Puglia, Autonomia differenziata. Convocato dalla presidente Capone, parte il primo incontro del tavolo

“L’annuncio da parte del ministro degli Affari regionali di voler spingere l’acceleratore sul processo di Autonomia differenziata ci pone di nuovo di fronte alla necessità di un’Italia unita con diritti uguali per tutti i cittadini. Noi non siamo contro il federalismo ma dobbiamo essere chiari sulle priorità e, dunque, sui due paletti necessari: non può esserci alcuna autonomia se prima non si interviene sui livelli essenziali delle prestazioni (Lep), in modo tutelare i cittadini di tutta italia, e sul fondo di perequazione, per garantire la risalita delle regioni più in difficoltà e, quindi, dell’Italia intera. Se continuiamo a rafforzare le regioni del nord e non assicuriamo, invece, a tutte le comunità d’Italia, gli stessi servizi, rischiamo di spaccare l’Italia definitivamente”.

Ha esordito così la presidente del Consiglio regionale della Puglia, Loredana Capone, introducendo i lavori del tavolo sulle  iniziative da assumere in merito alla riforma sull’Autonomia differenziata, ed  attorno al quale ha chiamato a raccolta gli attori della comunità pugliese: dal mondo universitario alle organizzazioni sindacali e datoriali, dai consiglieri regionali al presiedente dell’Anci in rappresentanza dei Sindaci di Puglia.

“Per questa ragione è fondamentale parlarne, innanzitutto tra noi, maggioranza e opposizione, insieme, e contemporaneamente con i Comuni, le Province, le Università, le associazioni di categoria, i sindacati. Tutte le posizioni devono essere indagate e rispettate. Il processo di Autonomia differenziata non può essere calato dall’alto, ha bisogno di una riflessione che deve coinvolgere fino all’ultima cittadina e cittadino. Ha bisogno, quindi, di partecipazione. E questo è l’obiettivo di questa iniziativa del Consiglio regionale che oggi comincia per tradursi, alla fine del percorso, in un atto corale e concreto. Decideremo insieme quale sarà lo strumento migliore. È certo, però, che dobbiamo essere pronti al confronto, nessuno può andare avanti solo con la propria idea personale in rappresentanza di tutta la Puglia su un tema così importante. C’è un territorio, una storia, competenze, che sono indispensabili per avere, come Paese, la migliore soluzione possibile”.

“Tutte le bozze di legge circolate finora parlano ancora di “spesa storica” ma è proprio quella che più ha danneggiato le regioni del sud. Siamo ancora in tempo per ragionare, insieme al governo nazionale, su criteri di equità. Ho molto apprezzato le parole del viceministro alla Giustizia, l’on. Sisto, che in un’intervista ha detto chiaramente che ci si potrà differenziare, tra nord e sud, solo dopo che saranno stati omogeneamente distribuiti i Lep. Unità nazionale significa che tutte le cittadini e tutti i cittadini devono avere gli stessi diritti e gli stessi doveri, e allora, un cittadino della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia-Romagna, deve avere le stesse possibilità di cura e di istruirsi di un cittadino della Puglia, del sud. Altrimenti aumentiamo il divario invece che diminuirlo. E questo richiede una chiara puntualizzazione su quelle materie che non sono delegabili”.

“Istruzione e Sanità, per esempio, possono essere materie delegabili esclusivamente alle regioni? A quelle già oggi più dotate addirittura? Delegare Istruzione e Sanità, non significherebbe creare altre regioni a Statuto speciale e dunque allontanarsi sempre di più dalla logica del federalismo voluta dalla nostra Costituzione? E invece noi abbiamo bisogno di raggiungere l’Unità nazionale sul piano dei servizi, solo dopo possiamo ragionare di materie che si possono ulteriormente specificare in carico alle regioni. Insomma: abbiamo bisogno davvero di un progetto che consenta alle regioni di poter fare più spesa e amministrarla meglio? Allora cominciamo a redistribuire le risorse nazionali per superare i divari: questa è la più grande priorità”.

Gli interventi che si sono succeduti hanno dimostrato elementi comuni sui quali si potrà continuare a lavorare. L’Autonomia differenziata, non è – né potrà mai essere - una semplice legge dello Stato. E’ un processo culturale, sociale, e quindi politico e istituzionale, che dovrà essere voluto e ritenuto utile per l’intera comunità nazionale. Anche così inquadrato, non è facile da realizzare, nemmeno sul piano più squisitamente tecnico poiché, a partire dalla modifica del Titolo V della Costituzione e fino alle ipotesi che riguarderebbero il ddl Carderoli  - del quale a tutt’oggi non esiste nulla di ufficiale - gli ostacoli frapposti dalle diverse generazioni di legislatori, non appaiono di poco conto. Occorrerà, quindi, misurarsi con l’argomento considerandolo una ipotesi di studio del quale verificare in primo luogo l’utilità per l’Italia e quindi, qualora questa fosse rilevata, la sua applicabilità. Comune a tutti, l’opportunità  di pervenire a un atto formale del Consiglio regionale, da offrire poi come contributo al confronto con le istituzionali nazionali.

In chiusura la presidente ha assicurato che il processo partecipativo di coinvolgimento continuerà. Il tavolo tornerà a riunirsi nel brevissimo tempo.

Erano presenti: il presidente della Giunta regionale, Michele Emiliano, il vicepresidente del Consiglio regionale, Cristian Casili, i consiglieri Marco Galante, Massimiliano Stellato e Luigi Caroli, le associazioni sindacali e datoriali, il presidente di Anci Puglia, Ettore Caroppo, il prorettore PoliBa, Fabio Fatiguso, i prof. Vincenzo Tondi Della Mura (Unisalento), Antonello Tarzia (Lum), Raffaele Guido Rodio (UniBa).

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