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La Squadra Mobile di Roma e di Foggia, il 2 agosto 2022, coadiuvate da quella di  Trieste, ha eseguito su disposizione del P.M., emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, il fermo nei confronti di un imprenditore foggiano gravemente indiziato, quale esecutore materiale, di tentato duplice omicidio.  Si tratta di Antonio Fratiani, foggiano gravemente indiziato, quale esecutore materiale, del tentato duplice omicidio, pluriaggravato commesso a Nettuno (RM) il 2 marzo 2022 in danno di FRANCAVILLA Antonello e del figlio minorenne.

In particolare, quel giorno FRANCAVILLA Antonello e il minore venivano attinti da numerosi colpi di arma da fuoco all’interno di un’abitazione sita a Nettuno in via Greccio 14, ove lo stesso era sottoposto agli arresti domiciliari.

La serrata e tempestiva attività d’indagine avviata dalla Squadra Mobile capitolina e dall’omologo ufficio investigativo di Foggia, con il coordinamento della D.D.A. di Roma, ha consentito di ricondurre l’episodio delittuoso ad ambienti criminali foggiani e di individuare in FRANCAVILLA Antonello l’obiettivo principale dell’agguato, accertando l’accidentalità del coinvolgimento del figlio.

Elementi utili all’individuazione dell’autore del delitto sono stati acquisiti anche attraverso il proficuo collegamento investigativo tra la Direzioni Distrettuali Antimafia di Roma e Bari.

Dalle risultanze di altra attività d’indagine della Procura di Bari, infatti, è emersa la figura dell’odierno indagato, le cui dichiarazioni, correlate alla ricostruzione dei suoi spostamenti in occasione dell’evento criminoso del 2 marzo hanno evidenziato una connessione con l’esecuzione dell’azione delittuosa.

Ulteriori indizi probatori sono emersi dagli sviluppi investigativi di un successivo procedimento instaurato presso la D.D.A. del capoluogo pugliese, relativo alla pianificazione dell’omicidio dell’imprenditore ad opera di sette soggetti - tra i quali un esponente di primissimo piano della consorteria mafiosa “SINESI – FRANCAVILLA”- componenti un commando determinato ad uccidere la vittima designata.

Nei loro confronti lo scorso 21 luglio, la Squadra Mobile di Foggia ha eseguito un provvedimento di fermo disposto dalla D.D.A. di Bari – poi convalidato dal Giudice per le indagini preliminari, su richiesta della Procura della Repubblica di Foggia, competente per la procedura di convalida, che ha altresì emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i delitti di tentato omicidio, porto e detenzione illegale di armi, tentata estorsione e detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina, tutti aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa.

Di estrema rilevanza, nell’ambito delle investigazioni, anche alcuni apporti dichiarativi che hanno contribuito a rafforzare la gravità del quadro indiziario in ordine all’individuazione dell’autore materiale, consentendo di risalire al movente del delitto, scaturente dalla mancata restituzione di un’elevata somma di danaro al FRANCAVILLA, dallo stesso prestata all’odierno indagato.

 

FABS2022 short animate

 

Conseguentemente sono state individuate anche le motivazioni alla base del recente fallito agguato nei confronti dell’imprenditore, derivanti dal tentato duplice omicidio verificatosi a Nettuno.

Puntuali riscontri alle propalazioni sono emersi dalle complessive indagini e dalle risultanze dei rilievi tecnici effettuati durante il sopralluogo dalla Polizia Scientifica, nonché dal contrasto della versione dell’accaduto fornita dal FRANCAVILLA con le dichiarazioni rese da alcuni testimoni.

L’indagato, irreperibile sul territorio italiano all’atto di emissione del provvedimento di fermo, lo scorso 2 agosto, subito dopo aver varcato il confine italiano, è stato rintracciato a bordo di un veicolo mentre transitava sull’autostrada A4 Torino-Trieste e fermato all’altezza dello svincolo di Duino (TS).

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trieste, a seguito di convalida del fermo, richiesta dalla Procura del capoluogo friulano, competente per territorio, in data odierna nei confronti dell’arrestato, ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere.  

Ad ogni modo l’indagato è da ritenere presunto innocente, in considerazione dell'attuale fase del procedimento, ovvero quella delle indagini preliminari, fino a un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile.

A San Severo monopattini elettrici come mezzi per fuggire dopo aver collocato la bomba carta alle attività commerciali. È la triste verità scoperta dalla DDA e DIA dopo incessanti indagini che inchiodano i presunti “bombaroli”, tra cui un minorenne. Il racket non risparmia nessuno, purtroppo.

Nella serata del 26 luglio, a seguito di una complessa ed articolata attività di indagine sviluppata, oltre che dalle tradizionali modalità investigative, anche attraverso sofisticati rilievi tecnico- scientifici, nonché mediante l’acquisizione di reperti sulla scena del crimine poi sottoposti ad operazioni di analisi di laboratorio presso il RIS di Roma, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Foggia, con il supporto altresì in fase di esecuzione dei militari della Compagnia Carabinieri di San Severo e dello Squadrone Carabinieri Eliportato “Cacciatori Puglia”, hanno dato esecuzione a due misure cautelari in carcere emesse, rispettivamente, a seguito della richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari - Direzione Distrettuale Antimafia, che ha anche diretto e coordinato le indagini sin dall’inizio dell’inchiesta, e di quella presso il Tribunale per i Minorenni di Bari, nei confronti dei presunti responsabili delle esplosioni degli ordigni micidiali avvenuti, nel Comune di San Severo, in successione, ad inizio anno. Secondo l’impostazione accusatoria accolta dal Gip (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), i reati contestati sono di tentata estorsione (per il solo maggiorenne), e del porto e detenzione illegale di materiale esplodente con l’aggravamento del metodo mafioso.

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Ad essere colpiti della misura limitativa della libertà personale sono stati in particolare un uomo di 28 di Foggia ed un giovanissimo di 17 anni di San Severo. I due, lo scorso gennaio, secondo la prospettiva accusatoria (condivisa dal GIP ma da verificarsi nelle fasi successive con il contributo della difesa, a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno, nel comune di San Severo, avevano posizionato e fatto esplodere due potenti ordigni, tra l’altro mescolati anche con altre componenti metalliche per aumentarne la micidialità, prima presso la profumeria “Afrodite” e poi, a distanza di pochi minuti, ripetendo di fatto le stesse azioni, anche presso la concessionaria d’auto “Romano”, provocando in questo modo gravi danni sia agli esercizi commerciali, sia ai veicoli parcheggiati in prossimità di tali siti ed anche gli edifici adiacenti, mettendo così in concreto pericolo l’incolumità pubblica. I due, che avevano agito con il volto travisato e col favore della notte, con l’evidente obiettivo di intimidire ed indurre gli imprenditori vittime di tali azioni criminali a cedere ad una richiesta estorsiva, hanno fatto specificatamente ricorso ad esplosivi improvvisati contenenti bulloni e dadi metallici utili ad aumentarne il potere distruttivo ed offensivo, al fine così di provocare effetti micidiali in quanto in grado di cagionare gravi conseguenze fisiche, anche di natura letale, ad eventuali ignari passanti.

Questi violenti attentati, uniti a quelli di Foggia, avvenuti sequenzialmente ad inizio 2022, provocarono nella Capitanata, un senso di insicurezza sociale al punto tale da determinare, nei giorni a seguire, la presenza delle più alte Cariche istituzionali dello Stato riunitesi in un Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica tenutosi in Prefettura a Foggia per cercare di analizzare e fronteggiare tali eccezionali fenomeni delittuosi.

 

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È importante sottolineare che il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e che, all’esecuzione della misura cautelare odierna, seguirà l’interrogatorio di garanzia e il confronto con la difesa degli indagati, la cui eventuale colpevolezza, in ordine ai reati contestati, dovrà essere accertata in sede di processo nel contraddittorio tra le parti.

Con l’operazione antimafia in questione, la DDA di Bari e i Carabinieri del Comando Provinciale di Foggia, ancora una volta, hanno dato un’importante risposta - in termini di legalità e sicurezza - nel territorio della provincia di Foggia, a tutela dei cittadini ed in generale delle comunità a loro affidate dallo Stato, a riprova della grande attenzione costantemente rivolta alla Capitanata da parte delle Istituzioni.

Alle prime luci dell’alba, la Polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di cinque soggetti, uno agli arresti domiciliari e 4 in carcere, già noti alle forze dell’ordine, emessa dall’Ufficio GIP del Tribunale di Bari, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, sulla base di gravi indizi di colpevolezza (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) in ordine ai reati di estorsione, tentata estorsione, furto, detenzione e porto di pistola, tutti aggravati dal metodo mafioso.

Più in particolare, i capi accusatori sottoposti dalla Procura al GIP riguardano due episodi estorsivi, uno tentato e uno consumato, e un assalto ad uno sportello automatico di una banca.

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La vicenda ha avuto origine in Stornara a seguito di una serie di gravi atti intimidatori perpetrati ai danni di un imprenditore locale a cui è stata richiesta una somma di denaro, a titolo estorsivo,  accompagnata dall’invito a prendere contatti con “gli amici” di Stornara. Nel corso della telefonata, con cui è stata perpetrata la richiesta estorsiva, sono stati esplosi dei colpi d’arma da fuoco, percepiti dalla vittima, così accrescendo la valenza intimidatoria della minaccia espressa. Per vincere le resistenze dell’imprenditore e costringerlo a pagare, gli odierni indagati  avrebbero posto in essere ulteriori e più gravi atti intimidatori. Prima, all’interno dell’autovettura utilizzata dalla vittima, è stata fatta trovare una testa di maiale mozzata, poi la stessa auto è stata data alle fiamme e, infine, nella buca delle lettere della famiglia della vittima è stata depositata una busta contenente tre proiettili.

Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Foggia, hanno fin da subito orientato i sospetti verso un noto clan locale, già in passato oggetto di condanne per reati quali estorsione ed usura, aggravati dal metodo mafioso. Il monitoraggio di alcuni appartenenti al clan, nonché di alcuni soggetti vicini, ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza (da sottoporre a successiva verifica nel contraddittorio delle parti) anche per una estorsione, questa volta consumata, ai danni di un agente di commercio. Lo stesso, secondo la ricostruzione accusatoria, dopo aver installato delle slot machines in un bar di Stornara, è stato avvicinato da un emissario del clan che lo avrebbe costretto a versare una somma di denaro per poter mantenere gli apparecchi da gioco.

Sono emersi, inoltre, gravi indizi del coinvolgimento del gruppo criminale in un assalto  allo sportello automatico della filiale di Casalvecchio di Puglia(FG) della Banca Popolare di Bari, avvenuto in data 4 settembre 2019,  che fruttò agli assalitori la somma di 15.000 euro e fu realizzato  attraverso l’utilizzo di un ordigno esplosivo dirompente applicato con la tecnica c.d. della “marmotta”.

La gravità degli indizi raccolti dovrà essere sottoposta alla successiva valutazione degli organi giudicanti,  nel contraddittorio e con in contributo della difesa.

Il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha presieduto nel pomeriggio di ieri, 10 maggio 2022, una seduta del Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata. Alla riunione hanno partecipato il Capo di Gabinetto del Viminale, il Capo della Polizia - Direttore generale della Pubblica sicurezza, i Comandanti Generali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, i vertici dell’AISI e AISE, oltre al Direttore della Dia e dell’Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di polizia.

Nel corso dell’incontro è stato esaminato il decreto ministeriale che modifica l’assetto della Direzione investigativa antimafia nell’ambito del più ampio progetto di riorganizzazione del Dipartimento della pubblica sicurezza.

Il provvedimento è diretto a rafforzare l’attività investigativa svolta dalla Direzione investigativa antimafia al fine di rendere più efficace il contrasto alle mafie”, ha dichiarato il ministro dell’Interno, sottolineando come “si realizzi un processo di attualizzazione dell’assetto della Dia rispetto alle nuove esigenze operative con l’obiettivo di potenziarne le articolazioni periferiche, in linea con quanto già avvenuto con la recente istituzione delle sezioni aggiuntive a Foggia e a Potenza, elevando, tra l’altro, a centro operativo le sezioni di Brescia, Bologna e Catanzaro. Ciò consentirà anche di supportare con sempre maggiore incisività l’azione di prevenzione antimafia assicurata dalle prefetture”.

“Il potenziamento delle strutture periferiche - ha aggiunto la titolare del Viminale - assume particolare rilevanza in questa fase in cui è fondamentale intensificare l’attività di contrasto ai tentativi della criminalità organizzata di aggredire le ingenti risorse del PNRR, salvaguardando in questo modo l’economia legale e sostenendo la crescita del nostro Paese”.

Il ministro Lamorgese ha espresso il proprio apprezzamento per la vasta operazione contro la ‘ndrangheta condotta questa mattina dalla Dia a Roma e a Reggio Calabria con il coordinamento delle competenti Direzioni distrettuali antimafia.

 “Si è trattato – ha sottolineato la titolare del Viminale - dell’esito di una complessa attività di indagine che evidenzia la professionalità e la dedizione degli investigatori che hanno individuato una rete operante sul territorio nazionale ed anche all’estero, facendo emergere una articolata associazione criminale impegnata nella gestione e nel controllo di attività economiche, i cui proventi venivano reinvestiti in traffici illeciti”.

La Polizia di Stato di Foggia - ha eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto a carico di tre soggetti, già noti alle forze dell’ordine, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari sulla base di gravi indizi di colpevolezza (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) in ordine ai reati di tentata estorsione, danneggiamento, detenzione e porto di pistola, tutti aggravati dal metodo mafioso.

Le indagini della Squadra Mobile, svolte attraverso l’estrapolazione e l’analisi dei dati acquisiti dai presìdi tecnologici installati, hanno reso possibile raccogliere gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati, ritenuti vicini alla locale criminalità mafiosa, i quali avrebbero avanzato, nel mese di gennaio 2022, una pretesa estorsiva pari a 2.500 euro nei confronti di un piccolo imprenditore locale, alludendo nella circostanza al fatto che la richiesta di denaro fosse stata effettuata per conto della batteria “Moretti - Lanza – Pellegrino”.

Un quadro gravemente indiziario è stato acquisito anche in relazione al successivo atto intimidatorio ai danni dello stesso imprenditore da parte dei tre indagati, i quali, il 16 febbraio scorso, a seguito del mancato versamento della somma di denaro pretesa, avrebbero esploso diversi colpi d’arma da fuoco all’indirizzo del box pertinenza dell’abitazione di quest’ultimo. Circostanza, questa, opportunamente riscontrata dal sopralluogo della Polizia, nel corso del quale sono state rinvenute tre ogive calibro 7.65 e due bossoli. Le immediate perquisizioni effettuate dalla Squadra Mobile hanno altresì consentito di rinvenire due cartucce inesplose, dello stesso calibro di quelle utilizzate per compiere l’atto intimidatorio, all’interno di una autovettura riconducibile ad uno degli indagati e fittiziamente intestata a terzi.

Con riferimento al contesto criminale e salva la verifica del compendio indiziario nelle fasi successive, nel contraddittorio delle parti, uno dei destinatari del provvedimento di fermo emesso dalla D.D.A di Bari, è elemento di spicco della locale criminalità organizzata, appartenente alla batteria mafiosa “Moretti – Lanza – Pellegrino”. In particolare, nell’ambito dell’operazione Decima Azione bis, è stato destinatario di una misura cautelare in quanto accusato di aver riscosso il provento delle estorsioni a danno dei commercianti ambulanti del mercato cittadino di Foggia per conto della batteria mafiosa di appartenenza.

L’indagine (salva sempre la successiva verifica giurisdizionale del quadro indiziario) ha evidenziato i collegamenti, anche basati su vincoli di parentela, degli altri due soggetti con la batteria mafiosa “Moretti – Pellegrino – Lanza”.

Il Giudice per le indagini preliminari di Foggia ha convalidato i fermi nei confronti di tutti e tre gli indagati.

L’accertamento riguarda fatti accaduti in un periodo in cui la città di Foggia veniva colpita da una serie di attentati intimidatori. Si tratta della seconda operazione relativa a tali fatti: la prima è stata portata a termine il 17 febbraio scorso nei confronti dei soggetti ritenuti autori dell’attentato in danno dell’attività commerciale “Poseidon”.

Presso il Tribunale di Foggia, nella Prima sezione penale presieduta dal giudice Maria Rita Paola Mancini, si è svolta l’udienza sul processo “DecimAzione”, che riguarda la “società” foggiana, la mafia locale, per i reati di estorsione e tentato omicidio.

Imputati al processo quattro esponenti della batteria Moretti-Pellegrino-Lanza, cui Il PM dott. Capano della DDA sezione di Bari, ha chiesto 22 anni per Giuseppe Spiritoso detto “Papanonno” e Fabio Tizzano, 20 anni a Giuseppe Albanese detto “Prnion”, 9 anni e mesi 4 Lorenzo Spiritoso, figlio di Giuseppe.

La sentenza è prevista per questa estate. Contestualmente si è svolta la requisitoria delle parti civili e nelle prossime settimane si svolgerà la discussione degli avvocati della difesa.
Per la cronaca, la batteria Moretti-Pellegrino-Lanza è sodale al super boss Rocco Moretti detto “u’ Purc”, ora al 41bis nel penitenziario di L’Aquila.

Sempre nell’odierna giornata si è celebrata l’udienza del processo “Decima Bis”, sempre riguardante la “società” foggiana, nella quale la PM Bruna Manganelli della DDA, ha conferito l’incarico a un perito per un’accurata analisi delle prove cui si regge tutto il sistema accusatorio, consistenti in intercettazioni ambientali e telefoniche.

Emiliano alla mostra per i 30 anni della DIA: “Qui vedo scorrere la mia vita. La DIA nacque da un’intuizione di Falcone e ora l’Italia è riferimento nel mondo per il contrasto alle mafie”.

“Vedo scorrere tutta la mia vita in questa mostra. Questa istituzione nacque da una intuizione di Giovanni Falcone, quando era il direttore generale degli Affari Penali presso il Ministero della Giustizia. Fu una scelta complessa. Nacque la DIA assieme alla Direzione Nazionale Antimafia, e per la prima volta si riorganizzava e si mettevano delle norme precise per evitare che le stesse forze di polizia e gli stessi magistrati si occupassero di qualunque tipo di reato”.

IL PRESIDENTE MICHELE EMILIANO SULLA MOSTRA

Lo ha dichiarato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, a margine del taglio del nastro della mostra fotografica “Antimafia Itinerante”, nella Sala del Colonnato del Palazzo della Città metropolitana di Bari, nell’ambito delle celebrazioni del 30° anniversario della Direzione Investigativa Antimafia, alla presenza del Direttore della DIA, Maurizio Vallone, del sindaco di Bari e della Città metropolitana, Antonio Decaro.

IL VIDEO DI ALCUNI MOMENTI DELLA MOSTRA

“L’istituzione della Dia – ha proseguito Emiliano – fu un passaggio fortissimo, perché fino a quel momento c'era l'idea che chiunque si dovesse occupare di qualsiasi cosa. Da quel giorno l'Italia, anche grazie a queste intuizioni, è diventato nel mondo il Paese di riferimento dal punto di vista della tecnica di contrasto alle mafie. Grazie alla mostra ho appreso che esiste un sistema di coordinamento di tutte le polizie del mondo, nei confronti della ‘ndrangheta; è una cosa che mi tranquillizza, perché la ‘ndrangheta ha una capacità di internazionalizzazione che non ha precedenti. È probabilmente la mafia più pericolosa del mondo. E il fatto che le polizie scambino informazioni, dati, prove, nomi, impronte, eventi, riflessioni è di fondamentale importanza. L'organizzazione delle investigazioni – ha concluso Emiliano - segue il rafforzamento della capacità operativa di queste organizzazioni criminali ed è un lavoro che non finisce mai e che deve sempre portarci ad essere avanti alle organizzazioni mafiose e mai dietro”.

L’esposizione, che ha fatto tappa anche a Lecce, ripercorre attraverso foto, immagini e cronache dei giornali, i trent’anni di storia e di passione delle donne e degli uomini della DIA nell’azione di contrasto alle mafie. 

La mostra sarà aperta fino a venerdì 25 febbraio.

Il Ministro dell’interno, Luciana Lamorgese, esprime soddisfazione per l’individuazione dei presunti responsabili dell’esplosione di un ordigno artigianale presso un esercizio pubblico a Foggia lo scorso 9 gennaio

“Si tratta dell’esito dell’indagine svolta dalla questura di Foggia, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Bari e della Procura presso il Tribunale per i minorenni, che - sottolinea la titolare del Viminale -  testimonia ancora una volta il forte impegno profuso dalla magistratura e dalle forze di polizia per contrastare le organizzazioni criminali che tentano di condizionare ed infiltrare l’economia legale anche ricorrendo ad azioni violente".

"Tutte le istituzioni - prosegue il ministro Lamorgese - stanno operando insieme con determinazione per garantire sicurezza e legalità e dare risposte concrete ai cittadini e agli imprenditori locali”.

Nella tarda serata del 17 febbraio u.s., a Foggia, personale della Polizia di Stato appartenente alla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Foggia ha eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto a carico di R.F., soggetto conosciuto alle forze dell’ordine, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, nonché ordinanza applicativa della misura detentiva presso istituto penale minorile emesso dal GIP presso il Tribunale per i Minorenni di Bari nei confronti del figlio del predetto R.F.

Secondo l’impostazione accusatoria, ricostruita dalle attività d’indagine della Squadra Mobile di Foggia, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni del capoluogo, i predetti sono ritenuti gravemente indiziati dei reati, tutti aggravati dal metodo mafioso, di detenzione e porto di materiale esplosivo, danneggiamento, e il solo R. F. altresì del delitto di tentata estorsione. Si tratta di un accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita, quanto al fermo, della convalida del GIP ed eventuale ordinanza applicativa di misura cautelare e, in ogni caso, per entrambi i provvedimenti, della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa.

Secondo l’impostazione accusatoria, i due sarebbero direttamente coinvolti nel recente episodio dinamitardo commesso in data 9 gennaio u.s. ai danni dell’esercizio commerciale denominato “Poseidon”, sito a Foggia in Vico Ciancarella n. 8, commesso mediante il posizionamento in orario notturno di un ordigno artigianale all’esterno dell’ingresso, provocando, a seguito dell’esplosione, il danneggiamento della saracinesca e degli interni del locale.

L’accertamento dei gravi indizi di colpevolezza posti alla base dei due provvedimenti eseguiti nei confronti degli indagati (fatta salva la eventuale convalida del fermo e le ulteriori valutazioni nelle fasi successive, con il contributo della difesa) è il frutto della meticolosa attività di indagine svolta dagli investigatori della Polizia di Stato, che hanno visionato ed analizzato i molteplici filmati ripresi dalle telecamere pubbliche e private della città di Foggia acquisiti nell’immediatezza degli eventi delittuosi.

Infatti, nell’episodio dinamitardo del 9 gennaio le numerose ore di filmati acquisiti dagli investigatori, oltre ad inquadrare due soggetti travisati nel momento in cui è stato posizionato l’ordigno artigianale, hanno ripreso il tragitto che gli stessi avrebbero percorso, dopo aver compiuto l’azione delittuosa, sino al raggiungimento di un luogo sito nei pressi della loro abitazione.

Durante il tragitto, i due soggetti filmati, al fine di rendere più complessa l’acquisizione di elementi investigativi a loro carico, si sono liberati di parte degli indumenti indossati nella fase esecutiva dell’attentato.

La disamina dei molteplici filmati acquisiti ha quindi permesso di evidenziare le caratteristiche fisico-somatiche e particolari che sono stati ritenuti individualizzanti degli indagati (sempre salvo il successivo vaglio processuale), elementi opportunamente riscontrati da una mirata perquisizione effettuata dagli investigatori della Polizia di Stato, la quale ha permesso di rinvenire e sottoporre a sequestro parte degli indumenti utilizzati per il compimento del grave reato.

Nei due provvedimenti viene contestata anche l’aggravante della mafiosità dell’azione criminale, con specifico riferimento alle eclatanti modalità con cui l’azione è stata commessa, facendo esplodere un ordigno sulla pubblica via, modalità tipiche delle metodiche mafiose ed idonee a provocare allarme sociale nella collettività, rafforzando il messaggio intimidatorio ai danni delle vittime.

Sul punto, si evidenzia che gli accertamenti tecnici espletati da personale del Servizio Polizia Scientifica di Roma hanno effettivamente accertato che l’ordigno possedeva spiccata potenzialità offensiva. Infatti, l’onda pressoria generata dall’esplosione e il materiale proiettato avrebbero potuto cagionare gravi lesioni, anche potenzialmente mortali, a chi si fosse trovato in quel momento nei pressi del luogo dell’esplosione. Ed in effetti, come accertato in sede di sopralluogo da parte del personale della Polizia di Stato, la deflagrazione ha causato rilevanti danni, consistenti in danneggiamento di infissi, suppellettili, arredi, vetrate e parte delle strutture murarie del locale.

Con riferimento all’ipotizzato inserimento nel tessuto criminale del destinatario del provvedimento di fermo emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, è necessario evidenziare che R.F. è legato da vincoli di parentela con il soggetto a capo della “batteria” foggiana “Trisciuoglio/Prencipe/Tolonese”, coinvolta nelle recenti operazioni antimafia compiute in questo territorio a seguito dell’azione investigativa sinergica delle Forze di Polizia e del coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari.

R.F. è inoltre fratello di altro soggetto coinvolto nell’operazione di polizia giudiziaria nota come “Decima Azione bis”. In tale procedimento infatti, R.M., fratello dell’odierno indagato, è stato attinto da misura cautelare applicativa della custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 416bis c.p., con il compito di riscuotere materialmente somme estorsive presso i commercianti ambulanti del mercato settimanale di Foggia.

Dalle prime luci dell’alba, personale della Direzione Investigativa Antimafia e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari sta dando esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali nei confronti di 75 soggetti (di cui 15 in carcere, 44 agli arresti domiciliari, 14 destinatari dell’obbligo di presentazione alla P.G. e 2 destinatari di misure interdittive), nonché del sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 18 milioni di euro - emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del locale Tribunale, su richiesta di questa Procura della Repubblica/Direzione Distrettuale Antimafia - con cui sono stati riconosciuti gravi indizi di colpevolezza (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) a carico dei componenti di 2 strutturati sodalizi criminali con proiezione transnazionale, operativamente collegati, dediti alla commissione di una pluralità di delitti.

La complessa operazione è in corso di esecuzione in Puglia, Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto da parte di oltre 500 unità (donne e uomini) della D.I.A. e della Guardia di Finanza, con il contributo di personale degli Uffici e dei Reparti territoriali e speciali della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, nonché con il supporto di mezzi aerei, unità cinofile per la ricerca di stupefacente e denaro delle Fiamme Gialle.

Il provvedimento cautelare si fonda su un compendio gravemente indiziario a carico di soggetti indagati, a vario titolo, per le ipotesi di reato di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alle frodi fiscali, al riciclaggio e all’autoriciclaggio dei relativi proventi nonché al trasferimento fraudolento di valori, al “contrabbando” di prodotti energetici, alle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacenti e alla detenzione illegale di armi. Sono, complessivamente, 86 le persone indagate, tra imprenditori, professionisti e pubblici ufficiali.

L’esecuzione dell’ordinanza costituisce l’epilogo di un’articolata attività di indagine svolta dalla D.I.A. e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari - su delega di questa Procura della Repubblica/Direzione Distrettuale Antimafia - attraverso l’incrocio dei dati risultanti da segnalazioni di operazioni sospette, dalle intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, dalle escussioni di persone informate sui fatti e di collaboratori di giustizia, dalla documentazione e dagli smartphone sottoposti a sequestro a

seguito delle perquisizioni locali eseguite, nonché dall’attività dinamica di osservazione, controllo e pedinamento.

Secondo l’impostazione accusatoria accolta dal G.I.P. presso il Tribunale di Bari, allo stato (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), le ipotesi di reato contestate riguardano, innanzitutto, le presunte condotte illecite di soggetti organici a una prima associazione criminale attiva nel capoluogo pugliese e in Lombardia, la cui operatività è stata disvelata dalle attività investigative effettuate dalla D.I.A..

Dalle indagini, difatti, è emerso che, attraverso un sistema di aziende consorziate, l’organizzazione criminale avrebbe sviluppato un volume di affari illecito pari a circa 170 milioni di euro mediante ingenti frodi fiscali poste in essere attraverso l’indicazione di crediti

i.v.a. fittizi scaturenti da inesistenti operazioni passive indicate nelle dichiarazioni fiscali in assenza delle relative fatture. Tali crediti, asseverati da professionisti compiacenti, sarebbero stati poi utilizzati dal sodalizio - per il tramite di prestanome - per compensare poste attive o i versamenti relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, alle ritenute fiscali e alle altre somme dovute. I guadagni per i membri del consorzio sarebbero risultati enormi, perché attraverso il meccanismo della creazione di crediti i.v.a. fittizi non avrebbero versato le imposte nonché i contributi previdenziali e assistenziali dovuti. I proventi così illecitamente realizzati sarebbero, quindi, stati reimmessi nel circuito economico attraverso articolate operazioni di riciclaggio. Proprio nella fase della “monetizzazione” dei proventi illeciti sarebbe emerso il coinvolgimento della criminalità organizzata barese, in grado di reclutare numerosissimi “fiduciari” a cui intestare carte di credito con le quali drenare, secondo una tempistica prestabilita, le provviste illecitamente conseguite dal sodalizio per il successivo reinvestimento anche nel narcotraffico. In tale filone investigativo è altresì emersa una presunta vicenda corruttiva coinvolgente un colonnello della Guardia di Finanza in servizio a Roma (sottoposto a misura) che - in cambio di utilità economiche e di altra natura - avrebbe fatto eseguire abusivi accessi al sistema informatico strumentali ad acquisire notizie da comunicare a uno dei promotori dell’organizzazione criminale.

Le ulteriori indagini delegate al G.I.C.O. e al II Gruppo Tutela Entrate del Nucleo PEF Bari hanno consentito di accertare la presunta esistenza di un altro sodalizio criminale di carattere transnazionale, con base operativa in provincia di Bari, e attivo nell’illecita commercializzazione di oli lubrificanti, in evasione delle accise dovute all’Erario. In particolare, le Fiamme Gialle baresi avrebbero accertato numerose cessioni di basi lubrificanti - provenienti dall’est Europa - formalmente dirette, nella maggioranza dei casi, a società cipriote greche o maltesi, ma in realtà destinate in Italia ad uso autotrazione a favore di compiacenti imprese operanti nel settore della commercializzazione e della distribuzione stradale di carburanti, con una conseguente evasione di accise per oltre 2 milioni di euro. In tale secondo filone investigativo sono state ricostruite una pluralità di intestazioni fittizie di beni da parte di un esponente di spicco del clan Parisi di Bari in favore di terzi prestanome, scevri da precedenti di polizia e penali, al fine di eludere l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale da cui era stato in precedenza attinto. Ciò mediante la collaborazione professionale di 1 ragioniere commercialista e di 3 avvocati con studi a Bari e in provincia, tutti destinatari di misure cautelari personali.

Numerosi sono stati i riscontri operativi eseguiti, durante le indagini, dalla D.I.A. e dal Nucleo PEF Bari che hanno permesso di sottoporre a sequestro circa 186 kg. di sostanza stupefacente (tra cocaina e hashish), oltre 4,4 milioni di euro in contanti abilmente occultati nelle intercapedini artatamente ricavate nella muratura delle abitazioni nella disponibilità dei vertici dei sodalizi, nonché 43.000 litri di miscele lubrificanti destinati all’autotrazione in evasione delle accise.

Oltre alle misure cautelari personali, sono in corso di esecuzione sequestri di beni, tra i quali abitazioni di lusso, autovetture di grossa cilindrata, denaro contante, disponibilità finanziarie e compendi aziendali, del valore complessivo di oltre 18 milioni di euro.

Gli esiti della presente attività di indagine costituiscono un’ulteriore testimonianza del costante presidio di legalità esercitato da questa Procura della Repubblica/Direzione Distrettuale Antimafia - in stretta sinergia con il Centro Operativo D.I.A. e il Nucleo PEF Bari - per il contrasto al riciclaggio dei proventi illeciti e alle intestazioni fittizie di beni delle organizzazioni criminali, in grado di alterare le dinamiche e il corretto funzionamento del mercato.

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