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Il 28 agosto il ritratto marmoreo di Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, il “più bel ritratto dell’imperatore mai rinvenuto in Sicilia”, ritorna, dopo 83 anni, a Centuripe dopo essere stato custodito presso il Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa.

Il rientro dell’opera, fortemente voluto dal Sindaco Salvatore La Spina e dall’Assessore Regionale Alberto Samonà, che sono orgogliosi ed emozionati per l’importante traguardo, è frutto di un’intensa e proficua collaborazione tra le istituzioni: l’Assessorato per i Beni Culturali e l’Identità Siciliana; il Parco Archeologico e Paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci, tra le cui competenze rientra il Museo archeologico regionale di Centuripe, ed il Parco Archeologico e Paesaggistico di Siracusa, Eloro villa Tellaro e Akrai all’interno della cui gestione rientra il Museo “Paolo Orsi” di Siracusa. Assieme all’importante ritratto e grazie al protocollo d’intesa tra gli enti, l’intera collezione “centuripina”, custodita presso il Museo Paolo Orsi, sarà trasferita presso il Museo Archeologico Regionale di Centuripe per una durata di 5 anni. La collezione comprende anche altri due straordinari ritratti di Germanico e di Druso Minore oltre a importanti vasi centuripini e diverse opere fittili.

La Testa di Augusto, fu rinvenuta a Centuripe il 30 aprile 1938, nel pieno delle celebrazioni del bimillenario augusteo da uno degli operai intenti a scavare il cavo di fondazione di uno dei quattro piloni destinati a sorreggere un tratto di strada. Così ritornò in auge il primo imperatore romano (dal 27 a.C. al 14 d.C.) con uno dei suoi più raffinati ritratti marmorei.

L’opera, che è stata definita «il miglior ritratto di età augustèa conservato in Sicilia» (Nicola Bonacasa), emerse, tra l’altro, proprio in quella città che lo stesso Ottaviano quasi duemila anni prima aveva in qualche modo sostenuto, assieme a Siracusa e a Catania, per ricambiare l’aiuto offertogli durante la campagna contro Sesto Pompeo in Sicilia. Il ritratto è scolpito sullo stesso modello di quello della statua di Augusto rinvenuta nella villa della moglie Livia a Prima Porta, ora custodita nei Musei Vaticani.

Dopo il rinvenimento, nonostante opposizioni e le resistenze della comunità centuripina, che aveva cercato in tutti i modi di bloccare la partenza del reperto, e malgrado fosse già stato fondato l’Antiquarium Comunale, fu deciso, all’epoca, di trasferirlo a Siracusa. 

È senza dubbio una grande opportunità” sottolinea l’Assessore Alberto Samonà,“che permette a dei reperti straordinari rinvenuti tanto tempo fa e conservati al “Paolo Orsi”, di essere valorizzati nel loro contesto originario e, al tempo stesso, di far conoscere anche “fuori casa” il bel museo intitolato al noto archeologo roveretano. È un’iniziativa di politica culturale che mira a preservare i luoghi meno noti della Sicilia interna, per una narrazione che tenga conto della loro storia straordinaria e della loro importanza strategica. Egualmente, è un modo per testimoniare un lavoro proficuo fra parchi archeologici, quello di Catania e quello di Siracusa, volto a far conoscere l’offerta culturale del Paolo Orsi anche al di fuori della sede museale aretusea, creando i presupposti per la nascita di un museo diffuso, che possa far dialogare territori diversi nel nome di una nuova strategia di promozione dell’archeologia e della nostra identità”.

Il preziosissimo ritratto marmoreo era già ritornato nella cittadina dell’ennese per un breve periodo nel settembre 2011. Si trattava di un prestito temporaneo di qualche mese, che era riuscito a far registrare un considerevole incremento di visitatori presso il nuovo Museo Regionale, riuscendo a rinvigorire tutto il paese, con questo progetto, che può essere considerato pioneristico nel campo della valorizzazione del patrimonio culturale e dei territori, farà sicuramente scuola non solo in ambito regionale ma nazionale.

“Il Laboratorio Centuripe” sostiene Carlo Staffile, Direttore del Parco Archeologico e Paesaggistico di Siracusa, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai, “consiste nel primo tentativo della direzione del Parco Archeologico e Paesaggistico di Siracusa, Eloro, villa del Tellaro e Akrai, di cui il prestigioso museo “Paolo Orsi” fa parte, di offrire a musei archeologici siciliani il prestito a lunga scadenza di un’intera collezione archeologica ad oggi non esposta nelle sale del museo aretuseo. Un’intera collezione (e non la restituzione del singolo reperto, come spesso è accaduto e accade, capolavoro attrattore, è vero, ma nella realtà sottratto al complesso unitario dello scavo) significa centinaia di oggetti, un insieme di storia e cultura materiale venuta alla luce grazie all’opera di grandi archeologi, significa il racconto di un paese, un vero e proprio pezzo di museo nel museo. Non uno smembramento, dunque, ma una restituzione, in cui il valore e la storia del territorio di riferimento possano essere veicolo e traino per la riscoperta da parte della cittadinanza delle proprie radici ma anche la proposta di un itinerario turistico culturale”.

Il Museo Archeologico di Centuripe con l’arrivo di questa importante collezione si arricchisce e completa l’imponente raccolta che è, caso raro se non unico, proveniente esclusivamente da scavi locali. Per Gioconda Lamagna, Direttore del Parco Archeologico di Catania “l’arrivo dei tre ritratti arricchirà l’esposizione che a buon diritto può essere definita il fulcro del Museo, costituita dal complesso proveniente dal vicino edificio di età imperiale tradizionalmente detto degli Augustales. Imponenti statue marmoree, teste-ritratto, iscrizioni onorarie in latino, che destano grande impressione anche per l’allestimento, di grande effetto scenografico; ad essi si aggiungeranno i tre ritratti del “Paolo Orsi”, con il duplice risultato di ricostituire il contesto di provenienza e di arricchire il già cospicuo patrimonio di storia e arte del Museo di Centuripe. Sarà insomma un’occasione per riaccendere i riflettori sull’importantissimo patrimonio archeologico della città e rilanciare l’immagine del museo dopo la lunga pausa imposta dall’emergenza Covid”.

Quest’estate il borgo siciliano si prepara quindi a vivere una stagione ricca di eventi e manifestazioni importanti. Un progetto di rinascita culturale colmo di appuntamenti: dall’inaugurazione del primo centro espositivo del paese con la mostra Segni alla valorizzazione del Riparo Cassataro, che custodisce i più antichi dipinti mai ritrovati nella Sicilia Orientale; dalla riapertura dell’Anfiteatro della Dogana con il Concerto del Coro Lirico Siciliano al ritorno dell’Augusto che  si  ricongiunge, dopo 83 anni, con il gruppo scultoreo di provenienza.  Ritorno per lungo tempo atteso dalla comunità

 “Un risultato storico” dice il Sindaco Salvatore La Spina, “siamo felici ed emozionati. Il rientro della Testa di Augusto è un obiettivo che ci eravamo fin da subito prefissi e rappresenta un vero momento di svolta per tutta la comunità.  Questo ritratto, per la sua bellezza ed eleganza mi auguro possa diventare il simbolo della rinascita del paese, un marchio identificativo che imprimerà ancor di più il nome di Centuripe negli annali della storia e del mondo intero. La sua bellezza sarà l’emblema del nostro progetto di rilancio  di Centuripe Città Imperiale. Ringrazio l’Assessore Alberto Samonà, la Direttrice Gioconda Lamagna, il Direttore Carlo Staffile, e tutti i funzionari dell’Assessorato e dei Parchi Archeologici di Siracusa e Catania per l’attenta quanto disponibile collaborazione intrapresa nei mesi precedenti. Che Altro aggiungere, “L’imperatore torna a casa!”.

Info: www.centuripecittaimperiale.com/museo-archeologico-regionale/

È una di quelle storie che sembrano un film. Del resto alcuni film non sono altro che il racconto di un’avventura, di una persona e le sue vicende, di un fatto accaduto. C’è sceneggiatura nei film, spesso alterando i fatti. Ma ciò che state per leggere è la verità così com’è accaduta. Già in parte divulgata su Facebook, oggi la rendiamo nota con approfondimenti e particolari rilasciati alla redazione.

La protagonista è una piastrina militare, appartenuta a un italiano, soldato, con il grado di Sergente o Sergente Maggiore, durante la Seconda Guerra Mondiale. Lui è Francesco Rinaldi, figlio di Pasquale Rinaldi e Maria Basta, di Monte Sant’Angelo.

Fatto prigioniero in Grecia nell'isola di Rodi, nel Dodecaneso, durante i rastrellamenti dei tedeschi dopo l'Armistizio, Francesco Rinaldi, come facevano molti prigionieri di guerra, buttava la piastrina di riconoscimento per non fornire altre indicazioni personali. Per salvare la pelle, in sostanza, e cercar ritorno a casa. E così fu, giacché dopo l’intervento delle truppe inglesi fu liberato, per poi sbarcare a Bari e ritornare al suo paese, a Monte Sant’Angelo, dove nel 1999 passò a miglior vita.

Una storia come tante e di tanti militi, che a differenza di altri e a distanza di decenni, i suoi parenti hanno potuto apprezzare come il tempo conserva la storia attraverso un effetto personale. Una piastrina dispersa e poi ritrovata e infine riconsegnata al figlio Pasquale (stesso nome del nonno, padre di Francesco). Sembra facile ma, fidatevi, non è così.

Di speciale, in questa storia, c’è appunto la vicenda che gravita attorno alla piastrina. Chi l’ha ritrovata basandosi su fonti storiche certificate, chi l’ha consegnata alle Autorità del luogo, chi l’ha custodita fino ad accertare la corretta paternità, chi si è prodigato per farla ritornare nelle mani del legittimo successore di Francesco, appunto suo figlio Pasquale.

I FATTI

La piastrina fu ritrovata nell’estate del 2019 da un gruppo di appassionati ricercatori con metaldetector, specializzati e attivi sui vari fronti esteri e soprattutto nelle aree di scenari da guerra. Il rinvenimento avvenne sull’isola di Rodi, in Grecia, presso una vecchia struttura del Regio Esercito. Il ritrovamento fu comunicato da Tom Palermo, su Facebook, in vari gruppi, per cercare il legittimo proprietario o i suoi parenti. La notizia ebbe grande risonanza, anche grazie al tam-tam social di altre persone, come Domenico Delli Carri, di Donato e Matteo Taronna, di Geppe Inserra e dello scrivente attraverso la redazione di newsGargano. Ci vollero poche ore che i parenti del milite si fecero vivi, fornendo prove schiaccianti con tanto di documenti anagrafici sulla paternità della piastrina.

Fu il figlio Pasquale a farsi vivo. Pasquale Rinaldi, fu Francesco, è un poliziotto, funzionario in pensione (congedato nel 1974 da Commissario a Milano), residente nel bergamasco, desideroso di riavere tra le mani quella piastrina, unica testimonianza e cimelio di suo padre. «Potrebbe essere di mio padre. Lui si chiamava Francesco e i suoi genitori erano Pasquale e Basta Maria. Mio padre fu fatto prigioniero a Rodi, in Grecia, ed era un Sottufficiale dell’Esercito Italiano, ma non ricordo se Sergente o Sergente Maggiore» la testimonianza di Pasquale.

Francesco Rinaldi a Rodi in Egeo

Francesco Rinaldi a Rodi nell'Egeo

Il primo pensiero fu quello di come far ritornare a casa quella piastrina. Tom, da subito, si mise in contatto con i suoi amici del gruppo di ricerca, appassionati e storici, fornendo preziosi contatti e indicando alcune modalità su come procedere. Da un contatto del luogo, il sig. Nikolaos, fu interessato il Console del Peloponneso, sig. Demetrios, informandolo della vicenda e prendendo in consegna la piastrina, con l’esortazione di farla arrivare in Italia. Passarono alcune settimane ma la piastrina era lì, giacente nell’ufficio del Console. Tom non esitò a ricontattare i suoi amici che parlarono con il Console, rispondendo: «Ho la carica del Segretario Esecutivo del Governatore dell’Egeo (Doecaneso e Cicladi) e per questo motivo viaggio continuamente sulle 54 isole. Comunque ho parlato con l'amico che ha trovato la piastrina. A metà settimana quando tornerò a Rodi, coordineremo la consegna della piastrina con grande emozione. Teniamoci in contatto».

Si sperava in una consegna nei tempi desiderati da Pasquale, che voleva ufficializzarla a Monte nel settembre 2019, precisamente il 29 nella ricorrenza di San Michele Arcangelo, con le Autorità locali istituzionali e politiche. Una data dalla doppia valenza, sia per la Festa Patronale di Monte Sant’Angelo, cui avrebbe fatto felicemente ritorno, sia perché San Michele che è il protettore della Polizia di Stato. Per questo motivo e sicuro del ritorno in Italia della piastrina, Pasquale prese contatto con il Comando della Polizia, chiedendo in via del tutto eccezionale di indossare la sua uniforme da poliziotto. Gli fu concessa. Purtroppo ciò non avvenne perché quella piastrina era ancora in Grecia.

Sfumata la cerimonia, Pasquale risentì sia Tom, sia Domenico, sia il sottoscritto, che nel frattempo si era interessato via WhatsApp con gli uffici grechi per avere info più dettagliate per scrivere un articolo, chiedendo informazioni e per sollecitare il Console. Il tempo passava e Pasquale era ansioso di riavere tra le mani ciò che circa ottanta anni fa era di suo padre Francesco.

NELL’APRILE 2021 LA SVOLTA

Dagli uffici del Console delle isole del Dodecaneso a Pasquale Rinaldi fu recapitata la piastrina del padre. Era inserita in un quadro con la foto di Francesco sulla bandiera Italiana, con la scritta “Francesco Rinaldi”, e del gruppo internazionale “Italian Dog Tag Return Project” e del “GRS – Gruppo Ricerche Storiche”.

La piastrina finalmente era a casa sua, tra le mani del figlio Pasquale. Un lavoro di squadra che ha interessato più soggetti per un nobile fine, ridare valore ai ricordi affettivi di chi ha difeso il nostro Paese in terra straniera. «Finalmente dopo tanti mesi oggi con corriere DHL mi è stata consegnata la piastrina di mio padre trovata in Grecia, dove fu tenuto prigioniero durante la Seconda Guerra Mondiale. Ringrazio tutte le persone che si sono interessate e la Onlus ricerche storiche di Roma che me l'ha spedito, nella persona del sig. Maurizio De Angelis. Grazie, grazie, grazie» il messaggio che Pasquale ha diramato alle persone che si sono interessate e alla redazione di newsGargano, attraverso il contatto telefonico dello scrivente, Dir. Resp. della testata giornalistica.

Piastrina e foto padre riconsegnata

I PROTAGONISTI

È stato un lavoro di squadra, che ha impegnato, oltre che risorse, numerosi volontari di gruppi specializzati. In primis Tom Palermo, docente scolastico a Foggia, appassionato e studioso di storia, collaboratore attivo con gruppi di ricerca delle fonti sulla storia, in particolare di eventi bellici. Tom è parte importante del comitato “Un monumento a ricordo delle vittime del 43 a Foggia”, con sede a Foggia sotto il Pronao della Villa Comunale. È anche collaboratore dell’Associazione Salerno 1943 (AIR Finders), presente su Facebook, mettendo a disposizione, come i suoi colleghi, professionalità, conoscenze storiche, tenacia e meticolosità nella ricerca certosina di fonti, ricostruzione degli eventi e oggetti personali dei vari dispersi e periti in guerre, poi riconsegnati ai loro parenti. Poi di Domenico Delli Carri, poliziotto di Monte Sant’Angelo in servizio alla Questura di Foggia, che da subito si è attivato con altri due Montanari, Donato e Matteo Taronna (quest’ultimo anch’egli poliziotto ma Ispettore capo al comando della Stradale di Vieste). E ancora di Geppe Inserra, giornalista, scrittore e studioso della storia di Foggia e della Capitanata. Per proseguire dello scrivente.

Un lavoro che poteva raggiungere il traguardo solo con il fondamentale apporto dei gruppi di ricerca, succitati nel quadro, attivi in quasi tutta Europa, particolarmente concentrati nell’Est. Loro sono dei giovani appassionati di ricerca di reperti con il metaldetector. Operano anche in Russia, nell'area di Cerkovo, al confine tra Ucraina e Russia, dove stanno rinvenendo molti reperti. In particolare nella valle di Cerkovo (che poi cambiò nome e fu chiamata la “Valle dei morti”), durante la Seconda Guerra Mondiale, si svolse una cruenta, famosa o famigerata, battaglia dove pochissimi soldati si salvarono. Si sta parlando della "Battaglia di Arbuzovka", nei pressi di Malaja Lozovka, conosciuta anche come Arbusovo, nei pressi di Malaja Lozovka. Lì nel 1942, dal 21 al 25 dicembre sul fronte orientale, si consumò una delle più drammatiche e sanguinose battaglie a difesa del fiume Don, dove la potente offensiva dell'Armata Rossa, durante l'Operazione Piccolo Saturno, accerchiò tre divisioni italiane, e alcuni reparti tedeschi, che furono letteralmente distrutte. L’attività di ricerca è tuttora attiva, in particolar modo laddove sono state presenti le compagini militari italiane. Stiamo parlando della Grecia, della Russia, dell’Ucraina. La prassi è di basarsi su mappe militari, trovare il luogo, farsi rilasciare le dovute autorizzazioni, cercare con i metal detector e a ritrovamento avvenuto collaborare con storici e istituzioni varie per ritrovare i parenti in vita, per poi consegnare il cimelio.

UN BEL ESEMPIO

Quella di questa storia è l’ennesima di tante altre in attesa di un riscontro, concentrate particolarmente in Grecia, dove dopo l’Armistizio ebbero inizio massicce deportazioni, provvisoriamente verso Atene e poi verso altre località come i Balcani e oltre. L'isola di Rodi militarmente, a quel tempo, aveva due bretelle difensive interne e varie postazioni di artiglieria. Molti furono i militari italiani catturati dai tedeschi, alcuni evasero trovando rifugio tra i partigiani della Brigata Garibaldi, altri perirono, diversi rimasero prigionieri fino all’arrivo degli Inglesi. Tra questi si annoverano molti foggiani.

Bisogna dirlo, questo della piastrina di Francesco Rinaldi è un caso di buon esempio e utilizzo dei vari social network, che mettono in relazione persone, anche agli antipodi del pianeta, per condividere storie di tanti anni fa, facendole ritrovare e in particolar modo ridare ai legittimi proprietari ciò che il suo avo aveva smarrito.

Grande emozione per il 38° Torneo delle Chiavi, che ha visto tutti i partecipanti schierati in un unico grande abbraccio dedicato a Mosè La Cava.

Per la prima volta nella storia Porta San Giacomo si è aggiudicata il Palio della Città di Lucera durante il Torneo delle Chiavi 2021, andato in scena venerdì 13 agosto nella suggestiva cornice dell’Anfiteatro Augusteo. Seconda classificata Porta Albana, terza Porta Foggia, quarta Porta San Severo e quinta Porta Troia.

«La nostra porta si aggiudica il Palio per la prima volta, siamo contentissimi di questo risultato, che è stato raggiunto grazie alla collaborazione di tutti», ha affermato emozionato il capo porta Giovanni Turco.

Come sempre le 5 porte hanno gareggiato sfidandosi nei giochi medievali - tiro alla fune, albero della cuccagna, corsa dei sacchi, tiro dell’arco e lancio del giavellotto - durante cui i partecipanti hanno dato prova di forza e abilità.

La 38esima edizione del Torneo delle Chiavi è stata particolarmente intensa ed emozionante, perché ha visto tutti i partecipanti schierati in un unico grande abbraccio dedicato al compianto Mosè La Cava, direttore artistico di ieri, di oggi, di sempre.

«Ognuno di noi è un po’ più solo perché manca il tassello centrale di questo mosaico […]. E quando in un mosaico manca un tassello il disegno appare incompleto, lo si può sistemare ma quello spazio vuoto resta ed è lì ben visibile. Questo spazio vuoto per tutti noi è un abisso, ma abbiamo deciso di vivere l’evento con tutta la gioia, l’energia, la forza e la bellezza di cui eri promotore e tenace sostenitore» ha dichiarato Gianni Finizio, presidente dell’APS Cinque Porte Storiche, dando voce a ogni singolo partecipante e membro delle 5 porte.

L'arena si è riempita di colori e costumi, di musiche di ispirazione medievale eseguite dall'“Ensemble Bona Fides”, di danze coordinate dalla coreografa Daniela Bognani e, soprattutto, della voglia di essere partecipi della storia della città. Tutto sotto l’occhio vigile dei giudici di gara - Lucio Barbaro, Vincenzo Morelli, Umberto Cifaldi - e con la conduzione coinvolgente di Vito De Girolamo.

Ad esprimere soddisfazione per una manifestazione, diventata un po’ una forma di “resistenza” - in questi ultimi due anni è stata organizzata nonostante la pandemia - anche i direttori artistici Giuseppe Grasso, Giuseppe De Sabato e Francesco Tozzi, che hanno dichiarato: «il Torneo delle Chiavi è la manifestazione più longeva della città ed è ormai entrata nell’immaginario collettivo. Si tratta di un’esperienza totale che copre diverse forme di espressione: arte, scenografia, coreografia, musica, sartoria. Poi c’è il lato agonistico legato alle discipline e, infine, l’aspetto storico, anche se si tratta di una rappresentazione e non di una rievocazione. Non ultima la valenza sociale dell’evento capace di generare senso di appartenenza, creando un’unica grande squadra».

Gli eventi andati in scena il 12 e il 13 agosto - promossi dall’APS 5 Porte Storiche - Città di Lucera e co-organizzati dal Comune di Lucera - hanno aperto il cartellone “Estate, Muse, Stelle” della città di Lucera, registrando una grande e calorosa partecipazione di pubblico.

Il 12 agosto l’Anfiteatro ha ospitato la Rievocazione storica del Villaggio Medioevale. Ad accogliere i visitatori ancelle, popolani, nobili e militari in un’ambientazione con tende medioevali e banchi da lavoro. Tra le novità di questa 38esima edizione il conio di monete (XI-XIV sec.), il tiro con l’arco, i giochi medioevali, i sistemi di tortura e le macchine d’assedio. È stato possibile ammirare strumenti musicali dell’epoca - come citola, salterio, dulcimer - realizzati a mano e suonati durante il Torneo.

A chiudere la manifestazione è stato lo spettacolo del fuoco a cura di ResExtensa Dance Company.

Ma non finisce qui. Le 5 Porte Storiche sono già a lavoro per le prossime attività e invitano tutti a partecipare al crowdfunding https://gofund.me/f1a26c89 che servirà anche a sostenere la Mostra "MEMORABILIA", un viaggio nella storia del Torneo delle Chiavi a partire dalla prima edizione del 1983 fino ad oggi, il cui allestimento è previsto nei locali dell’Istituto San Leonardo di Lucera.

Dalle alture più elevate della Foresta Umbra si scorge il mare e immerse nel suo azzurro immacolato, poco lontano dalla costa, ecco una manciata di isole, è l’arcipelago delle Tremiti, che ci sorride, quasi un invito a visitarlo.

Se il Gargano è uno scrigno di bellezze naturali, di leggende e di testimonianze artistiche, le Tremiti rappresentano l’anima di tutte queste preziosità, tanto è ricco questo piccolo arcipelago di fiabe, di storie, di arte, di grotte e di passaggi indimenticabili.

Da secoli meta di pellegrinaggi e poi di turismo, le isole sono state abitate già in epoca preistorica, come testimoniano i manufatti litici rinvenuti nell’isola di San Domino e su quella del Cretaccio.

Le tracce di alcuni sepolcri, inoltre, sono rinvenibili nell’isola di San Nicola.

Delle Tremiti ci parlano già Strabone e Tacito, che nei suoi Annali ci narra che in queste isole fu relegata dall’imperatore Augusto la propria nipote Giulia, perché accusata di adulterio.

La dissoluta Giulia resterà nell’arcipelago per ben vent’anni, fino alla sua morte.

E ancora prima dell’epoca romana ci riporta una leggenda in cui si narra che il re Diomede, stabilitosi dopo la guerra di Troia nella Daunia, volle poi essere seppellito nelle isole Tremiti dai suoi compagni che, trasformati in uccelli, ne vegliano ancora il sepolcro, indicato dagli isolani in alcune vetuste costruzioni poste sull’isola di San Nicola.

Le Tremiti, grazie a questa fantastica fiaba, sono chiamate anche isole Diomedee.

L’arcipelago sarà, in seguito, sede di una importante comunità benedettina dipendente da Montecassino; il più antico documento che ci parla della presenza di un convento, dedicato a San Giacomo, risale al novembre del 1005.

La costruzione di una seconda chiesa titolata a Santa Maria, già documentata nell’XI secolo, è collegata a un evento miracoloso riportato in una cronaca cinquecentesca del canonico Benedetto Cocarella che così riferisce: un Santo venerabile huomo, bramoso di una quiete, e solitaria vita, tutto a Dio dedicato…si rifugiò nelle Tremiti. Un giorno, a questo eremita apparve la Madonna che gli disse…levati e vˆ tosto a scavare in cotesto luogo ove troverai danari non pochi sotterrati i quali prendendo naviga per Costantinopoli, ove comprerai quelle cose che a fabbricar lo Tempio a mio modo, sieno necessarie. Incredulo, il povero eremita non obbedì alla Vergine e la Madonna gli apparve una seconda volta sollecitandolo a fare quanto gli aveva comandato nella Sua prima apparizione.

Questa volta l’eremita obbedì, si recò a Costantinopoli e, acquistato il materiale occorrente e assunti alcuni manovali, fece poi costruire il tempio dedicato a Santa Maria sull’isola di San Nicola.

Il monastero di Tremiti, grazie a numerosi lasciti e donazioni, divenne ben presto molto potente; la badia era ricchissima e i suoi possedimenti si estendevano numerosi sul Gargano e nel Molise.

Altri ordini religiosi si alternarono ai Benedettini, come i Cistercensi, che vi costruirono un primo nucleo di fortificazioni per far fronte ai frequenti attacchi dei pirati che, alcune volte, riuscirono a depredare l’abbazia.

Uno degli episodi più significativi legati ai saccheggi perpetrati dai pirati è riferito dal Summonte: al tempo di re Roberto (d’Angiò) un corsaro Almogravo con tre fuste, sentendo che a S. Maria di Tremiti era gran copia d’argento, calici e vestimenti di seta, pensò rubarla e andatovi una notte gli dié grandissimo assalto, e per la moltitudine de’ frati che v’erano non poté far cosa nulla. Nella seguente matina vi diede il secondo assalto: e meno l’ottenne; del che vedendosi disperato, pensò ingannar i frati, onde dilungatosi dall’isola fè portare una cassa da morto dove fè fare alcuni buchi da potervi respirare e il coperchio che facilmente poteva levarsi e postosi il capitano dentro di quella con dieci taglienti spade; ordinò alli compagni che lo dovessero portare, e dire alli frati di quel monastero che il loro capitano era morto e aveva lasciato a quella chiesa trecento scudi veneziani; ciò fatti, li frati vedendo la cascia da morto con li scudi e li portatori senza armi, li fero entrare nella chiesa, e volendo cominaciar a cantare l’officio, subito quello ch’era nella cassa gittando il coverchio saltò fuora e li compagni prendendo le spade ammazzaro tutti li frati e rubarono la chiesa e quanto in quella isola trovarono, la quale stette poi abbandonata più di trenta anni.

Certamente, anche in seguito agli assalti dei pirati, i Cistercensi abbandonarono, verso il Trecento, le isole, che furono poi ripopolate nel secolo successivo dai Canonici regolari di Sant’Agostino.

Questi frati si insediarono nel Monastero di Santa Maria nel 1412, grazie ad una bolla del pontefice Gregorio XII; saranno loro a riportare all’antico splendore l’abbazia, restaurando la chiesa e ristrutturandone tutto il sistema difensivo.

Più imponenti muraglioni, nuove torri e il taglio della roccia sotto la torre di San Nicolò, alle spalle del monastero, per separarlo dal resto dell’isola, rappresentano le opere di difesa compiute dai monaci in questo periodo.

L’abbazia raggiunse con i canonici di Sant’Agostino il suo massimo splendore, lo attestano anche le numerose visite di importanti personalità, come il duca d’Urbino Francesco Maria, don Antonio Doria, cardinali, capitani delle flottiglie della Repubblica di Venezia e altri personaggi più o meno illustri.

Le isole divennero nel XVI e XVII secolo un sicuro rifugio per i navigli e una punta avanzata della cristianità contro le flotte dei pirati turchi, che, infruttuosamente, assalirono l’abbazia il 5 agosto del

1567, dopo aver depredato Ortona, Vasto, Termoli e il monastero di Sant’Agata, dipendenza di Tremiti posta nei pressi del fiume Fortore.

Verso la fine del Settecento, la Badia di Tremiti ed il suo vasto patrimonio passarono al regio demanio, l’abbazia fu soppressa nel 1782 e sull’isola si insediò un presidio militare.

Nel secolo scorso l’arcipelago diverrà una colonia penale e i regnanti borbonici, per popolare le isole ormai deserte, vi confinarono uomini e donne dei bassifondi napoletani.

Ancora nel Novecento, con l’avvento del fascismo, vi furono confinati importanti personalità politiche contrarie al regime, fra cui si ricorda l’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Abolita la colonia penale nel dopoguerra, nelle isole si è sviluppato sempre più il turismo, vero protagonista, oggi, dell’economia dell’arcipelago, che ha visto in questi ultimi anni un crescente interesse ambientale e artistico nei confronti dei suoi monumenti.

[Estratto dal volume di Carmine de Leo, “Gargano, storia, arte, ambiente e leggende”, Foggia, 2009, volume non in vendita, ma consultabile gratuitamente presso le biblioteche locali e nazionali]

Nell’ambito delle giornate di valorizzazione organizzate dalla Direzione regionale Musei Puglia, sabato 31 luglio il Museo nazionale archeologico di Manfredonia aprirà straordinariamente al pubblico dalle ore 20.00 alle 23.00.

INGRESSO GRATUITO PREVIA PRENOTAZIONE

Sarà possibile visitare i nuovi allestimenti delle sale espositive attraverso un emozionante percorso dalla Preistoria alla scoperta della civiltà dei Dauni.

Informazioni per il pubblico

Orario dell’evento: dalle ore 20.00 alle 23.00 (ultimo ingresso ore 21.30)

Fasce orarie di ingresso: 20.00 – 21.30

Numero massimo di visitatori consentito:15 persone per ogni fascia di ingresso

Prenotazione: consigliata tramite l’app ioprenoto (https://ioprenotoapp.com/)

Le misure anti-contagio e le modalità di visita previste durante l’evento sono consultabili al seguente link: https://musei.puglia.beniculturali.it/wp-content/uploads/2021/05/DRM-PUG-Modalit%C3%A0-di-visita2.pdf.

 

Il territorio è quello del Promontorio del Gargano, costituito da folta vegetazione, rocce millenarie e terreni talmente baciati dal sole da renderli asciutti ma molto produttivi. Qui le strade fino a qualche decennio prima erano sterrati, e alcune sono ancora così, che mettono in collegamento la piana del Tavoliere delle Puglie con i paesi soprastanti. Tra queste, oggi asfaltata, c’è la Strada Provinciale 55 (SP55), meglio conosciuta la Macchia-Monte Sant’Angelo, un lembo di terra di circa 9 km. Parte di essa, per nove chilometri, e fino al 1982 fu scelta per diventare percorso di gara, con i suoi 18 tornanti. Un percorso angusto, con curve a gomito, dove i piloti dovevano mettere in pratica tutte le loro capacità di guida. Un percorso immerso nel verde quasi primordiale che si arrampica e sorregge le pareti bianche del Monte Gargano. Curve mozzafiato come lo è il paesaggio, che a tratti fa scorgere il Golfo di Manfredonia in tutta la sua armoniosa bellezza a semiluna, bagnato da un mare pescoso e dai colori blu e verde. Dal 1982, precisamente dalla nona edizione, la gara da settembre si svolse a maggio, terminando con la dodicesima edizione, nel 1986, dopo la tragica scomparsa del pilota Paolo Gargano.

In sintesi, questa è la storia della mitica Cronoscalata Salita Macchia-Monte Sant’Angelo, un’icona dello sport garganico, ricordato dai grandi nei racconti ai piccini.

Attimi di vita vissuta intensa, che hanno caratterizzato i Montanari e che ogni qual volta percorrono la SP55 immaginano quelle auto roboanti.

Questo è in sostanza la mission del portale www.salitamacchiamontesantangelo.it, un magazine sportivo nuovo e ricco sito web che raccoglie tutte le testimonianze di chi ha gareggiato e vissuto l’evento sportivo. È uno spazio aperto a tutti, a chi vorrà fornire testimonianze, a chi ha voglia di raccontare aneddoti. Pertanto, prediligerà anche il longform journalism oltre che le notizie flash.

Il progetto editoriale, la realizzazione del portale e la ricerca delle fonti, sono principalmente a cura di Arcangelo Palumbo, proprietario del sito, noto amante dello sport su 4 ruote, con la passione per la fotografia, blogger, oltre Montanaro DOC. L’idea è stata condivisa da amanti e appassionati della Cronoscalata, meglio conosciuta, Salita Macchia-Monte Sant’Angelo e dei Rally corsi sul Monte Gargano, con l’obiettivo di valorizzare e di ricostruire le diverse edizioni.

«Tutti noi Montanari, di una certa età, hanno vissuto gli anni ‘70 e ‘80 con passione sportiva la memorabile Salita Macchia-Monte Sant’Angelo», dichiara con vivida commozione Arcangelo Palumbo, proseguendo: «Per noi la Salita rappresentava, dopo la festa Patronale in onore a San Michele Arcangelo il 29 settembre di ogni anno, la seconda festa patronale. Noi tutti intensamente eravamo immersi nella grande festa che durava una settimana, quella che precedeva la gara dell’edizione di ogni anno. Contando i giorni aspettavamo la pubblicazione da parte dell’ACI dell’evento sportivo più importante del territorio. Era una settimana dove noi quindicenni ci vedevano protagonisti di folli “pazzie” -Arcangelo ricorda con una luce splendente negli occhi- come marinare la scuola per l’intera settimana, in modo da essere presenti su tutto il tratto della salita per poter assistere le prove dei piloti, che salivano per provare la propria monoposto. Ricordiamo ancora bene che per dare tranquillità al pilota che saliva per testare e provare la macchina ci mettevamo a monte e a valle di ogni curva, bloccando così le auto che scendevano o che salivano da Monte a Macchia, e viceversa. Eravamo quelli che oggi sono chiamati steward e security, solo che noi lo facevamo volontariamente e con passione. Quando le auto da corsa erano sulla strada per provare il proprio assetto o altro, noi davamo il consenso al pilota di proseguire con tranquillità su quella curva, in modo da poter terminare con velocità il tornante.  Ovviamente ad ogni tornante c’erano numerosi coetanei, che come noi facevano da spola per tranquillizzare il pilota della strada libera. È doveroso, ora, menzionare le curve che hanno fatto la storia della gara: curva mobilificio “Di Bari”, curva la “Zann”, curva dei “Ferri”, curva del “Mandolino”, curva dello “Sterco”, curva del “Bacino”, curva “sotto il Bacino”, curva di “Gigino Di Iasio”, curve sotto o sopra la “Cavarena”, curva del “Crocifisso”, curva primo tornante “Macchia”, per ogni curva c’era un nomignolo. Quando le auto riscendevano a motore spento con lo sportello aperto, in modo da far arieggiare l’abitacolo, noi tutti applaudendo dicevamo “Bravo, bravo, ritorna, ritorna, ritorna”. E l’invito, in effetti era accolto e qualcuno ritornava. Era una festa, che continuava con il giorno delle prove speciali, di solito il sabato. A Monte Sant’Angelo tutti erano in festa. Con lo zaino in spalla e pieno di bevande e panini, con l’ombrello per proteggerci dal sole e cappellino in testa ci recavamo sulla postazione, quello prescelto in modo da poter assistere tutta la gara. E così anche la domenica, giorno di gara. La gioia era visibile sui volti di tutti, in trepidante e adrenalinica attesa. Ricordo bene -prosegue con le lacrime agli occhi Arcangelo Palumbo- la salita del 1986. Era un sabato e tutti noi eravamo posizionati sotto la curva del “Bacino”. Stavano salendo i prototipi. Ad un tratto vedemmo salire Paolo Gargano con il prototipo rosso sul rettilineo della “Cavarena”. Dopo un po’ sentimmo un botto. Non riuscimmo a capire cosa fosse accaduto. Poi la terribile notizia. L’auto di Gargano non c’era più sul quel maledetto tornante 10. Capimmo che c’era stato un incidente, ma non capivamo la gravità. Poi tutto fu più chiaro, l’auto con il pilota finì nel burrone. Immediatamente fu sospesa la gara, sul posto giunsero ambulanze e soccorsi. Lì perì Paolo Gargano. Il ricordo indelebile va a lui, a Paolo, quando fu estratto il suo corpo dall’abitacolo e trasportato in un lenzuolo, per poi adagiarlo al centro della curva. Fu uno strazio osservare il sacerdote, don Matteo De Padova, conferirgli l’estrema unzione. Quella scena -continua Arcangelo- è ancora impressa nella mia mente. Ogni evento della manifestazione terminava con la premiazione dei piloti e delle scuderie. Tutti noi eravamo lì per vedere, conoscere e toccare, i piloti, eroi del momento. Ecco perché quest’occasione editoriale dev’essere presa al volo, supportata da tutti noi Montanari e non solo. Ringrazio chi ha creduto nel progetto editoriale, chi mi ha fornito materiale, chi ha reso pubblichi i suoi ricordi, chi giornalisticamente ha voluto fortemente far diventare il magazine un prodotto giornalistico. Ringrazio -chiosa Arcangelo Palumbo- anche alcune attività commerciali di Monte Sant’Angelo che hanno contribuito fattivamente alla realizzazione del progetto editoriale, che saranno presenti sul portale, e mi riferisco a Byron Caffè, Autoricambi Lauriola, Automania di Pietro Azzarone, Boutique Capriccio e Pastificio Casa Prencipe. Grazie a tutti».

Il magazine si avvale anche della parte giornalistica, che è stata gentilmente affidata a questa testata (www.newsgragano.com), che ha affiliato il portale www.salitamacchiamontesantangelo.it come supplemento giornalistico digitale. Il magazine è composto di editori, video maker, editorialisti e fotografi al di sopra dei trent’anni, con una sua direzione e redazione, tutti promotori del meglio del territorio cui apparteniamo.

Il portale diverrà il punto di riferimento dei rally svolti sulla SP55. Tra questi ricordiamo, come preannunciato, la indimenticata Salita Macchia-Monte Sant’Angelo e il Rally Porta del Gargano. Il portale è, nel merito, tutto ciò che è avvenuto nei rally suddetti, con gallerie fotografiche, tempi dei piloti, testimonianze dirette, classifiche. Ovviamente il portale sarà un work in progress aggiornabile ogni qual volta riceverà nuove informazioni, che saranno riportate con la fonte.

Tra le persone che è doveroso citare per la realizzazione del sito e pertanto delle informazioni gli ex piloti Marcello De Vivo, Claudio Calella, Giliberti Angelo, Gil Omerico, Di Bari Giovanni, Azzarone Pietro, Donato Taronna, Giuseppe La Torre Raffele (detto Lello); ringraziamenti speciali vanno a Targa Capitanata e Targa Puglia.

Inoltre preme ricordare chi fino a ora ha contribuito che www.salitamacchiamontesantangelo.it con il suo contributo dei ricordi storici, che hanno solcato le strade garganiche con i loro bolidi: Claudio Colella, Marcello De Vivo, Angelo Giliberti, Giovanni Di Bari, Pietro Azzarone, Gil Omorico, Maurizio Morlino, Francesco La Torre, Raffaele (Lello) La Torre, Giuseppe La Torre, Matteo Coccia, Donato Taronna, Matteo Bove, Michele Guerra, Giuseppe Troiano, Vito Antonio Caporale… e tanti altri non citati scusandoci per la mancanza di dati.

Un contributo prezioso per la testimonianza storica è l’aiuto dei lettori e di chi ha vissuto quei tempi indimenticabili, soprattutto come pilota, ma anche chi era a bordo strada. È indiscutibile che per realizzare e tenere sempre aggiornato il magazine digitale c’è bisogno di informazioni che solo voi potete fornirci. Ovviamente saranno citate le fonti.

Tra le info, come avete visto, ci sono molte foto, raccolte in gallerie divise per edizioni. Alcune hanno tutte le informazioni, ad altre mancano.

Qui, appunto, abbiamo bisogno di Voi.

Ci sono sezioni con foto non catalogate e sarebbe un torto non riuscire a renderle complete. Pertanto, invitiamo i lettori a completare la catalogazione, di individuare l'autore della foto.

Nell’occasione ringraziamo in modo speciale l’ACI Foggia, il suo presidente Raimondo Ursitti, Claudio Calella, Giliberti Angelo, Marcello De Vivo, Giovanni Di Bari, Pietro Azzarone, Donato Taronna, GIL Omerico…, per la disponibilità del materiale fornito, tale da arricchire il sito e rendere un servizio pubblico per ricordare questo evento sportivo, che è stato anche aggregatore di persone e umori, un evento che ha lasciato una traccia indelebile nella sfortunata 12^ edizione cui perse la vita Paolo Gargano, che noi lo ricorderemo sempre.

Per il materiale fotografico e storico culturale pubblicato si ringrazia: Francesco Morcaldi, Salvatore Taronno, Giovanni Di Bari, Pietro Azzarone, Gil Omorico, Domenico Piemontese, Matteo Bove, Michele Guerra,  Franco Bartucci, Ferdinando Parisi, Antonino La Vecchia, Claudio Palma, Matteo Coccia, Maurizio Morlino, Domenico Salcuni, Paolo Rignanese, Francesco Le Noci, Donato Taronna, Matteo Taronna, Vito Antonio Caporale, Claudio Palma…

Un ringraziamento speciale va a Giuseppe La Torre e Raffele (detto Lello) La Torre, Rally Porta del Gargano, per aver messo a disposizione dell’archivio materiale culturale e fotografico.

Ringraziamenti doverosi anche a Targa Capitanata e Targa Puglia per le informazioni divulgate.

Un encomiabile ringraziamento alle testate giornalistiche “Matti per le corse”, diretto da Domenico Salcuni e Paolo Rignanese , e “TopWVideoRally”, diretto da Francesco Le Noci.

Grazie anche e soprattutto ad alcune attività commerciali di Monte Sant’Angelo che hanno contribuito fattivamente alla realizzazione del progetto editoriale, che saranno presenti sul portale.

Ed ancora… ricordiamo due eventi in programmazione:

  • il 5 settembre 2021 si svolgerà il “1° Slalom Città di Monte Sant’Angelo”, organizzato dalla Gargano Racing Team;
  • il 19 settembre quello sulla Rievocazione Storica sulla Salita Macchia Monte Sant’Angelo, organizzato dall’ACI Foggia e dallo storico già pilota Marcello De Vivo.

Per concludere, e ci scusiamo se siamo abbiamo utilizzato la forma longform journalism, l’invito è rivolto a chiunque abbia informazioni e materiale a vario genere sugli eventi sportivi succitati e che possa metterlo liberamente a disposizione del portale come memoria storica e culturale, inviando una email a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Siamo certi che sarà un successo di partecipazione.

Dal 12 al 17 luglio si svolgerà la seconda campagna di ricerche sull’isola di Sant’Eufemia a Vieste, nell’aria del santuario rupestre di Venere Sosandra, dove nel 2019 si è svolta una prima campagna di documentazione, che ha portato al censimento di circa 250 iscrizioni e segni di vario tipo (croci, palmette, ecc.), databili tra l’età romana e l’età contemporanea. Una iscrizione è in caratteri greci ed è riferibile a un certo Gaios Gellios, sei sono quelle latine di età repubblicana e imperiale di cui ben cinque con dedica a Venere Sosandra, oltre trenta quelle latine databili tra Tarda Antichità e Medioevo. Numerose sono poi le iscrizioni lasciate dai fanalisti almeno fino al 1926.

Il culto di Venere Sosandra è legato alla sfera del mare e soprattutto al viaggio marino. I marinai durante la navigazione adriatica, sostavano a Vieste, per recuperare acqua e viveri, ed esprimevano la loro devozione alla divinità, che qui aveva un suo luogo di culto ricordato anche da Catullo, nel Carme 36, a proposito di Uria, cioè l’antica Vieste.

Altra iscrizione di grande importanza è quella datata al 3 settembre 1002 che ricorda il passaggio del doge Pietro II Orseolo durante la spedizione, con 100 navi da guerra, in soccorso di Bari assediata dai Saraceni.

Vieste   Grotta Venere Sosandra e iscrizione Orseolo

Grotta Venere Sosandra e iscrizione Orseolo

Durante la prossima breve campagna, oltre a proseguire l’attività di documentazione, compreso un rilievo tridimensionale finalizzato alla creazione di un modello virtuale della grotta, si conta di effettuare un vero e proprio scavo sia nella grotta, pavimentata in età recente, sia all’esterno, con la speranza di poter rinvenire elementi per meglio definire la configurazione del santuario rupestre e di recuperare possibili reperti che possano meglio datare le fasi antiche e medievali di occupazione.

Le ricerche sono condotte, in regime di concessione del Ministero della Cultura-Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio di Foggia, congiuntamente dalle Università di Bari e di Foggia (Giuliano De Felice, Danilo Leone, A. Valentino Romano, Maria Turchiano, Giuliano Volpe) con il supporto dell’Associazione ASSO di Roma (Bernardino Rochi, Mario Mazzoli, Marco Vitelli) e della società ArcheoLogica di Foggia (Andrea Berardinelli e Giulio d’Amelio).

Vieste   Faro e Sant'Eufemia ispezione sorgenti acqua

Il Faro e Sant'Eufemia ispezione sorgenti acqua

Prezioso e convinto il sostegno, nelle persone del sindaco Giuseppe Nobiletti e dell’assessora alla cultura Graziamaria Starace, del Comune di Vieste, che nei suoi programmi di valorizzazione del patrimonio culturale spera di poter inserire presto anche l’isola di Sant’Eufemia a Vieste con la grotta di Venere Sosandra.

Le indagini sono parte del Progetto di rilevante interesse nazionale Food&Stones (Ships, Trade, Objects, Networks, Economy, Society) incentrato sul mare Adriatico, con il coinvolgimento di varie università italiane e rientrano tra le attività sostenute dall’ESAC-Euromediterranean Seascapes Archaeology Center (responsabile Luigi De Luca), di recente istituito dalla Regione Puglia con la collaborazione delle università pugliesi.

È un riconoscimento importante quello che la città di Monte Sant’Angelo ha ricevuto dall’Automobile Club d'Italia inserendola nel circuito Ruote nella Storia, un cult dell’editoria per i motori a 4 ruote che nel tempo hanno dato vita a rally nei vari paesi d’Italia con bolidi di altri tempi.

Lo ha annunciato Marcello De Vivo, già pilota e amante dei rally che negli anni si sono svolti sul Promontorio del Gargano.

Per l’occasione l’ACI storico di Foggia ha organizzato, per il 19 settembre 2021, un evento unico per rievocare queste prestigiose automobili sportive che negli anni scorsi hanno gareggiato, in più manifestazioni, percorrendo le strade della Montagna del Sole preferendo la mitica cronoscalata salita Macchia – Monte Sant’Angelo sulla SP55.

«Siamo felici di comunicare che domenica 19 settembre percorreremo con le auto storiche la mitica salita per poi parcheggiare a Monte e fare una visita guidata al centro storico con pranzo» il commento  a caldo sulla sua pagina facebook di Marcello de Vivo, che prosegue: «Nel pomeriggio si svolgerà una visita guidata al Museo dei Vigili del Fuoco a Manfredonia. Per ogni informazione rivolgersi all' Automobile Club Foggia».

Una storia sconosciuta dell’ultima guerra mondiale è quella dell’esercito privato di Popski, un piccolo gruppo segreto di militari dell’armata inglese che formavano una unità di avanguardia per spionaggio oltre le linee nemiche, perlustrando il terreno prima dell’arrivo del grosso delle truppe.

A Foggia, il gruppo  Popski’s, dissuase con la sua presenza la distruzione, da parte delle truppe tedesche, della fabbrica segreta di armi chimiche che esisteva nei pressi della cartiera.

La piccola armata di Popski’s era così chiamata dal nome del suo comandante, il maggiore Vladimir Peniakof, soprannominato Popski.

Singolare personaggio, nato in Belgio da una famiglia di origine russa ed ingegnere presso alcune saline in Egitto, dove si era arruolato nelle truppe britanniche.

Questo gruppo, che faceva capo al Secret Intelligence Service inglese, oggi meglio conosciuto con la sigla MI16 (Military Intelligence, Sezione 6), attrezzato con alcune gip corazzate, fornite anche di mitragliatrici pesanti, si lanciava con i suoi uomini, accuratamente selezionati e provenienti da vari reparti, oltre le linee nemiche per azioni di spionaggio e carpire informazioni sulla consistenza delle truppe avversarie, compiendo anche piccole operazioni di disturbo, come sabotaggi delle linee di comunicazione e di rifornimento.

Nel gruppo segreto la disciplina militare era ridotta al minimo e tutti chiamavano il loro comandante Popski, che gestiva la sua piccola armata quasi in privato, con molta libertà, ma molto coraggio.

Nel settembre del 1943, gli alleati avanzavano su Foggia dal sud per assicurarsi i suoi campi d’aviazione, guidati dal generale di brigata John Currie, con due colone: la Bakerforce sulla destra e la  Cameronforce sulla sinistra.

Nonostante a sud di Foggia il fiume Cervaro ed il bosco dell’Incoronata pullulavano di Tedeschi, la Cameronforce riuscì con una manovre di aggiramento, nel pomeriggio del 27 settembre, ad entrare in città.

Lo stesso giorno, all’alba, un piccolo gruppo di gip della compagnia segreta di Popski’s aveva già raggiunto Foggia per portare scompiglio tra le truppe tedesche del generale Heidrich, forti di oltre 3000 uomini, accampati anche sulla strada per Lucera.

Oggetto di pesanti bombardamenti da parte degli aerei della RAF verso le 8 del mattino, nella nostra città distrutta e deserta, abbandonata dai suoi abitanti, gli uomini di Popski sorpresero i tedeschi intenti a minare alcuni obiettivi strategici, come il cavalcavia di via Manfredonia ed altri.

Gli inglesi ebbero un contatto con il nemico in Piazza XX Settembre, ove ci fu uno scontro a fuoco, che continuò nei pressi della Stazione Ferroviaria ed in via del Mare.

Non si riuscì ad evitare che la distruzione del cavalcavia di via Manfredonia; i genieri tedeschi, però, rinunciarono a far saltare la fabbrica di armi chimiche nei pressi della cartiera ed ormai nel primo pomeriggio, verso le 16,00, la piccola armata di Popski fu raggiunta dal cielo dai paracadutisti inglesi lanciati sulla stazione ferroviaria.

A questi, seguirono subito dopo, verso le 17,00, le truppe della 78a divisione di fanteria, che entrarono a Foggia da via Bari, era la colonna Cameronforce.

Il giorno dopo,  28 settembre, dopo una notte passata all’erta per la presenza di soldati tedeschi sbandati ancora in ritirata nella periferia di Foggia, la piccola armata di Popski occupò l’aeroporto Gino Lisa.

La piccola armata di Popski’s, che aveva come simbolo un astrolabio, rese alla città un grande servizio, non permise ai tedeschi di far saltare in aria la fabbrica segreta di armi chimiche, cosa che avrebbe provocato una tremenda esplosione e nubi tossiche di conseguenze mortali.

a cura di Alba Subrizio.

Quello appena conclusosi è stato un anno scolastico ‘sui generis’, a tratti difficile, per tutti gli studenti italiani, così come per gli allievi dell’IIS “Federico II” di Apricena; tuttavia la voglia di fare e di progettare non è mancata, al punto di concepire la nascita e la redazione di un giornale scolastico in piena pandemia e in piana Didattica a distanza (Dad).  Lo “Stupor Mundi” di Apricena nasce proprio dalla volontà di studenti e docenti di tener vivo un legame che andasse oltre le attività scolastiche quotidiane e che offrisse uno stimolo ai discenti per parlare dei propri interessi (recensioni di libri, dipinti, progetti artistici), nonché per documentare le attività extracurricolari svolte dalle classi dell’Istituto (interviste con l’autore, premiazioni, concorsi, progetti nazionali). Un giornale scolastico, dunque, che fosse uno ‘spazio condiviso’ di notizie e riflessioni per docenti e discenti, ma anche un modo per potenziare le abilità e le competenze linguistiche, nonché quelle trasversali; infatti, il giornale raccoglie una sezione dedicata al progetto Erasmus+, i cui articoli sono redatti sia in italiano che in inglese.

Con questa finalità lo scorso dicembre 2020 è uscito il ‘numero 0’ del megazine, che ha visto altre due edizioni: quella di marzo 2021 e quest’ultima di giugno, che raccoglie le iniziative, i progetti e i riconoscimenti degli allievi del “Federico II”; a testimonianza che, anche in pandemia e benché lontani, la voglia di ‘comunicare’ non si è fermata.

CLICCA QUI PER SCORRERE IL GIORNALE SCOLASTICO

«È stato, dunque, un anno impegnativo e difficile per tutti, ma non sono mancati grandi soddisfazioni, traguardi e obiettivi raggiunti, e anche molte premiazioni! – commenta la Dirigente scolastica, prof.ssa Alessia Colio - la premiazione UNESCO per la poesia, la premiazione sulla Democrazia del Rotary, il Premio Speciale per la Regia del Video Sui Passi di Dante dall’Associazione Xenia-Roma. Tantissime sono state, inoltre, anche le attività e le produzioni multimediali: partecipazione alla Rete Dantesca, con i numerosi video, partecipazione alla Maratona contro il Bullismo e Cyberbullismo, partecipazione al Giorno della Memoria, produzione del Giornale di Istituto, partecipazione a dirette su social e su canali radio come quella su RadioIvrea, Attività di arte terapia e molte altre ancora! Abbiamo trascorso un anno intenso e faticoso, ma al tempo stesso ricco di sfide e opportunità, un anno in cui abbiamo dovuto reinventarci, a partire dalle attività di orientamento scolastico, non tralasciando il passato ma vivendo intensamente il presente e guardando al futuro, forti del monito “memento audere semper. Et ventis adversis” di dannunziana memoria, per essere costantemente Dentro Al Domani» conclude la Dirigente Colio.

IIS Federico II   Apricena

Ricordiamo, inoltre, che l’IIS “Federico II” (nella foto di sopra), facendo riferimento al Piano Scuola Estate 2021, promosso dal Miur, ha attivato, per il periodo giugno-luglio, laboratori di chimica e di tecnica e rappresentazione grafica; al fine di garantire una scuola capace di essere motore di integrazione, che restituisce spazi e tempi di relazione, luoghi per incontrarsi di nuovo e riannodare quelle relazioni purtroppo bruscamente interrotte, così importanti per lo sviluppo emotivo, affettivo, identitario, sociale di ognuno.

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