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#contrappunti

A pochi mesi dal voto per eleggere il nuovo Consiglio comunale e Sindaco di Foggia, l’ing. Pippo Cavaliere, più volte Consigliere e Assessore comunale, perciò amministratore della città, fa il suo punto sul futuro politico e amministrativo che potrebbe assumere Foggia. Ritardi nelle scelte e decisioni su cui puntare. Ma anche suggerimenti di come porsi in essere per affrontare il futuro, ormai contemporaneo, dopo il commissariamento del Comune per infiltrazioni mafiose [ndr.].

«Alcuni giorni fa, un autorevole rappresentante delle istituzioni mi ha espresso il convincimento che il duro ed encomiabile lavoro svolto dallo Stato a partire dal 9 agosto 2017, il giorno del martirio dei Fratelli Luciani, potrà essere preservato e salvaguardato a condizione che la Città di Foggia, alla prossima tornata elettorale, dia vita ad una rappresentanza politica perfettamente impermeabile ad ogni forma di illegalità, ai tentativi di infiltrazione della criminalità, ai fenomeni corruttivi, oltre che capace ovviamente di risollevare la Città dal degrado in cui versa. Se non dovessimo riuscirci, l’impegno finora profuso potrà essere amaramente assimilato alle mitologiche fatiche di Sisifo.

Sono trascorsi circa due anni dal commissariamento del Comune per infiltrazione mafiosa, le elezioni sono ormai alle porte, eppure ho la sensazione che si sia perso tempo prezioso e l’occasione per analizzare a fondo e con spirito critico le cause e le motivazioni che hanno prodotto lo tsunami che ha letteralmente travolto la nostra città e individuare antidoti ed anticorpi per preservare la sfera pubblica da contaminazioni di ogni genere.

Si sarebbe potuto, ad esempio, dar vita a think tank e dibattiti pubblici per proporre e disegnare un nuovo modello di sviluppo economico del nostro territorio dalle mille potenzialità, che spaziano dal settore agroalimentare a quello turistico.

Quest’ultimo aspetto assume vitale importanza in quanto la creazione di posti di lavoro rimane l’arma più efficace per arginare il fenomeno malavitoso, che attinge manodopera e linfa vitale sfruttando il disagio economico.

Come sarebbe stato doveroso affrontare tematiche concernenti il welfare, la povertà educativa, la dispersione scolastica, per sancire il concetto che il sociale non è un costo ma un investimento, per di più prioritario.

Ma, al di là di qualche timido tentativo, niente di tutto ciò è stato finora fatto. Perplessità che trovano riscontro nel timore espresso giorni fa da Antonio Decaro, presidente ANCI e sindaco di Bari, di una città che non sembra ancora proiettata verso un radicale cambiamento a seguito dello scioglimento del consiglio comunale.

Prevalgono i tatticismi, si studiano le strategie, si sondano eventuali disponibilità, ma ancora nessun accenno verso quale futuro proiettare la Città e a proposte ed impegni cristallini che siano la voce messaggera di un vento nuovo che spazzi via la paura di reagire alla prepotenza criminale e spezzi le catene di un silenzio a volte connivente e colpevole».

A scuola dai Sumeri

#contrappunti

Che sia agricoltura o lavori pubblici in aree nell’oblio di chi le amministra, valorizzazione e difesa del territorio per incremento demografico e lavoro, promuovere e aumentare il turismo, discutere sull’ambiente e ciò che fa bene o male alla natura e all’uomo, crescita industriale nel rispetto della terra che la ospita, dar valore a ciò che ha Monte Sant’Angelo, che custodisce gelosamente da millenni nei suoi luoghi, è il focus che sta ponendo il dott. Giovanni Ciliberti. Lui, medico primario in quiescenza, ora imprenditore agricolo per diletto (non troppo giacché le sue produzioni sono fonte di lavoro e crescita e valorizzazione del territorio), già amministratore di Monte, con la sua sagacia e sempre diretta comunicabilità, questa volta affronta con “A scuola dai Sumeri” un problema in apparenza semplice ma nel merito importante per la visibilità e valorizzazione della città. Consiglia a qualcuno o molti di imparare dai Sumeri, e fa bene. Oltretutto, la storia insegna. Ma c’è ancora chi l’ha solo letta e non studiata e chi anche non l’ha neanche letta e studiata. Come pure i testi di architettura e ingegneria urbanistica che, nel caso, andrebbero ripresi e studiati, o almeno applicati per conoscenza. Francamente non è una laurea a determinare se conferire incarichi di promozione turistica o bellezza del territorio. Ci vuole innanzitutto amore per il territorio, conoscenza storica del luogo, estrosità e capacità nel riconoscere il bello e dargli valore, e anche una laurea, ma artistica. L’improvvisazione fa più male del provarci [ndr.]

A scuola dai Sumeri

«Hanno inventato la scrittura, l’astronomia, la geometria, la ruota, il cubito per misurare le distanze (circa 49,5 cm equivalente alla lunghezza gomito/mano), l’agricoltura, l’irrigazione dei campi e tante altre cose tra cui le città con strade, piazze, palazzi e mura difensive.

Se i Sumeri oltre 6.000 anni fa utilizzavano il cubito per avere misure precise, perché oggi certi lavori a Monte sembrano fatti con i piedi? 

Forse qualcuno ha rubato il metro?

Aspettiamo di conoscere anche il contenuto del dossier inerente alla candidatura di Monte Sant’Angelo a Capitale Italiana della Cultura 2025 sperando che non sia stato intrapreso un altrettanto erudito cammino culturale fatto anch’esso con i piedi.

Vi sembra normale posizionare in quel modo i tombini nei pressi della Basilica (allu Scutte, Via Garibaldi e un po’ ovunque)?

Il concetto di bello, l’ordine, l’efficienza, la capacità, il coinvolgimento e il rispetto istituzionale sono delle caratteristiche simili al fascino: una persona o un gruppo ce l’ha o non ce l’ha!

Monte ha bisogno di azioni e provvedimenti concreti che siano in grado di valorizzare le infinite potenzialità del nostro territorio (mare, monti, boschi, foresta umbra, eccellenze agro-alimentari, siti Unesco e innanzitutto il millenario culto micaelico).

Utilizzare le immense risorse che in questi anni vengono assegnate a Monte solo per interventi strutturali di cose esistenti (tra cui strade, piazze, monumenti) o per manifestazioni varie che rendono solo più piacevole la giornata del pensionato e di chi ha un impiego non è quello che la città e i giovani meritano.

Ci vuole una progettazione di lungo termine, dove far confluire le risorse umane e quelle economiche per ricreare le migliori condizioni di sviluppo di Monte.

Ed anche qui vale quanto detto prima: una persona o un gruppo ce l’ha o non ce l’ha, questa capacità!»

#contrappunti

Farla vivere o farla morire? L’interrogativo, diventato dilemma, di tante persone. Il caso riguarda l’orsa JJ4, di razza “Orso Bruno Europeo”, resosi purtroppo protagonista, nella notte tra il 5 e 6 aprile 2023, di un assalto mortale a un runner, il 26enne del luogo sig. Andrea Papi, in un’area boschiva del Trentino Alto Adige. In quella regione, in parchi attrezzati per tal compito, sono ospitati più di un centinaio di orsi, ricollocati oltre trent’anni fa con il progetto Life Ursus. Tra questi ci sono JJ4, MJ5 e M62, tre orsi, rispettivamente una femmina e due maschi, definiti pericolosi per l’uomo. In Italia ci sono altre aree che ospitano orsi. C’è l’Abruzzo che con i suoi poco più 50 esemplari riesce a farli vivere in armonia con il territorio e l’uomo. E qui, come in Trentino, ci sono anche i lupi, ma ora occupiamoci dell’orso. Già tempo fa il TAR di Trento, ovvero il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa (TRGA), evitò la morte a MJ5. Questa volta, invece, pare che la sorte di JJ4 sia stata già scritta. Le ultime decisioni, sempre del TAR di Trento, fortunatamente salvano JJ4, e con essa quella di MJ5 e M62. Nel frattempo è partita la caccia all’orso, principalmente per rintracciarlo e bloccarlo. Tuttavia, pare, che alcune organizzazione politiche siano indirizzate verso l’abbattimento dell’orsa, invece di ricollocarla e rieducarla, come avviene in altre strutture, in aree ben circoscritte e controllate a vista. Il mondo animalista, ovviamente non ci sta alla morte dell’orsa, pur riconoscendo la ferocia con la quale si è scagliata contro il runner, cui va la vicinanza alla famiglia per un incidente evitabile. Si è difesa per istinto quell’orsa, che ha visto invaso il suo territorio da una figura in corsa. E l’istinto, sappiamo, non è proporzionale al discernimento che ha l’essere umano. Istinto di sopravvivenza che lo tiene in vita, difendendosi da chi gli ostacola il passaggio, per allattare i suoi piccoli nel caso di mamme orse, a volte anche per fame. Sono ore concitate queste e le prese di posizione, legittime, sono varie. La dott.ssa Mariana Berardinetti dice la sua, con discernimento e scientemente, con quel distinguo che deve far riflettere chi oggi vuole la morte di una vita, seppur di un animale [ndr.].

«Io non ci sto!!!

Il caso dell'Orsa "Assassina"!

Psicologia sociale

"Le emozioni influenzano le decisioni"?

L’uomo, nel corso della storia è sempre stato esposto a rischi e pericoli, in qualsiasi luogo si trovasse e qualsiasi fosse la sua attività.

 La comunicazione del rischio è la chiave di svolta di questa storia poiché utile ad assicurare che i cittadini vengano informati sugli eventuali rischi identificati e per evitare che insorgano preoccupazioni infondate.

Quando vediamo il pericolo vogliamo abbatterlo, questo ci insegna l'istinto, poi però noi detti Uomini cresciamo e veniamo educati a gestire le emozioni, l'istinto e soprattutto a scindere i comportamenti da adottare per vivere in maniera sufficientemente equilibrata nella comunità sociale che ci accoglie e continua a Formarci

Insomma ciò che ci distingue dagli animali non è il linguaggio ma la capacità di discernimento che acquisiamo attraverso l'educazione e poi la formazione.

In questa circostanza la revisione critica dov'è?

Prima scegliamo di ripopolare un luogo con gli orsi, poi ci rendiamo conto che non sappiamo gestire la cosa ed infine abbattiamo?

È questo gesto come lo chiamiamo se non crudeltà e mancanza di futuro-centrismo?

L' abbattimento dell'Orso non sarà un agito per spostare l’attenzione dalle responsabilità?

Ammazziamo un orso per pura voglia di deresponsabilizzazione?

Se ammazzassimo un uomo dopo una condanna per omicidio? Andremmo contro ad ogni principio di senso di umanità previsto dal codice penitenziario. Per l’uomo la legge prevede il procedimento di Sorveglianza, la rieducazione oltre la pena.

Critichiamo i paesi che utilizzano la condanna a morte ma stiamo facendo la stessa cosa, non la vediamo solo perché il condannato è un orso.

Questa condanna a morte viola ogni diritto e ci rende qualcosa di molto lontano dell’essere Uomini

Esistono misure di Sicurezza da adottare... Misure alternative...

Rifletti uomo perché ti sporchi di un delitto di onnipotenza che cambierà prima di ogni cosa la Popolazione futura.

Rifletti uomo perché questo gesto aprirà le porte alle Barbarie.

Io non ci sto!

La Legge è uguale per tutti!

In conclusione: ogni spazio vitale ha il suo potenziale di rischio (sia interno che esterno) ma, grazie ad una attenta analisi, possiamo renderlo quanto più adatto e sicuro al fine di agevolare la vita non soltanto del cittadino Uomo ma anche degli Animali, con i quali dobbiamo imparare a convivere non ad ammazzarli quando non rispondono ai nostri comandi».

 

#contrappunti

Di pubblicazioni per promuovere il territorio del Comune di Monte Sant’Angelo, per far emergere le sue potenzialità e renderle fruibili per uno sviluppo sostenibile, in armonia con l’ambiente, la natura e le peculiarità che offre, il dott. Giovanni Ciliberti ne ha scritte diverse, da noi pubblicate. Basta fare una ricerca su questa testata per essere lette e soprattutto contestualizzate. Ciliberti ritorna a farci conoscere il suo punto di vista, critico e anche redarguente, per favorire lo sviluppo della sua terra, che è anche nostra, per uno sviluppo autoctono e prevalentemente “Made in Monte”. Una promozione che andrebbe fatta dal Comune e non solo da singoli cittadini, seppur presidenti di organizzazioni, che attraverso le loro attività commerciali si mettono in gioco per prodotti tipici locali, patrimonio di unicità territoriale. Il riferimento è alle ostie ripiene in omaggio sui voli che partono dall’aeroporto Gino Lisa. [ndr.].

Ostie piene in volo. Meglio se promosse dal Comune in anonimo

«Un’ulteriore conferma della scarsa valenza creativa dell'amministrazione comunale di Monte.

Premessa:

La mia amicizia con Donato Taronna e la sua famiglia risale a più di 40 anni fa.

Apprezzo il suo lavoro e innanzitutto il modo con cui promuove la sua attività di panificatore e il suo passato impegno per far diventare il pane di Monte presidio Slow Food.

Se dire BRAVO Donato è il minimo che io possa fare, non altrettanto merita l’amministrazione comunale che nonostante le continue sollecitazioni non ha ancora capito che la promozione delle eccellenze agro-alimentari di Monte ed il loro miglioramento qualitativo rappresentano “le pietre angolari” del futuro socio-economico e turistico della città.  

Per non fermarmi solo alle annunciazioni delle esigenze di una popolazione (tipica del PD quando afferma dall’opposizione che c’è bisogno di posti di lavoro!) ritengo che il Comune, attraverso l’impiego di risorse proprie, regionali, GAL, PNG e PNRR, debba promuovere in modo anonimo le eccellenze agro-alimentari utilizzando la denominazione di “prodotto a Monte Sant’Angelo”, quindi:

1 – Ostie piene di Monte

2 – Pane slow food di Monte

3 – Formaggi di Monte (Pecorino, caciocavallo, carni etc.)

4 – Olio extravergine di Monte

5 – Altre tipicità

Per far questo il Comune dovrebbe:

  • stimolare i miglioramenti qualitativi dei prodotti;
  • favorire la loro vendita nei negozi dedicati sorti nelle vicinanze del Santuario;
  • sostenere, anche con incentivi, il loro utilizzo nei ristoranti, nei Bar, nei pub e nei luoghi di ritrovo;
  • promuovere i prodotti negli alberghi anche sotto forma di piccoli omaggi (bottiglietta di olio Evo da 60 ml, una piccola ostia etc.);
  • pubblicizzare i prodotti attraverso iniziative sponsorizzate nei luoghi di vacanza del Gargano e innanzitutto con cartelloni pubblicitari mt 6 x 3 lungo il percorso comunale del flusso turistico proveniente da San Giovanni Rotondo e di quello diretto a Mattinata e Vieste sulla SS 89 di Macchia;
  • rendersi promotore, come fa Vieste da 9 anni, di un concorso a fini promozionali dell’olio extravergine di oliva con premiazioni dedicate a tutte le città del Parco Nazionale del Gargano e con premiazione dell’olio di Macchia di Monte Sant’Angelo;
  • ed infine iscriversi alle città dell’olio come hanno già fatto Mattinata, Vieste, Carpino etc.

Dipenderà poi dalla bravura dei singoli produttori utilizzare gli eventi promozionali in modo singolo oppure organizzandosi in cooperative o in consorzi.

Nel caso specifico (che mi ha spinto ha scrivere questo post) sarebbe stato più vantaggioso per la città pubblicizzare l’evento con le ostie piene di Monte Sant’Angelo!

CONSIDERAZIONI

Nel 2022 ci sarebbero stati 70-80.000 pernottamenti che ad una media di euro 50 avrebbero dato un ricavo di euro 3,5-4 milioni pari allo stipendio di circa 150 persone impiegate nel privato o nella pubblica amministrazione.

Ecco perché è fondamentale, non solo a fini promozionali, sviluppare l’indotto agro-alimentare che da una parte migliorerebbe l’offerta turistica e dall’altra potrebbe dare lavoro stabile a migliaia di persone attraverso il potenziamento del settore agro-zootecnico (vedi precedente post sull’olio di Macchia).

È arrivato il tempo di sfruttare tutte le potenzialità del nostro territorio anche a fini turistici».

#contrappunti

Dopo la pubblicazione di “Macchia tra turismo mancato, crisi dell’ulivicoltura e insediamenti industriali”, dove si parla di come sviluppare un’economia agricola e turistica con le eccellenze locali,  il dott. Giovanni Ciliberti si focalizza su un’altra area del comune di Monte Sant’Angelo, Bosco Quarto, anch’essa dimenticata dalla modernità economica ma che potrebbe essere utilizzata per scopi turistici, semmai utilizzando i fondi del PNRR. Lo fa pubblicando in anteprima altri due paragrafi del suo secondo libro in fase di scrittura, “GIUWA' 2”. [ndr.]

Giovanni Ciliberti.

  • Obama: Yes we can (Si, ci riusciamo)
  • Monte: Yes, if you thing so, we can (SI, SE LO PENSI, CI RIUSCIAMO)

1.7  La decauville nel Bosco Quarto

"Nell’entroterra di Monte Sant’Angelo (Foresta Umbra e Bosco Quarto), in passato vennero realizzate due decauville.

Io mi soffermerò su quest’ultima e sugli avvenimenti che l’hanno interessata.

Durate la prima guerra mondiale vi fu una forte richiesta di traversine di legno da parte delle ferrovie e di legname di cerro per realizzare i calici dei fucili. Nel bosco Quarto vi erano gli idonei cerri secolari richiesti, per cui il Comune di Monte vendette all’impresa Castelletti di Firenze 100.000 alberi di cerro di alto fusto e di almeno 25 cm di diametro ad altezza di petto d’uomo per una cifra di £ 5 milioni che l’amministrazione comunale del tempo decise di depositare alle Poste ad un tasso di interesse del 5% quando la lira in quel periodo bellico si deprezzava annualmente del 20%.

Chi segue le vicende politiche locali, leggendo queste righe capirà che assai frequentemente il disamministrare non è solo una conseguenza di gente poco valida o inesperta perché fino al giorno prima dell’elezione si interessava di altro, ma non poche volte dipende anche da fattori genetici dove alla capacità di farsi eleggere corrisponde sempre più spesso una scarsa capacità amministrativa.

La decauville è una piccola ferrovia, di facile costruzione e rimozione, che oltre un secolo fa venne realizzata al bosco Quarto dall’impresa Castelletti, per trasportare i tronchi degli alberi tagliati nelle zone interne prive di strade fino ad uno spiazzale dove venivano ammassati e tramite una teleferica veicolarli nella zona carrozzabile di Cassano e da qui con automezzi al porto di Manfredonia passando per Monte.

L’insorgenza di contrasti tra l’impresa ed il Comune fu la causa per cui venne impedito il passaggio dei mezzi attraverso il centro della città, diniego che venne mantenuto nonostante l’impegno a rifare ex-novo la pavimentazione delle strade interessate.

Questo fu il motivo per cui l’impresa prolungò la teleferica passando per Ruggiano e da qui per le Masserie Valente e la Castellana, fino a Manfredonia stazione campagna.

Credo che lo smantellamento della decauville da parte dell’impresa, alla fine dei tagli boschivi, sia dovuto anche a questi ripetuti attriti con l’amministrazione comunale.

L’attuale articolazione stradale del bosco Quarto è quella rinveniente dal vecchio tracciato della decauville ed è utilizzata dalle residue aziende agro-pastorali del territorio e dalle tante persone che in primavera-estate fanno una scampagnata in montagna o vanno a raccogliere i funghi.

1.8 Il Bosco Quarto, oggi potrebbe…..

Un esbosco così diffuso di cerri secolari avvenuto in modo sistematico e senza una pianificazione che favorisse il rinnovo degli alberi, ha trasformato il Bosco Quarto rendendo molto precario il suo stato vegetativo tanto che ha impiegato 80-100 anni per raggiungere l’attuale condizione.

Oggi il bosco è completamente abbandonato a se stesso e la mancanza dei dovuti interventi colturali di parziale taglio su decine di migliaia di cerri di varie dimensioni sta creando una grave sofferenza agli alberi e al sottobosco sia perché hanno tutti la medesima età e sia perché crescono in un territorio poco antropizzato utilizzato in prevalenza per il pascolo.

È come se un’intera comunità di persone per decenni evitasse di tagliarsi i capelli e la barba!

Eppure il Comune ed il Parco Nazionale del Gargano avrebbero potuto pensare alla vecchia decauville e alla possibilità, con i fondi del PNRR, di realizzarne un’altra nei boschi comunali per fini non solo turistici.

Utilizzare la dizione di città dei due siti Unesco ed inviare indietro alla Regione Puglia gran parte del contributo annuale ricevuto per non essere stati in grado di utilizzarlo o non aver fatto nulla per il secondo riconoscimento Unesco delle faggete vetuste è un colpo al cuore per tutti i Montanari.

Ecco un’altra motivazione per sostenere che oggi nei nostri boschi comunali il turismo, lo stato di salute degli alberi e l’economia silvo-agro-zootecnica sono i grandi assenti, preceduti in questa triste graduatoria, dalla maggior parte degli amministratori di sempre che di sicuro avrebbero avuto una speciale menzione da Giuseppe Giusti se fosse vissuto in questo periodo: “Ah intendo; il suo cervello Dio lo conservi in tutt’altre faccende affaccendato a questa roba è morto e sotterrato” e forse oggi avremmo avuto il “Sammichele” invece del Santabrogio".

#contrappunti

Non manca mai la disamina oculata di chi vive e lavora nella sua terra, innamorato del territorio che gli ha dato i natali e dove ha deciso di metter su famiglia e perseguire e proseguire in quiescenza la sua passione. L’agricoltura. Lui è il dott. Giovanni Ciliberti, oggi imprenditore agricolo a Macchia di Monte Sant’Angelo, già medico e direttore emerito U.O. Malattie Apparato Respiratorio Policlinico OO.RR. Foggia e già amministratore di Monte Sant’Angelo, che, riportando un testo del suo secondo libro, analizza in agro-dolce economia e politica di una piana volta all’agricoltura e turismo ma da decenni sfruttata industrialmente, poi inquinata e in parte bonificata e fragile geo-morfologicamente [ndr.]

Giovanni Ciliberti. «In coincidenza con i probabili insediamenti industriali nell'area ex-Enichem, ho deciso di postare un paragrafo del mio nuovo libro GIUWA' 2 che affronta tematiche assai interessanti per il nostro territorio»

2.6 L’ulivicoltura di Macchia

“Quando la produzione di olio di Macchia avrà raggiunto i 30-35.000 quintali all’anno (ora 10-12.000) vorrà dire che ci sarà stata la realizzazione di una serie di obiettivi che oggi più che irraggiungibili non fanno parte del comune pensare della politica a cui si associa anche una diffusa e scarsa professionalità degli olivicoltori e delle maestranze che operano nel settore. Agli attuali prezzi dell’olio extravergine all’ingrosso definito dalla Camera di Commercio di Bari (la più importante in Italia) quella produzione darebbe un ricavo di euro 20-25 milioni all’anno mentre se vi fosse una commercializzazione al dettaglio in confezioni la cifra supererebbe di molto i 30 milioni di euro. Lascio al lettore immaginare il miglioramento economico e quanti posti di lavoro stabili si potrebbero realizzare.

Produrre 30-35.000 quintali di olio vuol dire aver raggiunto i seguenti obiettivi:

  • completa irrigazione degli oltre 2.000 ettari di uliveti della piana, realizzata anche con tubicini interrati di circa 30-35 cm che, a parità di efficacia, permettono un risparmio del 50% di acqua e del 65% di concimi che tra l’altro inquinano le falde acquifere;
  • Inerbimento parziale o totale, temporaneo o stabile
  • trasformazione dell’ulivicoltura da tradizionale in intensiva con ulteriori 2-300.000 nuovi alberelli di ulivi piantati che in terreni irrigati vanno incontro a produzione accelerata;
  • costituzione di uno o più consorzi di produttori la cui adesione ha interessato oltre la metà dei terreni coltivati. I consorzi si sono organizzati realizzando imponenti oleifici (molitura giornaliera 2.000 quintali di olive), con la capacità economica di acquistare le olive conferite o l’olio appena prodotto, di confezionarlo, di favorire la sua promozione, di essersi dato delle regole per migliorare la coltura con l’uso di tecnologie avanzate 4.0 (potatura da terra, concimazioni ed uso mirato di fitofarmaci adeguati). Miglioramento della sua eccellente qualità, di raggiungere i mercati in Italia e all’estero, di aver determinato un diffuso miglioramento colturale.
  • realizzazione di una decina di frantoi ultramoderni a grande capacità lavorativa in grado di migliorare il processo estrattivo a vantaggio della qualità. Tutti sono gestiti da mastri oleari dotati di elevata professionalità acquisita sia attraverso lo studio specifico anche universitario che dotati di grandi conoscenze acquisite sul campo. Ogni frantoio ha adottato il sistema di termocondizionamento in grado di incrementare la temperatura e innanzitutto di abbattere le temperature elevate che si hanno durante la frangitura (+ 7 gradi) e per ridurre quella delle olive quando fa caldo. La conservazione dell’olio si ha in locali climatizzati a temperatura costante e in silos idonei per evitare il contatto dell’olio con l’ossigeno dell’aria attraverso metodiche che utilizzano l’azoto gassoso. Le olive vengono molite in giornata e la loro consegna al frantoio viene programmata in anticipo
  • gestione degli uliveti con l’ausilio di tecnologie avanzate 4.0 che danno informazioni sullo stato di salute degli alberi indicando quando e dove irrigare, lo stato di eventuali malattie o di attacchi da patogeni in anticipo tipo mosca dell’olivo o altri patogeni”.

#contrappunti

Giovanni Ciliberti, oggi imprenditore agricolo a Macchia di Monte Sant’Angelo, già medico e direttore emerito U.O. Malattie Apparato Respiratorio Policlinico OO.RR. Foggia e già amministratore di Monte Sant’Angelo, pone degli interrogativi, del tutto legittimi e fondati, sull’esecuzione e termine di alcuni lavori pubblici edili a Monte. A meno di qualche settimana dall’esito se Monte Sant’Angelo diverrà Capitale della Cultura Italiana 2025, già insignita come #LaCittàdeiduesitiUNESCO, c’è da riflettere se le questioni poste e non realizzate produrrebbero effetti contrari per lo sviluppo del centro garganico, che punta a risollevare quel turismo tanto presente negli anni trascorsi, quanto quasi assente negli attuali. Il tutto farcito da burocrazie che parlano… parlano… parlano fregiandosi e riempendosi la bocca di sostantivi rimasti sulla carta.


I geni del passato e di oggi

«Il protomastro Giordano e suo fratello Maraldo da Monte Sant’Angelo ebbero l’incarico, da Carlo I d’Angiò, di progettare ed eseguire interventi di miglioramento funzionale della grotta della Basilica Micaelica, con la realizzazione della scalinata di accesso (furono i primi esempi di arte gotica in Italia) e la realizzazione del campanile ottagonale (che richiama le torri della fortezza di Castel del Monte). I protomastri montanari si guadagnarono la fiducia incondizionata del re angioino tanto che nel 1277 fu loro affidata la costruzione del castello di Manfredonia e le cinta murarie di quella città.

Questi maestri, per la loro capacità professionale, innovativa per il tempo ed il luogo dove hanno operato, meriterebbero i giusti riconoscimenti da parte della comunità scientifica e innanzitutto della nostra città per le opere che hanno ideato e realizzato ed in particolare del campanile i cui lavori iniziarono il 27 marzo 1274.

La coincidenza del 750° anniversario della realizzazione del campanile con la candidatura di Monte a capitale italiana della cultura, potrebbe essere utilizzata per organizzare un importante convegno di livello non solo nazionale su questi due grandi del XIII secolo cui è stata intitolata, nel passato, solo ad uno di essi (Maraldo) una stradina del Rione Junno, che ora è quasi del tutto disabitata.

Due secoli dopo, avvenne la fortificazione del castello che si era resa necessaria dopo l’invenzione della polvere da sparo e delle micidiali armi che ne erano seguite.

Siamo nel XV secolo quando al senese Francesco di Giovanni Martini, ingegnere militare di valore nonché pittore e architetto civile, vennero affidati i relativi lavori che sono stati realizzati dai mastri locali perché nel periodo in cui furono eseguiti (1491-1497) ebbe numerosi incarichi specie nell’Italia meridionale per cui il suo ruolo fu di progettazione e supervisione dei lavori.

La cosa che mi ha veramente impressionato riguarda l’estrema celerità con cui sono stati realizzati i lavori di adeguamento difensivo e la messa in sicurezza del Castello che sono stati portati a temine, in soltanto 6 anni (dal 1491 al 1497).

Mi viene da sorridere se penso che a distanza di oltre 2 anni sono stati realizzati meno del 50% dei lavori di rifacimento della villa comunale mentre per gli interventi all’ex-mercato di Via Extramurale, iniziati oltre 30 anni fa, si può a ragione definire quell’opera “una fabbrica di San Pietro».

#contrappunti

«In qualità di storico, già alcuni anni fa, sono intervenuto sulla questione territoriale tra il Comune di Monte Sant’Angelo e il Comune di Manfredonia a proposito dell’insediamento dell’Enichem nella Piana di Macchia, con alcune riflessioni sulla opportunità o meno di creare negli anni Settanta un polo industriale altamente inquinante come l’Enichem in una zona a vocazione agro-turistica, Oggi tale situazione si ripresenta con un nuovo insediamento riguardante il deposito di GPL ENERGAS nella stessa zona e precisamente nella Piana di Macchia.

Un problema, come l’inquinamento provocato dallo scoppio di una colonna dell’ex-Enichem, che ancora oggi stiamo scontando le conseguenze, senza che la bonifica del sito abbia avuto termine. Purtroppo la storia si ripete. Alcuni mesi fa si parlava di un impianto di riciclaggio dei rifiuti di plastica proprio alle porte della strada che porta dalla Piana di Macchia verso Monte Sant’Angelo, mentre oggi si parla di un nuovo impianto di GPL ENERGAS alle porte della città di Manfredonia. Il tutto non tenendo conto della volontà contraria della popolazione locale, sia quella di Manfredonia che di Monte Sant’Angelo e Mattinata, i cui centri oggi sono in netto calo demografico, oltre che in grave crisi economica. E questo perché non si rispettano le vocazioni territoriali, né si investe nelle reali potenzialità dei territori, fra cui, oltre la Piana di Macchia, la Valle di Carbonara, l’entroterra di Pulsano, i boschi circostanti la Foresta Umbra, oltre che lo sviluppo ecosostenibile dei Centri urbani, con i loro Beni culturali.

Purtroppo oggi le volontà delle comunità locali non contano nulla, in quanto soggiogate dai poteri e dalle lobby politiche, che non tengono conto delle reali possibilità di sviluppo locale. In altri termini con la globalizzazione è iniziato lo sproprio delle volontà delle popolazioni locali, i diritti e la legittima podestà di governare il proprio territorio e quindi di investire in esso, secondo una logica identitaria e non secondo la logica del mercato unico globale.      

In tutti questi anni, dal 2018 ad oggi, infatti stiamo assistendo alla eliminazione dell’autonomia locale, con un processo di delocalizzazione che ha determinato l’abbandono delle campagne a favore dell’urbanizzazione selvaggia. Fenomeno che, come nel caso di Monte Sant’Angelo, ha prodotto l’abbandono del Centro storico e, quindi, una progressiva crisi dell’intero Centro urbano che si va di giorno in giorno sempre più spopolando, a causa dell’emigrazione di tante famiglie e giovani verso il Nord. Ormai il diritto all’autonomia, inteso come sviluppo locale e, quindi, come valorizzazione delle proprie potenzialità territoriali, è svanito a vantaggio di una economia di sussistenza e di emarginazione progressiva dei flussi pubblici a vantaggio solo dei centri di potere.

Di fronte a tutto questo ho il dovere e l’obbligo di intervenire per difendere non solo la bellezza e la storicità dei nostri centri urbani, come Monte Sant’Angelo, Manfredonia, Mattinata, e altri centri del Gargano e della Capitanata, ma per difendere soprattutto i loro territori che in questi anni sono sotto la scura di iniziative speculative che porteranno solo inquinamento e distruzione ambientale dell’ecosistema.

E tutto questo sta avvenendo nei confronti della Piana di Macchia, che è un territorio molto appetibile dalle lobby industriali del Nord Italia e dell’Europa, tanto da creare le premesse, attraverso il porto di Manfredonia, una seconda Seveso oppure un nuovo polo industrializzato altamente inquinante. E questo con il beneplacito del Governo, che non tiene conto della volontà espressa dalla popolazione locale, che ha detto No sia allo stoccaggio dei rifiuti di plastica alle porte della città di Monte Sant’Angelo, sia all’impianto di GPL ENERGAS in territorio di Manfredonia-Monte Sant’Angelo. Una popolazione che ha il supporto non solo dei Sindaci interessati, ma anche dell’Arcivescovo di Manfredonia, Mons. Franco Moscone, che ha espresso la sua contrarietà all’istallazione del deposito di GPL ERNERGAS nella Piana di Macchia.

Una decisione che, come in tante altre questioni, viene dall’alto e che non tiene conto della volontà dei cittadini. Purtroppo per quanto riguarda la Piana di Macchia si ritorna al vecchio sistema che vede la volontà politica di pochi prevalere su quella di molti e che ha portato, negli anni Sessanta e Settanta, al fallimento della politica industriale riguardane l’ex-Enichem e poi successivamente alla chiusura sistematica delle fabbriche sorte in base al Contratto d’Area. Oggi si ritorna ad una situazione analoga, in quanto ci ritroviamo davanti ad un insediamento industriale pericoloso e altamente inquinante nella Piana di Macchia, un deposito di gas che un domani potrebbe essere una bomba ad orologeria per l’intera comunità locale, non solo di Manfredonia, ma dell’intero Gargano. Per questo, come cittadino e come intellettuale, che nelle sue opere ha messo in primo piano la difesa del paesaggio del Gargano, espressione della Bellezza e della Cultura, quale sinonimo di Civiltà e di Arte, esprimo il mio disappunto e la mia ferma opinione contro qualsiasi insediamento industriale che deturpi il nostro paesaggio e la sua bellezza.

Una bellezza che nasce dalla civiltà delle culture di tanti popoli (Bizantini, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi) che hanno lasciato nel tempo un ricco patrimonio d’arte, con numerosi monumenti e opere d’arte, fra cui santuari, chiese, castelli, centri storici, unici e irripetibili per la loro architettura della civiltà mediterranea.  Città d’arte, come Monte Sant’Angelo e Manfredonia, che hanno bisogno non di insediamenti inquinanti, ma di insediamenti ecosostenibili, come le industrie agro-alimentari legate ai prodotti del luogo, come le numerose masserie da adibire a centri di benessere e a sentinelle del nostro paesaggio agro-turistico, la salvaguardia dei nostri centri storici, da trasformarli in centri di accoglienza turistica e così via.

Del resto abbiamo constatato che ogni processo industriale, se non viene legato alla peculiarità identitaria del suo territorio e del suo paesaggio, è destinato a fallire. In altre parole è l’identità territoriale, con le sue potenzialità intrinseca legate all’ambiente e quindi alla sua storia e alla sua cultura, a determinare lo sviluppo locale e, quindi, a creare quel legame stretto con “l’anima dei luoghi”, che presuppone l’acquisizione del suo “Genius Loci”.   In ciò consiste il futuro di ogni città, la sua sopravvivenza e la sua continuità nel solco del proprio passato, ma vivificato dal presente, da cui poi nascerà il suo futuro.  Un futuro che sarà l’espressione della collettività a cui sarà legato il destino della città. 

Una città che non dipenderà solo dalla volontà politica di pochi, ma di tutti.  Del resto la politica dovrebbe essere lo strumento principale per creare le condizioni più favorevoli al “bene comune”, e nel nostro caso, al “bene collettivo”. Solo creando questo connubio, fra politica e cittadini, ogni città e ogni territorio avrà un futuro e uno sviluppo, possibilmente legato al proprio territorio. Il contrario di tutto ciò crea solo danni e distruzioni di ciò che abbiamo costruito negli anni passati. Nel nostro caso il passato deve essere di monito per il presente, rispettando e rafforzando con ogni mezzo la volontà della comunità locale nel dire NO all’impianto di GPL-ENERGAS nella Piana di Macchia».

#contrappunti

L’anno 2022 è passato, con i suoi gravi e ripetuti problemi che stanno attraversando quasi tutte le regioni meridionali, con ripercussione sul piano dell’occupazione e, quindi, sul piano sociale ed economica della gente. Problemi di ordine sociale, tale da creare le premesse per una crisi generale che presto si ripercuoterà anche nel 2023, se non si prenderanno seri provvedimenti non solo a livello regionale, quanto a livello nazionale.

Una situazione che vede sempre di più le regioni meridionali prive di seri investimenti nel campo economico e culturale, che purtroppo colpiscono in maniera deleteria le singole città meridionali, a cominciare dalle grandi città come Foggia e anche le piccole città come Monte Sant’Angelo, quest’ultima priva di un serio Piano di sviluppo economico e di investimenti nei vari settori, che la città presenta, come il settore agricolo legato al patrimonio boschivo e forestale, lo viluppo del periurbano, lo sviluppo agro-turistico della Piana di Macchia, la messa a cultura della Valle di Carbonara, con possibili insediamenti agro-alimentari, senza poi parlare del recupero del Centro urbano, specie quello riguardante il Centro storico.

Una mancanza di visione del futuro, che purtroppo si fa sentire sul piano occupazionale e sui tanti giovani che sono costretti a lasciare il proprio paese per emigrare lontano, verso le regioni del Nord e, oggi, anche verso l’estero.

Non è possibile ormai più assistere all’inerzia e alla mancanza di prospettiva in un futuro di speranza e di attese, mentre la nostra classe politica si accontenta solo del riconoscimento UNESCO, senza che esso possa innestare e fare da propulsore per un serio sviluppo culturale ed economico della Città UNESCO.

Il turismo da solo non può risolvere l’emigrazione dei suoi abitanti verso Nord e l’abbandono progressivo del suo Centro storico, ormai diventato endemico e inarrestabile, a confronto di una popolazione che diminuisce sempre di più, tanto da passare da 25. 578 ab. del 1950 a poco più di 11.362 ab, nel 2022.

Un degrado sociale e ambientale che è sotto gli occhi di tutti, mentre le maestranze, da quelle industriali a quelle artigianali, sono scomparse, lasciando dietro di loro un vuoto esistenziale e una mancanza di prospettiva nel nostro futuro.

Né la cultura sta facendo un salto di qualità, in quanto il tutto si basa soprattutto sulle apparenze che non sulla sostanza delle attività svolte, tanto da creare seri problemi di sopravvivenza alle nostre Istituzioni culturali (Museo Etnografico, Biblioteca Comunale, Centro di Studi Micaelici e Garganici), prive di una seria programmazione di sviluppo.  Per non parlare poi delle varie Associazioni e Centri sociali, che incidono poco nel tessuto sociale e culturale della Città.

Viviamo in una situazione senza idealità e senza una vera e propria visione del futuro, specie per quanto riguarda la nostra Città, senza parlare poi del nostro territorio, che è abbandonato a sé stesso, senza alcun ritorno sul piano economico e sociale.

Né oggi vi sono grandi Progetti da realizzare, come è avvenuto negli anni Settanta e Ottanta, allorquando la Città ha visto la realizzazione del Parco Nazionale del Gargano, dell’Ospedale Civile, della Comunità Montana del Gargano, del Piano Regolatore, del Centro Studi Garganici, con la sua Rivista Garganostudi, che ha determinato la venuta in Città dell’Università di Bari e quindi il riconoscimento del Santuario di San Michele quale Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Oggi  questa visione  del futuro e, quindi, del nostro sviluppo, manca, rispetto ad una Città, come Monte Sant’Angelo, che ha in sé grandi potenzialità, ma che purtroppo non vengono sfruttate né sul piano economico, né sul piano istituzionale, tanto da non coinvolgere in maniera continuativa, per il “bene comune”,  le energie esistenti della comunità locale, fra cui la classe intellettuale, tanto da creare le premesse per un nuovo “rinascimento”,  della nostra Città che, a ragion veduta,  si fregia dell’appellativo di possedere ben due Siti UNESCO.

Legna da ardere

#contrappunti

Forse diverranno legna da ardere per camini pronti a riscaldare giornate invernali, per cuocere carne e pesce sulla griglia, per castagne da arrostire, per momenti di cordialità e convivialità tra parenti e amici, tutti quegli alberi di ulivo che verranno “traslocati” (circa 400) di qualche metro più in là durante i lavori per la “sistemazione e ampliamento della strada litoranea Manfredonia - Mattinata”, meglio conosciuta come litoranea di Macchia.

I lavori sono in corso e anche i regolari espropri dei terreni e perciò degli alberi di ulivo presenti da decenni, forse secoli, in quell’area.

Un intervento dovuto per conferire maggiore sicurezza alla viabilità stradale, condiviso dai vari proprietari terrieri e completo di tutte le autorizzazioni del caso. L’Albo Pretorio, anche online, del Comune di Monte Sant’Angelo lo attesta e certifica.

Tuttavia si sono già presentati i primi problemi. Alcuni di quegli alberi sono stati già spiantati e ripiantati lungo i muretti di cinta della litoranea allargata, nei rispettivi campi di appartenenza, come previsto nel progetto. Quello che pare non vi sia traccia nel progetto è la cura degli ulivi. Il condizionale è d’obbligo giacché nella lettura dei vari documenti non v’è traccia della cura dopo il trapianto. Se così non fosse saremo ben lieti di darne smentita, con i documenti forniti dal Comune stesso. Siamo qui.

Infatti, non basta solo ripiantarli, bensì, quanto detto da esperti agronomi, hanno bisogno di continua acqua e sistemazione del terreno circostante, oltre alla cura dei germogli.

E qui nasce il problema sollevato da Giovanni Ciliberti, oggi imprenditore agricolo a Macchia di Monte Sant’Angelo, con uliveti e vigneti, già medico e direttore emerito U.O. Malattie Apparato Respiratorio Policlinico OO.RR. Foggia e già amministratore di Monte Sant’Angelo, che ha documentato con fotografie lo stato di abbandono degli alberi già trapiantati, alberi secchi, senza vita perciò alberi morti, alberi per legna da ardere, appunto.

Eppure il sindaco di Monte è un agronomo, iscritto all’albo dei dottori agronomi e dottori forestali della provincia di Foggia, sezione “A” senior”, e certi interventi dovrebbe conoscerli. Lui ben sa che in quell’area vivono ulivi secolari e per dipiù protetti da leggi ferree, che gli ambientalisti giustamente hanno voluto inserire nell’ordinamento giuridico italiano. E qui nasce un altro problema, più etico e soprattutto di rispetto normativo che gli ambientalisti dovrebbero sollevare e far rispettare.

A tal uopo ci chiediamo e chiediamo a chi "lotta" per un ambiente, una natura, un verde migliore e protetto, ma Legambiente che da quelle parti è parte dell'humus territoriale, che dice? E soprattutto cosa fa?

 

Ulivi secchi Macchia dic2022 GiovCiliberti 02

 

Ovviamente l’appello è rivolto al sindaco Pierpaolo d’Arienzo (nel silenzio tombale e confinale di Legambiente) affinché provveda a far vivere quegli ulivi, trattandoli secondo le dinamiche previste e non solo assicurando il semplice trapianto.

È Natale ma a Macchia si sta consumando una prece ambientale, che i media locali sicuramente punteranno l’occhio.

Nel frattempo Giovanni Ciliberti s’interroga: «A Natale dobbiamo essere tutti più buoni, anche quando il lupo perde il pelo ma non il vizio?» Ma va oltre “denunciando” l’obbrobrio ambientale in essere: «Erano 20 alberi rigogliosi e forti ed ora sono morti, eppure gli avevano promesso un trasloco indolore in un luogo migliore perché appartengono ad una specie protetta dalle normative regionali e statali (centro raccolta rifiuti nei pressi della rotatoria per Monte a Macchia)», riferendosi ai suoi alberi trapiantati, poi rinsecchiti e infine morti.

«Tanti auguri di buon Natale a tutti gli amministratori comunali di Monte che si sono prodigati per realizzare tutto ciò -prosegue Ciliberti-. Questa sarà la medesima fine dei circa 400 ulivi che verranno sacrificati per l'allargamento di 3 km della litoranea di Macchia? Si dice che il rispetto dell'ambiente sia una caratteristica prevalente della sinistra, meno male! Fino ad oggi ne ho contato 266 di ulivi capitozzati e che verranno trapiantati a pochi metri dall'espianto dove passeranno a miglior vita perché nessuno provvederà a somministrare l'acqua necessaria per il loro attecchimento».

 

Ulivi secchi Macchia dic2022 GiovCiliberti 03

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