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#contrappunti

a cura del dott. Giovanni Ciliberti, oggi imprenditore agricolo a Macchia di Monte Sant’Angelo, già medico e direttore emerito U.O. Malattie Apparato Respiratorio Policlinico OO.RR. Foggia e già amministratore di Monte Sant’Angelo.

«Per l'Italia la campagna olearia 2022/2023 è stata la peggiore degli ultimi 20 anni: meno il 37-40% di olio con una produzione di circa 170.000 tonnellate.

Questa, assieme agli elevati costi dei carburanti, dei concimi, dell'energia elettrica per l'irrigazione, del costo della molitura (+30%) e di quanto altro occorre alla coltura degli ulivi e al confezionamento, è la causa degli elevati incrementi del prezzo dell'olio all'ingrosso che è di oltre il 30% rispetto agli anni scorsi.

Si è prodotto di meno per la grave siccità, per il caldo intenso e per la presenza massiva della mosca olearia mai vista a memoria d'uomo ed anche per la riduzione degli interventi colturali.

Anche la qualità è risultata scadente perché le olive sono cresciute poco, per la prevalenza del nocciolo sulla polpa e per i danni subiti dagli attacchi della mosca e dalle elevate temperature che non sempre hanno permesso un'estrazione a freddo, cioè a temperatura inferiore a 27 gradi.

Sembrerebbe una débâcle generalizzata ed invece per alcune aziende olivicole (5-7% dei terreni coltivati ad ulivi) che operano nella piana di Macchia, questa è stata una stagione assai impegnativa ma anche da incorniciare sia per l'ottima qualità dell'olio che per la quantità (incremento della produzione dal 50 al 100%).

La mia azienda è tra queste e domani con i miei operai e le loro famiglie andiamo a festeggiare da Nicola al ristorante “Al Primo Piano” di Foggia che da oltre 10 anni utilizza grandi quantità del mio olio extravergine di oliva.

Essere in questo ristretto gruppo di aziende non è la conseguenza di un colpo di fortuna! Dire di più potrebbe essere mal interpretato.

Sono sicuro che gli uliveti potrebbero ritornare ad essere fonte di reddito anche per chi non lavora direttamente la terra.

Dal prossimo anno la mia attività si avvarrà dell'ausilio di una stazione meteorologica con collegamento satellitare che tramite algoritmi sarà in grado di fornirmi dati interessanti tra cui   lo stato vegetativo degli ulivi (e quindi quando, dove e quantità di acqua da irrigare), la previsione degli attacchi della mosca (con 3-5 giorni di anticipo) e tanto altro.

Il settore avrebbe bisogno di avere accanto un'amministrazione comunale convinta del ruolo imponente che Macchia potrebbe avere nell'economia reale della città, purtroppo questo sogno rimarrà irrealizzabile per chissà quanti altri anni ancora.

Ed allora, perché ho voluto pubblicare tutto ciò?

Per dire che le amministrazioni di Monte non sono in grado di valutare l'immenso tesoro che rappresenta Macchia?

Per evidenziare un settore in profonda crisi?

Per esaltare i pochi che sono riusciti a trovare utili dove la maggior parte registra solo perdite?

Per piangersi addosso?

Per affermare la morte dell'olivicoltura?

Per altre mille ragioni che ognuno ritiene valide, senza aver mai analizzato il fenomeno?

Per nessuno o forse per un po' di ognuno di questi quesiti.

Preciso che sei anni fa ho organizzato un corso sulla potatura a “vaso policonico” che ha avuto grande partecipazione di potatori ma senza che uno solo si convincesse, solo io ho potato 6 ettari con quel sistema incrementando la produzione.

Il settore ha bisogno di una condotta di acqua per irrigare. Chi ha l'acqua produce molto e tutti gli anni.

Macchia ha bisogno di giovani istruiti e formati per coltivare gli ulivi con criteri razionali e moderni e non di anziani pensionati come me che non potranno mai lasciare un segno di quello che fanno perché il tempo a loro disposizione è limitato.

Macchia ha bisogno dell'aiuto della mano pubblica perché la proprietà è estremamente frammentata e le maestranze lavorano secondo gli insegnamenti dei loro genitori che a loro volta di sono formati utilizzando il mestiere dei propri padri.

Questa è la realtà delle cose e del mio pensiero».

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nota di + p. Franco Moscone crs, arcivescovo e Presidente di Casa Sollievo della Sofferenza.

«Vivendo ormai stabilmente in Casa Sollievo ho occasione di incontrare pazienti, provenienti da diverse regioni (soprattutto del Sud Italia) e parlare con infermieri, medici e primari.

Ho trovato scorretto come calcolo ed ingiusto per i diritti delle persone il sistema del "tetto di spesa extraregionale"!

Casa Sollievo ha già coperto questo ammontare da ottobre c.a., per cui è costretta o a rimandare indietro pazienti non anagraficamente pugliesi o ad assisterli senza copertura di spesa. Ho assistito ad un no detto ad un cittadino proveniente da Vicenza che intendeva nuovamente sottoporsi qui ad un intervento chirurgico mal riuscito nella sua regione.

Si tratta di un sistema iniquo (anche se supportato e regolato da legge dello Stato e dalle intese regionali).

È iniquo perché danneggia la gente del Sud che potrebbe e vorrebbe trovare in loco strutture sanitarie qualificate per le loro necessità e sono costrette a trasferte al Nord Italia.

È iniquo perché favorisce la sanità del Nord Italia, specie quella privata, allargando sempre più la forbice tra le due Italie: il Nord ed il Mezzogiorno.

Che dire? Come Presidente di un'Opera ospedaliera di livello riconosciuta a livello internazionale, e soprattutto come Vescovo di un territorio disagiato e per lo più dimenticato o sotto-attenzionato dallo Stato, non posso tacere e devo denunciare un sistema così costruito.

"Lasciatemelo scrivere: sa molto di favoritismo alle regioni del nord penalizzando fortemente gli ospedali privati accreditati nel sistema pubblico e che svolgono un ruolo fondamentale nel Servizio Sanitario Nazionale per garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini"».

 

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nota di Pasquale Cataneo, Nicola Russo e Giuseppe Pertosa intervengono in merito alle risultanze del consiglio regionale monotematico del 22.11 u.s.

“Il 22 novembre 2022, si è svolto un Consiglio regionale monotematico a Bari, encomiabilmente prospettato, rincorso e infine, dopo un rinvio per ottenere la presenza del Governo, ottenuto dal consigliere di maggioranza Antonio Tutolo.

La Capitanata oggetto dell’assise regionale monotematica. La provincia/regione, per estensione territoriale e per dati socioeconomici, con rilevanti divari socioeconomici e infrastrutturali rispetto al resto della regione e del Paese.

Uno dei pochi casi in Italia dove la parte settentrionale di un’area territoriale è in ritardo di sviluppo rispetto a quella meridionale e, contemporaneamente, alla restante parte dello stato. Doppio divario quindi, regionale e nazionale.

Il Consiglio regionale, oltre ad esser stato monotematico per la provincia presa in esame lo è stato, nei fatti, o così è emerso dalle cronache, per l’argomento principale: il gap di sicurezza e legalità come richiamato in quasi tutte le dichiarazioni mediatiche. In estrema sintesi si è, per così dire, certificato che la Capitanata è la terra della “quarta mafia” e che vi è stata una progressiva pervasività delle organizzazioni criminali nel tessuto economico e sociale foggiano. Si è, di fatto, così data una motivazione, definiamola attinente, alla presenza del vice ministro della Giustizia in rappresentanza del Governo. E quindi il Consiglio regionale monotematico territoriale lo è diventato, con qualche residuale distinguo, anche sulle questioni, anzi, sulla questione approfondita. I divari, sono solo per questo?

Sembra sia stata posta al centro del dibattito, quasi esclusivamente, la legalità e la sicurezza unitamente all’inadeguata organizzazione della giustizia in Capitanata, con la chiusura dieci anni fa con una riforma di sette tribunali su otto, della insufficiente di dotazione infrastrutturale e di personale, della mancanza della DDA e della Corte di Appello, Tribunale dei Minori, ecc. Tutte questioni che ieri non hanno avuto, ancora una volta, risposte positive dall’esperto barese, sia dal punto di vista settoriale che politico, stavolta da esponente del Governo in carica. Una riflessione al riguardo, ma quale governo e/o coalizione ha fatto la riforma che ha ridotto i tribunali in Capitanata? E da allora ad oggi, dopo dieci anni, con altri governi/maggioranze il tribunale sempre uno è rimasto!

Nel frattempo, dopo efferati delitti che hanno sconvolto tutti, sono giunti la DIA, i  Cacciatori di Puglia e il Reparto Anticrimine) ma i sindacati della polizia di stato e penitenziaria, nel contempo, lanciano reiterati allarmi sulle condizioni di lavoro e sugli organici! Se non fosse drammatica la situazione quotidiana che vivono i cittadini, la quasi totalità del sistema produttivo foggiano e gli operatori delle forze di polizia e della giustizia della Capitanata, ieri avremmo difatti visto un intero giro al “gioco dell’oca” tornando al punto di partenza con saldo pari a zero.

Essenziale è continuare ad agire insieme per ottenere risposte concrete alle legittime  richieste del procuratore capo foggiano che le ha reiterate anche ieri, come da quando è insediato, al pari di quanto da noi richiesto e votato in aula nel Consiglio comunale e anche nel Comitato per l’ordine pubblico del 17.01.20, per rafforzare l’azione di contrasto e repressione ma anche per l’organizzazione e la presenza più estesa dell’amministrazione della giustizia nell’intero territorio provinciale. A ciò si sono accodati la maggior parte dei rappresentanti politici. Ma per noi tre ciò non basta.

E pare che ieri non sia emersa l’attuazione di un’azione successiva sia a livello regionale che nazionale. Men che meno promossa o attuata, a livello locale, dalla Provincia di Foggia che avrebbe dovuto farla, conoscendo da tempo la data del Consesso regionale, coinvolgendo l’Assemblea dei Sindaci e tutte le Parti sociali foggiane e presentarsi ieri con l’analisi effettuata, con dati e delle proposte unitarie sia per i fondi ordinari che per quelli straordinari (ad es. PNRR e C.E.F. 2021-2027) sulle programmazioni in scadenza (FSC 2014-2020) che per quelli nuovi (FSC 2021-2027).

Qual’è l’idea di sviluppo sociale ed economico della Regione Puglia e la Provincia di Foggia hanno per migliorare la bassissima qualità di vita dei cittadini (2022 ultima 107^ per i Bambini) e dello sviluppo dell’intero sistema produttivo foggiano nella aree del Tavoliere, Gargano e Monti dauni? Come hanno coinvolto i Sindaci e tutte le Parti sociali? Quale visione sistemica e integrata hanno i due Enti da prospettare al Governo per ridurre i rilevantissimi divari territoriali, di genere e generazionali, in cui versa la Capitanata per : bambini, giovani, donne, lavoro e occupazione; completamento e l’ottimizzazione delle reti e delle infrastrutture puntuali (idriche, trasporti, energia, digitali, rifiuti, ecc,) e dei servizi (sanitari, istruzione, mobilità, welfare,ecc.); l’integrazione per un’omogenea crescita nell’innovazione e ricerca; agricoltura, turismo e valorizzazione degli altri singoli comparti produttivi che caratterizzano questo territorio con la richiesta visione sistemica e integrata? Ci sembra che ieri di tutto ciò le cronache non lo hanno registrato o non se n’è discusso”. 

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«Si avvia alla conclusione, anche in una provincia ormai abbandonata al suo destino, una campagna elettorale dove le questioni di fondo ed i nodi del malessere che ci attanagliano da tempo, sono stati del tutto dimenticati.

Non solo non si ha il coraggio di ammettere pubblicamente che siamo nelle mani della mafia e della criminalità, ma lì dove ci sono stati comuni sciolti per paventate infiltrazioni, come a Manfredonia, alcuni personaggi, con evidenti scheletri nell’armadio, invece di tirare fuori gli attributi ed indicare sul piano politico le strade da percorrere affinché la nostra terra possa sottrarsi al malaffare, facendo anche espliciti riferimenti ai clan e ai loro affari, si permettono il lusso di prendersela con gli sciagurati (a loro dire) amministratori macchiati da provvedimenti palesemente incostituzionali, nati sulla spinta emotiva delle stragi di Capaci e di via d’Amelio nei 57 giorni che nell’estate del 1992 cambiarono la storia dell’Italia.

Questi politici di carriera, unicamente per un proprio tornaconto personale, fanno credere agli elettori che i veri mafiosi non sono i criminali, ma gli amministratori locali, incappati nell’assurda disposizione legislativa art. 143 del TUEL, che ha permesso a governi di diverso colore politico, con discrezionalità assoluta, di bollare persone ed intere comunità come mafiose.

Questi stessi politici, anziché interrogarsi sugli ultimi avvenimenti che hanno visto una sparatoria nel luna park di Manfredonia ed un giovane di 20 anni brutalmente ammazzato da un suo coetaneo ad Orta Nova, e sulla lunga scia di sangue degli ultimi anni in tutta la provincia di Foggia, invece di porsi il tema del ruolo della famiglia, della scuola e della chiesa e di come riannodare i fili spezzati di un dialogo ormai inutile, retorico ed inconcludente, si gettano nella più comoda caciara della diffamazione e della denigrazione dell’avversario, utilizzando un termine che è come incidere a fuoco sulla carne delle persone la parola “mafioso”, con tutto quello che un timbro del genere causa non solo all’interessato, ma alla sua famiglia, alle sue relazioni e anche alla sua esistenza. A tal proposito è utile ricordare che quasi la totalità degli amministratori coinvolti non è stata mai raggiunta da alcun provvedimento giudiziario.

Se vogliamo stare ai numeri di questa insana pratica degli scioglimenti, nessuno può chiamarsi fuori, nel 2021 dei 14 comuni sciolti per mafia il 57,1% sono liste civiche, il 14,3% Centro-Destra ed il 28,6% di Centro-Sinistra. In Capitanata, invece, si passa tutti per mafiosi, al servizio delle bande criminali, con la complicità di certi libri e giornali che offrono una narrazione sensazionalista del ruolo dei politici ingiustamente coinvolti.

Abbiamo bisogno di uno Stato capace di individuare problemi e responsabilità quando esistono veramente e non per buttare fumo negli occhi della gente, alimentando i mezzi di informazione con operazioni di propaganda.

Lo scioglimento dei Consigli si presenta come un’operazione salvifica che, come tutte le operazioni imposte dallo Stato, senza una chiara capacità comunicativa e di presenza credibile, non sortisce gli effetti che promette. Al contrario produce danni irreversibili alle persone e alle economie delle comunità coinvolte con una forza incredibile, senza che si poggi su alcun plausibile fondamento giudiziario.

Sia chiaro ai tanti moralisti che non esistono enti sciolti per mafia che, dopo la presenza inutile dei commissari, siano stati bonificati (anche lì dove c’erano per davvero) dai condizionamenti mafiosi.

Lo scioglimento è un provvedimento infame, che scatta su ricostruzioni anonime appositamente propinate da avversari politici, da parentele e frequentazioni spesso raccontate e riportate nelle relazioni delle commissioni di accesso in modo da creare un collegamento di fatto senza alcun indizio. È un meccanismo assurdo che un paese civile non si può permettere.

Lo scioglimento per mafia macchia intere città, ma evidentemente fa troppo comodo alla politica, unica beneficiaria di questa soluzione assolutamente inutile adottata dallo Stato.

I veri mafiosi, intanto, continuano tranquillamente nei loro loschi affari.

Io non sono mafioso e lo dirò finché avrò la forza di farlo e sento il dovere di esprimere la mia solidarietà personale a tutti gli ex amministratori che in questi giorni sono stati bersagli vergognosi di certa politica, incapace di dare risposte concreti ai problemi della gente.

Attenzione, però, perché la ruota gira per tutti ed anche velocemente».

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«Da consigliere comunale non posso tacere. "Soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia".

La città è in profonda crisi, ma c'è chi continua a dire scemenze per restare incollato alla poltrona.

La città non ha l'indispensabile. Non ci sono bagni pubblici aperti. È priva di un'aula consiliare. Il cinema-teatro è un sogno. L'uso degli spazi pubblici - per tenere una conferenza cittadina - si paga, mentre si impegnano i primi 71.000 euro per una strampalata candidatura della città a capitale della cultura (sic!).

Dai volti della gente traspare mestizia e tanta rassegnazione, impotenza. Il torpore sociale favorisce il silenzio, il sonno di un popolo privato del suo protagonismo. Ed è quando il sonno della ragione si manifesta, si espande che diventa contagioso e favorisce l'affermarsi di miseri mistificatori, demagoghi, "piccoli" tiranni di provincia.
Nelle città del Sud, questa "razza politica" la trovi asserragliata nei municipi. In quei periferici centri abitati, la "casa comunale" è diventata "casa loro". Nessuno la controlla e nessuno  richiama i suoi "proci" al rispetto della dignità altrui e della legge scritta e naturale. E' questo il proscenio sociale in cui i tanti teatranti politici - ben circondati dai loro giullari -  mostrano il volto sornione per costruire l'inganno. E allora? Cade l'oblio sui tanti misfatti, per costruire il danno più grande che si possa fare a un popolo: distrarlo dal mondo reale per privarlo del suo futuro.

La gente, purtroppo, è legata ai padroni del "municipio" da vincoli clientelari, pur sapendo di essere persone private di ogni speranza di crescita culturale e di  benessere sociale.
A questa gente, è inutile ribadire che non c'è cultura di vita dove il "cittadino" e la magistratura rinunciano al trionfo della civiltà giuridica. Il silenzio, la solitudine e l'isolamento non sono presupposti di crescita civile, culturale, ma evidenti segni di malessere sociale, sintomi patologici dello Stato di diritto.

Nella città di Monte Sant'Angelo, guardare la foto della villa comunale, osservare la scalinata, che conduce al palazzo degli studi, diventa un iniziare ad accarezzare la bellezza, la ragione, la cultura dei suoi abitanti. Fantastico! E ora?

È l'epoca del mutismo della gente, della distruzione, il trionfo del brutto, l'elogio dell'assurdo, il silenzio della civiltà giuridica e il chiasso dei cortigiani. È il tempo del "lasciar fare", dell'abuso culturale, politico e architettonico. E succede che - dopo aver distrutto l'identità di un popolo - si elogia una bruttissima pavimentazione incompiuta e muri grigi e minacciosi di cemento armato.

Questa è la loro cultura. Una indecente cultura autoritaria, descritta dallo scrittore George Orwell nel suo romanzo 1984. Nello sfigurato paesino, certo,  ancora non è istituito il Ministero della Verità, ma è difficile incontrare una persona che non ripeta le stupidità confezionata, divulgata e resa verità assoluta.
Nella distruzione della villa comunale, prevale il cinismo "tecnico" di chi vorrebbe giustificare l'assurdo architettonico, definendolo un nuovo stile, un nuovo pensiero, una nuovo modo di concepire gli spazi pubblici. Se nell'anomia trova origine l'architettura dell'assurdo, nel silenzio degli organi di controllo e nell'impotenza di un popolo  - privato della sua identità, impaurito dallo strapotere di un élite amministrativa -,  traggono la forza e l'arroganza  un ceto politico, che fa rete con altri ceti politici territoriali, ben sostenuto da uomini dello spettacolo.

È questo lo scenario dove è possibile vedere beni pubblici abbandonati, risorse economiche evaporate in incomprensibili lavori di "ristrutturazione" di edifici e un forte stato di apatia sociale e tanti individui oggettificati da un potere amorale.

In questo territorio, sono anni, ormai, in cui si respira un' aria politica di "laurismo", che sta diventando idea dominante, principio politico di gruppi chiusi che dominano in un centro abitato disordinato, dove è difficilissimo avviare un simulacro di discussione con gli sparuti gruppi sociali. A dominare lo sfondo della città è lo spettro dell'autismo sociale, strutturato e rafforzato con ragnatele politiche.

Nella città dai due siti Unesco, alcuni anni fa, hanno "distrutto" l'aula consiliare, simbolo politico-istituzionale della città, e, tutt'oggi, nessuno - né allora né oggi - si pone il problema istituzionale. Vedere i consiglieri comunali riuniti in un luogo improvvisato e con microfoni "difettosi", è il segno dell'declino di una comunità, che osa parlare di "città del cinema e della cultura". In questo incredibile scenario, può accadere che distruggano, senza alcuna remora, non solo i luoghi della memoria, ma anche i legami sociali, le consuetudini di un popolo per tutelare gli interessi sociali, politici e culturali di pochi.  In questa Città, comunque, il tempo scorre, passano gli anni e persistono interminabili lavori pubblici. Il peggio è che tantissimi cittadini non sanno cosa verrà realizzato in quei luoghi aggrediti da ruspe e da ponteggi.

Per segnare il male di vivere delle persone, gli ossessivi e compulsivi lavori pubblici potrebbero bastare. Ma prevale altro, che inquieta. La comunità cittadina ha paura di manifestare le proprie idee e tace anche quando turisti e pellegrini vorrebbero conoscere il luogo dove  soddisfare i naturali bisogni fisiologici. Ma questa storia cittadina è ben nascosta: non si narra,  è disdicevole e fa pure un poco vergogna. Si, è una brutta storia sociale, imbarazzante, ma ignorata dalla società dello spettacolo, chiamata a tessere le lodi a una città a loro ignota.
Chissà se ai tavoli tematici - per elaborare il dossier per "la candidatura di Monte Sant'Angelo a capitale della cultura per l'anno 2025" – qualcuno, con il vezzo dello spettacolo, abbia chiesto di aprire qualche bagno pubblico. Non si sa. Nessuno ne parla. Pare un segreto di stato.

Durante il "raduno" dei tanti sindaci, si ignora se  un indisciplinato cittadino abbia riferito, ai cantori della città candidata a capitale della cultura,  la grandissima idea di aprire  un bagno pubblico.

Nel frattempo, però, c'è chi continua a soddisfare i propri bisogni fisiologici nelle stradine. Certo, anche questo fa parte della storia della Città e ricorda il grande processo di civilizzazione dell'umanità.
Nel ritorno del tempo orwelliano, però, è iniziato un altro mantra, quello della capitale della cultura e di una prossima campagna elettorale».

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«Al disvalore morale che traspare dalle immagini di adolescenti davanti alle tombe di Riina e Provenzano, riprese da un papà noto pregiudicato, si contrappongono significative iniziative da parte di altri adolescenti, meritevoli di grande attenzione e plauso, che mettono in pratica l’invito di Paolo Borsellino, quando sosteneva che il contrasto alla criminalità si attua attraverso una rivoluzione culturale che coinvolga soprattutto i giovani, i più propensi a "respirare la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale e dell'indifferenza".

Due belle iniziative da segnalare, la prima: Valerio (nome di fantasia), 14 anni, a completamento del suo percorso di studio in una scuola media del capoluogo foggiano, ha inteso dedicare la sua tesi al tema della lotta all’illegalità: “La mafia uccide, il silenzio pure” è il titolo del suo lavoro in ricordo di Peppino Impastato. L'istituto scolastico gli ha tributato un bel 10 e l'applauso ed il merito va ascritto anche a chi gli ha inculcato certi valori, tra cui probabilmente i docenti stessi.

La seconda iniziativa: un gruppo di giovanissimi, di età compresa tra i 14 e 18 anni, soci del Club Interact Foggia "Umberto Giordano", ha commissionato a due valenti architette foggiane il progetto di rifunzionalizzazione di una rotatoria cittadina (incrocio Via Gramsci/Via Smaldone) da dedicare alle vittime delle mafie, con l'intento di promuovere un'azione di crowdfunding. Il progetto, elaborato in collaborazione con gli studenti del Liceo Artistico Lanza Perugini, è al momento all'attenzione degli uffici comunali.

Siamo in presenza di atteggiamenti e di scelte ammirevoli, segnali di grande speranza che ci impongono di alimentare con amore e dedizione questi semi di resistenza, di cambiamento, di maturità. Il loro è un idealismo, bello e buono, che attiva processi di partecipazione e cittadinanza attiva per le vie della città, come indispensabile antidoto al contesto di dilagante illegalità.

 

FABS2022 short animate

 

Questo approccio assume rilevanza ancora maggiore alla luce di un recente rapporto di Libera che mette in luce come cresca il numero di neet, quei giovani tra i 14 e i 21 anni che non studiano né cercano lavoro e che rischiano di “alimentare il mercato nero attraverso piccoli lavori nei quali vengono sfruttati, o diventare essi stessi manovalanza per le organizzazioni criminali”. La criminalità organizzata cerca consenso sociale anche tra le giovani generazioni e tra coloro che si ritengono senza futuro. 

Resta però una perplessità: a fronte dell'ammirevole e coraggiosa presa di posizione dei più giovani, registriamo, in questo clima elettorale, l'assordante ed inquietante silenzio della politica sui gravi fenomeni di infiltrazione mafiosa e di corruzione che hanno caratterizzato gli ultimi anni della storia foggiana. Ci si aspetta quanto meno una proposta, una promessa, un patto che convinca quei giovani a non emigrare e rimanere qui a combattere per una giusta causa e restituire dignità alla nostra Città».

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Si può pensare all’alternativa corporativa come soluzione dei gravi problemi posti dalla crisi della società e dello Stato? Più volte il dibattito politico si è soffermato sui temi della necessaria modifica degli istituti della rappresentanza politica e «dell’organizzazione degli strumenti decisionali e attuativi della programmazione, dei nuovi rapporti partecipativi nelle imprese, nelle organizzazioni produttive e professionali, negli enti locali e nei servizi sociali» (cit. Gaetano Rasi).

In questi giorni, con l’approssimarsi dell’appuntamento elettorale che cade il 25 settembre, si è aperto il confronto sulla forma di governo presidenziale.

Perché nel nostro Paese non viene preso in considerazione il corporativismo?

Perché non vi è un’analisi seria dello stesso?

L’attuale crisi del sistema democratico-parlamentare tiene l’Italia in una condizione di impasse.

È dai tempi antichi che appaiono forme corporative di vita associata. Occorre depurare il corporativismo dal significato deteriore che il pensiero dominante gli ha assegnato, restituendogli la sua essenza più autentica. Quindi non l’arroccamento delle “corporations” (termine anglosassone che indica potentati economici propri del sistema liberal-capitalista) ad esclusiva tutela dei loro interessi e a danno della comunità, ma l’esatto contrario, ossia il contributo di ciascuna categoria produttiva al bene e al progresso della nazione intesa in senso organico.

Nel panorama politico odierno i partiti riversano le loro energie nella strutturazione di alleanze improbabili e strampalate (obiettivo prioritario è vincere la tornata elettorale e conquistare il posto di comando, sottraendolo agli avversari), mentre gruppi oligarchici e bellicose categorie economiche dominano lo scenario nazionale.

Si accentua sempre più l’incapacità degli organi di governo nell’affrontare sia le problematiche eccezionali sia quelle di ordinaria amministrazione. Ciò vale anche per le rappresentanze, i sindacati, strumentalizzati dalle loro correnti interne e dai partiti.

Quanto esposto vale altresì per le organizzazioni imprenditoriali, dove alcuni gruppi ottengono dalle Istituzioni condizioni a loro più favorevoli, in termini di credito e/o di operatività aziendale. Ne derivano concentrazioni di ricchezze frutto di clientelismi, sviluppo per alcuni, recessione per altri, in uno stato continuo di tensione sia tra lavoratori che tra aziende.

Nella concezione liberale il lavoro è considerato alla stregua di una merce, escludendo il lavoratore che produce dall’esercizio decisionale. Ciò impedisce che siano poste basi adeguate per il progresso e lo sviluppo dell’intero corpo nazionale. Solo attraverso la rappresentanza corporativa, intesa come partecipazione di tutti i cittadini (in qualità di produttori, consumatori e contribuenti), può essere realizzata una valida programmazione economica.

L’aggettivo “corporativo”, come visto, non va inteso alla stregua di una difesa degli interessi settoriali. Nel diritto romano l’espressione “corpus habere”, da cui deriva, indicava il possesso di personalità giuridica. Nel medioevo le corporazioni parteciparono direttamente al governo di importanti città europee. Il corporativismo, oggi, potrebbe rappresentare la soluzione per accorciare le distanze dei cittadini dalle Istituzioni, queste ultime lontane dai bisogni del Paese reale.

Le insufficienze strutturali dello Stato democratico-parlamentare, di scuola liberale, rendono non più dilazionabile un cambiamento dell’architettura statuale e la relativa risoluzione dei problemi posti dalla società moderna.

Ne “La società corporativa”, Gaetano Rasi scriveva: “Mancando non solo la coincidenza, ma anche la sintonia degli operatori con i legislatori, le diagnosi giungono alterate agli organi decisori e le cure, che ne derivano, affatto adeguate alle esigenze”. È una Camera corporativa l’Istituto che manca e presso il quale deve aver luogo la verifica di consenso sugli obiettivi della pianificazione. Nella competenza e nelle funzioni di tale Camera, in cui avrebbero posto anche i rappresentanti degli interessi territoriali, dovrebbero essere perseguite la compatibilità e l’adeguatezza degli obiettivi. La crisi politica, sociale ed economica trae origine principalmente dalla spaccatura tra società e Stato e tra i corpi sociali e gli istituti attraverso cui i primi dovrebbero farsi sentire. Talvolta, questi istituti non esistono. Solo attraverso la ricomposizione di tale frattura, diventa possibile attribuire alle nuove Istituzioni quell’autorità che è l’elemento fondamentale del governo effettivo e del progresso.

Perché il Paese reale abbia corrispondenza con quello legale, appare necessario integrare la pluralità dei gruppi e dei soggetti che costituiscono la società (famiglie, imprese, categorie professionali, partiti, organizzazioni spirituali, morali e culturali)  nelle Istituzioni dello Stato.

Il corporativismo (noto anche come corporatismo, ndr.) rimane, quindi, l’unica strada percorribile per rispondere alle esigenze sociali e politiche. Perché l’Italia sia realmente di tutti e non di pochi privilegiati.

Uno dei principi corporativi, la partecipazione alla gestione delle aziende, lo si rinviene nell’articolo 46 della Costituzione. Questa norma avrebbe dovuto ricevere attuazione da parte del legislatore, affinché fosse garantita una effettiva partecipazione dei lavoratori negli organi direttivi delle aziende. Al contrario, la partecipazione dei lavoratori è stata ridimensionata con il solo controllo dei sindacati elevati a contraltari del potere aziendale, in una logica conflittuale anticorporativa. L’obiettivo del Costituente era il superamento della contrapposizione fra i soggetti della produzione e ridurre i toni di scontro tra capitale e lavoro.

Sarebbe opportuno che il dibattito sulle riforme riparta da qui, per realizzare quella che da subito appariva una conquista sociale, mai attuata (tale articolo trae ispirazione dai consigli di gestione operai che, durante la Repubblica Sociale Italiana, furono creati per consentire ai lavoratori di partecipare in modo attivo alla “socializzazione delle imprese”).

A cura di Matteo Pio Impagnatiello, membro Unidolomiti, Raffaele Amato, storico.

#contrappunti

Sembrerebbe controcorrente ciò che il dott. Giovanni Ciliberti pensa e scrive. Qualcuno, ora, dirà che è di parte. Non è così. Anzi, solo un’attenta e intelligente riflessione poteva ben spiegare il malanno che si nasconde dietro un altro, anche peggiore, spesso criminale, che non va assolutamente giustificato ma affrontato anche con la discussione per essere debellato.  Tuttavia, la condanna rimane ferma, come lo sono abitudini, che Ciliberti, medico e direttore emerito U.O. Malattie Apparato Respiratorio Policlinico OO.RR. Foggia e già amministratore di Monte Sant’Angelo, cerca di spiegare per la sua lunga esperienza medica, sociale, dirigenziale.

«Nella mia lunga vita ospedaliera, vissuta per circa il 60% come responsabile del reparto, ho notato che di solito, tra coloro che si lamentavano per qualcosa inerente il ricovero, vi erano i parenti dei pazienti abbandonati in ospedale.

Quando durante le rare volte qualcuno veniva a trovarli, trovava qualcosa che non andava o si lamentava perché il personale non  corresse la 100 mt alle sue chiamate.

Ho verificato anche che, salve poche eccezioni, i pazienti che non avevano fatto studiare i propri figli erano quelli che avevano più familiari attorno.

Mi ricordo di un paziente scaricato in ospedale che oltre ad avere un'importante patologia polmonare era affetto anche da una forma di demenza assai aggressiva.

Questo paziente aveva procurato non poche lezioni ad un infermiere di Manfredonia, che nonostante fosse un palestrato, subiva le sue aggressioni non riuscendo a controllarlo.

Quando 2 settimane dopo venne la figlia  che lavorava al nord e che era stata da me chiamata perché il paziente da settimane era in dimissione, nonostante l'infermiere fosse ancora in malattia, minacciò di fare denunce a destra e manca.

Detto questo sto notando sui social e sui media accuse e condanne pesanti verso l'intera struttura della Stella Maris.

Io sono il primo a pretendere chiarezza e pene adeguate. Nel contempo mi piacerebbe che tutti gli ospiti delle RSA non fossero abbandonati nelle relative strutture anche perché la presenza continua dei familiari è un forte deterrente verso accanimenti di qualsiasi natura.

Nella struttura ospedaliera da me diretta, e questo lo può testimoniare tutto il personale in servizio, io controllavo ogni cosa tanto che a molti non ero simpatico.

Anche le RSA dovrebbero avere una figura apicale che controlli tutto quello che accade».

 

#contrappunti

Il problema, a quanto pare, si ripete. E con esso tutte le difficoltà per chi vuole visitare la Foresta Umbra senza utilizzare un proprio mezzo trasporto, giacché si reca con un mezzo pubblico a Monte Sant’Angelo per l’ormai “week-end mordi e fuggi” e si ritrova a piedi  per andarci. Eppure dovrebbe essere un servizio primario e immancabile, a maggior ragione che stiamo parlando de #LaCittàdeidueSitiUNESCO, tanto propagandata da chi la dovrebbe “coccolare” sempre e con interventi fattivi, non inefficaci. Da Monte Sant’Angelo per andare in Foresta Umbra non vi sono mezzi locali. Ancora una volta chi non è “impegnato” ad amministrare Monte lo fa notare. Un caso? Una volta si, due no. È l'associazione politico-culturale "Armonia", di Donato Troiano, a rammentarlo.

«Su iniziativa del Parco Nazionale del Gargano nel 2017 le Faggete Vetuste della Foresta Umbra, site nel Comune di Monte S. Angelo, venivano riconosciute dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità.

Le Faggete della Foresta Umbra sono uniche alla latitudine di 800 metri sul livello del mare, raggiungono un’altezza di 45 metri e possono vivere circa 350.

Per questa ragione costituiscono una vera e propria attrattiva per tutti coloro che amano la natura e l’ambiente incontaminato.

Nonostante siano trascorsi cinque anni, l’Amministrazione comunale del Partito Democratico non ha attivato alcun servizio di trasporto locale per collegare la nostra Città alla zona delle Faggete Vetuste della Foresta Umbra.

Se la prospettiva dell’economia locale è il turismo, è semplicemente assurdo che permanga questa situazione, che non consente ai turisti di conoscere e apprezzare questo eccezionale patrimonio naturalistico del Gargano.

Pertanto, proponiamo che il Consiglio comunale, in una delle sue prossime sedute, istituisca il servizio pubblico di trasporto locale, al fine di consentire ai turisti di raggiungere agevolmente le Faggete Vetuste della Foresta Umbra.

Proponiamo che tale servizio, da affidare mediante una gara ad evidenza pubblica, sia articolato mediante i seguenti parametri:

  • Bus di 25 posti;
  • Una corsa al giorno (di andata, la mattina; di ritorno, il pomeriggio) nei mesi di luglio e agosto;
  • Una corsa (di andata, la mattina; di ritorno, il pomeriggio) ogni sabato e domenica dei mesi di aprile, maggio, giugno, settembre, ottobre);
  • Ticket per singola persona: 10 euro;
  • Contributo del Comune: 150 euro a corsa.

Questa proposta, ovviamente emendabile attraverso un approfondito dibattito consiliare, nel primo anno graverebbe sul bilancio comunale per 15 mila euro. Per gli anni successivi, come avvenne negli anni ’80 in occasione della istituzione della Circolare Urbana, il Comune potrebbe richiedere alla Regione Puglia uno specifico contributo, trattandosi di un servizio pubblico di trasporto locale.

Questo servizio, costituito da 100 corse  all’anno, consentirebbe a 2,5 mila turisti di visitare le Faggete Vetuste della Foresta Umbra.

Tale servizio, infine, potrebbe essere accompagnato da altri servizi da offrire ai turisti da parte di imprenditori privati durante il giorno della visita, da definire in una dinamica di concertazione promossa dal Consiglio comunale».

#contrappunti

«Con grande piacere ho letto il post dell'assessore ai lavori pubblici riguardante alcuni interventi su strade di periferia dimenticate da tempo immemorabile tanto da essere quasi impraticabili.

Nel post viene riportato che si tratta dell'utilizzo di € 60.000 provenienti da uno stanziamento statale.

È una buona notizia anche perché potrebbe essere un'inversione di tendenza per quanto dirò appresso.

Durante l'amministrazione Nigri il Comune partecipò ad un bando regionale e in virtù del suo piazzamento entro i primi 5 ottenne un finanziamento di circa € 4.5 milioni da utilizzare per interventi destinati a migliorare le periferie degradate (miglioramento di strade e realizzazione di una dozzina di appartamenti da destinare a chi ne avesse bisogno).

Tutto questo non è stato realizzato, la maggior parte di quella somma è stata invece utilizzata per la ripavimentazione della zona adiacente il Santuario, per Via Garibaldi e per l'ennesimo intervento di ristrutturazione della palazzina di Via Estramurale.

Da indicazioni che mi sono state date la Regione Puglia ed in particolare l'assessorato all'Urbanistica avrebbe concesso il cambio di destinazione di quell'enorme somma.

CONSIDERAZIONI

* Se nel nostro territorio vi sono tantissime strade impercorribili che ricordano la Monte Sant'Angelo dei primi anni del dopoguerra, perché quelle risorse sono state deviate in zone centrali?

* Se a Monte città vi è un surplus di oltre 1.200 abitazioni perché farne altre e non realizzare case a Macchia dove le giovani coppie sono costrette a trasferirsi a Manfredonia perché da 30 anni non è possibile costruirle?

* È buona politica togliere la possibilità di ridurre il degrado periferico della città e della sua frazione (dove pochi avrebbero visto le realizzazioni) spostando quelle risorse in zone centrali dove tutti avrebbero potuto ammirare premiando elettoralmente il "cosiddetto superattivismo amministrativo"?

Io credo che le risorse derivanti da un bando cui hanno partecipato altre città pugliesi se non vengono utilizzate per le finalità stabilite, non possono essere investite diversamente nemmeno con un'autorizzazione regionale perché si toglie in modo non legittimo ai Comuni esclusi il diritto di subentrare.

Credo che se questa mia opinione fosse giusta, e per la mia esperienza di amministrazione pubblica lo è, ci sarebbe un danno erariale, sanzionabile dalla Corte dei Conti, sia a carico dell'assessorato regionale all'Urbanistica (che ha concesso il cambio di destinazione) che degli amministratori di Monte che hanno speso risorse in modo difforme dal bando originale.

Se è questo che vogliono 2 elettori su 3 allora evviva la politica dei novelli Robin Hood che tolgono ai poveri per dare ai ricchi!!»

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