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Trattative a parte, che pare siano solo lo spot per misurare la forza di entrambe le parti, la guerra va avanti. Oppressori e oppressi uniti dall’intento di combattersi che vuol dire morte.

Avanza l'armata russa e si sgretola quella Ucraina, pur resistendo. Molte città del granaio d'Europa sono di fatto conquistate, rase al suolo, spopolate. Un "cuscinetto" senza ammortizzatori che solo un'intesa, Nato a parte, potrà costruire.

Migrazioni di oltre un milione di profughi verso l'occidente, che a differenza di quella albanese di 30 anni fa che cercavano "Lamerica", letteralmente scritto come lo scrissero loro, cercano la salvezza.

È la guerra, come quelle studiate sui libri, quelle dell'ultimo trentennio che ha cambiato più volte il volto geopolitico europeo, mediorientale e del sud Mediterraneo. Tuttavia nei media nazionali e sulle bocche dei nostri politici la parola “guerra” è evitata, sembra ripudiata. Si preferisce dire “conflitto”. Pagliacciate di comunicazione edulcorata della sua etimologia. La guerra è la guerra.

Sempre in Europa, come in Medioriente e sud Africa, guerre tra popolazioni fraterne con l'interesse egemone-economico macchiato dal sangue. Il conflitto caucasico ci restituì le macerie dell'assurdo. E sempre "a babbo morto" ora si tratta sui corridoi umanitari per i civili che hanno già perso tutto versando sangue. L'ultima spiaggia per non spargerne innocente prima di un attacco massiccio, invasivo con armi pesanti, anche non convenzionali ma non radioattive che non gioverebbe a nessuno. É la perfetta sintesi del NO a cessare il fuoco.

Dai russi cadono bombe a grappolo, menzionano l'utilizzo di armi termobariche, mostrano le testate nucleari. Come accade nel Vietnam, dove gli USA usarono il napalm. La guerra è purtroppo così, non ha regole una volta combattuta. Le stesse di propaganda dove si parla da un verso di scudi umani ucraini e neonazismo da difendere e dall'altro di occupazione genocida di un uomo che vuole solo estendere il suo potere, non quello del popolo russo.

Putin non molla e va avanti con la sua strategia conquistatrice di quei territori che potrebbero minare la Russia dalla Nato. Vuole controllare le aree strategiche economiche, finanziarie e militari di un paese che ridarà agli ucraini con a capo un suo delfino.

Zelensky tiene e ribatte con un faccia a faccia con Putin, conscio che la sua testa è al soldo di unità speciali russe per reciderla. Un presidente che è riuscito a sollevare l'amor di patria mostrandosi in tenuta militare, barba incolta, occhio stanco e pelle lucida. Continua a chiedere la “No-fly zone” sapendo che scatenerebbe la guerra con l’occidente. Ma a lui interessa non cadere nelle mani russe. Non è razionale.

Ritornano le rivendicazioni etniche di una popolazione a più strati, con ideologie, religioni, massificazioni culturali simili ma non uguali, appiattite dalla globalizzazione occidentale, controcorrente la loro storia.

E ritornano gli attacchi alla stampa, forse di matrice russa anche se l’area era controllata da check point ucraini. Giornalisti di Sky attaccati a Kiev, con proiettili traccianti in un’area priva di militari ma pullulante di cecchini. Un’imboscata russa o un malinteso ucraino pur avendo gridato più volte “We are of the press”?

Unità speciali infiltrate da entrambe le parti, e forse alleate della Nato ma sotto copertura, che stanno studiando e attaccando aree sensibili, sono il naturale evolversi di conflitti tra eserciti che fortunatamente non mietono morti tra i civili.

È la speculare contrapposizione dello stesso fine: che guerra sia. Non c'è verso.

Dall'armata russa sui campi di combattimento spunta una data, il 6 marzo: come interpretarla? Fine conflitto o ripresa dei negoziati dopo le conquiste russe?

Se uno spiraglio poteva far breccia rivedendo politiche di confini tra gli europei, ora con le dichiarazioni intercontinentali di Biden si sta vanificando. E la Cina osserva e ascolta, pregustando Taiwan.

Putin sta ridisegnando la geografia ucraina, dividendola in due. Kiev non gli interessa se non per instaurare la leadership, controllata a vista dalla Bielorussia. Ciò che conta per lui è il totale controllo della parte centro sud, con Odessa, Mariupol, con il continuo fiancheggiamento della Crimea e Donbass.  Un occhio l’ha anche sulla regione della Transnistrie, a sud-ovest con i confini ucraini, regione della Moldavia filorussa, che da tempo è ”controllata” da militari russi e che potrebbe diventare una Donbass 2, un confine bollente che potrebbe favorire l’avanzata russa e complicare la già flebile e barcollante quiete tra Putin e Nato.

Una domanda comunque va fatta, anche alla luce degli ultimi trent'anni che ha visto un’Europa combattere contro l'islam. La Nato nacque per contrastare la guerra fredda, per arginare l'Unione Sovietica e i suoi pesi membri. Ora, se l'Unione Sovietica non esiste più, non c'è più guerra fredda e paesi al seguito, che senso ha la Nato, a maggior ragione dell'articolo 11 della Costituzione Italiana?

Sembrerebbe sciocco il quesito ma nei fatti è così. Una risposta tuttavia c'è ed è quella degli interessi economici che i paesi Nato hanno instaurato e mantengono tuttora.

E se l'Italia uscisse dalla Nato? Abominio geopolitico sarebbe la risposta. I benpensanti di una politica che vende armi violando la Costituzione italiana direbbero sei filorusso, sei comunista, seguendo il filo conduttore della  politica statunitense democratica. Si pensa a un esercito europeo, se ne parla ma non si attua, in barba alla sicurezza continentale che dovrebbe unire economicamente gli stati membri, non come ora solo con una moneta unica, cosa ben diversa.

Argomento intrapreso qualche anno fa anche dal compianto Giulietto Chiesa, che seppe leggere le prime avvisaglie che oggi son diventate guerra.  Profeta in Patria? No, solo analista scevro da politiche economiche unilaterali, quelle perseguite da una UE che si identifica nella Nato.

L'atto di bombardare chirurgicamente la centrale nucleare di Zaporizhzhia è folle, pur avendo causato incendi secondari. Non è giustificabile in un contesto di guerra. Cernobyl è l’esempio di ciò che una centrale può causare, anche a distanza di anni.

Ma è anche l'ennesimo atto di forza e convincimento di Putin, che non si fermerà, per far deporre le armi a Zelensky e mandare un messaggio agli States e Nato. Tutto a margine del secondo incontro dove l'intesa son stati i corridoi umanitari e liberare il paese da vittime collaterali prima che i caccia di Putin radino al suolo città, infrastrutture e caserme, facendo terra bruciata e da riscostruire made in Russian. E nel frattempo si sta già occupando un’altra centrale. Passo dopo passo, chilometro dopo chilometro, la Russia sta conquistando le aree strategiche ucraine.

Ricostruzione, altro argomento caro a chi “investe” nelle guerre. E non è solo un’attività americana.

La Russia ha un'arma che finora nessuno ne ha parlato e che l'occidente conosce: i droni. Non droni qualunque. Sono i Grana 1 e 2, gli Eleron 3 detti anche Zala, gli Orlan-10, sofisticate apparecchiature di piccole dimensioni, finanche lanciati a mano, armate e non rilevabili dai radar. Dall’altra parte l’esercito ucraino bombarda i carrarmati russi anche con droni UAV. Ma di quelli russi non si hanno notizie. Non ancora utilizzati per una contraerea efficace? O sono già in volo, in ricognizione? E se hanno già attaccato e non sono stati rilevati?

È una guerra anche sul web, tra hacker,  fake news, anche in Italia, e oscuramenti di canali social. Anonymous oscura siti russi i quali divulgano fake news di aver a loro volta oscurato Anonymous. In Italia sta girando un nuovo documento falso, che parla di un arruolamento immediato delle classi che vanno dal 1970 al 1980, mediante un firmato dal Generale Paolo Gerometta. Un falso già smentito dal Ministero e che ha creato apprensione tra la popolazione. Un gesto meschino di gente meschina.  Come quello che l'Italia starebbe bloccando i conti correnti dei cittadini di nazionalità russa. Non è vero! Una guerra di bit che distoglie attenzioni dai campi di guerra, non più del tutto ripresi per l’oscuramento russo dei suoi canali social. Gli stessi chiusi dai paesi occidentali in terra europea e americana.

Putin sta mettendo alla prova la pazienza della Nato e UE che a domanda rispondono con sanzioni, deterrenti a lungo termine. Zelensky ancora una volta alza la voce, pretendendo l’ingresso immediato in Nato. Una richiesta che ora non sarà esaudita ma che potrebbe diventare il capro espiatorio del presidente ucraino in caso di resa, accusando la Nato di “frenesia militarista” per i suoi appelli inascoltati.

Nelle ultime ore l’offensiva russa avviene anche di notte, pur senza visori notturni. È l'assalto massiccio e forse risolutore di una guerra che durerà solo per confermare l'egemonia russa e ridisegnare il continente. Mykolaiv è la seconda meta strategica che conquisterà, l'altra centrale nucleare.

Lui, Putin, è un ex KGB e l'occidente lo ha sottovalutato sul piano politico egemonista. Ma al Cremlino tutto era pianificato, fina dal 2014. Tempo al tempo e sarà vittoria l'idea dell'ultimo, si spera, Zar di Russia, che non ha mai del tutto ostentato il potere bellico per scagliarlo ora in tutta la sua mortalità. Solo qualche dimostrazione, a volte con i suoi alleati orientali con lanci dimostrativi e con il folle attacco alla centrale nucleare, che non sarebbe mai stato distruttivo per la vicinanza dei confini con la sua Russia che vuol dire radiazioni al suo popolo.

Futuri presunti scenari. Di questo passo si ritornerà alla guerra fredda. E ci sarà la Grande Russia. Sarà palpabile con un muro, anche non fisico ma geopoliticamente strutturato con confini. Putin avrà la meglio a fronte della razionale scelta della Nato di non scatenare un conflitto mondiale, che vorrebbe dire nucleare e perciò la fine del pianeta. Gli oligarchi per lui diverranno semplici partner, con o senza di lui.

Nel breve termine non c'è verso, c'è solo il conflitto. Che Dio c'è ne scampi.

Ad Maiora!

#puntidisvista   #freethinker  #warucraina

Un FOCUS sulla vicenda è qui:

- Punti di (s)vista. Belligerante ma non troppo

- Punti di (s)vista. Putin per l’Ucraina, un ex KGB, non tanto ex

- Punti di (s)vista. L’erosa e sanguinante “cuginanza” contesa

Quando ci sono conflitti armati tra nazioni la geopolitica non va letta solo come il predominio territoriale tra i confini di quei paesi, ma interpretata anche sul piano dei motivi che lo ha scatenato dopo anni di azioni precedenti, che hanno eroso i popoli contrastanti e che nelle loro intenzioni cercano di mantenere il potere. Ciò non giustifica un conflitto armato, neanche l’invasore e l’invaso che risponde, seppur a difesa, con gli stessi strumenti assassini, perché le guerre hanno sempre portato morte, povertà per tanti e ricchezza per pochi, e lunghe oppressioni e soprusi.

In Ucraina si sperava in un’azione lampo di Putin. Invece i tempi si stanno dilatando, "obbligando" gli stati Alleati a entrare in uno scontro che ben che vada riproporrà un Europa cimitero di guerre altrui. Biden si ringalluzzisce con la vita degli altri, tanto da lui le bombe non arriveranno mai. Si mostrasse a Bering, in quello stretto che lo divide dalla Russia, e se la faccia lì la sua guerra contro Putin, tralasciando il popolo russo, “colpevole” senza colpe di essere tale.

L’Europa nuovamente al centro di contese geopolitiche finanziarie e commerciali "giustificate" da una guerra che non ci appartiene, anche territorialmente.

Solidarietà e vicinanza alle popolazioni assediate e sotto attacco, ma non si può sottacere agli anni che hanno preceduto questo conflitto. Le avvisaglie c'erano e nessuno ne ha parlato. Del resto siamo tutti filo-americani e i loro media sono i maggiori mezzi che hanno confutato una realtà che permane dal 2015.

I paesi membri della Nato (Otan = omen nomen…), alla luce delle nuove evoluzioni in Ucraina,  applicano gli articoli del trattato, ponendo in evidenza il 3, 4 e 5. L'Italia chiude gli spazi aerei alle compagnie russe, setaccia il Mar Mediterraneo da sempre affollato da sottomarini delle maggiori potenze belliche mondiali, prevede l'invio di truppe speciali, impiegando lagunari, alpini, incursori del Comsubin, oltre che un ingente quantitativo di armi. Sigonella è pronta e le altre basi, anche quelle vicine, sono in preallarme. Un'azione di guerra, altro che di pace, la stessa che anni addietro fu propagandata nel Medio Oriente e che col senno di poi, anzi grazie a qualche stampa controcorrente, ha svelato i veri motivi, gli obiettivi e i numeri energetici e vendita di armi, non solo di profitto, ma di vittime civili e militari.

Tutto pare che ora graviti attorno alla volontà dello Stato Maggiore militare ucraino, di quei generali che obtorto collo ai confini bielorussi potrebbero accordarsi con Putin, sacrificando Zelensky. Un sacrificio che potrebbe avere due risvolti, carcere o morte, sperando in un terzo con l’esilio in un paese Nato.

Tutto accade mentre da entrambe le parti i sili nucleari stanno mostrando le teste dei loro missili, non solo quelli russi acclarati da Putin, perché a una minaccia si risponde con un’altra, mostrando la propria forza, un dito su un bottone rosso che equivale alla distruzione globale. Sarebbe l’Armageddon.

Storicamente questa guerra pone le sue radici nel 2014. In quell’anno l’Ucraina, sostenuta dagli USA, ha disarcionato l’allora presidente filo-russo, accolto da Putin, sostituendolo con uno filo-statunitense che impose le sue regole. Non tutti gli ucraini furono felici. Difatti l’Ucraina è un paese dove vi sono varie etnie, a maggioranza slava orientale, e pertanto diversi pensieri politici. Donbass ancora in guerra con oltre 14mila morti, dati poco riportati dai media, e la Crimea ripresa dalla Russia con un referendum, sono la plastica realtà di divisioni sanguinose.

In quell’anno nessuno ricorda, o si vuol far dimenticare e moltissimi media ne sono complici, che una città ucraina, importante porto che Putin vuole, fu al centro di una tragedia di matrice ucraina. A Odessa perirono donne e bambini, persone anziane che stavano semplicemente attendendo servizi sindacali. Un incendio doloso li uccise.

Quello di Mariupol, sul mar D’Azov, a pochi chilometri dal Donbass, invece ha sempre goduto di libera circolazione. È ucraino. Differenze che dovrebbero far riflettere anche su azioni di Zelenzky che nessuno osa porre in evidenza.

Eppure Kissinger lo preannunciò, mettendo in allerta il suo paese e quelli della Nato, che l’Ucraina sarebbe stato sempre quel paese europeo, considerato “cuscinetto” tra le due super potenze, che se non fosse intervenuta una politica granitica sulla sua funzione, sarebbe diventata l’area di contesa che oggi è.  Al vertice di tutto mise le politiche energetiche, miliardi e miliardi di dollari per infrastrutture vitali per il vecchio continente investiti dagli americani, dai russi, con interessi delle banche che con le loro lobby non si sarebbero impietosite davanti al sangue umano. Poi pose la questione nucleare, con centrali sparse lungo i confini con la Russia, aree di facile conversione in lancia missili. Infine aprì il dibattito sulle popolazioni, da sempre di etnie diverse, slave, russofone, mediorientali, dove la cultura e la loro religione sarebbe stata un ostacolo per un’unione e perciò per uno stato stabile tra l’egemonia russa e quella democratica occidentale.

Dal 2014, e con il cambio di rotta governativo statunitense, dell’Ucraina nessuno si interessò, in particolare delle sue battaglie interne e dei suoi morti. Gli States elessero Donald Trump che non volle saperne. Del resto erano affari loro, non suoi. A Minsk finalmente si trovò un accordo e molti scontri cessarono, non quelli nel Donbass,dimenticando la Crimea sempre pronta a schierarsi con l’ex KGB.

E siamo giunti a oggi, anno 2022, con BIden presidente USA, un Bush junior versione 2.0, con l’unico intento di annientare Putin, come fece Bush junior con Saddam. E qui Biden ha una grossa responsabilità su questo conflitto. Appoggiando Zelensky non ha fatto altro che dargli forza nel rinvigorire la guerra in Donbass, così da innescare più violente azioni russe. Una forza che però fu solo morale giacché di militare Zelensky non ha visto nulla, rimanendo solo con le sue truppe. Una presa in giro che si è rivelata una trappola per la stessa Ucraina nelle trattative che la Russia da lì a poco avrebbe voluto per renderla terra neutrale tra essa e i paesi Nato, terra di commercio e infrastrutture russe per l’Europa con ottimi proventi per la stessa Ucraina. Terra non militare, pur supervisionata dalla Bielorussia, dalla Crimea: Putin sa quello che fa e quello che vuole. Ma Biden rincara la dose, offrendo all’Ucraina pieno appoggio per diventare paese membro Nato. E ancora Zelensky ci ricasca, non accentando l’offerta russa, con un Putin che sbuffa fuoco dalla narici giacché il giovane attore ucraino, inesperto di politica e geopolitica, inizia una campagna politica tutta rivolta all’ingresso Nato. E qui Nato - Otan = omen nomen è la sintesi di ciò che oggi Zelensky sta subendo.

In altre parole la storia si ripete, con l’erosa sanguinante “cuginanza” tra due capi di nazioni confinanti. Pare ritrovarsi dinanzi alla tragedia libica, con un Gheddafi liquidato pur essendo stabilizzante per la geopolitica tra Europa e nord Africa e paesi limitrofi.

La realtà è detta, con fatti accaduti, non interpretati, e finora nessun organo d’informazione lo ha detto e scritto curando particolari scomodi agli USA. Com’è scomoda la posizione di Biden che attraverso il figlio ha affari energetici in Ucraina. Una terra che per la sua posizione, per la sua popolazione prevalentemente slava orientale, per le scissioni religiose dall’ortodossia russa, per gli sbocchi commerciali su acque da sempre contese anche da paesi mediorientali, l’Ucraina dovrebbe rimanere tale, come lo è la Svizzera, da tramite, di transito, demilitarizzata. Punto quest’ultimo molto attenzionato da Russia, USA, e Cina tanto per comprendere che dai confini ucraini le distanze sono irrisorie per un attacco missilistico da entrambe le parti, States esclusi giacché son lontani. E questo a Biden interessa perché non verrebbe bombardato il suo popolo, ma quello alleato. Non è un dato da sottovalutare per chi fa i conti con le vite altrui, specie se la chimica delle bombe nucleari son prodotte proprio lì, in terra ucraina, ai confini con la Russia, non a caso.

In queste ore le donne ucraine fabbricano molotov, ultima speranza per respingere il nemico, con Kiev che è sotto assedio. Un atto di forza di Putin che ha fatto schierare colonne chilometriche di carrarmati russi intorno alla città. Non la occupa ma palesa la sua volontà a farlo se non si scende a patti, se non ottiene ciò che vuole. Controcanto Zelenzky invita i popoli europei ad allearsi militarmente al suo esercito. Un invito di un’azione che in Italia è vietata penalmente e chi lo ha fatto in precedenti conflitti ha agito sotto copertura, da mercenario. Eppure questo invito stona con ciò che la democrazia vorrebbe, poiché essa è per la diplomazia e la legalità.

Ogni guerra ha generato morte e giustificarla “necessaria” è la blasfema scusa di chi non ragiona e alimenta l’industria bellica. Sopra e sotto i tavoli di propaganda mediatica dei due leader ci sono le pistole e pare che l’ultima spiaggia del negoziato possa generare altre concause a questa guerra.

Ad Maiora!

#puntidisvista  ♨️ #freethinker  #warucraina

Un FOCUS sulla vicenda è qui:

- Punti di (s)vista. Belligerante ma non troppo

- Punti di (s)vista. Putin per l’Ucraina, un ex KGB, non tanto ex

Parte dell'intellighenzia russa reprime la guerra e al netto delle ultime vicende disconosce Putin, ma a lui non interessa. Pretoriani prima e oligarchi poi sono i suoi unici amici, alleati con Xi Jinping.

Sono ore concitate, dove personaggi russi dello spettacolo, dell'arte, dello sport, della cultura, a tante altre realtà, anche del mondo politico, manifestano il dissenso alla guerra. Un NO! categorico, mostrando facce e nomi indifferenti e coraggiosamente contro l’ex, forse, KGB.

Di controcanto Putin ha generato un'altra guerra, quella mediatica, limitando l'accesso ai social network e propagandando notizie, foto e video, che giustificherebbero a suo modo l'attacco come risposta a quello ucraino. Una palese contraffazione della verità che sta ingenerando lotte intestine tra lo stesso popolo russo, perlopiù quello provinciale e simpatizzante di Putin.

Dal mondo democratico occidentale i maggiori server di servizi pubblici stanno inibendo domini di pagine web che provengono dalla Russia, canali che stanno propagandando fake news artatamente confezionate “dall’Armata Russa”. Uno fra tutti i canali youtube e alcuni dei social.

A corroborare questa azione c'è la dinamicità bielorussa. Lukašėnka appoggia Putin, offrendo la green zone a Zelensky, sapendo che potrebbe diventare una dark zone e se non proprio la sua death zone.

L'Ucraina tiene e risponde militarmente e mediaticamente. Ma fino a che punto sapendo che i generali sono continuamente pressati da Putin per una resa e consegna, vivo o morto, di Zelensky?

Il Mar Nero è sotto assedio russo. A ovest i confini ucraini sono controllati dai russi; difatti ci sono solo Russia e Bielorussia. Molte città dell’ovest dell’Ucraina sono in mano ai russi e la Bielorussia è amichevolmente russa. Rimane poco che Putin faccia sue le restanti aree che delimitano l'Ucraina. Il porto di Mariupol, nel Mar d’Azov, è orami sotto controllo russo e quello di Odessa, nel Mar Nero, è la prossima meta ormai acquisita. Di fatto Putin ha ora il controllo dei maggiori due sbocchi commerciali ucraini. L’obiettivo è stato quasi raggiunto: deve solo “domare” il Dobass, giacché la Crimea è sua.

Lo scenario geopolitico che Putin voleva sta per delinearsi, in barba a tutte le convenzioni e diplomazie occidentali, con il beneplacito della Cina che attende la fine del conflitto, sempre che Biden non intervenga fisicamente.

In Europa, negli USA, nella Nato (Otan) si continua a parlamentare, titubanti sul mandare truppe, aprire varchi per facilitare migrazioni di profughi e dissidenti, rispondere al fuoco che ha già mietuto vittime civili, oltre le militari.

I confini orientali ucraini sono stati presi d’assedio dai fuggitivi e sono in allarme per sconfinamenti russi. Un fuggi-fuggi che a breve interesserà anche noi italiani, oltre a quelli dei pluriennali flussi migratori, che Putin controlla per prossime decisioni.

Sconfinare nei paesi Nato, una prova di forza, solo quella perché Putin non è impazzito nell’invaderli, che solo un ex KGB, non tanto ex per i suoi contatti e la sua rete ancora in vita, potrebbe attuare, forte del patto cinese, di alcuni stati mediorientali borderline, della debolezza militare di Polonia, Slovacchia, Ungheria, Moldova e Romania, e perché no, coinvolgendo via Mar Nero Bulgaria e Turchia.

Si tentenna sullo Swift, ultima spiaggia “diplomatica” e “bomba nucleare economica” per costringere Putin a ritirare le truppe in terra straniera.

Si tentenna, in alcuni casi, razionalmente a una risposta militare russa che scatenerebbe un conflitto mondiale, in altri temporeggiando sul calo fisico militare russo a fronte delle mediocri risposte ucraine, aspettando sempre quella resa di Zelensky che diverrebbe il capro espiatorio di una pace firmata con un patto di sangue dell’agnello sacrificabile.

La Cina continua a osservare, attendendo sbocchi commerciali europei più vicini alle nazioni dell'UE, che pare esserci dopo l’assedio di Mariupol e Odessa. Una Cina che non esisterebbe appoggiare militarmente la Russia se gli States decidessero lo scontro armato. Una battaglia già iniziata sul web con attacchi hacker da entrambe le parti, confermato non solo dai rispettivi siti istituzionali bensì dal deep web che in queste ore prolifica di codici, malware, sniffing, trojan, offuscamenti e tanti altri virus e attacchi cibernetici, a siti istituzionali, banche, media, organizzazioni e fondazioni, società commerciali.

Nel mondo l'economia è crollata con le Borse fortemente negative. Ma c'è chi sottobanco sta guadagnando milioni di valute foraggiando gli armamenti e suoi mezzi e strumenti. Del resto la guerra è sempre stata un investimento finanziario, destabilizzando e annientando economie e aumentandone altre.

Manovre di geopolitica forzate anche con milizie riserviste sui campi aversi, come il Donbass che oppone la sua forza all’avanzata russa.

La Nato, per la prima volta e con l'importante servizio delle varie intelligence, sta muovendo le truppe speciali per difendere i suoi confini, possibili obiettivi di Putin per indurre l'Ucraina a cedere.

Lo scenario sta diventando molto serio, con un Putin che sta accelerando, pensando anche a una Ucraina divisa, come avvenne per Germania. Scenari vissuti e che la storia ha ben testimoniato. Sarebbe un compromesso irricevibile per la democrazia ma razionale come pseduo placebo per evitare un conflitto mondiale.

Intanto stridenti rumori ferrosi di carrarmati, sibili di proiettili, rombi di aerei ed elicotteri, sirene e grida umane, rimbombano sanguinose in terre democratiche in attese tentennanti degli Alleati. Papa Francesco lancia appelli di Pace e incontri risolutori, mentre i fiumi arcobaleno riempiono piazze che Putin irride. E il costo della vita aumenta.

Nelle prossime ore si deciderà sullo Swift, poi potrebbe mutare sul fronte militare. Inibendo lo Swift inevitabilmente potrebbero essere avvitati dalla Russia i rubinetti energetici per l'Europa.

Chi pensa che mettendo sanzioni economiche e chiudendo interscambio bancari con la Russia la impoverirebbe fa finta di non tener conto della smisurata finanza che Putin ha accantonato tra valute in Cina e cripto-valute, oltre quelle diamantifere e orafe con paesi intercontinentali debitori di armamenti per le loro guerre insane interne. L’UE lo sa, gli USA lo sanno, la Nato lo sa, ma non c'è chi lo dice per farci credere che la Russia non naviga nell'oro.

Occhio alla Cina che nel suo giusto silenzio, assorda più di una bomba, attende spregiudicate azioni che solo Biden può ordinare, scusa appetibile per riprendersi Taiwan.

La storia sta scrivendo una pagina indelebile che costerà un caro prezzo, anche senza guerra e con Putin che otterrà l'Ucraina, anche divisa da un muro. E la storia ritorna…

Ad Maiora!

#puntidisvista  ♨️ #freethinker  #warucraina

Putin non è impazzito. Vuole l'Ucraina per le sue strategiche aree commerciali. Attacca e bombarda luoghi meno importanti preservando quelli strategici, come i porti.

Propaga anche fake news per destabilizzare l'opinione degli stati Nato e il suo stesso popolo.

È uno stratega, non c'è dubbio, di scuola KGB, perciò anche militarmente certo delle sue decisioni e azioni.

Chi scatena una guerra è un criminale, come lo è chi oppone reazioni militari anche difensive.

Le sanzioni sono la diplomatica azione di chi vuole evitare scenari bellici che, oltre a sacrificare vite, cerca un'intesa per porne la fine. L'estrema ratio diplomatica è inibire lo Swift, ma come risponderà la Russia (e Cina sottobanco)?

Biden pare il Bush del 21esimo secolo, forte della sua potenza militare e debole della sua credibilità in casa propria.

Zelensky si sente solo. Un dato di fatto che probabilmente lo porterà a trattare con Putin, anche con il suo estremo sacrificio.

Putin combatte l'esercito ucraino e nello stesso tempo lo esorta a consegnare Zelensky. È belligerante ma non troppo, stratega con l'elmetto e politico con la corona.

Chiede una resa ai suoi nemici in nome di una pace che lo porterà a guidare l'Ucraina commercialmente, finanziariamente, anche politicamente con un suo pupo.

La Nato nel frattempo evita il contatto militare e fa bene, altrimenti sarebbe causa di quella Terza Guerra Mondiale che sta scatenando la Russia fiancheggiata dalla Cina.

Nato, un'organizzazione che si mostra con "NATO - OTAN", che "riverbera" come un "omen - nomen", e a molti non piace e che invece dovrebbe rassicurare iniziando dalla divulgazione.

Contestualmente c'è un'Europa, e russi compresi, che scende nelle piazze, ma Putin se la ride perché son le solite manifestazioni di faccia, che giustamente sono per la pace ma nella sostanza rispondono con fiori ai proiettili.

Come del resto facciamo tutti, vendendo le armi agli stessi paesi che ci minacciano. Un bigottismo tutto economico in nome del denaro, fregandosene dei popoli.

La Cina osserva e attende, sperando che Putin abbia l'Ucraina, che diverrebbe l'area di confine commerciale con l'Europa, perciò con gli States, in altre parole potere contrattuale a pieno titolo.

Scenari geopolitici che in sostanza erano nell'aria da anni, spinti da venti belligeranti già esistenti in alcune province ucraine fiancheggiate dalla Russia. Il Donbass è la sua plastica realtà, da anni in guerriglia, la stessa che potrebbe solleticare il naso a Putin se l'Ucraina non cede.

L'espansionismo di un paese legittima forzature, ma quelle democratiche e con le trattative, non con la guerra. Ma chi è abituato a ragionare con l'elmetto in testa conosce solo questa variante.

In casa propria non si interferisce, a meno che guerre e genocidi non siano i prossimi scenari. Un esempio già vissuto, 70 anni fa, e recentemente con anni di scontri in Medio Oriente dove gli USA hanno fallito, finanche nel ritiro delle truppe.

Nel mezzo ci siamo noi, con il nostro import/export sempre più in affanno e con prezzi stratosfericamente innalzati. Un impoverimento generale che si ripercuote sui cittadini, sempre meno assistiti e allontanati dai sistemi di potere che li hanno globalizzati per aumentare spese incassate da loro. Ma questo accade in Italia non negli USA, che sono autonomi economicamente.

Una pecca tutta italiana che non ha saputo e voluto investire in infrastrutture energetiche solo per salvare facce politiche in nome di governi arcobaleno che hanno depauperizzato il fu Belpaese.

Come finirà?

Putin otterrà l'Ucraina trattando con i generali ucraini, e Zelensky....

Solo Putin sa che fine farà, mentre la Nato osserverà e continuerà a propagandare Peace in the world.

Ad Maiora!

Il 19 febbraio 2022, nell’armeria del Palazzo Ducale di Torremaggiore si è svolto il vernissage della mostra “Opere Scelte” dell’artista Giuseppe Trentacoste.

Varie opere realizzate con una tecnica unica, con il fondamentale utilizzo di sacchi di juta.

Giuseppe Trentacoste, arriva da Pistoia, è il pronipote di Domenico Trentacoste, maestro d'arte di Giacomo Negri (1900 - 1973), autore del "Vittorioso", il monumento ai Caduti di Torremaggiore.

Un legame di sangue artistico che lo ha portato a esporre laddove proprio il suo avo ha lasciato una traccia indelebile.

Nell’armeria l’artista ha mostrato come realizza un’opera, spiegando minuziosamente la tecnica e i materiali utilizzati.

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Sono stati momenti intensi, dove si respirava arte, cultura, storia, territorio e usanze di terre lontane, legate con quel filo artistico di popoli che con materiali poveri realizzano ciò che usano nel quotidiano.

Arte povera? Anche se consideriamo dinamiche di realizzazione e materiali comuni. Ma può essere anche arte minimale, dove l’essenziale prende forma e diventa un’opera artistica. Del resto è ciò che l’arte ha sempre espresso attraverso l’estro, bravura e grandezza dell’artista, della sua genialità, della sua capacità di comunicare con ciò che ha.

È l’Arte ed è tale perché è frutto di unicità personale.

All’inaugurazione della mostra, curata da Giorgio Barassi e Roberto Sparaci, erano presenti le massime cariche istituzionali del comune di Torremaggiore, con un folto numero di persone, che hanno ammirato opere uniche mai osservate in Terra di Capitanata.

«Per me l'opera d'arte è il sacco, non l'opera che è un'identità» ha affermato il maestro Giuseppe Trantacoste, visibilmente emozionato dal successo testimoniato dai presenti.

La mostra sarà visitabile dal 19 al 26 febbraio 2022 ed patrocinata dal Comune di Torremaggiore, assessorato alla Cultura, Turismo e Promozione del territorio.

Un atto vile, quello consumato l’11 febbraio 2022 ai danni del monumento che ricorda i “67 Angeli di Viale Giotto”, tragicamente morti l’11 novembre 1999 sotto le macerie del crollo di un palazzo, ora ricostruito con il suo gemello.

Ignoti, e si spera che le Autorità competenti diano nomi e volti agli autori, hanno deturpato con scritte di vernice nera e rossa la base del grande cuore e aree della piazza.

Piangono i 67 Angeli e con loro un’intera comunità.

Il resto è SENZA PAROLE!

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Non sarà più fruibile il “Punto Blu” del casello autostradale di Foggia, quel servizio degli uffici del Telepass dislocati su tutto il territorio italiano dedicati all'assistenza e al supporto dei loro clienti.

Ad annunciarlo è la stessa azienda “Autostrade per l’Italia” attraverso il suo nuovo piano industriale 2020-2024, palesando inequivocabilmente la mancanza del “Punto Blu” al casello del capoluogo foggiano.

Nella foto di Telepass.com è incontrovertibilmente visibile e con tanto di scritta “Chiuso definitivamente”.

Pertanto si presuppone che da oggi chi vorrà utilizzare il servizio “Punto Blu” sarà costretto a recarsi presso quello più vicino, in altre parole (e con tanti chilometri) o a Bari, o a Napoli, o addirittura a Pescara, tre città cronologicamente ordinate per distanza. Pare essere, ma è una supposizione, che il Punto Blu vada a braccetto con i servizi aeroportuali che, e non è un caso, sono gli stessi delle tre città pocanzi elencate.

Il ridimensionamento di Autostrade per l’Italia è ben descritto nel documento ufficiale “Presentazione del Piano Industriale”, varato a gennaio 2021 e liberamente consultabile in pdf sulla pagina web dell’azienda.

Ancora una volta la Capitanata vien depauperata di un’altra infrastruttura importante, strategica per lo sviluppo e perciò lavoro, favorendo quella della “cugina” barese. Un servizio utilizzato oltre da automobilisti anche da migliaia di autotrasportatori che quotidianamente, H24, si recano nelle zone industriali della provincia di Foggia. E guardando al futuro (se vi sarà…) sottratto, che avrebbe fatto la differenza se l’aeroporto “Gino Lisa” avrebbe ripreso a volare.

Ma di volare qui a Foggia ci son solo quelle promesse fatue di altrettanti personaggi politicanti (i politici sono ben altra cosa, più seria, formati da scuole per il bene pubblico non privatistico…) che col pubblico ne hanno fatto un lavoro più che una mission per migliorare il territorio. Può essere che abbiano “dimenticato” i confini provinciali, ricordando solo quelli dove ha sede la poltrona?

Ad Maiora!                                                                                         

Poteva essere l’ennesimo assalto andato a buon termine e invece qualcosa è andato storto. Quel 14 giungo 2021, verso le ore 20, un commando di assaltatori ha messo a ferro e fuoco un tratto della A1, nei pressi di Modena sud, bloccando con la tecnica, ormai nota, dei “Four Pointed Stars”, qualunque mezzo circolante su quella autostrada.

Questa mattina, presso la Questura di Modena, cui ha partecipato anche il Capo della Squadra Mobile di Foggia, dott. Mario Grassia, si è svolta la conferenza stampa che ha illustrato parte delle indagini, che hanno assicurato alle Patrie Galere quattro dei 15 assaltatori. Sono tutti del foggiano e già noti per simili reati. Agli arresti son finiti Pasquale Pecorella foggiano ma residente nella regione Veneto, Pasquale Di Tommaso classe 1987, Stefano Biancolillo classe 1991 e Pietro Raffaelli, tutti e tre di Cerignola. Secondo quanto detto dagli inquirenti, le persone che avrebbero preso al colpo fallito sono tuttora ricercate. L’operazione, con al seguito 22 perquisizioni ed altrettanti indagati, si sono svolte nelle province di Roma, Foggia, Mantova e BAT (Barletta-Andria-Trani).

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La cronaca racconta di 15 persone incappucciate e armate fino ai denti con Kalašnikov AK-47 che a bordo di due auto, una avanti e l’altra dietro, hanno letteralmente bloccato il mezzo della ditta “Battistoli” tallonandolo fino a farlo sbandare, facendolo finire sul guardrail.

Chi circolava nei pressi o si è dileguato per la paura, o per la raffica di proiettili sparati contro il portavalori, o ha arrestato la sua corsa per aver forato impattando sopra i chiodi a quattro punte, tecnica collaudata. Tuttavia l’assalto è stato ripreso da una telecamera posizionata su di un camion che transitava di fianco il mezzo con a bordo oltre 2,5 milioni di denaro contante. Immagini uniche e univoche consegnate alla Questura di Modena che hanno potuto ricostruire la dinamica e condurre le indagini, fino a oggi, determinando anche gli arresti.

Sia dalle testimonianze dei vigilantes, sia dalle immagini, la Polizia ha appurato che due degli assaltatori che spararono contro il mezzo blindato minacciarono gli occupanti con frasi dall’accento meridionale, nello specifico dialetto cerignolano. Nella stessa direzione di marcia, sopraggiunsero altre 4 autovetture, tutte risultate rubate, poi date alle fiamme dagli indagati, auto di privati cittadini costretti con le armi a scendere dai propri veicoli in mezzo all’autostrada. Contemporaneamente altri componenti del commando bloccavano alcuni mezzi e autoarticolati presenti in zona,  minacciando conducenti e chi vi era a bordo con le armi spianate,  per poi farli posizionare di traverso sulla carreggiata. Tecnica collaudata, come quella dei chiodi e già vista sulle strade di Capitanata, per ritardare l’arrivo delle Forze dell’ordine e impedire l’arrivo di altri automobilisti, causando code chilometriche fino alle 4 del mattino, dalle 20 della sera precedente.

Il tempo passava ma i vigilantes tennero testa ai criminali senza che quest’ultimi riuscissero a scardinare il blindato con un flessibile, fino ad abbandonare il campo. Parte del commando per fuggire ha utilizzato un’ambulanza con targa clonata, in uso a uno dei co-indagati. L’ambulanza, poi, è stata rinvenuta e sequestrata a Orta Nova presso una casa funeraria.

Assalto fallito, ma tanta paura e fuoco, non solo di proiettili, anche di auto incendiate.

L’indagine, per la quale è stata impiegata una complessa strumentazione tecnica e oltre 200 agenti, ha consentito di individuare nelle settimane successive, il capannone utilizzato dal gruppo criminale per il deposito dei numerosi mezzi rubati impiegati nell’assalto e di recuperare uno dei veicoli impiegati per la fuga, al cui interno veniva sequestrato un mitra del tipo Ak47 Kalashnikov, utilizzato per esplodere i numerosi colpi contro il furgone portavalori.

 

ConfQuesturaModenaPortavalori11dic2021

[Durante la conferenza stampa. A sinistra in basso il dott. Mario Grassia, Capo Squadra Mobile Foggia]
 

La brillante operazione della Squadra Mobile di Modena, in sinergia con diverse sezioni della Polizia di Stato e con la Squadra Mobile di Foggia, con a capo il dott. Mario Grassia, ha appurato che le autovetture degli assaltatori erano sulla scena del crimine già due ore prima, un particolare rilevato attraverso le telecamere di videosorveglianza stradali. Inoltre, dalle indagini si è rilevata l'attivazione un mese prima di celle telefoniche citofoniche, per contatti interni tra gli assaltatori, prova che inchioda i malviventi, attestando la loro attività criminale ben studiata nei dettagli e con accertamenti costanti sul campo d'azione. Indizi che hanno condotto gli agenti a controllare l'area, conducendoli in un capannone, nel comune di Castelnuovo Rangone (Modena), dove son state rinvenute le armi utilizzate per l'assalto, come il predetto AK-47. E sempre grazie alla scoperta del capannone gli investigatori, anche dello SCO, mediante impronte digitali rinvenute dalla Scientifica su alcune carte di un biglietto autostradale recuperato al casello di Cerignola Ovest, ove l’indagato, dopo la fuga successiva alla tentata rapina, usciva, di rientro da Modena, a bordo di un’autovettura con targa clonata, sono riusciti a individuare i quattro arrestati, tra questi chi aveva affittato quel locale, risultato base logistica di tutta l’operazione.

Durante la conferenza, molto dettagliata, si è pronunciato anche il dott. Grassia che oltre a ringraziare i colleghi, ha evidenziato un problema che molti trascurano, quello che i criminali conoscono molto bene i mezzi civetta e le relative targhe utilizzate dalla Polizia, ma è anche vero che i poliziotti conoscono benissimo i soggetti criminali, le loro abitudini, necessità e debolezze, fino a scovarne vulnerabilità che determinano la loro cattura.

Una domanda rivolta agli inquirenti, tuttavia, è rimasta inevasa, se oltre ai soggetti cerignolani si sono accertati fiancheggiamenti con altri di zone limitrofe al centro ofantino, come per esempio di Andria, nota area di esperti assaltatori ai portavalori. La risposta è stata diretta: tutto quello detto in conferenza è ciò che è stato fatto e le indagini sono ancora in corso. Un particolare che chi come lo scrivente con i NOC si è occupato di varie inchieste sugli assalti ai portavalori, Four Pointed Stars, e avendo appurato che questa dinamica è speculare a quelle di altri assalti avvenuti qui in Capitanata e nel nord barese, non può trascurare che di mezzo vi potrebbe essere la "scuola andriese-cerignolana".

 
 

In pieno Semestre Bianco il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, fa visita a Foggia. La sua è ufficiale per l’apertura dell’Anno Accademico 2021/2022 all'Università.

Città blindata stamane 25 ottobre 2021, interdetta in molte aree limitrofe all’Ateneo e “calde” al transito veicolare e pedonale. Lo schieramento delle Forze dell’ordine è quella da film, con circa settanta agenti, assistiti da unità speciali, antisabotaggio, tiratori scelti, sezioni cinofile, artificieri. Foggia, come oggi, mai sotto l’occhio attento dell’antiterrorismo e Servizi Segreti.

In tutto un’ora la cerimonia ufficiale dell’apertura del nuovo anno Accademico all’Università di Foggia. A fare i saluti e gli onori di casa, presso la Facoltà di Economia, il Magnifico Rettore, prof. Pierpaolo Limone, che durante il suo discorso ha rimarcato l’esigenza di occupare con la cultura il vuoto sociale che porta anche all’aumento della criminalità.  Una realtà che l’UniFG può cambiare con i suoi 13mila universitari definiti dal Rettore “portatori sani”.

Un dato di fatto che il Pres. Sergio Mattarella conosce bene e che ha rimarcato nel suo discorso, affermando che: «Anche nella lotta alla criminalità, nell’impegno per sconfiggerla ed eliminarne la presenza l’Ateneo svolge un ruolo importante. Accanto all’attività di prevenzione e repressione, vi è una azione indispensabile che è quella della formazione delle coscienze».

Poi il Presidente della Repubblica ha indirizzato il focus sulla centralità delle università in Italia, chiamandole «Presidio di cultura, di senso della convivenza, di rispetto verso gli altri. L’ateneo è un presidio che esprime la volontà di crescita della popolazione e del territorio», rimarcando che per ottenerlo ci vuole un impegno particolarmente intenso.

A fine cerimonia, anche su facebook, Limone ringrazia: «Illustre Presidente, l’Università di Foggia la ringrazia per la Sua presenza, segno tangibile della vicinanza dello Stato. Averla all’Università di Foggia è stato per noi motivo di incoraggiamento e rappresenta la migliore premessa possibile per questo anno di lavoro e di studio. Buon anno accademico 2021-2022».

A far breccia nel cuore e nella mente di Mattarella ci ha pensato Mirko Bruno, presidente del consiglio degli studenti dell’Università di Foggia, «Il più grande cancro di questa terra è la criminalità organizzata» puntualizzando che chi ne giova è quella feccia che ogni giorno ospita giovani senza sogni, desideri e passioni. Un intervento tuonante nei contenuti affrontato con garbo e toni istituzionali, supportato dall’invito a essere liberi, legali e uguali: «Il diritto allo studio, declinato nel suo senso più ampio, inglobando valori di libertà e uguaglianza, è lo strumento più efficace contro la disuguaglianza sociale, grazie al quale un giovane studente può ricercare la propria strada ed imparare a conoscere se stesso, che è forse la sfida più grande che ognuno di noi è chiamato a compiere». Bruno, tuttavia, ci crede e ricorda ai presenti che «Impugnare una penna, un pennello o un violino al posto di una pistola non è retorica, è un atto di coraggio, il più poetico che ci sia. È un no convinto e imperituro». 

Alla cerimonia, oltre alle istituzioni locali, ha partecipato il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano: «La presenza del Presidente della Repubblica Mattarella ha dato lustro all’inaugurazione dell’anno accademico, è un incoraggiamento che gli studenti hanno colto fino in fondo. C’è stato un discorso bello del rappresentante degli studenti che ha incoraggiato tutti a non mollare e a sfidare i nostri stessi limiti, perché Foggia se lo merita, è una città piena di gente perbene che non può essere descritta in modo semplicistico per luoghi comuni a causa della cronaca amministrativa dell’ultimo periodo. C’è bisogno di una reazione e la Regione Puglia è al fianco dell’Università, del commissario Marilisa Magno, e soprattutto al fianco delle istituzioni e di tutta la comunità foggiana che vuole lasciarsi alle spalle il passato e ricominciare da capo. Il PNRR con i suoi finanziamenti, con i suoi investimenti sui giovani è evidentemente l’occasione giusta e il Presidente Mattarella non se l’è fatta sfuggire,  per dire che la Repubblica è accanto alla città di Foggia e alla sua comunità».

Tra le persone istituzionali presenti stamane c’era anche l’assessore al Welfare della Regione Puglia, Rosa Barone: «La presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Foggia è un segnale importante per la città. Il Capo dello Stato ha parlato dell’importanza della formazione delle coscienze per contrastare la criminalità organizzata e in questo l’università di Foggia sta avendo un ruolo centrale per il nostro territorio, e abbiamo il dovere di fare il massimo per supportarla. Tutte le istituzioni devono lavorare in sinergia per dare a Foggia un futuro diverso. L’università crea quel fermento culturale e l'entusiasmo di cui abbiamo bisogno per combattere la criminalità. Faccio mio l’appello del Presidente Mattarella ai ragazzi di mettersi in gioco. La nostra città ha bisogno della spinta delle nuove generazioni per poter rinascere e per dare vita a quel cambiamento di cui parliamo da anni».

Una visita importante, che apre spiragli di legalità e soprattutto si spera abbia fatto breccia tra i giovani foggiani, che con lo studio possono affermarsi e ridar schiena dritta a una società locale spesso connivente con chi oggi ha causato il commissariamento del comune per presunte infiltrazioni mafiose. Giovani universitari, e non solo, che un domani potrebbero diventare la classe dirigente delle istituzioni civili, militari, religiose e politiche locali e nazionali, che hanno il dovere di amministrare nella legalità, rimandando al mittente facili agevolazioni, spesso frutto di accordi nebulosi, che sono tra chi sceglierà i prossimi amministratori di un Comune che ha il diritto di essere gestito da persone pulite e il dovere di garantire legalità e parità sociale.

 

Un Foggia a tratti travolgente quello ammirato oggi allo Zaccheria. Il lavoro di Mister Zeman, visibilmente soddisfatto a fine gara, inizia a dar i suoi frutti e, conoscendolo, sarà sempre una crescita, l’augurio che tutti noi ci auspichiamo. Una presa di coscienza anche dopo la scorsa vincente prestazione contro la Fidelis Andria.

Il Foggia vince 3 a 1 sul Messina e si porta terza in classifica a 12 punti, a un punto dalle tre seconde e a cinque lunghezze dalla prima. Il duo Zeman-Pavone funziona. La gara era valida per la 7ª giornata del campionato di Serie C girone C 2021-2022. Con questa vittoria il Foggia beffa per la terza volta i peloritani, prima in vantaggio e poi riagguantati e superati. Sembra un copione già scritto.

La partita inizia con gli ospiti subito all’attacco e dopo tredici minuti passa in vantaggio con Vukusic. Foggia 0 – Messina 1. Gli undici di Zeman non si scoraggiano e imprimono il gioco studiato e voluto dal boemo durante la preparazione settimanale. Sul campo si vedono dei Satanelli più fluidi, più uniti nel gioco, che incidono e con conclusioni con la palla in movimento. Dagli spalti il tifo è roboante, non mollano e ci credono, incitando i Rossoneri e spingendoli, come un dodicesimo calciatore in campo, verso la porta avversaria. Al 37’ il Foggia pareggia con Martino con una tiro dalla distanza. Foggia 1 – Messina 1.

La ripresa è quasi tutta di marca rossonera. Il Foggia ci crede e gioca alla Zeman. Il Messina subisce il contraccolpo e si difende, impensierendo alcune volte i padroni di casa. Ci prova e sfiora il vantaggio. Ma sono i Satanelli a dir la loro e al 40’ Merkaj infuoca lo Zaccheria, gonfiando la rete dei peloritani. Foggia 2 – Messina 1. Scade il tempo regolamentare e il Foggia continua ad attaccare. Rocca al 94’ segna a chiude i giochi. Foggia 3 – Messina 1.

Una gara sofferta ma vinta perché i Satanelli ci hanno creduto. Zeman a fine gara ha sommariamente detto che è stata una gara positiva, con un Messina che ha fatto soffrire. Tuttavia, dopo aver subito il goal si sono raddrizzati e credendoci sono riusciti a imporre il gioco e vincere. Poi il boemo ha lanciato l’ennesimo appello per un campo non ottimale, dove il manto erboso doveva essere ristrutturato con largo anticipo. Un tema affrontato anche dal presidente Nicola Canonico il quale ha detto che la manutenzione doveva essere svolta a marzo scorso e che dalla settimana prossima, in evidente ritardo, si procederà a sistemare con la semina per un manto erboso migliore. Difatti il rettangolo verde dello Zaccheria si presenta con buche, non omogeneo e pesante. In capo fin dall’inizio tra i pali è sceso Volpe, scelta oculata di Mister Zeman per dargli un’altra possibilità dopo quella buona in Coppa Italia, ribadendo che Alastra sta bene e rimarrà il titolare. Lo stadio oggi era più pieno, con una gradinata vuota per attesa di agibilità. Canonico ricorda che quanto prima saranno montati i seggiolini, come confermato dal Comune di Foggia.

Il Tabellino

FOGGIA: Volpe; Martino, Girasole, Sciacca, Nicoletti (70′ Garattoni); Gallo (79′ Rizzo Pinna), Petermann, Rocca; Merola (67′ Merkaj), Ferrante (79′ Vigolo), Curcio. A disp. Markic, Di Jenno, Garofalo, Ballarini, Tuzzo, Di Grazia. All. Zeman.

MESSINA: Lewandowski; Morelli, Fantoni, Carillo, Sarzi Puttini (79′ Goncalves); Fazzi, Fofana, Damian (79′ Konate), Catania (55′ Marginean); Balde (70′ Russo), Vukusic (70′ Adorante). A disp. Fusco, Rondinella, Celic, Mikulic, Busatto, Distefano, Milinkovic. All. Sullo.

ARBITRO: Di Cairano di Ariano Irpino (Cavallina-Tinello).

MARCATORI: 13' Vukusic, 37' Martino, 85' Merkaj, 94' Rocca

NOTE: ammoniti Carillo, Fazzi, Nicoletti, Vukusic, Merkajn Merkaj al 40'. In pieno recupero, al 94', la gemma della mezzala Rocca.

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