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Son state poste alcune domande a Claudio Mutti, Direttore della rivista di studi geopolitici “Eurasia”, per una disamina dei conflitti di potere nell’odierno scenario mondiale globalizzato, tramite l’analisi del contesto spaziale (quest’ultimo inteso non solo in senso geografico, ma anche sociale, economico e culturale).

D. – Dopo lo scoppio delle ostilità in Europa orientale, precisamente in territorio ucraino, un altro fronte caldo è deflagrato: il riferimento è al conflitto tra israeliani e palestinesi. Le due situazioni di guerra hanno tratti in comune?

R. – Un significativo “tratto in comune” fra l’Ucraina e lo Stato d’Israele consiste nel fatto che l’ebraismo ucraino ha dato un contributo fondamentale al regime di occupazione della Palestina: sarà sufficiente citare presidenti e ministri dell’entità sionista quali Levi Eshkol, Golda Meir, Moshe Sharett, Yitzhak Ben-Zvi, Ephraim Katzir, Yuli-Yoel Edelstein ecc. ecc. Tutti provenienti dall’Ucraina. (Anche il Parlamento Ebraico Europeo è nato su proposta della European Jewish Union, fondata da due milionari ucraini di origini ebraiche, Vadim Rabinovich e Ihor Kolomojs’kyj). Inoltre lo stesso Volodymyr Zelensky, nato da genitori ebrei diventati recentemente cittadini israeliani, il 5 aprile 2022 ha prefigurato il futuro dell’Ucraina dichiarando in una conferenza stampa che il paese dovrà conformarsi al modello israeliano. L’Ucraina, ha detto, “sarà più simile allo Stato ebraico che all’Europa occidentale”; anzi, essa dovrà diventare un “Grande Israele”, dove la società sarà altamente militarizzata e le forze armate saranno coinvolte in tutte le istituzioni. D’altronde già adesso, ha osservato “Forbes”, “le analogie con Israele sono moltissime (…) Alcune di queste sono state analizzate dal think tank Atlantic Council e da numerosi analisti”. È stato infatti un prestigioso distinguished fellow dell’Atlantic Council, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Israele Daniel Shapiro, a rilanciare l’idea del presidente ucraino accompagnandola con alcune indicazioni essenziali per la sua realizzazione. Con Volodymyr Zelensky presidente e Volodymyr Hrojsman (anch’egli ebreo) primo ministro, l’Ucraina si è ulteriormente avvicinata a Tel Aviv: nel 2020 si è ritirata da un comitato dell’ONU istituito nel 1975 per consentire al popolo palestinese di esercitare i diritti all’autodeterminazione, all’indipendenza e alla sovranità nazionale, nonché il diritto di recuperare le sue case e le sue proprietà. Da parte sua il regime sionista ha inviato in Ucraina i suoi istruttori per la formazione militare dell’esercito di Kiev. Per quanto riguarda la funzione dei due regimi nei rispettivi contesti geopolitici, ad accomunarli è il ruolo che essi svolgono come avamposti aggressivi dell’Occidente americanocentrico contro l’Eurasia. Pedina della strategia descritta da Brzezinski nella Grande scacchiera, Kiev svolge questa funzione contro la Russia, mentre Tel Aviv è da oltre settant’anni il principale fomite di destabilizzazione e di guerre nel Vicino Oriente.     

D. – Il 2 dicembre la direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell, ha dichiarato: “La Striscia di Gaza è di nuovo (da ieri) il luogo più pericoloso al mondo per essere un bambino. Dopo sette giorni di tregua da una violenza orribile, i combattimenti sono ripresi. Altri bambini sicuramente moriranno come conseguenza”. Che ha proseguito così: “Prima della pausa, secondo le notizie, più di 5.300 bambini palestinesi sono stati uccisi in 48 giorni di bombardamenti incessanti – un dato che non include molti bambini ancora dispersi e presumibilmente sepolti sotto le macerie. Se la violenza dovesse tornare su questa scala e intensità, possiamo presumere che altre centinaia di bambini saranno uccisi e feriti ogni giorno”. Un suo commento su questa immane tragedia?

R. – “Annienta madri e bambini. Questi animali non devono continuare a vivere. Sterminateli e non lasciatene nemmeno uno. Ogni ebreo che possiede una pistola dovrebbe uscire e ucciderli”. Queste parole di un vecchio militare israeliano di nome Ezra Yachin, diffuse da un video che ha avuto ampia circolazione, sono rappresentative dell’azione genocida intrapresa dal regime sionista, nato dalle imprese terroristiche di organizzazioni quali la Haganah, l’Irgun e la Banda Stern e dall’operazione di pulizia etnica iniziata ottant’anni fa. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha cercato di giustificare lo sterminio indiscriminato dicendo che i civili a Gaza erano consapevoli degli attacchi di Hamas e ne erano complici; il ministro della Salute Moshe Arbel ha dichiarato che i Palestinesi feriti catturati non sarebbero stati curati; l’ex rappresentante permanente di Israele presso l’ONU Dan Gillerman ha affermato che i Palestinesi sono “orribili animali”. “Stiamo combattendo contro animali”, gli ha fatto eco il ministro della Difesa Yoav Gallant, mentre il parlamentare Ariel Kallner ha sostenuto che “il nemico deve essere definitivamente annientato” e un altro, Moshe Saada, ha affermato: “Niente più operazioni chirurgiche, corridoi umanitari e operazioni di allerta porta a porta”. Giora Eiland, ex capo del Consiglio per la sicurezza nazionale di Israele, ha scritto su “Yedioth Ahronoth” che “Gaza diventerà un luogo in cui nessun essere umano potrà sopravvivere”. In fin dei conti i dirigenti sionisti citano spesso e volentieri come testo paradigmatico il Libro di Giosuè, nel quale è rievocato in termini epici il massacro di uomini, donne e bambini (ma anche di buoi, pecore ed asini) con cui fu inaugurata la colonizzazione della “terra promessa”.    

D. – Il Governo italiano, già dal suo insediamento, si è collocato su posizioni nettamente atlantiste. Così anche l’Unione Europea. Tale adesione non contrasta con gli interessi nazionali ed europei?

R. – Dopo l’invio di armi a Kiev e il sostegno al regime genocida di Tel Aviv, adesso è l’uscita dell’Italia dalla Via della Seta a coronare l’azione antiitaliana ed antieuropea di uno dei governi più servilmente proni agli ordini di Washington. D’altronde gli orientamenti del governo Meloni in politica estera, in particolare per quanto concerne la questione fondamentale dei rapporti con la superpotenza egemone e con la sua propaggine israeliana, erano facilmente prevedibili al momento del suo insediamento, il 22 ottobre 2022. Otto mesi prima Giorgia Meloni si era recata (per la terza volta) alla conferenza annuale inaugurata da Ronald Reagan nel 1974 ed ospitata in Florida dall’American Conservative Union; lì si era rivolta ai “cari conservatori americani” in qualità di presidente dello European Conservatives and Reformists Party, “un partito – spiegò – che riunisce quarantaquattro partiti patriottici e conservatori d’Europa e del resto del mondo, compreso il Partito Repubblicano americano”, oltre al Likud israeliano. Sono queste forze politiche, concluse, a rappresentare “la vera Europa e la vera America”. D’altronde il ministero degli Esteri del governo Meloni è stato affidato ad Antonio Tajani, il quale fino al 12 ottobre 2022 è stato vicepresidente del PPE, un partito rappresentato nella NATO Parliamentary Assembly, l’organismo che svolge una funzione di raccordo fra la NATO e i parlamenti nazionali dei paesi membri. Tajani è stato decorato dal regime di Kiev con l’Ordine di Jaroslav il Saggio per il “ruolo svolto dal Governo italiano nel sostegno all’Ucraina”; altrettanto indiscusso è il lungo e convinto impegno filosionista del ministro degli Esteri, al quale la comunità ebraica europea ha dedicato un boschetto di 18 alberi sulla terra sottratta ai Palestinesi.

D. –   Ucraina, Israele, Armenia e Azerbaigian, Iran, Yemen, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo e Grandi Laghi, Sahel, Haiti, Pakistan, Taiwan, ecc… Quali sono le crisi da monitorare con maggiore attenzione nel 2024?

R. –Gli analisti statunitensi ritengono indispensabile arginare l’ascesa della Repubblica Popolare Cinese, che rappresenta la principale minaccia per il potere mondiale degli Stati Uniti. Perciò tra i luoghi “caldi” da Lei elencati io privilegerei l’ultimo: Taiwan. Quest’isola possiede un’importanza strategica fondamentale, dal momento che essa controlla il Mar Cinese Meridionale, uno specchio d’acqua che non solo è ricco di risorse naturali, ma è anche attraversato da un terzo dei flussi commerciali internazionali. L’isola si trova a metà strada fra la potenza commerciale giapponese e lo Stretto di Malacca, che, essendo la principale via di comunicazione tra l'Oceano Indiano e l'Oceano Pacifico, è una delle vie marittime più importanti al mondo. Priva di Taiwan, la Cina non solo è incompleta, ma si trova imprigionata nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar Giallo, minacciata da una potenziale “portaerei americana” che non dista nemmeno duecento chilometri dalle sue rive. Nella sua relazione al XX Congresso del PCC, tenutosi nell’ottobre del 2022, il presidente XI Jinping ha detto: “Taiwan è Cina. Risolvere la questione di Taiwan spetta ai Cinesi e a nessun altro”. È facile capire che, qualora gli USA si ostinassero a negare a Pechino il diritto di ricongiungere Taiwan alla Madrepatria, la situazione di crisi che ne deriverebbe sarebbe gravissima. 

 

Guerra Ucraina 24 e 25 febbraio 2022

[La guerra in Ucraina con la Russia. Inizio del conflitto del 24 e 25 febbraio 2022]

D. – Il presidente della Federazione russa ha firmato un decreto per aumentare del 15% il numero dei soldati, per le "crescenti minacce" legate "all'operazione militare speciale” e "alla continua espansione della Nato". Cosa ci riserva il futuro? Quali scenari potrebbero delinearsi?

R. - Secondo il decreto pubblicato venerdì scorso sul sito del Cremlino, il numero totale delle persone in servizio nelle forze armate russe è stato fissato a 2.209.130, di cui 1.320.000 militari. In base al decreto precedente, in vigore dal 1° gennaio 2023, la cifra ammontava a 2.039.758 uomini, compresi 1.150.628 militari. Il ministero della Difesa russo ha dichiarato che “non è prevista alcuna mobilitazione” e che “l’aumento del numero del personale militare delle Forze Armate della Federazione Russa verrà attuato gradualmente con i cittadini che esprimono il desiderio di prestare il servizio militare sotto contratto”. Insomma, sembra che la partita sia praticamente conclusa. Nonostante le perdite che ha dovuto subire e nonostante il massiccio sostegno fornito dalla NATO al fantoccio di Kiev, la Federazione Russa ha messo al sicuro le regioni del Donbass ed ha neutralizzato l’Ucraina. Tuttavia, grazie all’autolesionistico collaborazionismo europeo, gli Stati Uniti sono riusciti a sabotare l’alleanza energetica fra la Russia e il resto dell’Europa e ad impedire la simbiosi fra le grandi risorse russe e la tecnologia delle industrie europee.

D.  -  Lei coordina e dirige la Rivista Eurasia. Vuol parlarcene, così da farla conoscere meglio?

R. – “Eurasia” è, come recita il sottotitolo, una “Rivista di studi geopolitici”, la quale si propone di promuovere, stimolare e diffondere la ricerca e la scienza geopolitica nell’ambito della comunità scientifica, nonché di sensibilizzare sulle tematiche eurasiatiche il mondo politico, intellettuale, militare, economico e dell’informazione. Fondata nel 2004 con la garanzia di un dignitoso comitato scientifico, “Eurasia” ha celebrato il suo ventennale di vita con un numero speciale, il settantatreesimo della serie, dedicato alla “geopolitica del sionismo”. Oltre alle analisi geopolitiche, alla critica delle dottrine dominanti e all’illustrazione di ipotetici scenari futuri, sulle quasi ventimila pagine di “Eurasia” sono apparsi anche articoli, saggi e studi riportanti riflessioni, risultati e metodologie acquisite nei campi dell’etnografia, della storia delle religioni, della psicologia dei popoli e delle identità collettive, della morfologia della storia, della sociologia, dell’economia, della scienza politica, della scienza delle comunicazione.

#contrappunti

La perdita del senso di territorialità e del senso di appartenenza ha fatto sì che, con l’arrivo della globalizzazione, specialmente dagli anni Ottanta del Duemila,  si creasse un clima di sfiducia e di mancanza di autorità da parte della gente verso il proprio Stato o il proprio governo, creando così il terreno fertile per la nascita di movimenti populisti e sovranisti che si stanno sviluppando in quasi tutti gli Stati occidentali. Ciò che è importante, oggi, è che tale stato di precarietà e di sfiducia nel governo degli Stati e nel governo del proprio territorio sta creando un clima di odio e di conflittualità contro ogni forma di accoglienza dei migranti provenienti purtroppo da zone disagiate e da Stati, come l’Iraq, l’Afghanistan, la Siria, la Giordania, il Libano, che in questi ultimi anni stanno conoscendo la guerra e lotte intestine fra etnie, religioni e partiti politici contrastanti. Un clima che sta alla base della diffusione del fenomeno delle migrazioni  e, quindi, dell’erezione di muri e di nuove barriere da parte degli stati confinanti, ma anche da parte delle nazioni più ricche, come i paesi europei, per difendere e conservare la loro sovranità, ma soprattutto la loro territorialità. In questo senso si ha oggi un ritorno al senso di territorialità e di appartenenza, che purtroppo si basa principalmente sulla discriminazione non solo razziale e quindi etnica, quanto sul piano culturale e spesso religioso. 

E a tale proposito C. S. Maier nel suo libro  Dentro i confini.  Territori e potere dal 1500 a oggi (Einaudi, Torino 2019), afferma  che il concetto di territorio ha subìto nell’arco dei secoli una evoluzione in senso restrittivo, proprio in seguito a diversi fenomeni, fra cui il fenomeno delle migrazioni e del fenomeno della globalizzazione. Purtroppo, la globalizzazione, che avrebbe dovuto portare ad un progressivo abbattimento delle barriere rimaste, è stata in realtà causa di rinati timori sulla sicurezza. Un terzo dei paesi del mondo presenta attualmente recinzioni, di diverse tipologie, lungo i suoi confini. Da ciò si presume che stiamo ritornando ad un mondo in cui i confini tendono a diventare delle barriere invisibili di difesa e di protezione. Barriere che ormai stanno diventando, come stiamo vedendo nel mondo arabo, ai confini di Israele, veri e propri muri fisici, barriere invalicabili per tanta gente che fugge dalle guerre e dal riscaldamento del clima. Se un tempo il territorio è diventato una risorsa importante per lo sviluppo degli Stati e delle economie, fino a diventare, in alcuni casi, come stiamo vedendo oggi, un’ossessione, oggi, con la globalizzazione, il concetto di territorio è stato minato dalla base, in nome del libero mercato e di una politica geoglobale, fondata sulla eliminazione di ogni barriera e di ogni ostacolo al libero commercio. Purtroppo oggi tutto ciò è messo in discussione.

La territorialità non sembra più una risorsa per garantire i mezzi di sussistenza, escludere gli stranieri, o mantenere la coerenza dei valori. Non fornisce più la stessa capacità di controllo, anche se i territori rimangono il nucleo di fedeltà primaria. Spazio identitario e spazio decisionale tendono ormai a divergere. C. S. Maier è convinto che la globalizzazione può minare la capacità di governare il territoriale, cioè erodere lo spazio decisionale, anche se non necessariamente indebolisce lo spazio identitario, la presa dell’immaginazione territoriale e forse neppure la persistenza ostinata delle frontiere. A tale proposito Tim Marhall, nel suo libro  I muri che dividono il mondo (Garzanti, Milano 2018), parla di muri, di confini invalicabili fra stati e nazioni. Egli afferma: “Siamo tornati a costruire muri. Sono, infatti, oltre 6000 i chilometri di barriere innalzati nel mondo negli ultimi dieci anni. Le nazioni europee avranno ben presto più sbarramenti ai loro confini di quanti non ce ne fossero durante la guerra fredda. Il mondo a cui eravamo abituati sta per diventare solo un vecchio ricordo: dalle recinzioni elettrificate costruite tra Botswana e Zimbabwe a quelle nate dopo gli scontri del 2015 tra Arabia Saudita e Yemen, dalla barriera in Cisgiordania fino al mai abbandonato progetto del presidente Donald Trump al confine tra Stati Uniti e Messico. Non appena una nazione si appresta a far nascere un nuovo muro, subito i paesi confinanti decidono di imitarla: quello tra Grecia e Macedonia ne ha generato uno tra Macedonia e Serbia, e poi subito un altro si è alzato tra Serbia e Ungheria. Innumerevoli sono le ragioni alla base di queste decisioni spesso dettate da paura, disuguaglianze economiche, scontri religiosi”. Altrettanto afferma  D. Frye nel suo libro Muri. Una storia della civiltà in mattoni e sangue (Piemme, Milano 2019).  Così si legge nella scheda di presentazione:Per migliaia di anni, l’umanità ha vissuto dentro e dietro a muri. Muri di confine, città fortificate, barriere hanno separato e protetto le popolazioni dal nemico, dall’estraneo, o semplicemente dall’ignoto. Per migliaia di anni, gli uomini hanno costruito muri, li hanno assaltati, ammirati e oltraggiati. Grandi mura sono apparse in ogni continente, hanno accompagnato il sorgere di città, nazioni e imperi, eppure il loro ruolo è poco studiato nei libri di storia. Quali influenze avranno avuto i muri sul modo di vivere, pensare e creare di chi viveva al di qua e al di là di essi? Per stare ai tempi recenti, basti pensare al Muro di Berlino e a come ha modellato non solo la vita quotidiana dei berlinesi, ma anche l’immaginario complessivo del secolo scorso”. Un bisogno e una necessità che purtroppo rimangono attualissimi, come spiega Frye, perché in tutto il mondo i Paesi stanno costruendo – anche ora – muri e barriere, tanto da decidere  di eliminare, per esempio, dalla carta geografica, lo Stato di Israele e i suoi confini, con il mondo islamico, fra cui l’Iran, la Siria, il Libano, la Giordania.  Oggi, sottolinea  Frye, ci sono più di 70 paesi diversi che  hanno fortificato i loro confini, tanto che   i muri vengono eretti anche per prevenire l’immigrazione, il terrorismo, il flusso di droghe illegali e, oggi, anche la diffusione di malattie infettive, come il “coronavirus”. Tant’è vero che dentro e fuori le mura, spiega sempre Frye, si svilupparono stili di vita molto diversi. Quando i muri protettivi sorsero in tutto il mondo, influenzarono il modo in cui le persone vivevano, lavoravano e combattevano. Anche se più di ogni altro singolo fattore, i muri sono stati i diretti responsabili dell’ascesa della civiltà. Lo dice la storia dell’umanità. Chi sostiene il contrario tifa il caos e le barbarie.

 

Il mondo islamico a Israele e i suoi confini

[Il mondo islamico a Israele e i suoi confini]

Robin Cohen, con  Migrazioni. Storia illustrata di popoli in movimento (Giunti, Firenze 2019),  pone l’accento sul fenomeno migratorio, da cui sono scaturiti, specie in questi primi  anni del Secondo Millennio, i vari muri nel mondo. Del resto, si desume dalla lettura del testo che: “Le migrazioni esistono fin dagli albori dell’umanità, ma in anni recenti dominano le prime pagine dei giornali e i titoli dei TG come mai prima d’ora”. Il libro del professor Robin Cohen indaga tutto l’arco della storia per offrire un quadro di uno dei fenomeni umani più antichi. Se il fenomeno delle migrazioni è vecchio come il mondo, perché ora è un argomento tanto rilevante a livello politico? Perché i migranti partono? Dove vanno, in quanti e per quali motivi? I migranti rappresentano una minaccia per l’ordine sociale e politico? Sono necessari per fornire manodopera, portare sviluppo nei paesi d’origine, aumentare il consumo e generare ricchezza? Le migrazioni si possono fermare? Su questi e su molti altri interrogativi indaga Robin Cohen. Sullo stesso argomento è uscito in questi ultimi giorni il libro di Gaia Vince,  Il secolo nomade. Come sopravvivere al disastro climatico (Bollati Boringhieri, Torino 2023), in cui  l’autrice esplicitamente afferma che “saranno in qualche modo proprio le migrazioni a salvarci… Le migrazioni sono ciò che ci hanno resi ciò che siamo, un aspetto imprescindibile della natura della nostra specie. Centinaia di migliaia di anni fa, i nostri antenati hanno sviluppato l’adattabilità a vivere ovunque. Dal punto di vista storico, sono le nostre identità e i nostri confini nazionali a costituire l’anomalia”.

Tutto ciò ha influito, inoltre, sull’immaginario collettivo, cambiando così gli attributi del territorio che sono cambiati in modo rapido e radicale, tanto da minare dalla base quello che era il concetto di territorio e, quindi, di un mondo stabile. Purtroppo, con la globalizzazione è venuto meno progressivamente il senso di appartenenza, non solo delle persone all’interno del proprio territorio, quanto anche delle cose, tanto da creare la sensazione che tutto è basato sul libero scambio, a vantaggio non del proprio benessere ma delle regole del mercato. Inoltre, viene meno il senso identitario, che un tempo permetteva  di essere un tutt’uno con il proprio territorio. Oggi tale senso è scomparso in quanto vengono meno la sicurezza del lavoro e, quindi, la stabilità familiare.  In altri termini, la territorialità non sembra più una risorsa per garantire i mezzi di sussistenza, giungendo, come si vede, anche ad escludere gli stranieri dal proprio territorio, contravvenendo ad alcuni valori di solidarietà e di accoglienza.

A chiusura delle celebrazioni per i 100 anni dell’edificio scolastico “Edmondo De Amicis”di San Severo, il CRD Storia di Capitanata in collaborazione con il Circolo Didattico De Amicis organizza la conferenza “1943-44 - Il De Amicis fece la guerra” in programma giovedì 16 novembre 2023 nell’aula magna dell’istituto scolastico alle ore 18.

Nel corso della conferenza relazionata da Giuseppe Clemente, Presidente onorario del CRD, e autore dell’ultimo libro dal titolo “Storie di guerra - San Severo 1943-44”, si evidenzierà il contributo dato dall’edificio durante la seconda guerra mondiale. Presenti anche Anna Maria Troiano, Dirigente Istituto De Amicis, e Dina Contò, Presidente del CRD Storia di Capitanata.

Negli ultimi mesi del 1943 San Severo fu ritenuta la sede ideale del Mediterranean Allied Photo Reconnaissance Wing, ossia del centro di elaborazione dati delle fotografie aeree scattate dai ricognitori nell’Europa ancora occupata dai nazisti. Era il più grande dell’area mediterranea e il suo contributo all’esito finale della seconda guerra mondiale è stato rilevante, anche se, ancora oggi, poco noto. Per sistemare i laboratori e gli uffici gli Alleati requisirono l’allora l’edificio scolastico “Principe di Piemonte”, oggi “De Amicis”, “vasto e freddo durante l’inverno”, nel quale dal 6 dicembre 1943 all’11 ottobre 1944 operarono gli uomini del 32nd Photographic Reconnaissance Squadron e quelli del 4th Photo Technical Squadron insieme a squadriglie aeree e tecnici della RAF. Al “De Amicis” confluivano tutte le foto fatte nei voli di ricognizione, perché era il più attrezzato centro per la interpretazione delle fotografie aeree. Le monumentali macchine per lo sviluppo continuo delle pellicole e la stampa vennero trasferite alla fine del 1943 da La Marsa in Tunisia a San Severo. Tra i tecnici, tutti “uomini geniali” vi erano ingegneri, architetti, grafici, disegnatori, topografi, esperti in aerofotogrammetria e anche buoni pittori, tutti indispensabili per la lettura e la ricostruzione dei paesaggi e utile fu il loro l’apporto anche allo sbarco in Normandia, tanto che nel luglio del 1944, come riporta il pediatra Giacomo Pazienza, ricevettero la visita di re Giorgio VI d’Inghilterra, padre di Elisabetta II. Di questo e altro ancora si parlerà nel corso della conferenza.

Martedì 14 novembre, alle 19,15 c/o la Casa del Giovane di Foggia (Viale Candelaro s.n.c.) il Coordinamento Capitanata per la Pace (Foggia) organizza un incontro-dibattito per riflettere non solo sull'assurdità delle violenze in corso, ma anche sulle cause profonde che, con il loro carico di ingiustizie e oppressione nei confronti del popolo palestinese, sono da 75 anni alla base dei periodici conflitti.

Parteciperanno Azmi Jarjawi, palestinese e Resp. del Dipartimento Migrazioni della CGIL Puglia e Daniel Damascelli, giovane referente romano del Laboratorio Ebraico Antirazzista (LəA).

Si darà anche un quadro delle poco note esperienze di resistenza nonviolenta, che coinvolgono da anni - anche congiuntamente - palestinesi ed israeliani/e di quei territori.

Le cittadine e i cittadini sono invitate/i a partecipare e a contribuire con le valutazioni e le emozioni che la guerra sollecita con quotidiane rappresentazioni di morte e dolore.

Quarantatré anni fa, il 2 agosto del 1980, un ordigno ad altissimo potenziale, esplose nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria di Bologna e causò la morte di 85 persone nonché il ferimento di altre 200.

L’ultima pubblicazione di Luca Tadolini, stampata il mese scorso per conto delle Edizioni all’insegna del Veltro (€ 14,00), è incentrata proprio sulla strage di Bologna.

L’autore tenta di dipanare l’ingarbugliata matassa inerente al tragico fatto, lanciando l’ipotesi di una pista israeliana, ignorata dai tribunali italiani.

L’analisi di Tadolini si appoggia su un dato certo: la presenza alla stazione di Bologna - il giorno della strage - di Thomas Kram, tedesco esperto di esplosivi del Gruppo Carlos, la più famosa organizzazione internazionale di eversione rivoluzionaria di quegli anni, con appoggi nel Patto di Varsavia e con una alleanza di ferro con i più estremi gruppi palestinesi.

A Bologna risiedeva anche il rappresentate italiano della formazione palestinese FPLP di George Habash. A questa sigla armata pochi mesi prima erano stati sequestrati dei missili antiaerei a Ortona, con l’arresto di esponenti palestinesi al seguito. Un incidente che avrebbe determinato un vulnus del Lodo Moro, l’accordo segreto che consentiva ai palestinesi di transitare e avere depositi di armi in Italia, in cambio all’Italia era garantita l’immunità da attentati.

Queste circostanze sono state studiate, nel corso degli anni, come la “Pista palestinese” (ovviamente presto archiviata dalla magistratura italiana), ritenendo che Bologna avesse subìto una rappresaglia dei feddayin.

Luca Tadolini ha invece trovato tracce della presenza del Mossad. Viene vagliata l’ipotesi di un accordo tra italiani e palestinesi per risolvere la crisi dei missili di Ortona. Si sarebbe consentito al FPLP, con l’intervento niente meno degli uomini di Carlos, di trasportare esplosivo verso un obiettivo israeliano fuori dell’Europa. A questo punto i servizi speciali israeliani sarebbero intervenuti, provocando la detonazione del carico alla stazione di Bologna.

Tadolini espone in tre interventi questo nuovo scenario, che trova importanti punti di appoggio nell’abbattimento, anni prima, dell’aereo italiano Argo 16, con successivo processo (senza esito) a plenipotenziari del Mossad, fino alle dichiarazioni del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga e alle recentissime dichiarazioni dell’ultimo imputato per la strage di Bologna.

Non ci si fa illusioni su come verrà accolto lo studio: ormai la formulazione di qualsiasi ipotesi diversa dalla strage neofascista sul 2 agosto 1980 viene accusata di depistaggio”, scrive Tadolini nell’introduzione al suo pamphlet.

Negli ultimi anni sono stati pubblicati libri che hanno proposto ipotesi alternative riguardo agli autori e ai mandanti della strage. Vi si sono aggiunte le voci di importanti personaggi politico-istituzionali di allora: fra tutti, Rino Formica. Quest’ultimo, tuttora vivente, così si espresse: “Altro che strage fascista: è accaduto qualcosa di totalmente nuovo, qualcosa che pone il problema della nostra autonomia internazionale”.

Nel contempo, il libro di Tadolini fa riflettere sulla condizione umiliante in cui versa l’Italia, con un ruolo internazionale subalterno nello scacchiere geopolitico, che permane ancora oggi: è un Paese a sovranità limitata. Non solo il “lodo Moro”, più volte ricordato nelle pagine del libro, ma anche l’ipotizzata pista israeliana – suffragata anche da un Mossad ben radicato nel territorio italiano - confermano lo scorazzare, già da allora lungo tutta la Penisola, di agenti stranieri o al soldo di potenze straniere, capaci di condizionarne la vita politico-istituzionale. Le basi militari americane sul territorio nazionale ne sono una ulteriore conferma. La strage di Ustica, in cui perirono 81 italiani, anticipa di poco più di un mese quella di Bologna. Su Ustica, in una recente intervista l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, ha dichiarato: “La tragedia di Ustica era stato un atto di guerra in tempo di pace in un Paese a sovranità nazionale limitata”.

Non è difficile intuire che la verità, in un simile scenario come quello italiano, fa fatica ad emergere e può arrestarsi di fronte a più porte chiuse.

Del resto, scrive Tadolini, “i rapporti geopolitici italiani del 1980 (ma anche quelli attuali) non consentivano all’Italia sgarri rispetto alla Nato o ad Israele – specie in uno scacchiere come quello mediterraneo”.

Lo stesso ex esponente socialista, Formica , ricorda che “chiunque comandi in Italia deve ricordarsi di stare al suo posto”. Forse tale monito spiega il perché dei tanti misteri che accompagnano le stragi sul suolo del Belpaese.

Certamente, il libro in questione getta ulteriore luce sulle dinamiche che hanno portato alla strage di Bologna.

Dal primo attacco di sabato scorso da parte di Hamas a Israele, le quotazioni internazionali del Gas sono aumentate vertiginosamente fino a toccare ieri 43,60 Euro/MWh con un + 15,00% in poche ore. Non diversa la situazione dei due greggi di riferimento WTI in quota 88,80 $/Barile e BRENT in quota 89,50 $/Barile sulle principali Borse internazionali.

Il Presidente di FederPetroli Italia - Michele Marsiglia all'apertura dei mercati di oggi "Sembra un copione già visto, con un pericolo forniture estere annunciato la scorsa settimana in una diretta RAI sulla problematica dei nostri approvvigionamenti in Africa e Medio Oriente

A largo della striscia di Gaza proseguendo lungo le coste nell'Offshore israeliano abbiamo un grande giacimento di gas metano chiamato Leviathan che corre fino a nord tra Cipro e il Libano (quest'ultimo a sud sotto controllo di Hezbollah), parliamo di uno dei giacimenti più grandi al mondo nel Mediterraneo. Grande riserva petrolifera già tempo fa occasione di interessi di sviluppo internazionali per la quantità di metano che dispone in produzione nei prossimi decenni. Il giacimento in mare potrebbe stravolgere gli equilibri energetici del Medio Oriente. Leviathan ha autonomia di produzione a Gas metano per oltre 50 anni. 

L'Italia è a rischio con l'80% di approvvigionamento energetico estero (petrolio e gas). Già evidente il panico sui prezzi internazionali di Benzina e Gasolio con ricadute sul costo delle Bollette. Attenzione alle parole su Iran e Qatar, salvaguardiamo la sicurezza dei gasdotti e dello Stretto di Hormuz". 

E' notizia di poche ore fa che Israele in via precauzionale ha già bloccato la produzione del giacimento Offshore di Tamar con l'americana CHEVRON come operatore. Ci troviamo a circa 90 km in mare da Haifa. Questo indotto alimenta parte di Egitto ed altro gas viene trasportato in Europa.

È in programma giovedì 12 ottobre 2023, alle ore 18, presso la Galleria Comunale “Luigi Schingo” la presentazione dell’ottava edizione dei Quaderni Storici di Capitanata “Storie di guerra (San Severo 1943-1945)” di Giuseppe Clemente.

Introduce la presentazione Dina Contò, Presidente del CRD, con la partecipazione di Vito Antonio Leuzzi, Direttore IPSIAC di Bari. Organizzata dal CRD - Centro di Ricerca e Documentazione sulla Storia della Capitanata, la presentazione del volume è patrocinata dal Comune di San Severo e dalla Fondazione dei Monti Uniti di Foggia.

L'evento è organizzato dopo il successo della omonima mostra fotografica.

Giuseppe Clemente, noto studioso della storia della Capitanata e testimone diretto delle vicende belliche nella realtà di San Severo, nonché Presidente Onorario del CRD, consegna una originale e inedita ricostruzione memorialistica dell’ultima fase del secondo conflitto mondiale, caratterizzata dall’intensificarsi dei bombardamenti e dalla presenza di due eserciti stranieri (Tedeschi e Anglo-Americani) con ruoli diversi ed in contesti resi più tragici e difficili dal progressivo peggioramento delle condizioni di vita. L’autore, presente all’incontro, attraverso il volume riporta alla luce con una densa e limpida narrazione la sua storia di ragazzino che la guerra costringe rapidamente a farsi adulto, e al contempo descrive con precisione le drammatiche vicende della città. Clemente descrive con ricchezza di particolari l’arrivo e l’occupazione militare dell’VIII Armata Inglese, in particolare il V Corpo d’Armata e la I Divisione Canadese di fanteria che nelle operazioni di liberazione di un territorio registrarono la perdita di alcuni uomini. Si offrono tra l’altro testimonianze dei militari alleati che contrassero matrimoni a San Severo, e si presenta in particolare una consistente documentazione fotografica, che ha arricchito la mostra fotografica allestita in questi giorni all’interno della Galleria “Schingo”, quasi un ritrovato blocco di narrazione visiva, dell’Imperial War Museum di Londra assieme a foto di privati reperite nel contesto della Capitanata. I fotografi dell’esercito britannico immortalarono le prime impressioni della popolazione e numerose foto raffigurano soldati e ufficiali inglesi che familiarizzano con contadini, artigiani e intellettuali del luogo.

La scelta degli scatti esposti alla galleria e dunque presenti nel volume è stata fatta in base alla carica simbolica di ogni singola immagine, alla sua capacità di rendere meglio il senso di un luogo, di trasmettere la suggestione di un fatto e di sollecitare lo sguardo del visitatore, invitandolo a riflettere sul passato.

Si è tenuto a Foggia la deposizione della corona organizzata dal Comandante del Comando Militare Esercito “Puglia”, Col. Arcangelo Moro, dal Presidente della Provincia di Foggia, Avv. Giuseppe Nobiletti, e dal Console Onorario della Repubblica Ceca per la Puglia, Cav. Riccardo Di Matteo.

A seguire la Tavola rotonda sul tema “Il coraggio dei soldati italiani: da Caporetto a Mladà”.

L’iniziativa è partita su impulso del Dr. Mauro Lovecchio, membro eletto del Com.It.Es. per la circoscrizione Repubblica Ceca, intervenuto anche alla tavola rotonda, che ha segnalato al Console Di Matteo la presenza dei militari pugliesi presso il sacrario di Milovice. In mattinata è stata collocata la Corona al Monumento ai Caduti in Guerra, in Piazza Italia, successivamente a Palazzo Dogana nel Salone del Tribunale si è svolta la Tavola rotonda sul tema: “Il Coraggio dei soldati italiani: da Caporetto a Mladà” con  la consegna degli attestati di benemerenza ai discendenti dei caduti sepolti a Milovice, alla presenza dei rispettivi Sindaci.

A concludere la cerimonia, il Colonnello dell’Esercito della Repubblica Ceca, Svetozár Plesník, presidente dell’Associazione in ricordo dei caduti di Milovice (A.R.Mi) ha consegnato delle medaglie a persone che si sono distinte per il loro sforzo nel mantenere viva la memoria dei caduti e per il prestigio dell’Esercito della Repubblica Ceca. Hanno ricevuto le croci dell’A.R.Mi. il Colonnello Arcangelo Moro, la Vice Presidente della Provincia di Foggia Nunzia Palladino, il Console Onorario Cav. Riccardo Di Matteo e la dottoressa Marisa Milella.

Sarà inaugurata sabato 7 ottobre 2023 alle ore 18 presso la Galleria Comunale “Luigi Schingo” la mostra fotografica sull’80° anniversario dell’arrivo delle truppe inglesi in Capitanata 1943-2023.

Gli scatti scelti sono un’eccezionale finestra sui mesi che corrono dal settembre 1943 alla primavera del 1945, rappresentando forse il periodo più difficile del conflitto in Italia. I tedeschi si ritiravano lottando, lasciando morte e distruzione e facendo terra bruciata; gli Alleati avanzavano spianando tutto sulla loro strada con terribili bombardamenti. Una minoranza di italiani decise di combattere; la grande maggioranza subiva e cercava di sopravvivere. Ed è proprio a questi ultimi che gli Inglesi, in modo particolare, rivolsero subito la loro attenzione e le loro cure.

Quella gente, affamata e stremata dagli stenti, accolse i primi reparti inglesi che entravano nei loro paesi come liberatori e i soldati, dal canto loro, stabilirono subito con essa rapporti di umana solidarietà. I fotografi dell’esercito britannico immortalarono le prime impressioni della popolazione e numerose foto raffigurano soldati e ufficiali inglesi che familiarizzano con contadini, artigiani e intellettuali del luogo.  La scelta degli scatti esposti è stata fatta in base alla carica simbolica di ogni singola immagine, alla sua capacità di rendere meglio il senso di un luogo, di trasmettere la suggestione di un fatto e di sollecitare lo sguardo del visitatore, invitandolo a riflettere sul passato. La mostra ci propone un particolare momento della seconda guerra mondiale, quello in cui le popolazioni della Capitanata hanno accolto “i liberatori” con grande gioia, ma soprattutto con dignità e costituisce un viaggio nella memoria con fatti e personaggi degni di essere ricordati, in cui le immagini invitano a riflettere e a prestare una attenzione più responsabile al mondo di oggi, diviso ancora tra guerre infinite e di inaudita violenza.

Dopo i saluti istituzionali, sono previsti gli interventi della presidente Dina Contò Orsi, e di Giuseppe Clemente, Presidente onorario del CRD.

La mostra è organizzata dal CRD - Centro di Ricerca e Documentazione sulla Storia della Capitanata, patrocinata dal Comune di San Severo e dalla Fondazione dei Monti Uniti di Foggia.

Sarà inaugurata il 25 Agosto presso lo spazio espositivo Antiquarium di Centuripe la mostra LA GUERRA IN CASA. L’Operazione Husky a Regalbuto, Catenanuova e Centuripe (luglio-agosto 1943) che resterà aperta al pubblico fino all’8 gennaio 2024. La mostra, curata da Angelo Plumari con la collaborazione di Paolo Valvo, è stata resa possibile grazie al contributo dell’Assessorato Turismo, Sport, Spettacolo della Regione Siciliana, alla sponsorizzazione di Aircomm, a un protocollo di intesa stipulato tra i Comuni di Centuripe, Catenanuova, Regalbuto, l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione De Gasperi e un accordo di collaborazione tra il Comune di Centuripe e Il Parco Archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci. L’esposizione mira a ricostruire, attraverso documenti del tempo, piante, testimonianze, video, foto, reperti e cimeli storici gli eventi accaduti nel territorio nord della provincia di Enna, che sono stati determinanti per la conquista della Sicilia da parte degli alleati durante la Seconda Guerra mondiale.

INGRESSO GRATUITO

L’ottantesimo anniversario dello sbarco angloamericano in Sicilia e della successiva occupazione militare dell’isola (“Operazione Husky”, 9 luglio-17 agosto 1943), che ha conosciuto nei comuni di Centuripe, Catenanuova, Regalbuto, Agira e Troina alcune delle sue pagine più cruente e strategicamente decisive, rappresenta un’occasione privilegiata per promuovere presso un pubblico ampio la conoscenza dell’entroterra ennese e della sua storia, anche in un’ottica di slow tourism, e allo stesso tempo per riflettere (in un periodo storico in cui la guerra è purtroppo tornata a bussare alle porte dell’Europa) sulle conseguenze del conflitto per la popolazione civile, nell’ottica di favorire la costruzione di percorsi di pace e di una cultura dell’incontro e del dialogo tra i popoli.

Muovendo da queste premesse, i Comuni di Centuripe, Catenanuova e Regalbuto hanno deciso di unire le proprie forze per valorizzare le innumerevoli testimonianze materiali e immateriali dell’Operazione Husky presenti nei rispettivi territori, al fine di consolidare una memoria diffusa degli eventi legati allo sbarco e di contribuire all’educazione civile con un’iniziativa qualificata di Public History. Per realizzare questo ambizioso obiettivo, hanno deciso di avvalersi della consulenza scientifica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e della Fondazione De Gasperi, nel quadro di un accordo di collaborazione che vede queste realtà impegnate fino alla fine del 2024 nel realizzare progetti di valorizzazione culturale e turistica del territorio sulle orme della battaglia di Sicilia. Alla mostra saranno associati degli itinerari turistici nel territorio dei tre Comuni, in sinergia con altre iniziative nazionali e internazionali già avviate nell’entroterra ennese (come l’itinerario canadese The Walk for Remembrance and Peace).

Per Angelo Plumari, curatore della mostra: “La Campagna di Sicilia appare come un passaggio fugace rispetto agli atroci avvenimenti che hanno caratterizzato la Seconda Guerra mondiale. Solo 38 giorni di battaglie, che hanno tuttavia rappresentato per chi li ha vissuti un trauma indelebile, trasmesso in vari modi a noi generazioni successive. La Mostra, con i suoi contenuti, vuole essere un’occasione per ‘vedere’ e ‘raccontare’ questa pagina di storia del nostro territorio. Un’occasione preziosa per ‘commemorare’, cioè ‘fare memoria insieme’, una memoria che avrà valore se, trattando di guerra, ci darà l’occasione di coltivare la pace dentro ognuno di noi e tra noi”.

Grazie ai prestiti del Museo della Memoria (Modica), del Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci-Museo Archeologico Regionale di Centuripe e del Museo storico dello sbarco in Sicilia 1943 (Catania) i visitatori della mostra potranno vedere riuniti, per la prima volta, uniformi originali dei reparti coinvolti, suppellettili militari e altri reperti rinvenuti sul campo nell’ambito di ricerche archeologiche di superficie condotte dalla sede di Catania del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Gli oggetti esposti saranno accompagnati dalle esclusive riprese video e dalle fotografie realizzate nel territorio dei tre Comuni dalle truppe angloamericane, oltre che dalle testimonianze dei civili che sono sopravvissuti alla battaglia e ai bombardamenti che l’hanno preceduta e accompagnata. Un’esperienza immersiva nel passato, per costruire il presente e il futuro all’insegna della pace.

«L’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione De Gasperi hanno deciso di contribuire in modo significativo alla valorizzazione di un territorio le cui immense potenzialità – dal punto di vista storico, archeologico e naturalistico – sono ancora in buona parte da esplorare. All’origine di questo coinvolgimento vi sono, da un lato, la consapevolezza della centralità che gli eventi del luglio-agosto 1943 hanno avuto nel porre le basi della ricostruzione democratica dell’Italia e del suo collocamento internazionale nel dopoguerra e, dall’altro lato, la convinzione che la disseminazione del patrimonio culturale materiale e immateriale di un territorio sia un elemento chiave anche per il suo sviluppo sociale ed economico. La mostra che è stata realizzata grazie alla partecipazione fattiva di tutti gli enti coinvolti è un piccolo ma significativo passo in questa direzione», afferma il prof. Paolo Valvo, docente di Storia contemporanea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Soddisfazione per l’iniziativa esprime Giuseppe D’Urso, Direttore del Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle della Aci, ente gestore del Museo archeologico regionale di Centuripe. “Il Parco, a seguito di un accordo con il Comune, partecipa all’iniziativa con una significativa selezione delle testimonianze materiali della battaglia custodite presso i depositi del Museo. I reperti in mostra, recuperati attraverso prospezioni archeologiche e pertanto di notevole valore documentario e storico per la ricostruzione delle operazioni belliche nel territorio centuripino, costituiscono una testimonianza da valorizzare e fruire dal punto di vista scientifico e culturale al fine di consolidare una memoria diffusa degli eventi legati allo sbarco e al tempo stesso promuovere il territorio”.

Soddisfazione anche per il Sindaco di Centuripe Salvatore La Spina che sottolinea: “per il terzo anno consecutivo il Comune di Centuripe è riuscito ad organizzare una mostra di alto valore. Se negli anni passati abbiamo ospitato la grafica di artisti Europei e i grandi pittori italiani del Novecento, quest’anno, in occasione dell’ottantesimo anniversario dello sbarco degli alleati e dell’occupazione della Sicilia, non potevamo non organizzare un evento che potesse ricordare un momento così importante, svoltosi proprio nel nostro territorio e che è stato fondamentale per la nascita dell’Europa contemporanea. Per la riuscita di questa importante mostra un ringraziamento va al curatore Angelo Plumari, a Paolo Valvo, al Comitato Scientifico, ai Sindaci di Catenanuova e Regalbuto, all’Università Cattolica del Sacro Cuore, alla Fondazione De Gasperi, alle associazioni di Centuripe e agli Enti prestatori. Un ringraziamento di cuore, infine, all’Assessorato Turismo, Sport, Spettacolo della Regione Siciliana e ad Aircomm, senza i quali non sarebbe stato possibile realizzarla”.

La mostra sarà aperta al pubblico dal 26 Agosto 2023 all’8 gennaio 2024 e sarà visitabile dal martedì alla domenica dalle ore 9 alle 14 ad ingresso gratuito, per informazioni su orari e visite consultare il sito www.centuripecittaimperiale.it o rivolgersi all’Ufficio Turistico di Centuripe allo 0935 919480 o scrivere alla seguente e mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Grazie al protocollo di intesa due mostre parallele saranno allestite a Catenanuova, presso le Vasche Storiche in piazza Guglielmo Marconi a partire dall’11 settembre 2023 (info per l’orario delle visite tel. 3451619405) e a Regalbuto, presso il Chiostro degli Agostiniani in piazza Vittorio Veneto che resterà aperta tutti i giorni dalle 16.00 alle 19.00 fino al 30 settembre 2023. Nelle due sedi i visitatori potranno ammirare testimonianze fotografiche dei momenti più violenti e significativi che hanno vissuto i territori durante lo scontro tra le truppe alleate e quelle tedesche.

 

SCHEDA TECNICA SERVIZI E MOSTRA

Patrocinio

Regione Siciliana Assessorato Turismo, Sport, Spettacolo                                                            

Enti promotori

Comune di Centuripe

Comune di Regalbuto

Comune di Catenanuona

Università Cattolica del Sacro Cuore

Fondazione De Gasperi

Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci

Titolo

LA GUERRA IN CASA. L’Operazione Husky a Regalbuto, Catenanuova e Centuripe (luglio-agosto 1943)

Sede espositiva

Antiquarium Comunale         

Periodo della mostra                

26 Agosto 2023 - 8 gennaio 2024

Cura della mostra

Angelo Plumari con la collaborazione di Paolo Valvo

Coordinamento Scientifico 

Martina Bacigalupi (FDG), Daniele Bardelli (UCSC), Mireno Berrettini (UCSC), Giacomo Biondi (CNR), Massimo de Leonardis (UCSC), Paolo Valvo (UCSC)

 Organizzazione della Mostra

Giuseppe Biondi, Giulia Falco, Giorgia Graziano, Salvatore Grifò, Antonio Impellizzieri, Salvatore La Spina, Vittorio Angelo Longo, Sefora Sanfilippo, Gaetano Scornavacche, Simona Crimi, Alessia Catania, Pro Loco Centuripe

inaugurazione

25 Agosto 2023, ore 18

Prezzo biglietto                        

Ingresso gratuito

Orario

Martedì – domenica, ore 9.00 – 14.00  

Chiuso il lunedì, 25 Dicembre, 1 Gennaio             

Servizio visite guidate

A cura del Servizio Civile Universale

informazioni e prenotazioni mostra

Centuripe Nostra

Ufficio turistico P.zza Lanuvio 28

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

0935 919480

Sito web

www.centuripecittaimperiale.com

Instagram: AntiquariumCenturipe
Facebook: Antiquarium Centuripe

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