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Circomare Vieste

Nella giornata odierna il Comandante dell’ Ufficio Circondariale Marittimo – Guardia Costiera di Vieste, T.V. (CP) Giuseppe Saverio ZACCARO, accompagnato dal Capo di 2^ classe Paolo DI LERNIA, hanno incontrato i bambini delle classi seconde della scuola statale primaria “Don Luigi Fasanella” di Vieste. Scopo della visita è stato quello di trattare tematiche afferenti la tutela del territorio e dell’ambiente marino, nonché illustrare e sensibilizzare i futuri protagonisti della società, con l’ausilio di materiale didattico, al rispetto dell’ambiente. Alla fine della conferenza impostata ad hoc per i piccoli alunni, i militari hanno dato dei consigli e dei suggerimenti sui comportamenti da adottare non solo in ambito famigliare (per esempio, il non versare negli scarichi domestici, olio utilizzato), ma anche nei luoghi pubblici (come, assicurarsi di lasciare pulita la spiaggia dopo aver trascorso una giornata al mare). Il breve ciclo di conferenze è stato profondamente voluto dalla scuola primaria in questione che ha subito incontrato il favore della Guardia Costiera di Vieste, nel trattare una tematica rientrante in uno dei compiti istituzionali del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera. E’ bene ricordare che, il modo per regalare ai fanciulli un ambiente più pulito, passa dall’impegno che ciascun cittadino pone nell’adottare quei piccoli gesti quotidiani volti a salvaguardare l’ambiente, quali, per esempio, la raccolta differenziata dei rifiuti ed il risparmio energetico. Come cita un noto scrittore peruviano, “ogni individuo ha il potere di fare del mondo un posto migliore”.

 

Si propone, per la prima volta alle classi seconde il giorno 15 febbraio 2019 un concorso tra gli addetti ai servizi di Accoglienza turistica.
Alla competizione parteciperanno allievi e una giuria composta da esperti del settore.
L’obiettivo primario della manifestazione è quello di favorire l’integrazione e la socializzazione tra tutti gli alunni, permettendo a ciascuno studente di sentirsi parte integrante del gruppo, valorizzato e sostenuto nelle sue difficoltà. Si mira al raggiungimento di altri obiettivi, quali:
Riuscire a valorizzare le differenze, coinvolgendo l’intero gruppo classe nella preparazione all’evento;
Coinvolgere in maniera significativa i diversi attori presenti sul territorio, quali gli enti pubblici e privati;
Valorizzare la figura dell’operatore dell’accoglienza turistica.
Il concorso sarà articolato nel seguente modo:una prova di check-in e una prova di Back Office.
Il progetto formativo ha lo scopo di sensibilizzare tutti gli alunni,
Allo stesso tempo, l’allievo potrà essere supportato “imparando dall’altro” e “imparando con l’altro”!
Perché la missione della scuola è quella di condurre tutti gli studenti al successo formativo, avvalendosi di diverse strategie, allo scopo di andare incontro ai diversi stili di intelligenza e di consentire a ciascuno di dare il meglio di sé non solo in ambito scolastico ma lungo tutto l’arco della vita professionale.

Doppio l’appuntamento: alle 17 l’incontro tra Crepet e gli operatori del mondo della scuola, i genitori e gli studenti; alle 20.15 lo spettacolo “Passione”, in cui la voce del grande psichiatra si alterna alla musica di Dino De Palma al violino e Claudia D’Ippolito al pianoforte

Si torna nella meravigliosa cornice del Cineteatro Adriatico di Vieste per un doppio appuntamento con Paolo Crepet, stella della psichiatria e scrittore.

Nella prima parte dell’evento, che si terrà giovedì 14 febbraio a partire dalle 17, Crepet incontrerà gli operatori del mondo della scuola, i genitori, i cittadini e gli studenti per il seminario “Educare, una sfida per il futuro”. Un seminario organizzato dal Comune di Vieste in collaborazione con l’Associazione Musica Civica e l’Istituto Comprensivo “Rodari-Alighieri-Spalatro”.

Si continua alle 20.15 con il secondo spettacolo della rassegna Musica Civica 2019, organizzato in collaborazione con l’Associazione Nuova Diapason di Vieste, in cui il palcoscenico si colora di passione con l’omonimo spettacolo in prima esecuzione assoluta in Puglia.

Cos’è la passione? Crepet ne parlerà illustrando quanto sia importante invocarla, provocarla e raccontarla, soprattutto ai giovani, fagocitati dalle nuove tecnologie, magnifici rallentatori che rendono tutto possibile senza sforzo. La passione invece è sacrificio immenso, è sfida che permette di migliorarsi e sognare, è testardaggine, coraggio, libertà, è un traghetto meraviglioso che riesce a portare verso la speranza di una vita stupefacente. Non è un viaggio facile, non è nemmeno per tutti. È un viaggio solo per i più coraggiosi che, nel giorno della festa degli innamorati, amanti dell’amore e della vita, verrà raccontato da Paolo Crepet e dalla musica coinvolgente del violino di Dino De Palma e del pianoforte di Claudia D’Ippolito. Attraverso le magiche note di brani come lo Scherzo di Brahms, il Notturno in do diesis minore di Chopin, la Danza Macabra di Saint- Saëns, il medley operistico, lo spettacolo accompagnerà gli spettatori in un percorso in cui parole e musica si alternano per far riflettere ed emozionare.

L’ingresso ai due eventi è libero.

Concorso Barman

Oggi 8 febbraio 2019 IV concorso scolastico di Barman Junior,un convegno organizzato dall’IPSSAR MATTEI di Vieste in collaborazione con la Polstrada Sez.di Vieste e la partecipazione dell’A.I.B.E.S.Sez.Puglia e Basilicata.Il convegno ha avuto inizio nell’aula magna dell’istituto con l’informativa sull’alcol test e gli effetti sul corpo umano a cura del Dott.Mancini Michele.Al termine ha avuto inizio un Master A.I.B.E.S.  Con una giuria che ha selezionato i vincitori della competizione. I concorsi e le gare di cocktail sono momenti di crescita professionale per i barman. Punti d’incontro di culture, arte e creatività legate al buon bere e occasioni per arricchire il proprio bagaglio tecnico e spirituale

Con il confronto si cresce e si migliora l’autostima 

Il barman va premiato: per la presenza e la divisa; per la tecnica, lo stile, la classe e la professionalità; per il gusto e la ricetta, che denotano conoscenza della materia prima e creatività; per la cultura merceologica, quella vera, non quella legata alla promozionalità.

Il lavoro del Barman non è fondato sul business, per fortuna e non deve essere fine a se stesso.

Tiziana Vescera

 

di Michele Eugenio Di Carlo*

Leggo che il Comune ha intenzione di sostituire le palme in una delle vie centrali della città di Vieste, corso Lorenzo Fazzini,  e che ha deciso di  rendere partecipi della scelta delle nuove essenze arboree i cittadini tramite un sondaggio.

Ero già intervenuto sulla decisione di inserire nell'arredo urbano di alcuni viali di Vieste, durante l’estate del 2017, il maestoso leccio (Quercus ilex), indicandola come una scelta rispettosa della storia e della cultura del paesaggio del Gargano e dell’intero meridione d’Italia.

E intendo partecipare anche in questa occasione, riproponendo alcune delle tematiche che avevo apportato nel definire felice quella scelta dell’estate 2017.

Emilio Sereni, agronomo, scrittore, politico, storico dell'agricoltura e del paesaggio, nel dare alle stampe la Storia del paesaggio italiano nel 1961, sollecitato dall'interesse di un vasto pubblico di lettori, tra i quali studiosi e ricercatori di varie discipline, auspicava che attorno agli studi sulla storia del paesaggio agrario italiano si concentrasse l'attenzione e l'interesse di un nutrito nucleo  di studiosi e ricercatori locali che potesse rendere compiuto e circostanziato, territorio per territorio, quando egli aveva reso solo in forma sintetica e sommaria. Appunto per venire incontro alle attese di Sereni – consapevoli della complessità di una materia che richiede competenze specialistiche in diversi campi di studio – numerosi studiosi, spinti da fervida passione, hanno cercato di materializzare il paesaggio naturale ed agrario di vaste aree geografiche italiane, facendolo emergere le diverse stratificazioni storiche ed ambientali succedutesi dalla fine dell'ultima glaciazione fino ai limiti temporali odierni.

Ma un lavoro di studio e di ricerca del genere potrà considerarsi gratificante solo quando amministratori e istituzioni, attenti agli interessi pubblici e impegnati in una seria politica di tutela dei beni culturali,  faranno uscire i nostri territori, pur ricchissimi di storia millenaria, da quell'incultura diffusa per cui - come scrive Franco Cambi nel Manuale di archeologia dei paesaggi - spesso « i visitatori entrano in contatto con le storie che si sono succedute in un determinato contesto, ma il contatto è, sovente, circoscritto alle mura del museo o ai limiti del sito o del parco archeologico, e non è semplice percepire i paesaggi cronologicamente corrispondenti ai monumenti e agli oggetti visti. All'esterno si ripropongono invariabilmente, forme di cesura incolmabili, rappresentate da iniziative urbanistiche ed economiche incaute e spesso inutilmente violente, mirate sempre al consumo non rinnovabile di ampie superfici di territorio,talvolta al profitto, quasi sempre alla pura rendita».

Come non considerare di pura rendita, ma del tutto negativa in funzione degli interessi comuni, la totale o quasi distruzione dei paesaggi antichi costieri del Gargano, ricchi di vegetazione pregiata e di villaggi neolitici, i cui pochi resti ancora oggi resistono del tutto confusi e ignorati nel bel mezzo di una cementificazione selvaggia della costa, i cui fautori hanno volutamente ignorato la grande occasione di considerare Vieste e il Gargano un polo di sviluppo turistico non solo balneare, ma soprattutto culturale. Una valenza culturale ampia e documentata che, riscoperta e valorizzata, avrebbe prodotto una forte attrattiva verso una clientela colta e specializzata di livello internazionale, elevando la nostra offerta verso un'ospitalità differenziata e variegata, capace di attrattiva costante durante l'intero arco dell'anno.

In questi antichi paesaggi costieri post glaciali predominava il leccio, quando il pino d'Aleppo, che diventerà prezioso per la pece, l'olio di fumo, la trementina, la palimpissa e la rosapina, non era ancora stato rilevato.

Vincenzo Giuliani, nelle “Memorie storiche della città di Vieste”, parla spesso del leccio del Gargano, ma essendo questo splendido albero già descritto da tanti noti botanici suoi contemporanei, preferisce dilungarsi su un altra bellissima nostra essenza arborea da rivalutare: il corbezzolo, i cui frutti «fan girare la testa, per essere di difficile digestione, come fa il vino bevuto in quantità, si dicono da' nostri paesani ubriachelle e gangole».

Sulla fama del leccio, quercia sempreverde, rustica e longeva, robusta e maestosa, antica e avvolta da mille leggende, Giuliani aveva ragione. Già Plinio aveva riferito di un leccio antico, venerato dagli Etruschi sul colle del Vaticano. E nei suoi Detti, il beato Egidio, compagno di S. Francesco, scriveva che Cristo preferiva il leccio da cui proveniva il legno della Croce.

Sul Gargano c'è una venerazione quasi mistica, ancestrale, dei lecci da parte dei vichesi, tanto che dopo 400 anni il «patriarca» di fra Nicola domina ancora il piazzale del convento dei Cappuccini, accudito da mille cure e adorato come uno dei più preziosi tesori naturalistici della Puglia. Non a caso lo scienziato della Vico settecentesca, il frate Michelangelo Manicone, a proposito dell'etimologia di Ischitella, parlava di una genere di quercia, l' ischio, - solo più tardi classificato con certezza - che ben rappresenta le virtù e le preziose risorse bio-climatiche dell'intera famiglia delle querce: « Or l'ischio mette profondamente le sue radici, è più alto del faggio e 'l suo tronco è più grosso di quello della quercia. La sua ghianda è un cibo, cui son ghiotti i maialj, e che più grassi li rende, e di miglior sapore. Il suo legno sodo e fitto è servibile ad ogni edifizio, e lavoro, in cui richiedasi solidità. Finalmente l'ischio è così fermo, che sta forte contro ad ogni furia de' venti […] Molti Eruditi avvisano, che le ghiande fossero alimento degli Aborigeni, che perciò questi popoli furono detti Mangia-ghiande, e che prescelsero per tal cibo le ghiande d'ischia, perché più dolci di tutte le altre sorte di ghianda».

Carpino e Ischitella hanno saputo proteggere i loro splendidi faggi e  lecci con una riserva naturale biogenetica statale di 300 ettari, attraversata dal torrente Romondato, distesa in direzione del lago di Varano, ricca di una fauna prevalente di caprioli,  gatti selvatici, ghiri, faine, tassi, volpi, lepri, cinghiali.

Non sembri e non si creda, quindi, che la semplice scelta di inserire il leccio - anche eventualmente il corbezzolo, il mirto, il carrubo, l'ischio di Manicone - nel contesto urbano di Vieste e degli altri paesi del Gargano non abbia una valenza di ampia portata culturale e storica.

Ah! Dimenticavo: «Gli Aborigeni del Gargano?»

Ma questa è già un'altra storia.

*Storico del paesaggio della Capitanata

di Michele Eugenio di Carlo

Si ricomincia a parlare di ispezioni sismiche del nostro mare finalizzate all’installazione di pozzi per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi.

Chi nel passato si è battuto contro queste ispezioni sismiche – e la speranza è che tra questi si possa ancora annoverare chi che nel frattempo si è seduto nei banchi del governo – continua a sottolineare che non sono stati presi in considerazione elementi fondamentali quali la posizione geografica, la bellezza della costa adriatica, le conseguenze sociali ed economiche a lungo termine, la qualità scarsa del petrolio presente, la possibilità di probabili forti impatti ambientali quali subsidenza, scoppi di pozzi, dispersione nel mare di rifiuti speciali, anche tossivi.  Come già ampiamente documentato da autorevoli studi scientifici il petrolio dell’Adriatico non è di buona qualità.

I rilevamenti geosismici si basano su fenomeni di riflessione e di rifrazione delle onde elastiche generate da una sorgente artificiale. Per questo tipo di rilevamenti sono necessari tre elementi principali: una nave, dotata di tutte le apparecchiature necessarie per il rilevamento e l'analisi dei dati raccolti; gli idrofoni per la ricezione delle onde sonore propagate nell’acqua da una sorgente che spesso è basata su una tecnologia (air gun) che utilizza l’aria compressa con produzione di esplosioni mediante micidiali bolle d’aria che si propagano nell’acqua secondo precise leggi fisiche.
L'onda prodotta, propagata e riflessa dall'acqua, è monitorata dagli idrofoni, trasmessa, misurata e registrata da particolari dispositivi a bordo della nave che informano sulla costituzione e sulla natura degli strati rocciosi.

Gli effetti devastanti sulla vita della fauna acquatica si manifestano con mortalità elevate nelle immediate adiacenze degli spari e, comunque, con danni permanenti a vari apparati degli animali colpiti con conseguenze facilmente immaginabili sulla vita di relazione e sulla capacità di sopravvivenza in un sistema ampiamente competitivo come quello acquatico. Le specie interessate non sono solo i mammiferi marini, soggetti maggiormente sensibili, ma anche pesci, tartarughe e invertebrati. In particolare, si riscontrano cambiamenti nel comportamento, elevato livello di stress, indebolimento del sistema immunitario, allontanamento dall'habitat, perdita dell'udito temporanea o permanente, morte o danneggiamento delle larve di pesci ed invertebrati.

Vasta la letteratura scientifica che addebita ai dispositivi “airgun” lo spiaggiamento in tutto il mondo di tartarughe, balene, delfini, rendendo chiara l’idea di un mondo aggredito da scelte, progetti, comportamenti non ulteriormente sostenibili.

I danni all’ecosistema, durante lo scavo del pozzo esplorativo, sono accertati da una vasta letteratura scientifica. L’«Enviromental Protection Agency» (EPA) ha rilevato nei fluidi perforanti a base di acqua anche la presenza di metalli quali mercurio, arsenico, vanadio, piombo, zinco, alluminio, cromo, oltre a arsenico, benzene, toluene, xylene. Peraltro, la trivellazione del sottosuolo comporta spesso quale sostanza di risulta acqua miscelata a sostanze oleose con concentrazioni rilevanti di rame, cadmio,cromo, rame, nickel, piombo, zinco, berillio, ferro, bario, nonché isotopi 226 e 228 del radon, gas comunemente riconosciuto come radioattivo.

Oltre agli aspetti etici, ambientali e naturalistici, intesi come necessità e responsabilità di conservare le migliori condizioni per favorire la biodiversità, non sono considerate le esigenze economiche dell’attività di pesca che si svolge lungo tutto l’Adriatico e che per vari altri fattori, legati a problemi di inquinamento del mare e a eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche, soffre già di una crisi forte e prolungata nel tempo che rischia di lasciare a casa migliaia di lavoratori.

Le aree protette e di particolare pregio ambientale, naturalistico, paesaggistico, storico, culturale che sono state istituite e riconosciute lungo la costa interessata dall’area a nord di Rimini fino a Santa Maria di Leuca sono le seguenti da nord a sud:

  • Parco nazionale: Gargano;
  • Parchi regionali (aree terrestri, fluviali, lacustri e da tratti di mare prospicienti la costa, che individuano gli assetti naturalistici dei luoghi, i valori paesaggistici e artistici, le tradizioni culturali delle popolazioni locali): Delta del Po, Conero, Fiume Ofanto, Dune costiere da Torre Canne a Torre S. Leonardo, Salina di Punta della Contessa, Costa Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase;
  • Riserve naturali statali (aree terrestri, fluviali, lacustri o marine contenenti almeno una specie faunistica o floristica naturalisticamente rilevante, nell’ambito di ecosistemi importanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse genetiche): Dune e isole della sacca di Gorino, Po di Volano, destra foce fiume Reno, duna costiera porto Corsini, pineta di Ravenna, duna costiera ravennate e foce torrente Bevano, salina di Cervia, pineta di Santa Filomena, Lago di Lesina, Isola Varano, Ischitella e Carpino, salina di Margherita di Savoia, Torre Guaceto, San Cataldo, Le Cesine;
  • Riserve naturali regionali: calanchi di Atri, lecceta di Torino di Sangro, punta Aderci, salina punta della Contessa, Bosco Cerano;
  • Aree marine protette (tratti di mare, costieri e non, in cui le attività umane sono parzialmente o totalmente vietate): Torre del Cerrano, Isole Tremiti, Torre Guaceto.

Sono inoltre centinaia i monumenti naturali, i parchi suburbani, i parchi provinciali, le oasi di associazioni ambientaliste (WWF, Pro Natura, LIPU) riconosciute come aree naturali protette, e innumerevoli i siti appartenenti alla «Rete Natura 2000», considerati di grande valore in quanto habitat naturali dagli eccezionali esemplari di fauna e flora, istituiti nel quadro della “direttiva habitat”, al fine di preservare specie ed habitat per proteggere la biodiversità nell’ambito del territorio dell’Unione europea, tenendo in conto gli aspetti economici, sociali e culturali locali e regionali nel quadro di uno sviluppo sostenibile.

Il mare Adriatico deve essere difeso dall’attività estrattiva del petrolio, come deve essere tutelata la sua immagine di territorio che vuole avviarsi verso uno sviluppo sempre più sostenibile.

    

 

Il nuovo anno, per i militari dell’Ufficio Circondariale marittimo di Vieste, è iniziato nei migliore dei modi. Nella mattina del 01 gennaio, rispondendo prontamente ad una segnalazione pervenuta presso la Sala Operativa del Comando in intestazione, si sono recati sull’arenile di S. Lorenzo per recuperare un’esemplare vivo di “Caretta Caretta” spiaggiatosi e riportante alcune ferite sul cranio. Si è proceduto a notiziare nell’immediato il Centro di Recupero tartarughe – Legambiente di Manfredonia (che collabora col progetto europeo Tartalife) e contemporaneamente, portare la specie protetta al caldo presso gli Uffici della Guardia Costiera in attesa dell’arrivo del Dott.Furii, veterinario del centro sopraenunciato. Giunto sul posto, lo stesso ha individuato età e sesso della tartaruga, esemplare femmina di circa vent’anni che è stata trasportata per le cure dovute e necessarie presso il centro di recupero. Come in questo caso, si invita la cittadinanza a comunicare prontamente al Comando della Guardia Costiera eventuali avvistamenti di questi esemplari. Un modo per garantirne la salvaguardia.

 

Il Gargano e la Capitanata non furono isole felici nel bel mezzo dei cicloni tempestosi dell’epoca, anzi il governatore Bardesono  parlerà di condizioni di sfruttamento dei contadini e dei braccianti peggiori di quelle a cui erano sottoposti in America gli schiavi negri.

A Vieste la rivolta iniziò il 3 gennaio in una giornata di pioggia, quando verso le ore 22 un tale Giulio Notarangelo cominciò a inneggiare ad alta voce il nome di Francesco II. In meno che non si dica, nella piazza del «Fosso», si riunirono circa un migliaio di persone che urlavano a squarciagola: «Viva Francesco». Il sindaco Alfonso Perrone, presente a quell'ora nella sede del «Giudicato regio» insieme al nuovo giudice regio Antonio Mascia, lo invitò a intimorire un gruppo di giovani che intorno alle 23 percorrevano le strade cittadine in segno di protesta. Il giudice, sceso in strada, minacciò di chiamare la forza pubblica. Le voci si rincorsero immediatamente determinando uno spavento generale che calmò gli animi più esacerbati.

Altri tumulti si verificarono nei giorni 4 e 5 gennaio. Il giorno 6 gennaio, il «popolaccio», rilevato che le manifestazioni precedenti non avevano sortito conseguenze e constatato che la sede del corpo della Guardia Nazionale era sguarnito per evidenti timori da parte dei militi, prevedendo che nessuna forza avrebbe raggiunto Vieste dall’esterno, ne assalì la sede prelevando un cannone, distruggendo i quadri di Vittorio Emanuele e di Garibaldi, togliendo e buttando via i simboli dei Savoia. La situazione divenne tale che i possidenti il giorno successivo, prima del ritorno dalla campagna dei contadini, decisero di concentrarsi armati nella sede della Guardia Nazionale per fermare la sommossa che avrebbe pregiudicato anche la loro incolumità fisica.

Il Perrone, autore di un Memorandum,non terrà mai in dovuto conto – quali moventi degli  stravolgimenti politici e sociali in atto – le profonde condizioni di miseria delle masse subalterne, quasi le considerasse del tutto naturali e scontate; oltretutto, egli confidava nella dura repressione delle forze dell’ordine nei confronti dei contadini, visti e considerati quasi sempre come un pericolo e una minaccia.

Lo stesso non ebbe mai piena consapevolezza che l’estrema situazione di disagio in cui versavano i veri liberali era il risultato della politica cavouriana: pregiudiziale nei confronti dei democratici e conciliatoria nei confronti dei borbonici.

Infatti, anche a Vieste si possono riscontrare gli effetti e le conseguenze della politica moderata di eliminazione dell’esercito meridionale e di costituzione della Guardia Nazionale, entrambe finalizzate allo scopo di dar concretezza alla politica conciliatoria nei confronti dei borbonici.

Com'è palese, alle prime difficoltà la Guardia Nazionale abbandonò il posto di guardia per paura. Si può senz'altro presumere che atteggiamenti del genere, diffusi e praticati ovunque, siano da imputarsi alla scarsa organizzazione e alla superficiale preparazione dei militi stessi, ma non si può prescindere dall’ipotizzare che tali atteggiamenti siano stati anche la conseguenza della presenza voluta, e consentita, di molti elementi borbonici dediti al doppio gioco quando non al vero e proprio spionaggio.

Dal testo Vieste e la Daunia nel RisorgimentodiMarco Della Malva si apprendono ulteriori particolari, compreso quello che l’11 gennaio il maggiore Michele Cesare Rebecchi rendeva noto al vice governatore di aver attaccato Vieste via mare e via terra ristabilendovi l’ordine e proclamandovi lo stato d’assedio, avendovi ravvisato lo stato di incitamento alla guerra civile, la proclamazione del caduto governo, l'attacco e la resistenza alle forze nazionali, vari tentativi di saccheggio.

 

Un anonimo, estensore di un manoscritto, ha descritto genericamente i fatti accaduti nei giorni 3, 4 e 5 gennaio, polemizzando tuttavia aspramente con il comportamento di Alfonso Perrone e di altri liberali, colpevoli – a suo dire – del mancato merito dato alla Guardia Nazionale locale che aveva domato la rivolta; della venuta della Guardia Nazionale di Monte Sant'Angelo al comando del maggiore Rebecchi; della proclamazione dello stato d’assedio; degli incidenti avvenuti tra i montanari e i popolani, che avrebbero contribuito ad acuire l’odio nei confronti dei possidenti liberali; dei contatti tra militi montanari e borbonici, che avrebbero poi favorito lo svolgimento dei tragici avvenimenti del 27 e 28 luglio, quando i briganti sarebbero entrati  in Vieste.

Queste le parole scritte a proposito dall’Anonimo:

«Questa reazione fu sedata da un’imponente dimostrazione della Guardia Nazionale, alla quale non rimase alcun merito, per l’imprudenza del funzionante Sindaco di quei tempi Alfonso Perrone, che provocò dietro suo rapporto al Governatore… l’ordine di venuta ad una Colonna di Montanari, comandata dal Sig. D. Michele Cesare Rebecchi di MonteSantangelo. Non l’avesse mai fatto, né che il Rebecchi fosse venuto, come venne, se non altro sarebbe stato una scusa di meno ai fatti atroci che in prosieguo dovevano perpetuarsi da un buon numero di gente anche di questa colonna, che congiurò assieme alla feccia dei Viestani, come vedremo in appresso. E la scusa fu che la colonna e chi la comandava, onde rialzare lo spirito dei liberali, per assecondare sempre le vedute imprudenti di voluti liberali conigli, concertarono assieme con Alfonso Perrone, Carlantonio Nobile, Vincenzo Medina, Carlo Bosco, di dare un tono al Paese (frasario di questi Signori) ed apprendesi in che modo».(da Successe il ventisette  a cura del Centro di Cultura «N. Cimaglia» di Vieste)

Ancora una volta si ha il riscontro che la politica moderata di conciliazione, permissiva nei riguardi dell'arruolamento di ex borbonici nella Guardia Nazionale, aveva comportato effetti devastanti: pur di avversare i democratici e gli autonomisti, i liberali monarchici erano disposti a perdere il Sud.

In ogni caso, anche la rivolta di Vieste sembra attestare in maniera inconfutabile la decisa avversione popolare contro l'aggressione militare dei Savoia e il fortissimo legame che univa il popolo a Francesco II di Borbone e all'eroica regina Sofia

Tratto da “CONTADINI E BRIGANTI NEL GARGANO DEI BRIGANTI”. Con disponibilità immediata su Amazon:

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Oggi l’Ipssar Mattei di Vieste ha vissuto una giornata pregna di contenuti, emozioni. Sono state assegnate due borse di studio : Salvatore Palumbo e Michela Ruggieri, nell’ambito di una manifestazione che ha visto come ospiti :la dott. ssa Anna Cammalleri , dirigente dell’ufficio scolastico regionale della Puglia , il dott. Maurizio Alloggio , presidente dell’associazione ifun , di Foggia e Anna Tamburrano referente della Onlus I bambini di Antonio Gallo. Coordinatrice dell’evento è stata la prof.ssa Gianna Lucatellii. La giornata ha vissuto dei momenti di notevole intensità :ci sono stati gli interventi dei relatori che fanno avuto come oggetto la solidarietà, vissuta a vari livelli , il dirigente Paolo Soldano ha evidenziato l’importanza del tema ringraziando le famiglie Palumbo e Ruggieri/Di Rodi per aver permesso ciò e la dott. ssa Cammalleri per il suo pregevole intervento .Degni di nota sono stati altresì i contributi della referente della onlus i bambini di Antonio Gallo che ha fatto visionare un filmato contenente tutti le opere di vario genere che l’associazione è riuscita a mettere in campo in Uganda grazie ai volontari e alle offerte . Il dott. Alloggio , presidente di un’associazione di genitori con figli autistici ha evidenziato una serie di attività che si potrebbero svolgere con questi ragazzi facendo emergere le qualità presenti in ognuno di loro. Successivamente sono stati premiati con la borsa di studio Salvatore Palumbo due fratelli Mattia e Leonardo Luciani per aver profuso impegno ed essere corretti, educati e disponibili con i loro amici e docenti e un’intera classe , la IV Sala Vendita sez. B per aver fatto si che la persona diversamente abile, presente all’interno della classe divenisse una risorsa per la stessa . La borsa di studio Michela Ruggieri è stata assegnata al convittore e convittrice dell’anno Domenico Morrone e Maria Carapellese, alunni eccellenti sia dal punto di vista umano che didattico. Il fil rouge che le unisce è la solidarietà . Salvatore Palumbo è stata una bella persona , i genitori dopo la sua morte avvenuta a causa della Distrofia muscolare , non si sono chiusi nel dolore ma hanno aperto il loro cuore;dando un contributo ad alunni particolarmente sensibili nei riguardi dei propri compagni in difficoltà o ai ragazzi diversamente.Michela Ruggieri è stata una docente dell’Ipssar, la sua vita è stata vissuta all’insegna della solidarietà e dell’amore nei riguardi del prossimo. La famiglia, dopo la sua scomparsa , ha inteso finanziare una borsa di studio.Nella seconda parte della manifestazione gli alunni dell’ Ipssar coadiuvati dai docenti tecnico pratici di Cucina e Sala Vendita hanno preparato e servito un buffet che ha confermato , se mai ce ne fosse stato bisogno , le notevoli capacità professionali della famiglia Ipssar.Per concludere non possiamo che invitare gli alunni ad impegnarsi per raggiungere questi traguardi umani nonché professionali.

 

I cimaglia nella capitanata del settecento al tempo dei borbone

(Introduzione al testo “La Capitanata al crepuscolo del Settecento”, parte II)

di Michele Eugenio Di Carlo

Benedetto XIV, al secolo Prospero Lambertini, bolognese dalla proverbiale cordialità, - come già ricordato -, alla morte di Clemente XII, avvenuta nel 1740,  si era proposto con parole semplici ad un conclave che, perdurante da sei mesi, dettava scandalo: «Volete un buon uomo? eleggete me».

Benedetto XIV, tuttora unanimemente riconosciuto come il cardinale Roncalli del Settecento, anche perché sicuramente convinto che la Chiesa dovesse rinunciare ai diritti temporali al fine di favorire la sua rinascita spirituale, teneva il vescovo della diocesi di Vieste, Niccolò Cimaglia, in alta considerazione. La stessa considerazione di cui godeva l’altro garganico illustre, Celestino Galiani, Cappellano Maggiore e protagonista del Concordato con la Chiesa del 1741.

Pasquale Soccio, nota l'analogia nelle carriere dei due, entrambi celestini e docenti a Sant'Eusebio in Roma, uno dei principali centri italiani di diffusione dei Principia di Isacco Newton, e finisce per chiedersi se non ci sia stato uno scambio di vedute tra i due docenti garganici. Un interrogativo che Soccio si pone anche per meglio comprendere quali influenze culturali il vescovo Cimaglia abbia trasmesso ai nipoti: Natale Maria, Domenico Maria, Vincenzo, illustri ai loro tempi benché dopo coperti dalla coltre dell'oblio.

Vincenzo Maria Cimaglia, riemerge dalle tenebre grazie alla tesi di laurea discussa da Anna Maria Acquafredda presso l'Università degli Studi di Napoli, pubblicata nelle parti essenziali nella seconda parte de «I Cimaglia del ‘700». Il suo multiforme estro e la sua variegata vivacità intellettuale lo portano a scrivere tragedie, commedie e melodrammi che gli valgono onori, elogi, riconoscenze oltre la platea nazionale, pur essendo militare di carriera. Da ufficiale della Reale Marina, nonché direttore degli Studi della Reale Accademia, scrive il «Trattato completo di tattica navale», un'opera «presente in tutte le pubblicazioni militari dove viene considerata come il più valido testo per la formazione degli Ufficiali della Reale Marina»[i][1].

Il padre di Vincenzo, nonché fratello del vescovo Niccolò, Orazio Cimaglia, era nato a Vieste il 2 febbraio 1710. Sposatosi nel 1734 a donna Orazia Abbenante, avrebbe avuto dal matrimonio quattro figli: Natale Maria, Giuseppe, Domenico e Vincenzo.

Quando il Principe di Tarsia, nell'avanzare la temeraria pretesa di cavillosi nonché asfissianti diritti feudali, avversi all'esercizio degli usi civici cui le classi sociali subalterne godevano “ab antiquo”, provocò una grave crisi economica alla città regia di Vieste, Orazio assunse la difesa procurandosi la simpatia del Vicario del Regno che lo nominò Avvocato dei Poveri per la giurisdizione di Puglia. Il Re stesso, Carlo di Borbone, «più volte e con vari riconoscimenti lo apprezzò e lodò per le tante cause che difese con fedeltà, costanza, rigore di giudizio ed energia finanche contro di Lui e contro suo figlio Ferdinando IV»[2].

Nel 1739, per curare con maggiore assiduità le numerose dispute legali a tutela dei tartassati, e quasi sempre soccombenti, locatari più piccoli presso il tribunale della Dogana, ma anche per assicurare una dignitosa preparazione culturale ai figli Natale Maria e Giuseppe,  Orazio si trasferisce a Foggia inserendosi pienamente nel contesto sociale e culturale.

Il primo figlio di Orazio, Natale Maria Cimaglia, nato a Vieste nel 1735, pur trasferitosi in tenera età con la famiglia a Foggia, sarà l'unico a rimanere sempre in contatto con la terra natale. Nella pubblicazione «I Cimaglia del ‘700», Natale Maria Cimaglia[3] risorge a nuova e più splendente luce, tratteggiato magnificamente da Carlo Oliva nella «Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli»[4] che, edita nel 1814, attesta da subito la grande personalità e la somma rilevanza dell'uomo che, accusato ingiustamente, dovette rinunciare al Ministero di Grazia e Giustizia che il Sovrano aveva in mente e nel cuore di serbargli.

Pasquale Soccio non ha alcun dubbio sul valore dell'attività storico-politica di Natale Maria Cimaglia, mettendone in evidenza la cultura illuministica e ritenendolo ideale discepolo di Pietro Giannone quanto a mentalità anticurialistica, ma Natale è anche profondamente sensibile alle tematiche sociali, attento alle condizioni di vita estreme e precarie di contadini e braccianti in una società ostinatamente feudale.

E per ultimo, Domenico Cimaglia[5], che ne «I Cimaglia del '700»  viene richiamato da Vito Masellis, autore del testo  «Riforme economico-sociali nel Mezzogiorno d'Italia (documenti inediti dal 1775 al 1798»), edito dall' Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano a Roma nel 1975, nel «Dizionario Biografico degli Italiani»  della Treccani.

Domenico aveva acquisito i natali a Foggia nel momento stesso in cui l'intera famiglia vi si era trasferita. Avrebbe compiuto gli studi di economia e diritto a Napoli, dove era stato introdotto dal fratello Natale Maria nei circoli culturali illuministici, formandosi nell'ambiente dei riformatori economici del tempo.

Nel 1766 succede al fratello Natale Maria nella carica di avvocato dei poveri  presso il tribunale della Dogana  e svolge la professione a Foggia. Come avvocato dei poveri, difende i locatari più piccoli dei pascoli del Tavoliere dagli abusi e dai soprusi ai quali erano soliti soggiacere, soccombendo il più delle volte. Diventa così fine conoscitore e estimatore delle problematiche pastorali e agricole connesse all'antiquato regime fiscale legato all'istituto della Regia Dogana di Foggia.

Frequentando l'ambiente intellettuale riformistico, le cui personalità più illustri  rispondevano a nomi quali Giuseppe Palmieri, Ferdinando Galiani, Gaetano Filangieri, Melchiorre Delfico, Mario Pagano, Domenico e Francescantonio Grimaldi e – noti per le drammatiche inchieste tratte dai loro viaggi in Puglia – Giuseppe Maria Galanti e Francesco Longano, Domenico Cimaglia giunge alla conclusione che le carenze nello svolgimento delle attività agricole nel Tavoliere di Puglia e l'uso non appropriato economicamente della pratica pastorale vanno affrontate in maniera decisa e radicale.

Pertanto, espone nel 1783 un chiaro progetto di riforma nel testo «Ragionamento sull'economia… » , proponendo l'abolizione dell'istituto della Regia Dogana di Foggia e la censuazione dei demani.

Non sarà il solo Masellis ad assegnare un ruolo determinante nell'abolizione del sistema doganale di Foggia a Cimaglia. Infatti Tommaso Nardella, in una nota del saggio dedicato a Giuseppe Poerio[6], affermerà che Cimaglia «sostenne l'urgenza di censuare le terre del Tavoliere che gran vantaggio economico avrebbero arrecato ad agricoltori ed allevatori trasformandoli da affittuari in proprietari» e, soprattutto, ancora più chiaramente e incisivamente di Masellis, parla di «un lungimirante progetto  che poi avrebbero realizzato i Napoleonidi», ponendo su un piano superiore le tesi e le proposte di Domenico Cimaglia[7].

L'influenza politica, sociale, culturale di Domenico Cimaglia si può cogliere appieno ne «Il Giornale Patrio Villani», curato da Pasquale di Cicco; infatti, vi si legge che Giuseppe, dopo aver ottenuto il 30 marzo 1806 dal fratello Napoleone la nomina a re delle Due Sicilie, si reca a Foggia e il giorno 8 maggio trova ad accoglierlo alle porte della città Domenico Cimaglia: «Si son fatte avanti le carrozze e per mezzo di don Domenico Cimaglia han fatto prestargli i dovuti omaggi. S.M. anche ha parlato loro e dopo un evviva di tutti ha ripreso il cammino…  »[8].

Le leggi eversive del 1806 avrebbero decretato, nello stesso tempo, la fine di un Medioevo tardivamente arroccato al di fuori dei suoi tempi storici e la scomparsa di un mai compianto mondo feudale.

Una nuova classe, quella borghese, si sarebbe fatta avanti, acquisendo i vizi e consolidando nel tempo i privilegi che avevano osteggiato nel passato. I borghesi, che avevano mal sopportato la prepotenza baronale, da qui in poi avrebbero cominciato a non tollerare l'insolenza di quel miserabile mondo contadino e bracciantile reclamante diritti e migliori condizioni di vita.

Ma, come spesso accade, «fatta la legge, trovato l'inganno».

Potevano i grandi locatari abruzzesi, i nobili baroni di antica e consolidata tradizione feudale, i cardinali, i vescovi e gli abati dalle lussuose residenze sottostare tacitamente alla soppressione di privilegi e vizi secolarizzati?

Dopo le leggi eversive, abolita la Regia Dogana di Foggia, Domenico Cimaglia «venne da Gioacchino Murat nominato presidente della Grande Corte Criminale di Trani ove morì il 1 ottobre dell'anno successivo»[9].

Con Casimiro Perifano, nei suoi «Cenni storici su le origini della città di Foggia... », al capitolo ottavo intitolato «Carlo Quinto. Viceré. Uomini illustri sino ai tempi nostri» (e siamo solo al 1831), Domenico Cimaglia, celebre in vita, risulta ancora ben presente nella memoria storica della città, grazie ai suoi meriti indiscussi.

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[1] A.M. ACQUAFREDDA, Vincenzo Cimaglia, in AA.VV. I Cimaglia del 700, cit., p. 44.

[2] M. SIENA, Orazio Cimaglia in AA.VV. I Cimaglia del 700, cit., pp. 76-77.

[3] C. OLIVA, Natale Maria Cimaglia , Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, in AA.VV. I Cimaglia del 700, cit., pp. 83-86.

[4] C. OLIVA, Natale Maria Cimaglia, Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli,  Napoli,  Ed. N. Gervasi, MDCCCXIV.

[5]  V. MASELLIS, Domenico Cimaglia, Dizionario Biografico degli Italiani a cura dell' Istituto della Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, Roma, vol. 25, 1981,  in AA.VV. I Cimaglia del 700, cit., pp. 89-91.

[6] T. NARDELLA, Giuseppe Poerio primo intendente di Capitanata e del Contado del Molise, «Archivio Storico Pugliese», Bari, Società di Storia Patria per la Puglia, a. LIV, 2001, pp. 109-124.

[7]  Cfr. ivi, nota 19, p. 113.

[8] C.M. VILLANI, Il Giornale Patrio Villani, (a cura di P. Di Cicco), Foggia, Editrice Leone Apulia, 1985; citazione tratta da T. NARDELLA, Giuseppe Poerio primo intendente di Capitanata e del Contado del Molise, cit., p. 113.

[9] C.M. VILLANI, Il Giornale Patrio Villani, (a cura di P. Di Cicco), cit.; citazione tratta da T. NARDELLA, Giuseppe Poerio primo intendente di Capitanata e del Contado del Molise, cit., nota 19, p. 113.

 

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