"Serve un vaccino antimafia", Riccardi, dopo "Omnia Nostra", riflette sul futuro di Manfredonia e analizza l'art. 143 TUEL

nota a cura di Angelo Riccardi.

«Ho sempre sostenuto pubblicamente che la lotta alle organizzazioni criminali va condotta con ogni mezzo dallo Stato, utilizzando l’attività investigativa, le tecnologie più avanzate, la repressione e la sottrazione del patrimonio rinveniente dall’attività criminale ai clan, perché solo in questo modo si può lottare alla pari con un sistema parallelo, ampiamente sottovalutato per decenni, che con gli anni ha maturato una grande capacità di adattamento sia sul piano sociale che sul piano economico,

Diversamente, a nulla servono le operazioni antimafia di facciata e finalizzate all’autocelebrazione, né serve utilizzare lo strumento dello scioglimenti dei comuni per infiltrazioni mafiose, operazioni funzionali secondo alcuni ad affermare la presenza dello Stato, ma che nella realtà aumentano il divario tra politica e cittadini, ed etichettano una comunità come mafiosa, senza modificare il complesso intreccio tra sistema criminale e sistema della rappresentanza.

Con l’operazione “Omnia Nostra” lo Stato si rende visibile e afferma con decisone la sua presenza e lo fa attraverso le complesse attività di polizia, con un ordinanza di oltre 1800 pagine. Pur mantenendo il mio deciso profilo garantista, mi aspetto che qualora vengano confermati gli esiti delle attività svolte, seguano condanne dure ed esemplari ed il definitivo sequestro del patrimonio economico dei malavitosi.

Non servono inutili e ripetitivi comunicati di ringraziamento agli uomini e donne dello Stato, coinvolti in prima linea nella lotta al sistema criminale. A questi uomini e donne, per il lavoro che svolgono quotidianamente, servono collaboratori e mezzi per facilitare il loro compito. A Manfredonia, nonostante la nutrita compagine parlamentare, siamo ancora in attesa di strutture dignitose da destinare al Commissariato di Polizia e alla Compagnia Carabinieri, un problema che è stato più volte da decenni, rappresentato a tutti i livelli dello Stato, senza ottenere alcuna risposta. Tutto questo mentre il nostro territorio avrebbe bisogno di dare dignità al lavoro delle forze dell’ordine, ancora accampate in edifici destinati a civili abitazioni.

Non si può, inoltre, sottacere la ricaduta politica di questi ultimi eventi, che richiama le cose che ho più volte affermato, ovvero che quando una comunità viene colpita da un “lutto”, come è stato lo scioglimento dell’organo democratico più rappresentativo della città, si deve avere la forza di comprendere le ragioni, analizzare le vicende, comprendere il sistema di relazioni, restituire un quadro credibile e condiviso dell’accaduto. Da noi si è fatto esattamente il contrario: decretato lo scioglimento da parte del Governo, la politica ed i suoi attori anche istituzionali hanno provato a buttare il bambino insieme all’acqua sporca, per sparire definitivamente dalla scena politica locale, lasciando alla commissione straordinaria il compito di provare a riannodare e ricostruire una comunità fortemente disorientata. Tutto ciò senza considerare che la gestione commissariale si riduce, come abbiamo potuto leggere nella relazione di fine mandato dei tre commissari, ad un elenco di azioni di ordinaria amministrazione, non in linea con le ragioni stesse dello scioglimento.

Finita la fase commissariale, le forze politiche e non solo si sono precipitate alla corsa al voto utilizzando il tema della mafia in modo strumentale e cercando di accaparrarsi con argomentazioni genericamente condivisibili il consenso, fino al punto di non affrontare mai il tema in termini chiari e senza timore alcuno, ma provando ad autodeterminare una distanza dal sistema criminale con slogan, codici e buone prassi, nel classico stile di chi prova a buttare la palla dall’altra parte del campo.

Invece, l’operazione “Omnia Nostra” dimostra che la città ha perso più di due anni inutilmente e che il prodotto dello scioglimento ha di fatto definitivamente allontanato molte delle risorse migliori che potevano essere destinate alla vita politica, con la conseguente desertificazione della capacità di selezione dei candidati e l’esigenza del consenso a tutti i costi, non tenendo conto nemmeno dei profili di conoscenza che le 365 pagine della commissione di accesso, che ne hanno anticipato lo scioglimento, ci aveva discutibilmente fornito.

In questo clima, ci siamo ritrovati candidati impegnati nella competizione elettorale senza un retroterra culturale e politico chiaro, sapendo fin dall’inizio che non sarebbe bastato il certificato del casellario giudiziale come salvacondotto. Ed è fortemente discutibile l’inutile tentativo di etichettare come l’operazione “Omnia Nostra” sia politicamente attribuibile ad una parte politica. Evidentemente non solo non si è voluto leggere le oltre 1800 pagine dell’ordinanza, ma si prova a ripetere il tentativo di individuare un responsabile, senza prendere coscienza che il problema riguarda tutti, indistintamente.

Probabilmente sfugge che per sciogliere un Comune non è necessario l'accertamento di reati, ma è sufficiente che emergano rapporti, relazioni o frequentazioni con soggetti affini alla criminalità organizzata, anche a prescindere dal fatto che i politici abbiano voluto assecondare le richieste mafiose, come ho avuto modo di scrivere in precedenza.

Oggi siamo in presenza di situazioni opache o, peggio ancora, con personaggi politici o a loro sostegno chiaramente coinvolti. Chi pensa che questo epilogo non era prevedibile, mente spudoratamente: i segnali erano evidenti a tutti.

Adesso il problema è dunque quello della zizzania e dell'erba cattiva che infesta il grano. La storia umana, la storia della nostra città e la storia personale di ciascuno di noi è un campo di lotta tra bene e male. Proviamo a non far sparire il grano dalla nostra amata Manfredonia».

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