In occasione dei prossimi festeggiamenti patronali in onore di Maria SS del Soccorso, in programma nei giorni 15 – 16 – 17 maggio 2021, l’Associazione Tradizione Fujente - con il Presidente, lo staff dirigenziale ed i collaboratori - ha ideato e progettato alcuni eventi ludico-ricreativi, socio-culturali e tradizionali-devozionali, a favore della popolazione locale. Sebbene l’Associazione sia nata nel gennaio 2020 (pre-pandemia), purtroppo non ha potuto mettere in atto quanto progettato, ma ha le idee chiare sul presente e sul futuro: la Festa del Soccorso deve essere tramandata nel miglior modo possibile e deve essere in linea sia con le direttive che con la situazione dell’ordine e sicurezza pubblica. Per il bene di tutti. L’Associazione
- composta da giovani con sani principi morali e sociali che, oltre ad avere a cuore la tradizione e la fede verso la Vergine del Soccorso, è disposta a “svecchiare” la festa, proponendosi come punto di riferimento per la popolazione di ogni fascia di età, senza che la stessa dimostri pregiudizi nei confronti della parola “Fujente”. Il Fujente, quello vero, non è quello che solitamente si pensa, che non aspetta altro che la festa per fare baldoria e che mostra goliardicamente la maglietta bucata ovvero che è irrispettoso delle principali virtù etiche; il Fujente è tutt’altro: è una persona colta, un ragazzo che studia giurisprudenza, una ragazza che insegna all’asilo, un libero professionista, un dipendente statale, una mamma, un volontario impegnato nel sociale, un operaio, una catechista, un disoccupato. Il Fujente esprime la sua devozione alla Vergine del Soccorso tutti i giorni, dedicandole anche un solo attimo della propria giornata per un pensiero ovvero una preghiera. Il Fujente negli ultimi anni è stato purtroppo associato a qualcosa di prettamente negativo: per questo è nata l’Associazione Tradizione Fujente, proprio per far capire alla popolazione che il Fujente è davvero tutt’altro! Peccato però che la pandemia ancora in corso, abbia frenato i progetti associativi riferiti principalmente alla festa patronale. Siamo certi che appena la situazione emergenziale sarà terminata, l’Associazione darà il meglio di sé per collaborare nell’organizzazione della festa, cercando di portare innovazione e volontà giovanile in grado di gestire al meglio gli eventi e le situazioni che si presenterebbero, anche grazie alle potanzialità del web che quest’Associazione sta già sfruttando, arrivando in capo al mondo per diffondere le tradizioni sanseveresi, affinchè i turisti vengano invogliati a venire in città. Così facendo, si avrebbe la possibilità di aiutare economicamente anche le attività commerciali e ricettive locali.
Nonostante la situazione non permetta chissà quali eventi, l’Associazione Tradizione Fujente è riuscita ad organizzarne qualcuno sia via web che dal vivo, andando di pari passo sia con le normative che con le disposizioni impartite dalle locali Autorità, alle quali vanno i ringraziamenti per la collaborazione.
In merito alla Festa del Soccorso 2021, ecco gli eventi interessati ai festeggiamenti, che vedono coinvolti anche i bambini e ragazzi. Inoltre vi è l’appoggio del Comune di San Severo quale patrocinatore dell’evento dedicato proprio a quest’ultimi.
- dall’1° al 17 maggio:
Evento ludico-ricreativo “Con gli occhi dei bambini”, a favore dei bambini e ragazzi delle scuole elementari e medie, evento riproposto dopo il grandioso ed inaspettato successo dello scorso anno, dove hanno partecipato altre 100 fanciulli, alcuni dei quali sono stati coadiuvati dai propri insegnanti. Trattasi di disegni sul loro modo di vedere e viveve la Festa del Soccorso. Questo evento è patrocinato dal comune di San Severo ed approvato dall’Assessorato alla Cultura della città; evento esclusivamente on line su piattafome social dell’Associazione Tradizione Fujente.
L’Associazione Tradizione Fujente, in vista dei prossimi festeggiamenti patronali (15-16-17 maggio 2021) invita tutta la cittadinanza e le attività commerciali ed industriali della città di San Severo, ma anche i concittadini residenti fuori città che abbiano a cuore la Vergine del Soccorso, ad addobbare a festa le proprie abitazioni, i balconi, le vie, le piazze, i quartieri, i negozi, le ditte, in segno di fede, tradizione e devozione verso la patrona della città di San Severo, Maria SS del Soccorso.
Come Associazione lanciamo l’idea di usare “BATTERIE E ROTELLE PIROTECNICHE FINTE ” create per l’occasione dalla cittadinanza, che riconducano alla tradizione. Per fare ciò, si potrebbero creare batterie con carte colorate plastificate (per ovvie ragioni metereologiche), con cannucce biodegradabili colorate, con carta rivestita con scotch colorato, con bicchieri di plastica colorati, ecc… Insomma, in tempi di covid, per tramandare la tradizione, bisogna anche saperla inventare!
Questa idea potrebbe coinvolgere anche i bambini in quanto potrebbero aiutare i genitori a preparare la batteria, così da essere felici ed immaginare di essere piccoli pirotecnici per qualche ora!
Attenzione: in caso di addobbi con batterie, le stesse NON dovranno essere posizionate per strada (con picchetti e ad altezza uomo) ma sui balconi (singoli oppure da una parte all’altra della strada tenendo presente tutte le dovute precauzioni atte a non creare violazioni normative) ovvero nelle attività, per evitare che qualcuno pensi a veri e propri spettacoli di batterie alla sanseverese che creerebbero indubbiamente una infondata notizia attirante in loco diversa gente. E’ scontato che per il montaggio di queste finte batterie debba essere usato l’assoluto buon senso!
L’invito quindi, è rivolto a tutti al fine di addobbare come meglio si crede, l’intera città, anche coi più tradizionali festoni e coccarde.
Questa Associazione sarà lieta di ricevere le foto degli addobbi al fine di creare un album fotografico che verrà pubblicato dopo la prossima Festa del Soccorso, sui propri social e sul proprio sito. Così facendo, questa iniziativa verrà archiviata negli annali della storia della Festa Patronale in Onore di Maria SS del Soccorso.
Le foto potranno essere inviate via telegram o whatsapp al numero 351.9286118 (Segreteria Associazione) oppure sulla pagina Facebook @tradizionefujente oppure via mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro lunedì 17 maggio 2021 per poi essere raccolte e pubblicate tutte assieme.
fonte: ilgiornaliedimonte.it
Si tratta della bella e dinamica chat live costruita dalla e nella comunità scolastica “Roncalli-Fermi-Rotundi-Euclide” di Manfredonia. La scuola tra le più grandi della Capitanata. Un momento formativo di ascolto e di confronto. Si è fatto “parlare” i giovani, circa milleduecento, attraverso cinque temi affrontati in classroom dai docenti di religione: Rosaria Scarfiello, Luciano Riccardi, Brunella Magno e Pietro Capurso. I temi sono: le paure, le aspettative, i valori, le speranze e la religiosità. Un’iniziativa sostenuta dal Dirigente scolastico, prof. Roberto menga, e coordinata da don Domenico Facciorusso, docente e funzione strumentale d’Istituto. Dall’interessante chat scolastica sono uscite diverse sintesi, ascoltate con molta attenzione dall’ arcivescovo padre Franco Moscone, che sono poi servite per instaurare un sereno confronto con gli alunni.
"La paura – ha detto l'alunno Bartolomeo Prencipe - ha segnato le vite di tutti noi. Il timore dell'essere positivo al Virus e di contagiare indirettamente qualcuno, soprattutto in famiglia. La paura, però, ci ha insegnato a essere prudenti". "L’emergenza ha cambiato il nostro modo di vivere dentro e fuori la famiglia - sottolinea l'alunna Gianna Pizzuli- siamo stati costretti a rintanarci non solo in casa, ma anche dentro noi stessi, cercando di controllare le emozioni e i sentimenti per non cedere all’incertezza del domani". "La scuola non si è mai fermata - ha detto l'alunno Francesco Robustelli - e l'abbiamo vista più vicina ai nostri bisogni. I docenti sono stati molto comprensivi pur con le tante difficoltà della didattica a distanza. Si è trovato lo spazio per parlare di quanto ci accadeva e riscoprire così il volto di una scuola a noi vicina". "Nelle chiese -evidenzia l'alunno Alexander Zappone- mancano i giovani. Tuttavia il sentirsi cercati e voluti durante la pandemia dal parroco o dai catechisti ha rimesso in moto vecchi bei ricordi. Ma deve cambiare il linguaggio e la modalità delle proposte. Vorremmo sentirci ascoltati e trovare più attività alla nostra portata". In quest'ottica, nel confronto con tanti alunni, emerge che il Virus ha privato soprattutto: della salute, riportando al centro, però, il "valore della vita e il rispetto degli altri"; della libertà, rendendo però più altruisti; della speranza, che ha invogliato i ragazzi a provare a vivere l'emergenza da protagonisti; della festa e del lavoro. Nel contempo i numerosi ragazzi sottolineano di aver riscoperto i valori della famiglia, dell'amicizia e della solidarietà.
Ieri sera, sabato 30 aprile 2021, verso le 19,30 il Rettore del Seminario insieme a un gruppo di 6 seminaristi era di ritorno dal Santuario Incoronata.
Lo stupore della croce
[02/04/2021 ispritara a “Frateli tutti” via Crucis AC diocesana]
«Carissimi,
l’immagine del soldato pagano ai piedi della croce è ricca di stupore. È la scena del centurione, che vedendo spirare Gesù, esclama: Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!
E noi, perché non sappiamo più stupirci davanti al Crocifisso? Forse perché restiamo chiusi nei nostri rimpianti e ci lasciamo paralizzare dalle nostre insoddisfazioni. In realtà non siamo più aperti alla presenza dello Spirito, che ci dà la grazia dello stupore.
Papa Francesco ci invita a guardare il Crocifisso e, avvolti dalla meraviglia, dire a Gesù: Signore, quanto mi ami! Quanto sono prezioso per Te!
Torniamo a vivere, perché la grandezza della vita non sta nell’avere e nell’affermarsi, ma nello scoprirsi amati. Nel Crocifisso vediamo Dio umiliato, l’Onnipotente ridotto a uno scarto. Ma, capiamo che accogliendo e avvicinando gli umiliati dalla vita, noi amiamo Gesù.
Da dove viene lo stupore del soldato sul Calvario? Dal vedere morire Gesù che soffriva ma continuava ad amare. Egli, il Signore, sa riempire d’amore anche il morire. Dalla Croce possiamo iniziare un viaggio interiore e trovare quella “fraternità” che Papa Francesco definisce la bussola per orientare il nuovo anno e l’intera esistenza.
Sfidando scetticismo, rassegnazione e paura, impariamo a prenderci cura gli uni degli altri e del creato, debellando ogni forma di indifferenza, scarto e scontro, investendo su una cultura dell’incontro, della gentilezza e del perdono. L’incontro e la gentilezza sono necessari per affrontare e superare i conflitti che si generano nella vita dei singoli e delle comunità. Nell’animo di ogni persona passa il confine tra il bene e il male e nessuno deve sentirsi in diritto di giudicare, ma piuttosto avvertire il dovere di migliorare se stesso. Gli altri vanno incoraggiati, confortati, consolati e stimolati. La gentilezza non è un atteggiamento di buonismo ma lo stile di chi non ferisce con parole e gesti che umiliano e rattristano, irritano e disprezzano. Anche perdonare, non vuol dire permettere che si continui a calpestare la dignità propria o altrui, lasciando che un criminale continui a delinquere. Chi patisce ingiustizia deve difendere, senza ira, i diritti e custodire la propria dignità. Come pure perdonare permette di cercare la giustizia senza cadere nel circolo vizioso della vendetta né nell’ingiustizia di dimenticare.
La speranza è che la pandemia insegni a scegliere il “noi” e non l’io, a mettere il bene comune al posto dei troppi beni che si sono rivelati tutt’altro che bene. Sarebbe, questo sì, l’augurio di responsabilità per superare un attivismo affannoso e un godimento che non regge più. Beati coloro che, alla scuola del Crocifisso, afferrano il presente con mani libere, perché diventeranno, senza saperlo, costruttori di un futuro ricco di amore e di pace».
Dal lamento al canto di gioia
[03/04/2021 veglia pasquale]
«Carissimi,
le donne si recano di buon mattino al sepolcro con paura e palpitazioni: Chi farà rotolare la pietra dall’ingresso del sepolcro? Le loro mani sono piene di profumo e il loro cuore avvolto da una passione di amore fedele e insostituibile. Erano state presenti sul Calvario senza lasciare mai solo il loro Maestro e Signore, ora vogliono sognare che sia vivo come aveva predetto. Quanti dubbi e incertezze. Forse si erano sbagliate su quell’uomo di Nazareth, forse il loro era stato un sogno, un inatteso fallimento, una delusione per il silenzio del Padre. Ma l’amore è più forte di ogni dubbio: quello sguardo luminoso, quelle parole di compassione, quei gesti di accoglienza, gli insegnamenti di Gesù, come potevano finire nel nulla?
Donne ferite ma audaci, insicure e coraggiose, con passi sostenuti dalla forza della speranza. Vanno dove le porta il cuore, certe che il sole del giorno sorgerà di lì a qualche ora.
Ma un’altra alba è pronta. Il macigno è stato fatto rotolare e un giovane con una veste bianca annuncia loro: Gesù è risorto! Il Signore si è messo in cammino prima di loro per riprendere la danza di una vita bella, gioiosa e nuova: Andate, dite ai miei discepoli, vi precedo in Galilea, lì mi vedrete.
Quale sorpresa sconvolgente! La Galilea è stata l’inizio della passione di amore: inizio e passione camminano insieme. Le donne dovranno riprendere la sequela allontanando ogni rassegnazione, perché nel luogo della morte, la morte non c’è più.
Lo stupore, che le donne sperimentano nel giorno primo e ultimo della risurrezione, è l’inizio e il risveglio dell’entusiasmo del primo amore.
Con le donne siamo entrati nel sepolcro e ora ritorniamo sui nostri passi per annunciare la buona notizia. In tutti quei luoghi, dove sembra che il sepolcro abbia avuto l’ultima parola, e dove sembra che la morte sia stata l’ultima soluzione, andiamo ad annunciare, condividere, rivelare che è vero: il Signore è vivo.
È vivo e vuole risorgere in tanti volti che hanno seppellito la speranza, i sogni, la dignità.
Andiamo e lasciamoci sorprendere da questa alba diversa, dalla novità di quella tenerezza che solo Cristo può dare.
Come il giovane vestito di bianco, anche noi rompiamo la catena dei pensieri tristi e diciamo: è risorto, deponendo la veste nera del lutto. Perché la vita arrivi dovunque.
La risurrezione di Gesù non è una notizia da conoscere, ma un dono da accogliere, per vivere già oggi da risorti, per vedere la luce nel buio, per rinascere ogni giorno che muore.
La Pasqua, dunque, è solo un punto di partenza. È la fede, ossia l’incontro personale con Gesù, che ci permette di vivere con Lui e, dunque, di riconoscerlo come vivente. Solo abitando in Lui ogni momento e in ogni situazione della vita, possiamo sperimentare la sua presenza; dunque, la sua risurrezione dai morti. Egli è e sarà con noi – come ha promesso – tutti i giorni; anche e soprattutto nei giorni difficili, anche e soprattutto nell’ultimo giorno. Giorno di morte e risurrezione, per noi come già per Lui».
† Vincenzo Pelvi
Arcivescovo
La storia della nostra cittadina, Canosa di Puglia è legata a doppio filo con quella della religione Cristiana e dei suoi riti e tradizioni della Settimana Santa che finiscono con il Sabato Santo con il tradizionale Inno della Desolata, e nel nostro territorio è disseminato di meravigliose testimonianze di carattere artistico e culturale archeologico.
Anche quest’anno 2021, con tante restrizioni l’Associazione Culturale Settimana Santa Canosa, nelle dinamiche ed alle tradizioni della nostra cittadina, vuole celebrare i riti della “settimana Santa” con una mostra fotografica virtuale con titolo “ Apulia Pietas “ dedicata a Riti della Settimana Santa in Puglia, per raccontare nelle fotografie tra le più belle e commoventi, che in quest’anno mancando le tradizionali processioni e riti nella nostra città e in tutta territorio di Puglia, sarà in modo virtuale, ma più vicino a tutti. La Mostra Fotografica sarà visibile da Venerdì 26 Marzo alla Domenica 11 Aprile 2021, al link: https://www.facebook.com/media/set/?vanity=www.settimanasantacanosa.it&set=a.10159611182489258 , nella prima mostra fotografica virtuale che raccoglie tanti fotografi amatori, nelle tante foto pervenute.
Nella collaborazione dei Fotoamatori Puglia, e nell’apporto di fotografi amatoriali che hanno colto il profondo legame che la gente ha con le processioni del periodo pasquale, anche nella nostra città, dove ogni anno nella consueta processione della Desolata nel Sabato Santo, vi è la presenza di fotografi amatori e professionisti che immortalano tra il bianco nero e colori nelle loro fotografie. Le tradizionali processioni della Settimana Santa a Canosa di Puglia e in Puglia, che possano essere realizzate con una fotografia libera, senza pass e senza restrizioni, per fotografare in libertà la bellezza delle strade e rioni di Puglia e della nostra città.
Nelle tante fotografie presentate in questa mostra fotografica virtuale, ci sono tanti volti di uomini incappucciati, siamo stati incuriositi poi dalle persone che vi erano sotto quei cappucci, molti vi hanno partecipato, ma nessuno, davvero nessuno, può aver ignorato quella sensazione così intima e profonda che il passaggio della processione suscitava, anche in questo tempo di pandemia che mancano a tutti noi i cortei processionali che si snodano nelle tante piazze e vie pugliesi.
Questo legame della mostra fotografica virtuale vuole celebrare e raccontare, con delle foto che ne ripercorrono i momenti più suggestivi, facendoli conoscere anche a chi non può vivere in prima persona quei riti come “ Apulia Pietas “ che sono suggestioni e riti della Settimana Santa in Puglia, è specialmente nella nostra città di Canosa di Puglia, il Sabato Santo per tutti noi è una delle più belle processioni della Settimana Santa di Puglia, che viene visitata da molti amatori e professionisti della fotografia, che fanno nella nostra città capitale mondiale nel tradizionale Inno della
Desolata, molto sentito nel tempo di Pasqua.
Nella prima mostra fotografica virtuale, con un arrivederci ad una forma più reale e vicino alle tante persone per condividere tante emozioni e gioie.
Associazione Culturale SETTIMANA SANTA CANOSA
www.settimanasantacanosa.it
Può essere la sofferenza un valore?
Sicuramente è un nodo nevralgico dell'esistenza umana, una delle domande esistenziali più profonde.
Perché soffriamo?
Che senso ha la sofferenza?
E’ il primo appuntamento dell’UCAI-Foggia che propone una riflessione sul valore salvifico della sofferenza, in un tempo molto particolare dove viviamo e usiamo in maniera inflazionale la parola sofferenza e morte, le stesse che ritorna ridondanti senza magari trovare un vero punto di svolta nel loro senso più profondo, con una Via Crucis molto speciale: l’esposizione di 14 tavole dell’opera pittorica dell’artista Giuseppe Cartolano (in arte Giuso) e la meditazione della lettera apostolica di San Giovanni Paolo II.
L’appuntamento è Venerdì 26 Marzo ore 19 presso la parrocchia BMV Madre della Chiesa.
Per prendere posto in Chiesa si raccomanda massima puntualità essendo i posti limitati a 140 e di rispettare rigorosamente le norme disposte per l’emergenza sanitaria.
L’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum propone, in esclusiva, la Mostra della Sindone on line, durante il periodo di Quaresima.
Dal 22 al 28 marzo sarà possibile visitare la Mostra gratuitamente on line per scoprire, anche a distanza, chi è l’Uomo della Sindone.
MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE
Sarà possibile registrarsi al link: https://www.upra.org/landing/sindone-2021/ fino al 27 marzo.
Dopo la registrazione verrà inviato il LINK per poter visitare la Mostra online dal 22 al 28 marzo 2021 nella lingua richiesta al momento della registrazione.
La registrazione e la visita sono gratuite.
L'omelia per la Solennità di Maria SS.ma dell'Iconavetere - Basilica Cattedrale di Foggia, 22 marzo 2021. Il video è su concessione del videomaker Potito Chiummarulo
«Carissimi,
a chi non capita di incontrare persone con lo sguardo smarrito, il capo chino, l’andatura incerta e confusa, che tradisce solitudine, paura e sconforto? Eppure, accorgersi dell’altro che ci passa accanto è un dono inatteso, una luce che si accende dentro, fa vedere oltre, al di là di sé e spinge il cuore in avanti.
La vita scorre, il tempo passa, rimane solo il farsi compagnia, donare senza calcoli e rumori, fissando gli altri con gli occhi dell’amore, chinandosi verso chi è nel bisogno. In questa festosa circostanza, desidero scrutare l’abisso degli impoveriti, che provano vergogna per bollette, fitti e spese essenziali che non possono sostenere.
Penso ai senza reddito e senza lavoro, ai precari e agli stagionali, alla carovana degli invisibili che subiscono il sommerso e si aggrappano a qualche ora di lavoro nero che uccide i diritti e la stessa dignità.
Penso agli ammalati e agli anziani, ai bambini disabili e svantaggiati, impossibilitati a partecipare alla vita scolastica e sociale; agli adolescenti frastornati e confusi nel loro equilibrio psico-affettivo. Vorrei bussare alla porta di quelle abitazioni piccole e malsane, dove a sera si accosta il tavolo all’angolo per stendere il letto, sovrapponendo poche sedie sgangherate dove poggiare qualche contenitore di plastica per un misero corredo.
Vorrei ascoltare con voi sofferenti e derelitti, per i quali la miseria economica si confonde con alcolismo, droga e azzardo, come pure di coloro che si lasciano segnare da debiti e prestiti di piccole somme, che ingannano e buttano nel ricatto della microusura e microdelinquenza. Vorrei sostare in quelle famiglie che non sanno compilare moduli per un sussidio o per accedere a servizi pubblici sanitari. La povertà non è poesia, né retorica, ma oppressione, iniquità e latrocinio. Fissandola, senza accontentarci del riassunto o delle statistiche, che sono senza carne, voce e odore. Nella nostra città vivono – o sopravvivono – persone che ogni tanto balzano in prima pagina e vengono sfruttate sino all’ultimo, finché la notizia e l’immagine ci attirano. La città prima nasconde e, poi, espone al pubblico, senza pietà o con una falsa pietà.
Eppure in ogni uomo respira il desiderio di essere accolto, considerato come realtà sana, perché la storia umana è sacra e richiede la più grande attenzione. Gli stessi poveri sono volti della città, non categoria sociologica e teorica, di cui si deve occupare esclusivamente la Conferenza Episcopale Italiana e la Diocesi attraverso la Caritas o la Fondazione antiusura e le parrocchie. Tutti siano veramente responsabili di tutti.
L’altro è nostro prossimo, non un mezzo da sfruttare e poi scartare quando non è più utile, ma compagno di strada nel cammino della vita. Inauguriamo, cari amici, la stagione del prendersi cura, una dimensione culturale che si esplicita nel dialogo costruttivo, nella vicinanza e può assumere molte forme, tutte aperte al sostegno della comunità. Ciascuno deve mettere da parte le sue esigenze e aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti alle concrete fragilità esistenziali.
L’attenzione apre all’inclusione piena che sente la prossimità sino a soffrirla sulla propria pelle. Diviene impellente, così, porsi la questione se quella nostra parola sia realmente necessaria, se quel gesto potrà essere compreso, se non vi è nel nostro porci qualcosa che blocchi gli altri, che li intimidisca e ne influisca le scelte in maniera distorta.
Di qui la cultura della cura, quale impegno solidale per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti, quale disposizione a interessarsi, a prestare attenzione, alla compassione, al rispetto reciproco. In questo tempo, nel quale l’umanità, scossa dalla pandemia, procede faticosamente alla ricerca di un orizzonte più sereno, non perdiamo il timone della dignità della persona umana.
Dalla carità passa la prima e vera testimonianza del Vangelo. È sulla concreta carità verso chi è affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato che tutti verremo giudicati. Teniamo lo sguardo rivolto alla Vergine Maria e non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri. Non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma costruiamo una città dove tutti si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri.
Grazie, Madre santa, di questo tuo messaggio di speranza. Grazie della tua silenziosa ma eloquente presenza nel cuore della nostra città.
Madre dei sette veli, prega per noi».
+ Vincenzo Pelvi
Arcivescovo
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Da Tv2000it, Padre Raffaele di Muro, Preside Pontificia Facoltà teologica "San Bonaventura" Seraphicum, Fra Daniele Moffa, Cappuccino Fraternità di Pietrelcina, e don Luigi Frisenna, Direttore Uff. Liturgico Diocesi Foggia - Bovino, ospiti nella puntata di Bel tempo si spera del 23 marzo 2021. .
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Carissimi fratelli e sorelle,
ancora una volta siamo chiamati a vivere i tempi liturgici, che definiamo “forti”, di Quaresima e Pasqua sotto il persistere della pandemia del Covid-19. Siamo tutti fortemente provocati dal dolore che non smette di attanagliare provocando morti e chiedendo sacrifici in tutti i settori della vita. Come discepoli di un Dio Crocifisso e Risorto, figli di un’umanità fragile ma capace di responsabilità, abitanti di una terra bellissima eppure limitata e ferita, siamo chiamati, mediante la preghiera, a «osare a trasformare in sofferenza personale quello che accade al mondo, e così riconoscere il contributo che ciascuno può portare» (LS, 19): è l’invito che Papa Francesco fin dal 2015 ci ha rivolto con l’Enciclica Laudato sì. Gli eventi della storia sempre ci interrogano e a volte, come in questa stagione pandemica, ci inquietano e feriscono, ma la Parola di Dio, che della storia è interprete e guida luminosa, purifica il nostro sguardo e il nostro pensiero, ponendo ogni evento sub luce Evangelii, e ci educa alla speranza.
La Quaresima è tempo di esodo. Un tempo propizio e opportuno, un kairòs, nel quale incontriamo il Dio relazionale che si è rivelato nel suo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo: è Lui che ci conduce fuori dalla schiavitù del peccato e ci rende un popolo libero e di risorti (Col 3, 1). L’evento della Pasqua, che costituisce l’incontro con il Signore risorto, genera in noi una triplice conversione, grazie all’ascolto umile e orante della sua Parola e l’accoglienza dei sacramenti, prolungamento della sua umanità!
La prima conversione, alla quale come credenti leghiamo le altre due, è a Dio. E’ l’incontro con Lui, che avviene come dono, secondo il primato della grazia. Si tratta di quella fede, ricevuta nel battesimo ed alimentata dai sacramenti, che ci fa riscoprire il nostro essere creature e non Creatori, che ci dona la continua nostalgia della ricerca di senso e di trascendenza: siamo stati creati da Dio e siamo fatti per Dio e come Dio (Gn 1, 27)! Per questo motivo sentiamo continuamente di “avere fame e sete” di bene, di bellezza e di verità. Si tratta di tre realtà, che sono “carne nella nostra carne”, non debbono essere mistificate, fraintese o sporcate, ma continuamente alimentate purificando la loro sede in noi: il cuore (Mc 7, 19). Bene, bellezza e verità possono camminare solo insieme, perché hanno un nome e un volto solo: Dio.
La seconda conversione è al prossimo. «Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può dire di amare Dio che non vede» (1 Gv 4,20). Chi ama Dio ama i fratelli, nel segno di una appartenenza originaria che sa e proclama che siamo tutti fratelli (Mt 23, 8), ciascuno consegnato e affidato nelle mani degli altri, tutti custodi di tutti: nessuno può rispondere come Caino sono forse io custode di mio fratello? (Gn 4, 9).
La terza conversione è al creato, in particolare a quella parte assegnata alla responsabilità dell’umanità: la Terra (Gn 1, 26-31). Sì, proprio da scrivere con la lettera maiuscola “T”, come faceva il grande Pierre Teihard de Chardin. Sì, la Terra è nostra madre, prima ancora che sorella in quanto creatura: ci nutre e ci sostenta (S. Francesco). In più la Terra è l’unica nostra “casa comune”, è l’ambiente vivo che ci ospita e che esige da noi cura e rispetto, sobrietà e responsabilità: come non c’è una seconda madre, non c’è una seconda Terra, e non ci può essere un futuro sano senza una Terra sana!
Per questo il tempo di esodo della Quaresima e quello di risurrezione della Pasqua costituiscono il percorso forte di purificazione e liberazione da tutto ciò che ci impedisce di crescere come uomini aperti alla trascendenza, come figli che si sentono tutti fratelli, come persone che costruiscono una storia capace di cultura e civiltà. Lasciamoci tutti coinvolgere nella triplice conversione a Dio, al Prossimo e alla Terra, così sperimenteremo la beatitudine di essere operatori di pace interiore e sociale che solo Gesù può donarci (Mt 5, 9).
Per essere un vero processo di conversione e risurrezione la Quaresima e la Pasqua devono produrre in noi un profondo cambiamento che tocca tutte le sfere del nostro essere: intellettuale, relazionale, sociale, culturale, morale e religioso. Dobbiamo scommettere sulla possibile metamorfosi radicale capace di farci mutare rotta e direzione tanto a livello personale che di comunità credente: sarà un’esperienza autentica di Trasfigurazione (Lc 9, 28-36). Per questo esorto a vivere questi giorni di “primavera” lasciandoci guidare dalla prospettiva di realizzare i quattro sogni già da me indicati nella lettera Amato Gargano.
Primo sogno o anelito SOCIALE: lottare per i diritti dei più poveri
Ci manca la comunità, perché ce la siamo lasciata rubare dall’idolatria dell’individualismo. Ci manca la prossimità perché ci pesa e vediamo gli altri più come nemici che come compagni. Ci manca la fraternità perché ci spaventa il sentirci responsabili di tutti. E allora, che l’esperienza di esodo e risurrezione sia un tempo per riscoprire l’appartenenza comune alla città illuminata da un’autentica fraternità. Ci siamo fatti rubare la città perché ognuno ha pensato solo a sé stesso. Al contrario il Vangelo ci consegna la legge di amarci gli uni gli altri e ci dà come consiglio quello di non guardare alla pagliuzza nell’occhio dell’altro fingendo di ignorare la trave che è nel nostro. Il Vangelo ci insegna a perdonare facendoci fare memoria del fatto che ognuno è fragile e bisognoso di essere scusato. Non possiamo costruire le nostre città fondando i nostri rapporti sociali unicamente sul denaro e sugli affari, sui guadagni e sul profitto. La pandemia ci ha fatto capire che la salute fisica, affettiva e relazionale di ogni persona è nelle mani di tutti e dell’intera società, non un fatto puramente privato: o ci salviamo tutti insieme o naufraghiamo tutti! E’ tempo che la fraternità e l’amicizia sociale, come ci ha ricordato Papa Francesco, diventino l’ingrediente essenziale per pensare a come mettere in pratica nuove forme di cittadinanza, di partecipazione e di corresponsabilità; per ridare valore e dignità alla politica come arte di tessere rapporti sociali; per costruire una governabilità ispirata all’onestà e alla ricerca del bene comune. Perché ciascuno, credente e non credente, possa sentirsi parte di questa comunità garganica e diocesana e contribuire a realizzare il sogno sociale, si deve lottare per i diritti partendo dai poveri e dagli ultimi. Diamo spessore a tutte quelle persone diventate invisibili, ai dimenticati e agli sfiduciati, a quanti sono rimasti soli e schiacciati dalla tragedia in corso, a quanti hanno perso o rischiano di perdere il lavoro, usciamo dalla tomba dell’egoismo e del solipsismo e sarà per tutti inizio di risurrezione.
Secondo sogno o tema CULTURALE: difendere la ricchezza culturale
Per il credente il primo cambiamento è quello spirituale, ma l’opera dello Spirito si declina sempre in un movimento che è anzitutto culturale. Come? Difendendo, curando ed esaltando la ricchezza culturale presente nella storia del nostro popolo garganico. La conversione sarebbe fondamentalismo ideologico se si limitasse a vivere la religione come il freddo adempimento di una dottrina, priva di ogni contatto con l’esperienza concreta, con la carne e con la storia. L’autentica conversione, infatti, abbraccia e trasfigura tutte le dimensioni della vita ed esige un profondo mutamento che coinvolga sia la mente che il cuore: in questo modo fa maturare una nuova visione delle cose, del mondo, di noi stessi e degli altri, diventa cultura. La pandemia, se non sprecata, ci costringe a operare un sano cambio di paradigma: passare dalla “cultura dell’Io” a quella del “Noi”, superare l’egocentrismo che ci rende prigionieri e ci lascia soli con le nostre illusioni. “L’individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli. La mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità. Neppure può preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali. L’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere. Inganna” (Francesco, Fratelli Tutti 105). I tempi “forti” di Quaresima e Pasqua sono l’opportunità per passare da una logica di esclusione, che genera emarginazione e scarto, a una di inclusione che invece ci rende attenti, accoglienti e responsabili gli uni degli altri. Alla luce della Parola del Vangelo siamo tutti chiamati a imparare una nuova grammatica: parleremo il linguaggio dell’amore e della giustizia, fatto di gesti di solidarietà e di reciproca cura e supereremo da un lato la cultura dell’indifferenza e dall’altro la logica della pura competizione, che sempre sfocia nel freddo cinismo.
Terzo sogno o soffio ECOLOGICO: custodire gelosamente l’irresistibile bellezza
Convertirsi a Dio comporta allo stesso tempo convertirsi al creato nella cui armonia risplende la bellezza divina. Siamo chiamati a custodire gelosamente l’irresistibile bellezza del territorio che ci accoglie, senza depauperarlo o inquinarlo. Convertirsi alla Terra significa rivedere i nostri modi di produrre e di consumare, il nostro rapporto con le cose e rispettarne i tempi. Significa rivedere la nostra idea di progresso, per riuscire a conciliare lavoro e ambiente, escludendo forme di sfruttamento indiscriminato che stanno mettendo a repentaglio l’intero ecosistema naturale con le molteplici forme di vita in esso presente. Convertiamoci alla sobrietà e a uno sviluppo eco-sostenibile, combattendo insieme e con coraggio anche le ecomafie che, in modo dichiaratamente illegale, con la scusa di portare profitti creano squilibri che prima o poi sono destinati a ritorcersi anche su di noi e sulle nostre città. La storia recente è costellata di esperimenti mal riusciti, di false illusioni, di scelte sbagliate che hanno ferito la nostra terra: impariamo la lezione e non ripetiamo gli stessi errori!
Quarto sogno o ispirazione ECCLESIALE: costruire comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi
La conversione per il credente non è un cammino soltanto personale, è un percorso da fare insieme e che quindi necessita della presenza di una comunità concreta: ci si converte solo dentro una Chiesa particolare. E’ il sogno di Dio stesso quello di fare della nostra Chiesa locale una comunità che sappia avere un cuore solo e un’anima sola (At 4, 32), dove ogni persona possa sentirsi cercata ed attesa quando ritorna dopo essersi allontanata e smarrita, amata e perdonata, sempre e comunque, anche se dovesse continuare a sbagliare o fallire, sostenuta e accompagnata se a causa della sua fragilità continua a cadere o attraversare momenti difficili. La Quaresima, vissuta come esodo, aiuta la comunità cristiana ad essere discepola della Parola e ad armonizzare i carismi che lo Spirito dona ad essa di continuo, a impegnarsi, in una logica di servizio, a incarnare il Vangelo di liberazione e di promozione. La Pasqua fa trasformare le nostre tombe in sepolcri vuoti per annunciare l’alba nuova di infinite e continue risurrezioni: non esiste morte o tragedia che possa trattenere prigionieri i risorti che siamo noi, battezzati e unti dallo Spirito di verità e di libertà.
Auguro a tutti un cammino di esodo fatto di resistenza e di trascendenza, di lotta interiore contro tutte le forme di disperazione e di scoraggiamento, per seminare la speranza, certi che verrà la Pasqua, giorno di resurrezione e di trasfigurazione per ogni uomo e per l’intero creato. E, finalmente, sentiremo dire ''Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto!” (Lc 24,6).
Affidiamo questi nostri sogni a San Giuseppe in quest’anno a lui dedicato. Giuseppe è stato l’uomo dei sogni perché si è alzato e li ha realizzati in obbedienza a Dio ed alla vita che gli si apriva: ha custodito e protetto i tesori di Dio, il Bambino e sua Madre (Mt 1, 24; 2, 14.21), ed oggi continua a proteggere l’Umanità e la Chiesa.
Preghiamolo così:
Salve, custode del Redentore,
e sposo della Vergine Maria.
A te Dio affidò il suo Figlio;
in te Maria ripose la sua fiducia;
con te Cristo diventò uomo.
O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi,
e guidaci nel cammino della vita.
Ottienici grazia, misericordia e coraggio,
e difendici da ogni male. Amen.1
padre Franco MOSCONE, arcivescovo
Manfredonia, 19 marzo 2021 solennità di S. Giuseppe
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1 Papa Francesco, Patris Corde