Siate pugliesi con Lolita Lobosco

A distanza di una settimana dall’esordio de “Le indagini di Lolita Lobosco”, la serie televisiva che va in onda su Rai 1 la domenica sera, si è potuto davvero riscoprire il valore dell’appartenenza delle persone a una terra unica, la Puglia.

Si può dire tranquillamente che è una serie mirabile, a prescindere dalla collocazione territoriale, che sia barese o foggiana, brindisina, leccese o tarantina. Qui va assolutamente riposta qualsiasi forma di referenzialità, dando spazio a quella regionale.

Con questa serie ci si sente davvero pugliesi, riscoprendo la propria originalità, il proprio orgoglio di essere pugliese.

I numeri di audience danno ragione alla serie televisiva, agli autori, agli interpreti, a chi ha creduto in un progetto televisivo in una terra che da anni sta investendo nel settore cinematografico. 

La RAI ha voluto ripetere l’esperimento di proporre serie poliziesche con venature divertenti, dove i protagonisti diventano autoctoni. Lo ha fatto con la serie “Imma Tataranni, Sostituto Procuratore”, ridando luce e splendore a una Matera, già lucente come Capitale della Cultura 2019,  che si ricorda solo per i Sassi, ed invece ha tanto da mostrare.

Analogie che in comune hanno il Mezzogiorno d’Italia, dove Napoli fa da capostipite per le numerose serie prodotte: una tra tante l’ultima in onda de “Il Commissario Ricciardi”, noir di altri tempi, avvincente, riflessivo. 

“Le indagini di Lolita Lobosco” è ambientata a Bari, con puntatine a Monopoli e aree dell’entroterra intorno alla città, dove è espressa tutta la “baresità” di una donna combattuta col suo passato, che ritorna anche per sconfiggerlo, oltre che capirlo.

Immagini di una città preponderante murattiana, tra i vicoli di Bari Vecchia e le sue orecchiette, meglio conosciute come strascinati, dove le donne si mostrano con la parannanza , col tavoliere colmo di pasta fresca e pomodori seccati al sole, banchi di pesce appena pescato e fiori sui muri bianchi. Usanze centenarie di tradizioni che neanche le più recenti leggi alimentari hanno sostituito al fascino locale.

C’è chi parla di pronuncia accentuata di Luisa Ranieri: forse, ma le movenze son quelle, della donna barese, che con un “meh” e lo sguardo dice e risponde a tutto.  La sua interpretazione è strepitosa, simbioticamente al luogo.

Bari vista dall’alto, uno spettacolo nello spettacolo, di un lungomare infinito, di un centro storico candido ed etnico. Quella Bianchina, rossa e bianca, parcheggiata innanzi alla basilica di San Nicola rafforza la storicità del luogo, di per se rappresentata dal Petruzzelli e i tetti bianchi di Largo Abate Elia. Scene del comun vivere, come mangiare un panino seduta sul muretto del lungomare, sono le peculiarità che contraddistinguono l’odierno vivere, pertanto il far quotidiano.

L’Apulia Film Commision ancora una vota, ha sfornato un prodotto eccellente. La Regione Puglia c’ha creduto e ha fatto bene, pure concedendo alcune sue sale per alcune riprese, come la ricostruzione del set dell’ospedale.

Le musiche, strepitose, grintose, cariche di energia.

La regionalità vince e ci proietta verso nuove sfide per altre produzioni, dove lo spettacolo fa pandan con la cultura, con la storia.

Regionalità la parola vincente, aprirsi al territorio nella sua completezza di una regione che ha tutto: mare, monti, boschi, spianure e sassi, microclimi e anfratti. La Puglia è tutto questo, dal Gargano e dai Monti Dauni fino all’estrema punta di Santa Maria di Leuca.

Regionalità dev’essere l’incipit che deve accompagnarci e farci contraddistinguere, senza star lì a circoscrivere territori e appartenenze.

Siate pugliesi perché siamo pugliesi!

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Redazione

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