«Ero stato un bambino considerato idiota. Fui bocciato in seconda elementare perché giudicato incapace di apprendere. Quando parlo, cercando di insegnare qualcosa, è sempre a lui che mi rivolgo, al bambino idiota che sono stato. È per lui che riduco, sminuzzo, mastico le cose sino all’osso. Nelle persone alle quali mi rivolgo mentre insegno, cerco sempre il volto annoiato e un po' ebete del bambino che sono stato»: questo testo di Massimo Recalcati ci fa tornare a scuola e iniziare il nuovo anno scolastico con serenità ed impegno.
Carissimo studente,
la scuola è un luogo bello per sapienza e umanità, dove non vedi l’ora di andare puntuale, perché ti stanno a cuore la formazione, la cultura e il rispetto. Nei mesi estivi ti è mancato il gruppo della tua classe, a cui non riesci a nascondere chi sei e cosa ti aspetti dal futuro.
Pur avvertendo la fragilità dell’età, in bilico tra infanzia ed età adulta, tu rappresenti quell’antenna che porta agli adulti sorrisi e speranza nel presente, segnato spesso da affanni e incertezze. Non sei solo e noi adulti abbiamo bisogno dello slancio di fraternità, della tua ricerca di armonia con la natura, della sensibilità artistica e del tuo grande bisogno di comunicare con la musica, lo sport, il digitale e il media.
Se ti facessi la domanda: «perché vai a scuola?», cosa mi risponderesti? Probabilmente ci sarebbero molte risposte, ma si potrebbero riassumere dicendo che la scuola è uno degli ambienti educativi in cui si cresce per avere grandezza d’animo, stupendi ideali, relazioni autentiche, facendo le piccole cose quotidiane con un animo generoso e disponibile, aperto a Gesù e agli altri.
Non preoccuparti, allora, di riempire la testa di nozioni, ma impara a pensare, ascoltando e creando una storia umana fatta di tre linguaggi (cuore, testa, mani).
Carissimo docente,
inizia un nuovo anno scolastico che certamente mostrerà i segni delle difficoltà sinora vissute e richiederà l’impegno che la condizione attuale comporta. Il ritorno sui banchi di scuola, per tante ragazze e ragazzi, sarà un test significativo per misurare la capacità di affrontare con saggezza e ferma decisione questo tempo di pandemia nel quale ancora ci troviamo. Se vuoi un futuro più sicuro, un futuro che incoraggi la prosperità di tutti, è necessario mantenere la bussola, sempre puntata verso valori autentici, desiderando il bene comune.
Sono certo che continuerai ad interessarti dell’alunno che c’è e non di quello che vorresti ci fosse, puntando sulle molte curiosità di ciascuno, rafforzando le motivazioni di chi apprende, offrendo un orizzonte di coraggio. Continuerai a metterti difronte ad ogni studente “in attesa”, senza idee predefinite e trovare i modi in cui possano piano piano emergere le caratteristiche di potenzialità e i limiti che hanno entrambi diritto di esprimersi, perché costituiscono la persona.
E poi, non dimenticare che scuola e famiglia camminano assieme. Gli stessi rapporti con i genitori sono sì di tipo istituzionale, ma sento che possono andare oltre, dando ascolto, accoglienza e considerazione.
Ripartiamo con un’azione sinergica, che può portare lontano e inaugurare processi di trasformazione imprevedibili. Abitiamo il presente dei nostri alunni, non il passato o il futuro. Non lasciamoci paralizzare dall’amarezza delle difficoltà, non concentriamoci sulle incertezze del domani, non lasciamoci ossessionare dai timori per l’avvenire. È il momento di ascoltare i nostri ragazzi per reinventarsi e mettersi in discussione, cogliendo il senso delle cose che veramente contano.
A tutti un augurio di ogni bene!
Mons. Vincenzo Pelvi
Dopo la pausa estiva riprende la pubblicazione del periodico diocesano che ci accompagnerà per tutto l’anno pastorale 2021-2022.
“Voci e Volti” di settembre 2021 ha come tema principale la Seconda Lettera Pastorale dell’arcivescovo p. Franco MOSCONE intitolata ,“Con Cristo Trasfigurati (cfr Lc 9, 28-36) per un Territorio e Popolo di Trasfigurati”.
Il periodico è presente nelle chiese della diocesi.
La Comunità “Laudato Sì” di San Giovanni Rotondo (FG) comunica che le celebrazioni per il Tempo del Creato continuano nella zona interna e costiera del Gargano.
Il 17 settembre 2021, alle ore 20.00, presso la Cattedrale di Manfredonia (FG), si terrà una veglia di preghiera, organizzata in collaborazione con la Pastorale Sociale e la Pastorale Giovanile della Diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo.
Il momento di preghiera sarà presieduto da don Pasquale Paloscia, Responsabile della Pastorale Giovanile della Diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo e assistente della Comunità Laudato Sì.
Il 25 settembre, alle ore 19.45, presso la Tomba di Rotari a Monte Sant’Angelo (FG), si terrà una veglia di preghiera per il creato.
Lo stesso evento sarà ripetuto il prossimo 28 settembre a Peschici (FG) presso Piazza Sant’Antonio con inizio alle ore 19.30.
Tutti gli eventi saranno trasmessi in diretta sulla pagina Facebook della Pastorale Sociale Manfredonia.
Il tutto si svolgerà nel rispetto delle norme anti-Covid.
A ventotto anni dalla sua barbara uccisione per mano mafiosa, il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ricorda “la straordinaria figura di don Pino Puglisi che ha pagato con la vita il suo instancabile impegno evangelico e sociale a favore dei giovani” e che per il suo sommo sacrificio è stato beatificato.
“La passione per l’educazione e la sua attenzione alle dinamiche sociali hanno portato don Pino Puglisi ad impegnarsi nel quartiere Brancaccio, uno dei più difficili di Palermo e nel quale, tra l’altro, era nato, a fianco dei bambini e dei ragazzi per evitare che finissero nella rete mafiosa e per indicare loro un percorso di riscatto fondato sulla fede, su autentici valori civici e sul rispetto della legalità”, conclude la titolare del Viminale.
Un video che racchiude i momenti salienti delle celebrazioni delle apparizioni del sacro tavolo dell’Iconavetere, la Madonna dei Sette Veli, protettrice di Foggia.
La piccola processione (per le norme anti COVID-19 vigenti) del Sacro Tavolo, frammenti significativi della celebrazione in piazza XX settembre presieduta dal Mons. Pelvi, Arcivescovo metropolita dell'arcidiocesi di Foggia-Bovino, i devoti , le funzione religiosa, sono il sunto del video di Potito Chiummarulo.
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È stata una cerimonia liturgica all’aperto, rigorosamente accessibile per le norme anti COVID-19 vigenti e con Green Pass, quella che il 14 agosto 2021 si è svolta in Piazza XX Settembre, a Foggia.
Mons. Vincenzo Pelvi, Arcivescovo dell’Arcidiocesi Foggia-Bovino, ha ufficializzato la Santa Messa, con il sacro tavolo dell’Iconavetere al fianco.
L’omelia è stato un messaggio di sprone ai giovani, alla loro fragilità, ad ascoltarli.
Di seguito il video dell’omelia di Mons. Pelvi, a cura di Potito Chiummarulo.
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Nota stampa dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino.
In riferimento alla celebrazione pontificale nei Primi Vespri dell’Assunzione al Cielo della Beata Vergine Maria, prevista per il 14 agosto p.v., alle ore 19,30 in Piazza XX Settembre, l’Arcidiocesi di Foggia-Bovino, attenendosi alle disposizioni delle Autorità istituzionali, comunica le seguenti modifiche alle indicazioni precedentemente emanate (cfr. Comunicato del 09 Agosto 2021):
- Per accedere alla piazza bisognerà esibire agli stewards il Green Pass e il documento di identità. Si ribadisce che è vietato l’ingresso per chi presenta sintomi influenzali/respiratori; ha una temperatura corporea uguale o superiore a 37,5°; sia stato nei 14 giorni precedenti a contatto con persone positive al Covid-19.
- L’apertura dei varchi (so Garibaldi – lato Provincia; C.so Cairoli: solo per disabili e accompagnatori) sarà anticipata alle ore 18,00.
INDICAZIONI E NORME PER LA PARTECIPAZIONE ALLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA DEL 14 AGOSTO IN PIAZZA XX SETTEMBRE IN OSSERVANZA DELLE MISURE DI PREVENZIONE DA COVID-19
Vietato l’ingresso per chi:
- non presenta il Green Pass al momento dell’ingresso al luogo della celebrazione
- presenta sintomi influenzali/respiratori;
- ha una temperatura corporea uguale o superiore a 37,5°;
- sia stato nei (14) giorni precedenti a contatto con persone positive al Covid-19.
Indossare la mascherina
- per tutto il tempo della celebrazione;
- Sono esenti: i bambini di età inferiore a 6 anni, i soggetti con disabilità non; compatibili con l'uso della mascherina.
Rispettare sempre le distanze di sicurezza
- almeno 1 m;
- in entrata e in uscita evitando assembramenti.
Per la distribuzione della S. Comunione
- restare al proprio posto;
- i fedeli verranno raggiunti dai ministri.
Messaggio dell’Arcivescovo Padre Franco Moscone in seguito all’atto intimidatorio ai danni di Raphael Rossi.
“Tra noi, la cultura della minaccia corrisponde all’agire della mafia e della criminalità organizzata in genere; mentre la paura è la risposta omertosa e malata della società civile, che pensando di difendersi, si dà per sconfitta di fronte al male. In questo modo, giorno dopo giorno, assistiamo all’impoverimento del nostro territorio, sempre più caratterizzato da meno servizi, meno infrastrutture, meno lavoro e meno prospettive per tutti. Questa situazione causa una “desertificazione strisciante”, ossia la fuga dei giovani dal sud Italia”
(Messaggio sulla legalità per la Quaresima 2020 dei Vescovi di Capitanata)
«Queste parole scritte insieme ai confratelli Vescovi di Capitanata mi sono risuonate nel cuore dinanzi alla notizia dell’ennesimo atto intimidatorio a danno di chi cerca di fare il proprio lavoro cercando di analizzare, pianificare, intervenire portare avanti la trasparenza, la legalità.
Riprendendo ancora il titolo delp. Messaggio citato e facendo ancora risuonare le parole del profeta con forza ripeto che come Chiesa “per amore del mio popolo non tacerò” (Cfr Isaia 62,1).
Non possiamo tacere oggi davanti all’ennesimo atto questa volta a danno del dott. Raphael Rossi, Amministratore Unico di ASE Spa a cui va tutta la mia personale solidarietà e di tutta la Chiesa Diocesana.
Il lavoro di un’azienda municipalizzata così grande che si occupa di diversi Comuni della Capitanata, in un momento storico particolare per la stessa Capitanata in cui proliferano i Comuni sotto il riflettore di analisi di possibili infiltrazioni mafiose, richiede coraggio, competenza e determinazione.
Al dott. Rossi e quanti si impegnano quotidianamente dentro e fuori le istituzioni, ad ogni titolo e grado, per la lotta alla trasparenza e legalità, dico: coraggio, è la strada giusta!
Si lo è, ne abbiamo conferma da più parti. Non saranno atti intimidatori a fermare un movimento di rinascita che tanti dal basso nelle nostre terre chiedono. Certi atti intimidatori anzi confermano di essere sulla strada giusta, di aver toccato punti e situazioni dolenti.
Coraggio a tutti gli operatori di pace, legalità e trasparenza. Coraggio, andiamo avanti, siamo sulla strada giusta».
In un’intervista fatta a mons. Vincenzo Pelvi, Arcivescovo Metropolita di Foggia - Bovino, si evince il pensiero e l’invito che il prelato fa alla cittadinanza sull'esigenza di tornare ad essere comunità, di superare la tracotanza del sé per incontrare l'alterità e di accogliere l’altro come dono costruisce la fraternità umana, a partire dalla diversità.
L'emergenza sanitaria ha dimostrato che la costruzione di legami sociali e solidali è indispensabile per superare le sfide della modernità. Tuttavia, la spinta a prevaricare l'altro per raggiungere il proprio interesse non sembra placarsi; l'uomo, nella sua sfrenata corsa verso il progresso e la ricchezza, non si cura del prossimo, dilaniando anche l'ambiente che lo ospita. Il senso della comunità, indispensabile per raggiungere un bene che sia di tutti e per tutti sembra essere diventato un pallido fantasma che non riesce a far sentire la propria voce. Una gara di egoismi non può avere vincitori ma solo sconfitti. Per analizzare questi temi, proponiamo di seguito un'interista all'Arcivescovo Metropolita di Foggia-Bovino, mons. Vincenzo Pelvi.
Eccellenza, l'attenzione narcisistica che l'uomo ha per se stesso può rappresentare un vero ostacolo alle relazioni umane...
In questo momento della storia la passione per l’umano, per l’intera umanità, è in grave difficoltà. Le gioie delle relazioni familiari e della convivenza sociale appaiono profondamente logorate. La diffidenza reciproca dei singoli e dei popoli si nutre di una smodata ricerca del proprio interesse e di una competizione esasperata, che non rifugge dalla violenza. La distanza fra l’ossessione per il proprio benessere e la felicità dell’umanità condivisa sembra allargarsi: sino a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma. Si tratta di una vera e propria cultura – anzi, sarebbe meglio dire di una anti-cultura – dell’indifferenza per la comunità: ostile agli uomini e alle donne e alleata con la prepotenza del denaro.
Secondo lei, il progresso tecnologico potrebbe aiutare gli uomini a vivere meglio, consentendogli di superare le difficoltà che la vita pone?
Questa emergenza rivela un paradosso: come è potuto accadere che, proprio nel momento della storia del mondo in cui le risorse economiche e tecnologiche disponibili ci consentirebbero di prenderci sufficientemente cura della casa comune e della famiglia umana, onorando la consegna di Dio stesso, proprio da esse, dalle risorse economiche e tecnologiche, vengono le nostre divisioni più aggressive e i nostri incubi peggiori? I popoli avvertono dolorosamente, per quanto spesso confusamente, l’avvilimento della paura e della fragilità. La tendenza ad anestetizzare questo profondo disagio, attraverso una cieca rincorsa al godimento materiale, produce malinconia e distruzione. Dobbiamo riconoscerlo: gli uomini e le donne del nostro tempo sono spesso demoralizzati e disorientati, senza visione. Siamo un po’ tutti ripiegati su noi stessi. Il sistema del denaro e l’ideologia del consumo selezionano i nostri bisogni e manipolano i nostri sogni, senza alcun riguardo per la bellezza della vita condivisa e per l’abitabilità della casa comune.
Monsignor Pelvi, come possiamo sollevare lo sguardo da noi stessi e imparare a rivolgerci agli altri?
Raccogliendo il grido delle sofferenze dei popoli, dobbiamo reagire agli spiriti negativi che fomentano la divisione, l’indifferenza, l’ostilità. Dobbiamo farlo non soltanto per noi, ma per tutti. E bisogna farlo subito, prima che sia troppo tardi, anche perché la democrazia non è mai una conquista definitiva. Permane sempre l’esigenza di darle un’anima e un corpo nuovi. Va continuamente legittimata, offrendole un humus che la nutra e la rivitalizzi. Tra le condizioni per la sua esistenza, sono centrali lo stato sociale di diritto, una sfera pubblica non pigra, un sistema rappresentativo efficiente nelle sue forme e integrato dallo sviluppo di iniziative popolari, specie con riferimento ai beni collettivi e soprattutto deve poggiare su di una comunità, intesa come insieme di cittadini uniti, nella comunione di beni-valori, codificati nelle carte costituzionali. Ne consegue l’appello a lavorare insieme per il bene comune. Tutti, giovani e adulti, siamo cittadini del mondo e abbiamo una vocazione al servizio del bene comune.
Quale ruolo possono avere le nazioni e i loro rapporti in questo processo di redenzione?
Ogni Nazione non è un museo, ma un’opera collettiva in permanente costruzione; opera in cui sono da mettere in comune le cose che differenziano. Nasce, perciò, l’esigenza di costruire legami per favorire quell’amicizia sociale, impegno per riconoscersi come una comunità di vita che ha un unico destino. Sentirsi comunità significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri, pensarsi dentro un futuro comune da costruire insieme, curando le ferite di legami spezzati e della fiducia tradita. Di qui l’impegno ad investire su di un’Europa e un mondo dei popoli, partendo da una profonda riflessione che permetta di superare i pregiudizi, rivalità istituzionali, forme di veteronazionalismi, egoismi e localismi folkloristici. Oggi appare urgente programmare la formazione di una mentalità europea e mondiale riorganizzata attorno ad una cultura personalistica, relazionale, comunitaria e aperta alla trascendenza.
Essere comunità significa anche darsi delle regole, dei limiti per il bene comune...
Dobbiamo recuperare la dimensione della ragionevolezza, dell’homo sapiens che viene risucchiato spesso dall’homo gaudens, affetto da uno strano virus per cui non sopporta limiti, non ammette regole, non tollera nessun confine ed è soddisfatto perché non vuole scoprire la realtà, anzi vuole dimenticarla. È necessario armonizzare la fatica del pensare, del confronto, dell’approfondimento con la forza delle emozioni, mettendo in campo energie e volontà di formarsi una idea adeguata della complessità dei problemi, cosicché non si confondano le verità con le opinioni. Sul binario culturale si gioca l’incontro tra le generazioni e si rinsaldano patti di stima e solidarietà, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire un tessuto di relazioni solidali e sicure. Investire sulla generatività del pensare, azione che richiede un livello etico alto, contrasta il ripiegamento sull’io e sull’oggi, per coniugare spiritualità e politica, incontro spesso estraneo che infastidisce chi per cinico calcolo riduce il mondo alle dimensioni della propria ristretta cerchia di interessi, deformando il linguaggio e le relazioni al servizio del proprio particolare tornaconto, più che al servizio del bene comune.
La comunicazione, quindi, riveste un ruolo strategico...
In una tale condizione, qualunque scelta o gesto può essere usato come strumento comunicativo per occupare lo spazio della propaganda e del consenso, rivelando un’assoluta noncuranza di rispetto per l’altro (a cui si parla), rispetto per la parola (che viene pronunciata), rispetto per se stessi (cioè il parlante: dire è sempre dirsi). Uno stile di arroganza, di superbia e prepotenza, di sopraffazione verbale prima ancora che fisica, invoca la qualità umana del noi. Occorre la capacità di governare prima che gli altri, se stessi, le proprie debolezze e ipocrisie, le proprie sfrenate ambizioni, così da acquisire autorevolezza e ottenere quella virtù cristiana che si chiama coerenza.
Che ruolo può avere, in quest'ottica, il principio di responsabilità?
C’è una grande responsabilità da esercitare con saggio discernimento, poiché le decisioni prese saranno fondamentali per modellare il mondo di domani e quello delle generazioni future. Pertanto, se vogliamo un futuro più sicuro, un futuro che incoraggi la prosperità di tutti, è necessario mantenere la bussola sempre puntata verso valori autentici. È questo il tempo di prendere misure coraggiose e audaci per il nostro amato pianeta. È questo il momento giusto per tradurre in azione la nostra responsabilità di contribuire allo sviluppo dell’umanità, sostenuto dal desiderio di promuovere il bene comune.
Dirigere lo sguardo verso l'altro comporta inevitabilmente un avvicinamento, come farlo diventare vero incontro e non scontro tra punti di vista?
Accogliamo la cultura, la religione e l’etica degli altri senza pregiudizi e senza misurarla con la nostra, mettendoci in ascolto di una presenza che esige una risposta; ascolto che instaura una confidenza reciproca. Chiediamoci: chi è l’altro? Alla domanda Sartre rispondeva: “o è l’inferno o un dono a cui mi dono”. Ognuno è destinatario di doni: dal dono della vita, che non noi ma altri hanno deciso, al dono della parola alla quale altri ci hanno iniziato; al dono dell’amicizia che molti non ci fanno mancare. Inoltre gli oggetti, i beni, la terra e i suoi frutti: tutto abbiamo ricevuto.
Accogliere l’altro come dono costruisce la fraternità umana, a partire dalla diversità. La scelta difronte alla quale ci troviamo è fra la fiducia dell’altro o il sospetto, tra il consegnarsi come Cristo all’umanità o l’armarsi per negare un posto all’altro. Scegliamo di essere tutti fratelli: ecco la linea sacra che è in perfetta sintonia con la volontà divina: sia unico lo sguardo verso l'Alto e verso l'altro.
Il testo del saluto alla nostra Arcidiocesi del Superiore Regionale dei PP. Scalabriniani, P. Mauro Lazzarato, in occasione della chiusura della Casa di Siponto.
Saluto del Superiore Regionale.
Carissimi,
come è noto a molti di voi, la Congregazione dei Missionari di San Carlo, Scalabriniani, non senza umana sofferenza e dopo un lungo percorso di discernimento ha deciso di lasciare la posizione missionaria di Siponto.
L‟ora del saluto è giunta.
Permettetemi innanzitutto di consegnare al Signore il nostro tempo di presenza in questa diocesi, estesa in un territorio riflesso della Sua bellezza, convinto che anche questi cinquantacinque anni sono parte di un „tutto‟ che scorre verso l‟oceano della vita eterna. Come ogni cosa che porta l‟impronta del Creatore, essi sono scaturiti dalla Sua sorgente, hanno raccolto rivoli, hanno avuto percorsi lineari e tranquilli, hanno incontrato ostacoli inattesi, hanno viaggiato a cielo aperto con ogni tempo, hanno conosciuto ristrettezza e abbondanza, hanno lottato con anse improvvise, che sembravano voler distrarre il loro corso, e a volte con rapide che hanno messo alla prova la loro compattezza o li hanno dispersi in zone paludose. In qualunque modo, tutto quello che nasce da Dio è destinato a lasciare il segno nella terra, tra case, montagne e pianure, tra presenze e solitudini ma poi torna sempre a Lui.
STORIA E MISSIONE
Siamo giunti in questa terra, risiedendo a Siponto – Manfredonia, porta del Gargano, nella calda estate del 1966 su mandato del Capitolo della Congregazione Scalabriniana che, dopo un lungo tempo di servizio agli emigranti italiani all‟estero, negli anni in cui maturava la sua apertura ai migranti di tutto il mondo, decise di volgere il suo sguardo anche ad un luogo di partenza di molti emigranti.
L‟accoglienza di Mons. Cesarano ci offrì l‟opportunità di inserirci nella vita pastorale della diocesi con il servizio ad una parrocchia in un territorio piuttosto esteso e con la possibilità di promuovere vocazioni missionarie per i bisogni crescenti nella Chiesa, a servizio dei migranti.
L‟entusiasmo di tanti confratelli e la generosità di fidati collaboratori, fin da subito hanno permesso che il seminario fiorisse con la presenza di diverse generazioni di ragazzi che ancora oggi si pregiano del titolo di „ex alunni‟.
I cambiamenti epocali che si sono susseguiti dalla metà degli anni ottanta ci hanno interpellato più da vicino come Chiesa e come Congregazione. L‟arrivo anche fra queste terre di numerose persone di altre etnie ha spinto la nostra presenza accanto a loro e nel servizio di sensibilizzazione missionaria della Chiesa locale, dinanzi a quello che ancora oggi resta un tema di bruciante attualità. Con il sostegno dei Vescovi titolari e degli amministratori che si sono succeduti, in particolare Mons. Valentino Vailati, Mons. Vincenzo D’Addario, Mons. Domenico D’Ambrosio, Mons. Michele Castoro, fino al Vescovo Franco, seguendo i movimenti e l‟evoluzione propria delle forme di presenza dei migranti in mezzo a noi, negli ultimi trent‟anni anni abbiamo montato e smontato campi di servizio accanto al lavoro degli stagionali o dei centri di accoglienza diffusi in questo territorio e non di rado abbiamo abitato vere e proprie tende, condividendo con loro il pane dell‟accoglienza e della solidarietà.
- proprio in questo contesto che abbiamo sperimentato come il nostro carisma non fosse solo dei missionari ma di tanti laici, uomini e donne che hanno accolto con sensibilità e coraggio un appello della storia e della provvidenza. È percezione diffusa fra i collaboratori di questa Chiesa e quei laici di altre diocesi e regioni, tra cui molti giovani, accolti in esperienze di missione e di servizio, che in questo luogo il Signore ci ha visitato: si è fatto pellegrino per essere accolto e servito da noi. È questa l‟impronta del Creatore di cui sopra: laddove Lui passa, nulla svanisce anche quando si conclude una missione portata avanti dagli uomini. In questo senso anche la storia „degli Scalabrini‟ di Siponto corre nell‟oceano dell‟eterno; per questo, il saluto odierno non è l‟abbandono di un campo ma l‟indirizzo delle limitate forze a disposizione, verso altre Chiese e territori per coltivare anche là il Vangelo dell‟accoglienza.
GRAZIE
La gratitudine è l‟espressione di questa consapevolezza.
Un Grazie si eleva a Dio per la Chiesa locale che ci ha accolti. I Vescovi, i sacerdoti, quel popolo di Dio particolarmente devoto e attento al „sacro‟. Una Chiesa in cui vive una spiritualità tutta particolare: una fede ricevuta dalla Chiesa dei primi secoli, a tanto risale il seme del Vangelo in queste terre, la feconda devozione millenaria dei pellegrinaggi, la mistica della sofferenza di un frate e la via crucis odierna di persone venute da lontano, i migranti. Essa è insidiata da quelle radici del male che prendono il nome di „malavita‟ ed allo stesso tempo è benedetta dal frutto di numerose vocazioni. Uno spaccato divino e umano che solo il Vangelo può illuminare nella verità più profonda e autentica. E a noi missionari, proprio qui è stata data l‟opportunità di spezzarlo nel nome dell‟ “ero forestiero e mi avete accolto!”
Un Grazie è anche per le persone che abbracciando il nostro carisma sono cresciute nella dimensione umana e battesimale delle relazioni aperte alla mondialità che bussa alle nostre porte, nella condivisione della stessa missione e ora sono chiamate a dare testimonianza di un carisma nei dinamismi di una Chiesa locale molto vivace.
Un Grazie è per i missionari, quelli che cantano la gloria di Dio in cielo e quelli che lo servono qui in terra, che sono entrati nella storia di una porzione della sua Chiesa, si sono intrecciati con lei, l‟hanno segnata e ne è sono stati segnati, consapevoli che crescere nelle responsabilità abbracciate per vocazione, obbliga ad un amore più grande, fino a scoprire, anche nei distacchi, come amare non è mai a buon mercato ma a caro prezzo.
Solo Dio, che vede il percorso delle cose e il cuore degli uomini, può valutare e fare bilanci. Egli vede il bene, le lacune e gli errori; vede la rettitudine della coscienza, l‟amore per questa terra e l‟amore di questa terra per la nostra famiglia.
Per noi che in queste ore viviamo il dispiacere per un umano distacco, è giunta l‟ora di affidarci alla Sua misericordia e, con la semplicità del bimbo in braccio all‟Amore, consegnarci al Suo sguardo che va oltre le appartenenze, gli stereotipi e le abitudini umane, e dona serenità e pace.
A vegliare sulla nostra presenza in questo luogo sono stati il Beato Scalabrini e la Vergine Maria, patrona di questa città e titolare, con il nome di Regina, della parrocchia a noi affidata. È Lei che più di tutti ci insegna come accogliere Dio significa innanzitutto consegnarsi alle sue „grandi cose‟ nonché dire „ancora sì‟, anche nell‟ora della prova.
Il Signore ci benedica, faccia splendere il Suo volto su di noi e ci doni la Sua pace.
P. Mauro Lazzarato, CS
Superiore Regionale