A Vieste c’è un filo conduttore che lega arte e storia e perciò la cultura: eventi di alto spessore, gremiti da chi ha fame e sete di conoscenza.
La sensibilità di chi la sta amministrando, ed è un dato di fatto consolidato e certificato dall’affluenza, è tale che non passa mese che Vieste è in prima pagina in molti media. Non solo per le sue bellezze naturali, note in tutto il mondo, anche per ciò che ospita culturalmente e artisticamente.
All’ordine del giorno, se è permesso dire aggregando spazio-tempo in un unico fattore estemporaneo, nella città famosa per Cristalda e Pizzomunno, chi è del luogo e chi è turista ha la possibilità di nutrire l’anima e la mente con le molteplici proposte culturali, formative per le loro unicità e sorprendentemente settoriali. Ciò vuol dire che Vieste è ricca di storia, la sua e quella proposta con altre realtà. Allo stesso tempo, però, quella storia contrappone ciò che fu a ciò che è, garantendo massima resa alle proposte in essere. In quest’alveo s’interseca l’arte moderna e contemporanea proposta. E a far da conduttore, precursore di come intendere l’arte godibile alla vista e razionale alla mente, è la modernità dei quadri che negli ultimi anni sono stati ospitati nelle varie location cittadine.
“Bansky a Vieste” è l’ultima proposta, osando dire, rivoluzionaria di come concepire l’arte attraverso serigrafie autentiche e certificate da Pest Control Ltd., edizioni numerate fatte dall’artista l’anno 2003 e quello del 2010. Una mostra che nulla toglie ai più “puritani” dell’arte giacché l’artista inglese è tra i più accreditati al mondo per le sue estroverse manifestazioni artistiche, perlopiù di pace contrapposte alla guerra. Messaggi distinti della natura che prevale l’uomo, che basta un semplice schizzo raffigurato in gesto che comunica l’immensità dell’amore.
Filo conduttore voluto da chi ha proposto questa mostra, il gallerista foggiano Giuseppe Benvenuto, della Contemporanea Galleria d’Arte di Foggia e Bari, che sta letteralmente pian piano sgretolando quel dogma che arte non è solo grandi quadri e capolavori del passato, conservati nei più prestigiosi musei mondiali. Una overture di colori organizzata da MetaMorfosi Eventi, nella veste del suo presidente Pietro Folena, con il Polo Culturale e il Comune di Vieste degnamente rappresentati dal Sindaco Giuseppe Nobiletti e l’Assessore alla Cultura Grazia Maria Starace. È anche, soprattutto, fruibilità dell’arte nel suo intrinseco valore inestimabile dell’opera mondana ma disegnata da mani divenute universali. Opere visitabili dal vivo, senza filtri e soprattutto di artisti in vita, un file rouge con quelli conservati gelosamente nelle teche familiari di chi fu.
Mostre viestane volute da amministratori sapientemente consci che di arte si può anche vivere, ma anche offrirle a platee variegate durante una vacanza. Il Museo Civico Archeologico Michele Petrone è uno di questi.
Come lo è l’intera area del santuario rupestre della grotta di Venere Sosandra, sull’isola di Sant’Eufemia, oggi visitabile, luogo roccioso dove l’archeologo prof. Giuliano Volpe, docente universitario e già Magnifico Rettore dell’Ateno foggiano, congiuntamente dalle Università di Bari e di Foggia e con il supporto dell’Associazione ASSO di Roma e della società ArcheoLogica, in regime di concessione del Ministero della Cultura-Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio di Foggia, ha condotto, e continua a farlo, scavi e studi per riportare alla luce ciò che anche un tempo Uria, cioè l’antica Vieste, custodiva. Un luogo che propone a tutti e alla luce del sole le sue immense ricchezze storiche. Uria era soprattutto meta di marinai che, durante la navigazione adriatica, ivi sostavano per recuperare acqua e viveri, esprimendo la loro devozione alla divinità, che qui aveva un suo luogo di culto, come ricordato anche da Catullo, nel Carme 36. O come l’iscrizione datata al 3 settembre 1002 che ricorda il passaggio del doge Pietro II Orseolo durante la spedizione, con 100 navi da guerra, in soccorso di Bari assediata dai Saraceni. Scoperte, appunto, per renderle godibili a tutti, comunicate con rassegne preposte, come il “Vieste Archeofilm”, la rassegna internazionale del cinema di archeologia, arte e ambiente, dove proiezioni gratuite nell’aperto cortile del Castello Svevo, sono spunto per conversazioni e interviste a protagonisti del settore.
Vieste Capitale della Cultura, in questo caso, di Capitanata; altro che altre proposte (scusate il gioco di parole) senza un progetto fruibile ma solo scritto su carta, con un dossier tra l’altro mai pubblicato, che sfrutta il nome e i luoghi ma senza preservarli e tantomeno renderli appetibili con intelligenti politiche culturali e turistiche. Una Vieste Capitale della Cultura pugliese se avesse formalizzato la sua candidatura per il 2024.
Questa è la sintesi dell’internazionalità culturale di Vieste, libera da veti e perentoriamente propositiva, che un giorno potrebbe avere una luce longeva più artistica, anche urbana, di Lighting Designer internazionali di madre Terra.
Quel filo conduttore è tenace di volontà, è spesso di cultura, è robusto di proposte fattibili ed economicamente appetibili per il bene del territorio e della comunità, è intrecciato da chi crede nel suo patrimonio culturale, è serrato da chi lo propone con la modernità del saper far arte per gli altri, è volano di economia e soprattutto di bellezza. Un filo tessuto sapientemente da oltre un anno a questa parte da proposte novecentesche con opere di Andy Warhol e che oggi continua a far trama per una tela che col vento in poppa porterà nuovi eventi e tutti unici.
Le chiacchiere di chi subordinato ha voluto contrapporsi all’innovazione di proporre quest’arte, anche come servizio e guadagno pubblico, quel vento le ha già dissolte, le ha portate via.
Quel filo conduttore è longevo perché si è saputo guardar oltre i confini di un territorio che non è solo spiaggia, mare e cartoline.