In questi giorni, come del resto è avvenuto dall’inizio dell’anno 2019, su diversi portali di informazione, testate giornalistiche o siti vari che siano, si è parlato molto di personale sanitario affetto da Coronavirus. Fin qui nulla di male, specie se si evidenzia che una delle cause di contagio è il contatto con i pazienti con cui hanno a che fare. Purtroppo capita, e sappiamo bene che i reparti ospedalieri COVID-19 sono anche focolai. Sappiamo anche che sono ben controllati e continuamente disinfettati e sanificati, con personale medico, infermieristico e di supporto, ben protetto e ligio ai doveri anti contaminazione. Pertanto, focolai senza ossigeno potremmo dire, parafrasando il termine con il fuoco, micce senza innesco.
Tuttavia c’è chi ha accusato il colpo, dopo aver sopportato molte accuse sia con manifestazioni in piazza sia a mezzo stampa. È il personale sanitario.
Loro, durante il periodo di massima intensità del virus, oggi per fortuna rientrato anche grazie ai vaccini e alle misure stringenti come mascherine e guanti, distanziamento sociale, sanificazione personale, hanno trascorso ore, giorni, settimane, all’interno degli ospedali, curando e assistendo pazienti, non solo contagiati. Oggi, a turni, sono riusciti a concedersi riposi e meritate ferie, un po’ di salutare distrazione dalle sofferenze, e anche da morti che hanno dovuto registrare. Non è da tutti assistere a decessi multipli nello stesso giorno e rimanere indifferenti. Sono umani come noi.
Sul Green Pass ce ne sarebbe molto da dire. Tant’è che (scusate la prima persona, ma è doveroso che lo scriva così) sono uno di quelli che recita “NO Green Pass, SI Vax”. Un “certificato” come misura restrittiva, facilmente bypassabile, che nella sostanza è la subdola forma propagandistica di un Governo che non ha il coraggio di obbligare i cittadini a vaccinarsi applicando leggi emergenziali sanitarie, che equivalgono a quelle dello stato di guerra. Una forma coercitiva, il Certificato Verde, pensato per indurre al vaccino senza assumersi responsabilità che potrebbe rivelarsi un boomerang in caso di ricorsi e denunce, con tanto di risarcimento.
È ovvio che quanto detto poc'anzi non è propaganda dello stato di guerra emergenziale sanitario e le applicazioni giurisprudenziali che ne derivano, si è contrari a ciò. Ma è anche doveroso ricordare scenari più drastici, non popolari.
Proprio su questi due ultimi aspetti che si è concentrata una popolazione e, fa male dirlo, anche una certa stampa, anche quella che si etichetta anti fake news, puntando i riflettori su chi oggi è risultato positivo al Coronavirus, SARS-CoV-2 o CoVid-19, qualsivoglia chiamare, additandoli come “untori”.
Negli ultimi giorni sono apparse molte scritte “No Vax” con cartelloni rivolti ai sanitari. “No vax, no party” recita uno di questi, che ha innescato un botta e risposta tra le parti, chi a favore chi no. Un modo per additare i nostri sanitari come “angeli della morte”, come se fossero loro il virus. Non hanno capito «'Na beata minchia!» riprendendo l’affermazione di Cetto La Qualunque. Rispettate la volontà altrui. Lasciate liberi di scegliere, senza pressioni, senza condizionare la popolazione a preferire la vostra libera scelta.
Se vogliamo dirla tutta, il riferimento è a chi lavora nei centri COVID-19 del foggiano, come l’Ospedale Colonnello D’Avanzo cui tempo addietro c’è stato chi impunemente ha marcato il muro del plesso sanitario con una scritta diffamante, “La Codogno che viaggia” a firma di un o una sedicente balordo o balorda “SLV”. Una scritta che andrebbe subito cancellata, per rispetto verso i codognesi e tutti i lodigiani e chi ha contratto il virus, per rispetto chi nel Colonnello D’Avanzo ci lavora e chi è ricoverato. Una scritta che offende il popolo foggiano. Un marchio che la dice lunga sul rispetto altrui. Una scritta che invito la Direzione Aziendale del Policlinico Riuniti di Foggia a coprire, a far sparire, specie se è ben visibile con auto ferme al semaforo.
Leggere articoli dove si accusa il personale sanitario di essere untori perché contagiati anche durante le meritate ferie, o a cena con amici, per poi trasmetterlo con chi entra in contatto al rientro negli ospedali, è trovare il capro espiatorio di un fenomeno ancora poco controllabile. È offensivo!
Le movide son state accusate, anche giustamente, per la loro forte capacità di trasmissione virale tra persone. Giovani sull’altare sacrificale di chi doveva controllare assembramenti la scusa forgiata da chi istituzionalmente è stato, e lo è ancora, poco ligio al dovere. È ovvio che i nostri ragazzi hanno esagerato, ma accusarli di tutto non discolpa altri più attempati.
Offensivo e poco riconoscente è buttar fango su chi oggi, dopo i dovuti controlli, quarantene e cure, è ritornato nei reparti ospedalieri a curare malati di ogni genere, non solo “covidizzati”. Accusare loro di vacanzieri irresponsabili è oltraggioso. Il personale sanitario non ci sta a passare come i nuovi untori. Il fango prodotto da chi non ha avuto l’accortezza di verificare, di esser ligio al dovere delle leggi vigenti in materia di Emergenza Sanitaria e quello deontologico giornalistico, di interpellare gli interessati, la dice lunga sulla campagna diffamatoria messa in atto anche verso dirigenti medici mai contagiati e fatti passare come tali.
Qui, prendendo in prestito un detto popolare, siamo arrivati alla frutta, dove pur di inoculare (si lasci passar il termine per l’argomento trattato) nelle menti più ansiose e fragili il messaggio del non vaccino, dove per far notizia, per esser letti, di rubacchiare un click in più o vendere una copia di giornale, si applica il metodo dell’accanimento. Un abbrivio da sobillatori, da pirati dell’informazione. I veri untori, ma di terrorismo pubblico e mediatico, siete voi che inscenate, divulgate sui social network, scrivete ciò che non sapete e non verificate.
Vergogna! Questo non è far parte di un social network, di una comunità libera di scegliere, di un giornalismo trasparente e senza induzioni. Trovate voi un termine perché se ne potrebbero elencare decine e tutti squalificanti verso la persona e la professione, che merita individui liberi e onesti e professionisti deontologicamente seri.
Ad Maiora!