vescovi et Arcivescovi Sipontini, Manfredonia 1680, pp. 265-2669).

Nel 1552, il feudo di Monte Sant’Angelo, dopo l’ultimo suo feudatario, Ferrante, nipote di Consalvo di Cordova, diventava di proprietà assoluta della famiglia dei Grimaldi, originaria di Monaco, che lo tennero per ben 250 anni, fino alla cessione, nel 1802, del feudo e del castello, al Comune di Monte Sant’Angelo. La famiglia dei Grimaldi era la più importante famiglia del Gargano, per lignaggio e per i suoi possedimenti, che erano sparsi in tutto il Gargano, fino nella pianura del Tavoliere. Una città feudale, con un baronaggio tale da influenzare tutta la vita sociale ed economica, non solo del Gargano, ma anche della Puglia settentrionale, con sede prima nel Castello e poi nel Palazzo dei Grimaldi, di fronte al Santuario di San Michele, e con numerosi possedimenti, consistenti in terre, palazzi, masserie fortificate, esistenti sia sul Gargano che nella Piana di Macchia. Un potere feudale immenso, sul piano politico e sul piano economico-sociale, che si manifestò per tutto il Seicento e il Settecento, fino all’eversione della feudalità (1806). E, poi, ancora, nel periodo pre-Unità, Monte Sant’Angelo diede un valido contributo all’Unità d’Italia, attraverso i suoi uomini più rappresentativi, che fecero parte della Carboneria, fra questi i fratelli Giordani, gli Amicarelli, i Gelmini, i Basso, i d’Angelantonio, i Torres, gli Azzarone, i Simone, i Rago, i Mantuano, di cui dobbiamo ricordare l’Arcidiacono Nicola Mantuano (1794- 1876) e infine don Berlingiero De Nicastro e il  Dott. Fisico Filippo d’Errico.

Del resto se prendiamo in esame lo sviluppo demografico della città, ci accorgiamo che, mentre le altre città garganiche e daune, avevano pochi abitanti, vedi Foggia capoluogo (ab. 31.562, nel 1861), Manfredonia (ab. 7.513, nel 1861), Vieste (ab. 5638, nel 1861), Vico del Gargano (AB, 8.273, nel 1861), Monte Sant’Angelo nel 1861 aveva più di 15.444 abitanti, per giungere poi nella prima metà del Novecento, anno 1951, a 23.478 abitanti, mentre Foggia ne aveva 97.504 ab., Manfredonia 29.925 ab., Vieste 12.743 ab.

Con tutto ciò, voglio dire che, la città micaelica ha avuto una grande importanza nella storia del Gargano e anche della Daunia, tanto da essere, anche negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, un punto fermo nel campo culturale, economico e religioso. Per tutto questo, quindi, non possiamo chiamare la nostra Città, un borgo, in quanto la sua storia e la sua cultura le hanno assegnato un posto preminente, come Città, nella storia culturale del Gargano e anche della Capitanata, tanto che negli anni Cinquanta (1950) si era parlato di creare nella Capitanata una seconda provincia che faceva capo a Monte Sant’Angelo, come capoluogo dell’intero Gargano. La città di Monte Sant’Angelo, quindi, nella sua storia non è stata mai considerata un “borgo”.

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